Angiografia: rischi, effetti collaterali e altro

Introduzione

L’angiografia è un esame radiologico il cui scopo principale è quello di acquisire immagini dei vasi dell’organismo, sia di tipo arterioso che venoso. Evidenziando i vasi sanguigni di diversi distretti corporei è possibile studiarne la morfologia e il decorso, svelandone eventuali alterazioni.

La raccolta delle immagini può avvenire mediante diverse metodiche di imaging, come una radiografia o una TC (per le quali è necessario l’utilizzo di radiazioni ionizzanti, legate al possibile sviluppo di effetti collaterali e specifiche controindicazioni come le donne in stato di gravidanza); l’alternativa è costituita dalla angio-RM, ovvero la raccolta di immagini mediante risonanza magnetica, approccio che non richiede l’esposizione a radiazioni.

È un esame che richiede la somministrazione di uno specifico liquido, chiamato mezzo di contrasto (ad esempio la fluorescina nel caso dell’angiografia oculare), che viene iniettato e “colora” i vasi sanguigni che attraversa. È proprio grazie a tale meccanismo che l’angiografia permette uno studio molto dettagliato di tutto il patrimonio di vasi sanguigni del corpo.

L’esame angiografico può essere classificato in:

  • Angiografia diagnostica, che rappresenta l’esame standard di base che permette uno studio mirato e dettagliato della vascolarizzazione di un determinato distretto.
  • Angiografia interventistica, che in aggiunta alla funzione diagnostica permette di eseguire dei veri e propri trattamenti endovascolari minimamente invasivi; in molti casi ha ridotto la necessità di doversi sottoporre a interventi chirurgici.

Il medico specialista nell’esecuzione dell’angiografia è un radiologo interventista chiamato anche angiografista.

Angiografia cerebrale raccolta mediante TC

Angiografia cerebrale raccolta mediante TC (Getty/Paul Biris)

A cosa serve l’angiografia

L’angiografia è un esame che viene eseguito meno frequentemente rispetto ad una radiografia o ad una TC, ma in anni recenti le indicazioni al suo utilizzo sono aumentate, tanto da essere diventata l’esame gold standard e di prima scelta per lo studio di alcuni processi patologici.

L’angiografia viene ad esempio richiesta per lo studio di:

  • Occlusione parziale e totale di vasi sanguigni, soprattutto arteriosi, come nel caso dello studio delle coronarie, vasi che irrorano il muscolo cardiaco, dove permette di stabilire la presenza di stenosi significative ed in grado di spiegare un infarto cardiaco. In tale caso specifico si parla più propriamente di “coronarografia”.
    Lo stesso approccio viene declinato anche nel caso di sospetta stenosi emodinamicamente significativa per le carotidi, con elevato rischio di ictus cerebrale.
    A livello distrettuale l’angiografia può dimostrare occlusioni vascolari a livello di arti superiori o inferiori, come nei casi di vasculopatie periferiche (stenosi di vasi arteriosi o trombosi venose).
  • Studiare la perfusione di altri organi, come nel caso dei reni.
  • Sospetto di embolia polmonare, ovvero l’ostruzione di un’arteria polmonare, di solito provocata da un trombo o da un embolo, che clinicamente si manifesta con grave dispnea, rischio di collasso cardiocircolatorio e nei casi più gravi con l’exitus.
  • Ricercare la causa di un’emorragia non francamente evidente agli esami radiologici.
  • Individuare e studiare la presenza di aneurismi (dilatazioni dei vasi arteriosi) a livello aortico, cerebrale, …
  • Condizioni patologiche varie per cui sia richiesta la necessità di angiografia interventistica.

