Cos’è il test del DNA fetale?
Il test del DNA fetale (NIPT, acronimo inglese di NonInvasive Prenatal Testing) è una metodica di analisi che serve a valutare il rischio che il feto possa nascere affetto da determinate anomalie genetiche.
Il test viene condotto analizzando piccoli frammenti di DNA del feto che circolano nel sangue della mamma; a differenza della maggior parte del DNA, che si trova racchiuso all’interno del nucleo di una cellula, è infatti possibile isolare piccoli frammenti di DNA circolanti (di solito comprendono meno di 200 basi azotate) che si formano quando le cellule muoiono e rilasciano il loro contenuto all’esterno.
Durante la gravidanza il flusso sanguigno della madre contiene quindi un insieme di questi frammenti, provenienti sia dalle proprie cellule che da quelle della placenta, il tessuto che nell’utero collega la circolazione sanguigna del feto a quella della madre; l’esame è reso possibile dal fatto che il DNA delle cellule placentari è solitamente identico al DNA del feto.
L’analisi di questi frammenti offre quindi l’opportunità di valutare precocemente la possibile presenza di alcune anomalie genetiche in modo minimamente invasivo, mediante un semplice prelievo di sangue da una vena del braccio della madre.
È importante ricordare che si tratta di test di screening, in grado cioè di valutare un aumento/diminuzione del rischio, a differenza dei test diagnostici che consentono di confermare o escludere in modo più definitivo una sospetta anomalia genetica.
Per questa ragione è opportuno che la coppia si rivolga a un consulente genetico prima di decidere di sottoporsi a test prenatali, per essere guidati nella scelta e, successivamente, nella valutazione dei risultati.
Quali malattie vengono diagnosticate?
Il test del DNA fetale è tipicamente utilizzato per cercare disordini cromosomici causati dalla presenza di una copia extra o mancante di un cromosoma, condizione responsabile di malattie come:
- sindrome di Down (o trisomia 21, causata da un cromosoma 21 in eccesso),
- sindrome di Edwards (o trisomia 18, causata da un cromosoma 18 in eccesso),
- sindrome di Patau (o trisomia 13, causata da un cromosoma 13 in eccesso)
- oltre che copie extra o mancanti del cromosoma X e cromosoma Y, i cromosomi sessuali.
Il NIPT può inoltre includere lo screening per ulteriori disordini cromosomici causati da sezioni mancanti o duplicate di un singolo cromosoma, oltre che per testare malattie genetiche causate da alterazioni di singoli geni (si ipotizza che, con il tempo, saranno sempre di più le possibili malattie individuabili).
È affidabile?
Nessun esame al mondo è mai considerabile certo al 100%,
- né nella capacità di diagnosi (sensibilità)
- né nella capacità di escludere una diagnosi (specificità).
Questo significa che sono possibili
- falsi positivi (ovvero diagnosi di malattia in realtà inesistenti),
- falsi negativi (quando cioè il feto viene ritenuto sano, pur essendo in realtà affetto da una malattia genetica).
Fatta questa importante premessa, il test del DNA fetale è considerato ragionevolmente affidabile, ma l’accuratezza varia a seconda del disturbo e soprattutto è un esame di screening, che richiede quindi ulteriori approfondimenti in caso di esito positivo (vide infra).
L’attuale letteratura scientifica consente di stimare valori predittivi negativi elevati, superiori al 99,9%; questo significa che è molto probabile che il feto non presenti un’anomalia cromosomica se il test restituisce un risultato negativo, mentre risulta meno affidabile per alterazioni più ridotte e rare come le microdelezioni (assenza di piccole porzioni di cromosoma).
L’affidabilità dei risultati positivi dello screening in questi studi risulta molto buona per la sindrome di Down, con un valore predittivo positivo di circa il 90%, che significa che un risultato positivo su 10 non viene confermato (bimbo sano); più in dettaglio:
- 91 risultati confermati su 100 per la sindrome di Down
- 84 risultati confermati su 100 per la sindrome di Edwards
- 87 risultati confermati su 100 per la sindrome di Patau.
