Emorroidi interne ed esterne: intervento chirurgico ed altri rimedi

Che cosa sono le emorroidi?

Le emorroidi sono strutture vascolari nel canale anale presenti in qualsiasi individuo e simili a piccoli cuscinetti morbidi, che hanno la funzione di garantire la continenza fecale (impedire cioè la perdita involontaria di feci).

Anatomia semplificata di retto e ano

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La presenza di emorroidi è quindi del tutto normale, si parla invece di malattia emorroidaria quando le emorroidi si infiammano o si formano dei trombi al loro interno, non necessariamente causando sintomi (mentre spesso nel parlato comune parlando genericamente di “emorroidi” si fa riferimento alla loro infiammazione).

Il 5% della popolazione ne è affetto, con un picco di incidenza tra i 45 e 65 anni di età, tuttavia si ritiene che l’incidenza sia significativamente sottostimata perché molte persone ricorrono ad automedicazione senza rivolgersi al medico.

In base alla gravità la malattia emorroidaria si classifica in:

  • Grado 1: è un quadro di normalità caratterizzato dalla presenza di emorroidi solo all’interno del canale anale.
  • Grado 2: le emorroidi fuoriescono dal canale anale con la defecazione ma sono in grado di rientrare spontaneamente.
  • Grado 3: le emorroidi fuoriescono dal canale anale con la defecazione e possono essere riportate all’interno solo manualmente.
  • Grado 4: le emorroidi persistono all’esterno del canale anale.
Stadi e classificazione della malattia emorroidaria

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I segni e i sintomi della malattia emorroidaria dipendono dalla tipologia:

I sintomi spesso migliorano dopo pochi giorni, ma in caso contrario è importante rivolgersi al medico curante, o allo specialista nel caso di episodi persistenti e che non rispondono ai comuni trattamenti.

Il medico specialista (proctologo), dopo una prima fase di anamnesi, procederà ad un’ispezione della regione anale e rettale: dopo aver applicato una blanda crema anestetica a livello anale, verrà inserito il dito indice nel canale anale per valutare l’eventuale presenza di segni di sanguinamento. Successivamente potrebbe utilizzare uno strumento chiamato anoscopio, che permette di visualizzare meglio l’ultima parte del canale.

Se il quadro clinico fosse poco chiaro, potrebbero essere prescritti esami del sangue (come un emocromo) e/o una rettosigmoidoscopia piuttosto che colonscopia.

Rimedi

Generalmente, si procede per gradi. Il primo tentativo è una terapia conservativa, cioè non chirurgica, e solo nel caso d’insuccesso si prendono in considerazioni approcci più invasivi.

Uno degli accorgimenti più importanti è prevenire la stipsi:

  • aumentando il contenuto di fibre assunto con la dieta (frutta, verdura, cereali integrali, legumi),
  • incrementando l’assunzione di liquidi (almeno 1,5-2 litri di liquidi al giorno),
  • praticando regolare attività fisica per favorire la motilità intestinale.

In caso di persistenza del disturbo potrebbe essere necessario ricorrere alla somministrazione di lassativi.

Soprattutto nel caso in cui ci siano sintomi, possono essere utili dei semicupi caldi, senza aggiunta di sapone o altri prodotti chimici.

Esistono diversi trattamenti a base di creme cortisoniche nel caso di prurito e/o anestetiche nel caso di dolore, il cui uso deve però essere discusso con il medico.

Intervento chirurgico

Esistono diversi tipi di trattamento chirurgico che si applicano a seconda della gravità delle emorroidi.

  • Generalmente per le emorroidi interne di grado 1 e 2 (ed in alcuni casi del grado 3) si ricorre a tecniche mini-invasive.
  • Per le emorroidi di grado 3 o 4, per emorroidi con voluminosi trombi al loro interno e per le emorroidi di grado 1 e 2 che presentano ancora sintomi nonostante il trattamento, potrebbe essere necessario applicare tecniche chirurgiche tradizionali.

Tecniche chirurgiche mini-invasive

Sono tecniche applicate a livello ambulatoriale utilizzate per emorroidi interne.

