Amniocentesi: Quando si fa? È dolorosa? Quanto costa? Rischi?

Introduzione

L’amniocentesi è un esame diagnostico invasivo che si effettua prelevando ed analizzando una piccola quantità di liquido amniotico, il fluido che circonda e protegge il feto nell’utero. Si effettua tra la 15a e 18a settimana di gestazione, per evidenziale l’eventuale presenza di patologie genetiche o alterazioni dello sviluppo fetale, oppure in seguito per valutare la fattibilità di un’anticipazione della gravidanza.

L’esame richiede l’introduzione di un ago nell’utero per via transaddominale (pancia).

Amniocentesi

Getty/Topalov

Quando si fa?

L’amniocentesi viene condotta in genere tra la 15a e 18a settimana di gravidanza.

Trova ulteriore applicazione tra la 32a e 39a settimana per stabilire la maturità dei polmoni del feto in caso in cui sia necessario considerare un’anticipazione del parto prima della fine della gravidanza.

Quanto costa?

Il Servizio Sanitario Nazionale offre gratuitamente l’indagine alle donne che abbiano superato i 35 anni.

Optando per strutture private il costo è ovviamente ampiamente variabile, indicativamente stimato in una forbice compresa tra i € 500 e i € 1500 in base a numerosi fattori, tra cui la modalità di analisi scelta (tradizionale o molecolare, vedi dopo).

Quando è indicata?

L’amniocentesi non è un esame di routine, perché invasiva e non totalmente scevra da rischi; l’orientamento attuale prevede quindi di valutare ogni situazione singolarmente e stabilire se la probabilità di sviluppare complicazioni giustifichi il rischio personale della donna di partorire un neonato affetto da patologie cromosomiche.

Sulla base di questo razionale l’amniocentesi è consigliata in donne con più di 35 anni, perché il rischio di presenza di anomalie cromosomiche è direttamente correlato con l’età materna. Prendendo ad esempio la sindrome di Down esiste un rischio di:

  • 1 su 1100 in donne di 20 anni
  • 1 su 700 in donne di 30 anni
  • 1 su 90 in donne di 40 anni

Al di sotto di questa età la probabilità di di avere un figlio con malattie cromosomiche è tanto basso da non giustificare il ricorso di routine alla metodica, essendoci un rischio abortivo maggiore.

Sono invece candidate all’amniocentesi, a prescindere dall’età, donne che presentino:

  • alterazioni cromosomiche (anche nel caso in cui coinvolgano il padre)
  • familiarità per malattie genetiche
  • risultati ecografici suggestivi di patologie genetiche
  • precedenti figli con malattie cromosomiche o difetti del tubo neurale, per esempio la spina bifida
  • donne positive al test di screening prenatale (bi-test, tri-test, …)
  • patologie infettive come citomegalovirus, toxoplasmosi, parvovirus, rosolia, …

A cosa serve?

L’esame è indicato per accertare/escludere la presenza di patologie genetiche:

Il test ha una sensibilità e specificità vicina al 100%, è cioè in grado di diagnosticare con certezza la presenza o assenza delle patologie genetiche che si ricercano.

La procedura

L’amniocentesi si esegue in regime ambulatoriale e non è richiesto nessun tipo di preparazione per la corretta esecuzione dell’esame.

La donna viene posta in posizione supina con l’addome scoperto.

  1. Attraverso l’ecografia si valuta la posizione del feto, il suo battito cardiaco e la posizione della placenta, con l’obiettivo di individuare il punto ottimale per effettuare l’accesso.
  2. Si disinfetta accuratamente la cute e si inserisce un sottile ago cavo, sempre sotto guida ecografica, che passando nella parete addominale raggiungerà utero e sacco amniotico.
  3. Si effettua l’aspirazione del liquido, ne sono in genere sufficienti 20 ml.
  4. Si rimuove l’ago controllando ulteriormente tramite ecografo la posizione del feto ed il suo battito cardiaco.
Amniocentesi (procedura)

Getty/Dorling Kindersley

In corso di gravidanza gemellare con due sacchi amniotici differenti occorre effettuare un prelievo per ogni sacco amniotico.