Angiografia interventistica

Il peculiare vantaggio dell’esame angiografico è rappresentato dalla possibilità di effettuare, dopo aver diagnosticato la presenza di un eventuale problema, una procedura interventistica che funge da terapia. Nello specifico consiste in un trattamento endovascolare che si esegue nel corso dell’angiografia stessa e che può prevedere

  • Posizionamento di protesi endovascolari per il trattamento delle dilatazioni aneurismatiche, soprattutto a livello dell’aorta, arterie renali, arterie iliache interne ed esterne, arterie femorali e altri vasi degli arti superiori o inferiori.
  • Angioplastica e posizionamento di uno stent endovascolare che permette la riapertura di un vaso stenotico (chiuso), come nel caso di occlusioni vascolari provocate da placche aterosclerotiche stenosanti o complicate.
  • Studio di sanguinamenti attivi da vasi arteriosi di diversi distretti corporei con correlata angio-embolizzazione degli stessi vasi.
    Nello specifico si tratta di introdurre, attraverso dei piccoli cateteri o delle sonde endovascolari, diverse quantità di materiali embolizzanti (spirali metalliche, colle o altri dispositivi) direttamente a livello dell’arteria che per una qualche lesione ha iniziato a sanguinare e a provocare un’emorragia che non può auto-arrestarsi. Tale procedura è diventatala metodica di prima scelta nel trattamento di determinati tipi di sanguinamenti, scongiurando in molti casi la necessità di ricorrere ad un intervento chirurgico che, nel caso di pazienti con molte morbilità, porterebbe a un rischio per la vita notevolmente aumentato.
  • Eseguire una fibrinolisi locale per trattare trombi o emboli, ovvero iniettare farmaci fibrinolitici in grado di sciogliere istantaneamente eventuali trombi e coaguli che hanno bloccato il flusso a livello di determinati vasi.

Angiografia diagnostica

A seconda del distretto che deve essere studiato con questo esame, si può parlare di:

  • Angiografia renale per lo studio dei reni
  • Angiografia polmonare per lo studio dei polmoni
  • Coronarografia per lo studio delle arterie che irrorano il cuore
  • Angiografia cerebrale per lo studio della vascolarizzazione dell’encefalo
  • Angiografia oculare per lo studio dell’occhio

Angiografia polmonare

Permette lo studio dei vasi polmonari, valutandone l’afflusso e consentendo di identificare un’eventuale sede di sanguinamento o di analizzare il decorso dei vasi per valutarne riduzioni di calibro sino a vere e proprie occlusioni, o ancora la presenza di dilatazioni aneurismatiche.

L’angiografia polmonare è stata considerata l’esame gold-standard per escludere o confermare il sospetto di una embolia polmonare per molto tempo, tuttavia ad oggi si preferisce utilizzare l’angio-TC o la scintigrafia polmonare, due esami meno invasivi. Qualora queste indagini risultino inconcludenti, l’angiografia può risultare ancora fondamentale nell’accertare la diagnosi e permettere un tempestivo ed efficace trattamento già in corso di svolgimento dell’esame. Con la procedura interventistica, infatti, è possibile eseguire la fibrinolisi di un eventuale trombo o embolo che occlude il vaso.

Angiografia cerebrale

È indicata nella valutazione del paziente con patologia dei piccoli vasi intracranici (come nel caso di una vasculite), per la valutazione di malformazioni vascolari e degli aneurismi o per procedure terapeutiche endovascolari. Al giorno d’oggi l’angiografia è stata sostituita per alcune indicazioni dalla TC o dalla RM, esami meno invasivi.

L’angiografia cerebrale inoltre presenta diversi fattori di rischio in termini di complicanze ischemiche legate alla scarsa esperienza dell’operatore, ad eventuale aterosclerosi, all’età avanzata del paziente o alla presenza di una cardiopatia sottostante.

Inoltre il mezzo di contrasto utilizzato può risultare neurotossico in caso di barriera emato-encefalica danneggiata.