  • Legatura elastica: è il metodo più utilizzato ed efficace. Il medico inserisce attraverso l’ano uno strumento che serve a vedere meglio l’emorroide e ad applicare una leggera suzione. Successivamente l’emorroide viene stretta alla sua base con un elastico in modo da interrompere il flusso sanguigno e farla degenerare e cadere nell’arco di 5-7 giorni. La durata della procedura è limitata a pochi minuti; non è necessaria anestesia, spesso nemmeno locale. È possibile tornare al lavoro piuttosto rapidamente.
  • Coagulazione laser o con pinza bipolare, approcci associati ad un maggior tasso di recidiva.
  • Scleroterapia: attraverso un piccolo ago si inietta nell’emorroide una sostanza che porta alla sua risoluzione. È tuttavia meno efficace della legatura elastica.
  • Criochirurgia: si utilizza una piccola sonda che applica azoto liquido e congela l’emorroide. È associata ad un maggior tasso di complicanza rispetto alla legatura elastica.

Tecniche chirurgiche convenzionali

Sono tecniche chirurgiche che richiedono una preparazione all’intervento più approfondita rispetto alle tecniche ambulatoriali.

Preparazione all’intervento

Nelle settimane che precedono l’intervento è possibile che siano richiesti esami del sangue di routine, i cui risultati verranno discussi durante una visita anestesiologica.

È necessario informare il personale sanitario riguardo l’assunzione di farmaci anticoagulanti e/o antiaggreganti.

Generalmente non è necessaria una preparazione intestinale con lassativi come avviene per interventi eseguiti sull’intestino.

Anestesia

A seconda delle condizioni del paziente, del tipo di intervento e dell’esito della visita anestesiologica, potrà essere effettuata una anestesia generale o loco-regionale (spinale o epidurale).

La durata dell’intervento è di circa 40 minuti, variabile a seconda di fattori tecnici.

Tipi di intervento chirurgico

  • Emorroidectomia con stapler (intervento di Longo)
    Si tratta di una tecnica chirurgica che viene generalmente applicata in anestesia locale o epidurale piuttosto che spinale. Attraverso uno strumento monouso dotato di una sorta di pinza circolare che viene inserita nel canale anale, vengono simultaneamente rimosse le emorroidi e suturato il tessuto sano rimanente. Proprio perché si interviene sullo strato più superficiale delle emorroidi, il dolore post-operatorio è minimo ed in genere si ritorna alle normali attività in 4-5 giorni.
  • Dearterializzazione
    È una tecnica più complessa che richiede l’utilizzo di una sonda ecografica, inserita nel canale anale, che sfrutta l’effetto doppler. In questo modo si riconoscono le arterie che vascolarizzano l’emorroide che vengono suturate portando alla degenerazione dell’emorroide. L’intervento può essere eseguito in regime di day-hospital e i tempi di recupero sono rapidi (circa 2 giorni).
  • Emorroidectomia chiusa e aperta
    Si tratta di tecniche convenzionali in cui il tessuto emorroidario viene inciso e rimosso, suturando poi i lembi della ferita. In questo tipo di interventi il dolore può essere più importante e il recupero più lento.

Dopo l’intervento

  • È possibile ricominciare a bere e mangiare lo stesso giorno dell’intervento ma è importante evitare la stipsi attraverso una idratazione abbondante e un consumo adeguato di fibre.
  • Se è presente dolore, verrà trattato in modo ottimale con farmaci analgesici.
  • La ripresa dell’attività lavorativa avviene in genere dopo 2-3 giorni.
  • Nelle settimane seguenti l’intervento sarà inoltre programmata una visita ambulatoriale con il chirurgo, volta a verificare il decorso post-operatorio.

Complicanze e rischi dell’intervento

La complicanza più frequente è il dolore che si può avvertire nei giorni successivi e che può essere trattato con farmaci antidolorifici o con bagni caldi, se prescritti. Altre complicanze sono:

  • Sanguinamento anale: possono verificarsi piccole perdite di sangue nei giorni successivi e soprattutto dopo 7-10 giorni perché la porzione di emorroide legata si stacca dall’elastico.
  • Trombosi dell’emorroide rimanente, caratterizzato dall’insorgenza di un dolore intenso
  • Infezione localizzata: si può formare un ascesso che si manifesta con dolore anale, febbre e presenza di pus

Più raramente è possibile sviluppare

Quando chiamare il medico

Una volta a casa si raccomanda di contattare il medico in caso di:

 

A cura del Dr. Giorgio Saraceno, medico chirurgo

 

Fonti e bibliografia

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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