Quando si fa?
Le tempistiche dell’esame sono dettate dalla necessità di attendere che ci sia una sufficiente quantità circolante di frammenti di DNA fetale nel sangue della madre (frazione fetale, che deve essere superiore al 4%) e questo si verifica in genere intorno alla decima settimana di gravidanza.
Frazioni fetali insufficienti possono impedire l’esecuzione delle analisi o condurre a risultati inaffidabili (falsi negativi).
Come si fa?
L’esame richiede semplicemente un normale prelievo di sangue da una vena del braccio della donna incinta.
Cosa significa un esito positivo?
Un risultato positivo del test di screening significa che il feto ha un rischio più elevato di presentare un’anomalia genetica rispetto al rischio medio; questo NON significa che il feto ne sia certamente colpito.
In questi casi la donna verrebbe probabilmente invitata a sottoporsi a ulteriori test, questa volta diagnostici, per una valutazione più affidabile; tipicamente questi sono esami più invasivi e associato a un seppure minimo rischio di complicazioni, come ad esempio:
Vantaggi
Il principale vantaggio del test del DNA fetale è che rappresenta un ottimo compromesso tra affidabilità e invasività, richiede infatti un semplice prelievo di sangue dalla donna incinta, senza in alcun modo coinvolgere il feto: è cioè un esame NON invasivo.
Svantaggi
Il test del DNA fetale è un esame di screening, questo significa che non consente di formulare una diagnosi definitiva sulla presenza o meno di una condizione genetica:
- in alcuni casi i risultati suggeriscono un aumento del rischio di un’anomalia genetica pur quando il feto non è effettivamente affetto (falso positivo),
- oppure indica un rischio ridotto pur in presenza di malattia (falso negativo).
Un risultato positivo dello screening indica la necessità di eseguire ulteriori test (chiamati test diagnostici, poiché vengono utilizzati per diagnosticare una malattia) per confermare il risultato.
È altresì importante ricordare che un risultato negativo significa che il feto ha un rischio inferiore di avere un’anomalia genetica rispetto al rischio medio, ma non esclude la possibilità che ne sia effettivamente affetto nonostante tutto.
Poiché l’esame viene condotto su frammenti provenienti sia dal feto che dalla madre il risultato potrebbe riflettere la presenza di un’eventuale condizione genetica nella madre.
Tra gli altri possibili limiti, responsabili di potenziali errori, figurano:
- frazione fetale insufficiente, a causa di test troppo precoci nella gravidanza, errori di campionamento, obesità materna e anomalie fetali;
- diffusione dell’anomalia genetica e fattori di rischio sottostanti, che influenzano la capacità di un test del DNA fetale di valutare correttamente se un feto ne sia a rischio; ad esempio i disturbi causati da una microdelezione (piccolo pezzo mancante di un cromosoma) sono rari ed è quindi più probabile che un risultato positivo provenga da un feto sano (falso positivo) rispetto a uno che presenta effettivamente l’anomalia genetica segnalata;
- in alcuni casi un risultato positivo può rilevare con precisione un’anomalia cromosomica specifica della placenta ma non del feto, che può essere perfettamente sano;
- perde di affidabilità nelle gravidanze con 3 gemelli o più (ma può essere meno accurato nelle gravidanze gemellari non identiche, quando ci siano cioè 2 differenti placente);
- potrebbe non essere praticabile in caso di recenti trasfusioni di sangue.
L’esame del DNA fetale rileva anche il sesso del feto?
Sì, il NIPT può prevedere il sesso del feto.
Costo
In alcune Regioni, come l’Emilia Romagna, l’esame viene offerto gratuitamente; quando sostenuto privatamente il costo del test del DNA fetale è ovviamente variabile a seconda del laboratorio scelto, ma indicativamente compreso tra € 300 e € 700. Il costo è in genere detraibile.
Fonti e bibliografia
- MedLinePlus
- Genetic Non-Invasive Prenatal Screening Tests May Have False Results: FDA Safety Communication
- ACOG
Articoli ed approfondimenti
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