Angiografia coronarica (coronarografia)

La coronarografia è un esame angiografico specifico per lo studio della vascolarizzazione del cuore da parte delle arterie coronarie (che originano direttamente dall’aorta). Si utilizza principalmente per valutare la presenza di restringimenti parziali o vere e proprie occlusione a carico delle coronarie. Il cateterismo cardiaco permette la valutazione della pervietà delle coronarie e in caso di alterazioni patologiche permette una procedura interventistica immediata mediante angioplastica.

L’angioplastica coronarica (PTCA) permette di dilatare una stenosi dei vasi coronarici mediante uno o più gonfiaggi di un catetere “a palloncino”. Nella maggior parte dei casi si tratta di stenosi di natura aterosclerotica con presenza di una placca che può ingrandirsi progressivamente o complicarsi con la sua rottura e ulcerazione con conseguente sovrapposizione di un trombo che occlude improvvisamente il vaso.

Di solito dopo una procedura di angioplastica può essere impiantato anche uno stent endovascolare a maglia metallica (una sorta di protesi) che permette di mantenere pervio il vaso per una maggiore durata di tempo.

Angiografia oculare con fluorescina

L’angiografia con fluoresceina viene usata per lo studio della retina, mediante la raccolta di immagini relative ai vasi sanguigni ed altre strutture poste nella parte posteriore dell’occhio per la diagnosi di patologie come

  • edema maculare (gonfiore della retina, in grado di distorcere la vista)
  • retinopatia diabetica (patologia conseguente al danno perpetrato ai vasi sanguigni oculari dal diabete)
  • degenerazione maculare
  • occlusione delle vene all’interno dell’occhio
  • pucker maculare
  • melanoma oculare (un raro tumore che colpisce l’occhio).

Ha durata indicativa di 30 minuti o meno ed è in genere eseguita a livello ambulatoriale, non richiedendo l’inserimento di catetere, prevedendo sostanzialmente 3 passi:

  1. Somministrazione di colliri in grado di indurre midriasi (dilatazione della pupilla).
  2. Iniezione in vena di fluorescina, un colorante giallastro che nell’arco di 10-15 secondi si diffonde nell’organismo e raggiunge l’occhio.
  3. Esposizione allo strumento di di raccolta delle immagini.

Preparazione

Nella maggior parte dei casi l’angiografia è un esame che viene eseguito in regime di urgenza presso un presidio di pronto soccorso o durante la degenza presso un reparto ospedaliero, perché è un esame che permette lo studio e l’eventuale trattamento di condizioni urgenti ed in grado di mettere a rischio la salute di un paziente.

In alcuni casi l’indicazione all’angiografia non è urgente, per cui viene programmata in regime ambulatoria o di elezione; trattandosi di un esame invasivo è in questi casi prevista una specifica preparazione, che prevede tra l’altro esami del sangue per valutare

  • funzionalità renale, tramite i valori della creatinina e del filtrato renale, che deve essere necessariamente nella norma vista la necessità di somministrazione del mezzo di contrasto, farmaco nefrotossico (ovvero in grado di danneggiare il rene); in caso di insufficienza renale cronica, ad esempio, l’iniezione di mezzo di contrasto può provocare una insufficienza renale acuta che si sovrappone ad un quadro cronico con gravi rischi per la salute del paziente.
  • indici della coagulazione, che devono essere nella norma (in caso di alterazione il paziente sarebbe esposto al rischio di complicanze emorragiche).

Per sottoporsi all’esame è poi necessario

  • Rimanere a digiuno dalle 8 alle 12 ore prima dell’esame, potendo esclusivamente bere modiche quantità di acqua.
  • Informare su eventuali sue allergie (in casi particolari può rendersi necessaria l’esecuzione di una profilassi antiallergica alcune ore prima dello svolgimento dell’esame).
  • Informare su eventuali patologie epatiche o renali.
  • Informare sull’assunzione di eventuali farmaci anticoagulanti (che aumentano il rischio di sanguinamento durante e dopo la procedura).
  • Firmare un consenso informato all’esecuzione dell’angiografia.
  • Non sospendere i farmaci che assume quotidianamente (a parte alcune eccezioni).