Nel liquido prelevato è possibile isolare le cellule provenienti dall’embrione che possono essere analizzate secondo due diversi approcci:

  • Tecnica tradizionale: si mettono in coltura le cellule isolate e successivamente si valuta l’assetto cromosomico tramite analisi microscopica. Questa metodica offre i risultati dopo circa 20 giorni (affinché le colture cellulari si sviluppino sono richiesti 15-18 giorni). Nel caso in cui non si registri una corretta moltiplicazione potrebbe essere necessario ripetere il prelievo ed allestire nuovamente la coltura (1 caso ogni 150 prelievi).
  • Tecnica di biologia molecolare QF-PCR: questa metodologia consente di ottenere in appena 2 giorni una valutazione molto attendibile (95%) utilizzando sonde a DNA specifiche per i diversi cromosomi. Il tempo è sensibilmente più breve in quanto non occorre allestire la coltura cellulare. È una tecnica più specialistica e con costi maggiori rispetto alla tecnica tradizionale.

Sul liquido si provvede inoltre a dosare l’alfa fetoproteina, un utile marcatore in grado di suggerire l’eventuale sviluppo di difetti del tubo neurale come la spina bifida.

 

Fa male? È dolorosa?

L’amniocentesi non è dolorosa e non è richiesta alcuna forma di anestesia; il fastidio è comparabile a quello provocato da un normale prelievo del sangue.

Quanto dura?

Il prelievo in sé richiede non più di qualche minuto, ma considerando la visita iniziale e l’esecuzione del test nel complesso si arriva ad un totale di 30 minuti circa.

 

Interpretazione dei risultati

Il test fornisce un risultato qualitativo, è cioè in grado di fornire una risposta in merito a specifiche patologie genetiche con una sensibilità vicina al 100%.

Poiché per la maggior parte delle malattie genetiche non esiste ad oggi una cura, in caso di risultato positivo la coppia sarà invitata a prendere la più terribile delle decisioni:

  • proseguire la gravidanza con le implicazioni connesse,
  • interrompere la gravidanza mediante aborto terapeutico.

Rischi

L’amniocentesi è associata ad un aumento del rischio di aborto, stimato indicativamente in poco meno di un caso su 100. Tale rischio è ridotto se si ricorre a personale ben formato e con grande esperienza nell’esecuzione della metodica, mentre viene aumentato se si esegue il test prima della 15° settimana.

La probabilità di sviluppare infezioni uterine è stimata in circa 1 caso ogni 1000, mentre tra i rischi minori si annoverano anche perdite di liquido amniotico e sanguinamenti.

In caso di donna Rh negativo con partner Rh positivo occorre eseguire dopo l’amniocentesi l’immunoprofilassi anti D per prevenire il rischio di formazione di anticorpi anti Rh che aggredirebbero il feto.

Quando chiamare il medico?

Finita la procedura di amniocentesi si può tornare subito a casa ed è consigliabile rispettare un periodo di riposo senza sforzi per almeno 24 ore.

Si raccomanda di contattare immediatamente il proprio medico nel caso in cui a seguito all’esame di presentino:

  • Perdite ematiche dalla vagina: si riscontrano nel 2-3 % dei casi e sono quasi sempre autolimitanti, nonostante ciò è bene comunque richiedere un consulto medico
  • Perdite di liquido amniotico dalla vagina
  • Crampi addominali intensi
  • Febbre
  • Cambiamento della percezione dei movimenti fetali

Alternative

  • Test non invasivi, come il Duo-Test con traslucenza nucale, che non hanno alcun rischio per la coppia madre-figlio, ma offrono una sensibilità/specificità inferiore; sono molto spesso usati per valutare l’opportunità di ricorrere o meno ad esami più precisi/rischiosi.
  • Villocentesi: è una metodica sovrapponibile all’amniocentesi, ma che invece di cercare le cellule fetali nel liquido si propone di prelevarle direttamente dai villi coriali. Dato che tale test si effettua nel primo trimestre di gravidanza, tra la decima e la tredicesima settimana di gravidanza, è gravato da un maggior rischio di aborto rispetto l’amniocentesi. Non è un rischio legato alla metodica quanto, all’epoca gestazionale in cui la si effettua. Il vantaggio è avere una diagnosi prenatale più precoce, di qualche settimana, rispetto l’amniocentesi.

 

A cura del dr Mirko Fortuna, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.