Immediatamente prima di sottoporsi all’esame è necessario infine togliere gioielli ed eventuali altri oggetti metallici, oltre a svuotare la vescica.

Svolgimento dell’angiografia

Il soggetto che si sottopone ad uno studio angiografico rimane sveglio e cosciente, sebbene in casi selezionati sia possibile una sedazione cosciente od una vera e propria anestesia generale in soggetti poco collaboranti o nei bambini molto piccoli.

Le angiografie eseguite tramite risonanza magnetica vengono normalmente eseguite tramite infusione di un mezzo di contrasto intravenoso (in alcuni casi senza alcun mezzo di contrasto) e sono quindi solo minimamente invasive; quando si ricorre a studi radiografici o mediante TC è invece necessaria l’introduzione di un catetere a partire da un vaso principale.

Inizialmente viene preparata la zona dell’accesso vascolare, di solito la coscia, per permettere il cateterismo dell’arteria femorale. Dopo la necessaria tricotomia (rasatura di eventuali peli) si inietta un anestetico locale e si esegue una piccola incisione col bisturi. A questo punto si introduce nel vaso arterioso il catetere per iniettare il mezzo di contrasto ed un filo guida.

Il dispositivo endovascolare viene fatto scivolare dall’arteria femorale sino al distretto oggetto di studio e sempre per mezzo dello stesso dispositivo sarà poi possibile introdurre altri strumenti endovascolari per il trattamento di eventuali disturbi.

In alternativa all’arteria femorale può essere utilizzata una arteria a livello del braccio o del polso.

Nel corso dello studio angiografico e con l’iniezione regolare di mezzo di contrasto vengono acquisite digitalmente le immagini radiografiche che permettono di completare lo studio mirato.

Al termine dello studio o dell’eventuale procedura interventistica si rimuove il catetere e si chiude la sede dell’accesso incisa. È necessaria una medicazione con compressione di almeno dieci minuti. Può risultare utile un controllo della ferita e della medicazione a distanza di qualche ora per scongiurare la comparsa di un ematoma.

L’esame può durare dai 30 minuti alle 2 ore, ma il tempo è ampiamente variabile a seconda del distretto oggetto di studio e della necessità di eseguire una procedura interventistica o meno.

Nel caso l’angiografia sia stata eseguita non in regime di ricovero ospedaliero è richiesto un periodo di riposo di almeno 12 ore prima di poter riprendere le normali attività quotidiane.

Per il ritorno a casa è consigliabile avere un accompagnatore.

L’angiografia è dolorosa?

In assenza della necessità di inserimento del catetere l’esame non risulta in alcun modo doloroso; diversamente l’esame viene condotto previa anestesia locale, quindi anche in questo caso non è considerato doloroso, sebbene sia in genere descritto come piuttosto fastidioso  l’inserimento del catetere.

Alcuni pazienti lamentano un senso di calore o bruciore al momento dell’iniezione del mezzo di contrasto, che potrebbe anche causare nausea e/o la percezione di un gusto amaro o salato in bocca.

Rischi e complicanze

Come tutte le indagini radiologiche invasive e le procedure interventistiche, anche l’angiografia presenta dei rischi e alcune complicanze conseguenti all’esecuzione dell’esame, tra cui:

  • Emorragie o ematomi a livello del sito di accesso
  • Infezioni del sito di accesso o sepsi sistemiche
  • Trombosi a livello dei vasi sanguigni o genesi di emboli a distanza
  • Lesioni vascolari iatrogene
  • Danno epatico o renale da mezzo di contrasto
  • Reazione allergica al mezzo di contrasto con rischio di shock anafilattico

A seguito dell’esame sono consigliate almeno 24 ore di riposo.

 

 

A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo

 

Fonti e bibliografia

  • Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1 (17 Ed. McGraw Hill)

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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