- Introduzione
- Quali cibi limitare e quali eliminare?
- La dieta Low-FODMAPs
- Consumo di glutine o frumento
- Supplementazione di probiotici (fermenti lattici)
- La piramide alimentare per l’intestino irritabile
- Fonti e bibliografia
Introduzione
Il colon irritabile è una condizione che, sebbene ci siano differenze tra un Paese e l’altro, interessa fino a una persona su 10, ma nonostante questa diffusione quasi epidemica le reali cause sono tuttora poco chiare; si tratta di un disturbo che può manifestarsi attraverso numerosi sintomi, tra cui i più caratteristici sono alterazioni dell’alvo (diarrea e/o stitichezza, o alternanza), spesso esacerbati da alterazioni delle condizioni emotive.
La letteratura scientifica è particolarmente ricca di evidenze del fatto che un attento approccio dietetico possa essere utile, spesso decisivo, per trattare i sintomi della sindrome. Sono stati proposti svariati regimi ed un interessante studio pubblicato sul World Journal of Gastroenterology da ricercatori romeni (Diet in irritable bowel syndrome: What to recommend, not what to forbid to patients!) ha cercato di fare il punto raccogliendo e sistematizzando i suggerimenti delle varie linee guida a disposizione.
Quello che è emerso, semplificando i risultati, può essere riassunto in due passaggi fondamentali:
- Ridurre o eliminare alcuni cibi che potrebbero causare disturbi, come caffè, prodotti piccanti e cioccolato, selezionando anche la quantità e il tipo di fibre assunte e praticando regolare attività fisica.
- Adottare una dieta Low-FODMAPs, ovvero a basso contenuto di alcuni tipi di zuccheri semplici, implicati nella sintomatologia dell’intestino irritabile.
Gli autori discutono anche di lattosio e glutine e infine suggeriscono una piramide alimentare specifica per l’intestino irritabile.
Vediamo nel dettaglio le indicazioni proposte.

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Quali cibi limitare e quali eliminare?
Il primo passo consiste nel rivedere la propria alimentazione, in modo da limitare o escludere alcuni cibi che possono essere fonte di problemi.
Una dieta salutare è l’imprescindibile base su cui poggiano gli interventi successivi:
- presenza regolare dei pasti principali (colazione, pranzo e cena) senza saltarne nessuno,
- apporto calorico corretto,
- evitamento dei pasti troppo abbondanti,
- mangiare seduti e masticare bene,
- non mangiare troppo tardi o troppo a ridosso del riposo notturno.
Spesso sottovalutate, queste semplici abitudini hanno invece un impatto reale sull’evoluzione dei sintomi del colon irritabile.
Il consumo di alcol dovrebbe essere limitato secondo le indicazioni delle linee guida generali. L’evidenza scientifica non permette di confermare o meno l’influenza dell’alcol sui sintomi dell’intestino irritabile se non ad alte dosi, quindi rimanere nei limiti di un bicchiere di vino al giorno per le donne e due per gli uomini appare sicuro dal punto di vista intestinale. Sono tuttavia possibili differenti risposte soggettive e, in caso si noti un’associazione tra il sopraggiungere dei sintomi e il consumo di alcol, è meglio sospenderne l’assunzione.
La caffeina è riconosciuta come uno stimolante delle funzioni intestinali, nonostante questo non è chiaro il suo ruolo nella sindrome dell’intestino irritabile. Si consiglia quindi di valutare caso per caso se la sintomatologia è presente dopo il consumo di caffè, tè o altri prodotti (la caffeina è presenta anche nella cioccolata e in alcuni energy drink) ed, eventualmente, ridurne l’introito.
Gli alimenti piccanti possono essere una causa dei sintomi per chi soffre di questa sindrome, ma anche in questo caso i dati non permettono una conclusione certa. Il consumo di peperoncino o altri prodotti piccanti (come ad esempio l’aglio) deve essere tenuto sotto controllo attraverso un’osservazione personale, andando ad evitarlo nel caso in cui si noti un’associazione con la comparsa del disturbo.
Il consumo di grassi è stato spesso associato alla comparsa dei sintomi dell’intestino irritabile, ma non ci sono prove definitive a riguardo. Il consiglio quindi è quello di limitarne l’assunzione se si notano associazioni con il disturbo, anche se alcune ricerche hanno mostrato un effetto benefico con il consumo di grassi polinsaturi (derivati dagli oli vegetali).
Da un punto di vista pratico si consiglia quindi di:
- Limitare latte intero, formaggi stagionati e semi-stagionati, carni grasse di maiale e di manzo, pollo con pelle, affettati e salumi.
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Assumere la quota giornaliera di grassi privilegiando il consumo di olio d’oliva extravergine, frutta secca e, in minor misura perché talvolta associati a problemi, oli di semi e di mais.
Si consiglia, in ogni caso, di non superare i 40-50 g di grassi al giorno.
Le fibre possono essere un’importante ingrediente nella dieta di chi soffre di intestino irritabile. A seconda del tipo di fibra, infatti, è possibile osservare un miglioramento od un peggioramento della sintomatologia. Il consiglio finale è quello di evitare di aumentare il consumo di cereali integrali, magari addirittura limitarli, e introdurre un consumo quotidiano di semi di lino, un paio di cucchiaini al giorno, che mostrai effetti positivi in 3-6 mesi (è indispensabile frantumare i semi prima del consumo, perché in caso contrario supererebbero intatti l’intero tratto digerente).
Il latte e i prodotti caseari sono probabilmente implicati, in molti casi, nei sintomi di intestino irritabile: una grossa fetta di popolazione è infatti intollerante al lattosio e il consumo di latte può causare disturbi simili al colon irritabile. In alcuni pazienti altri componenti del latte, indipendentemente dal lattosio, possono esacerbarne i sintomi. I suggerimenti che vengono dati sono quelli di provare a consumare latte privo di lattosio oppure evitarne il consumo in caso si noti un’associazione con i sintomi; nel secondo caso è necessario porre attenzione a consumare calcio in da fonti alternative (mandorle, acqua calcica, fichi secchi, alimenti fortificati, …) in quantità adeguate.
Il consumo di liquidi rimane nelle dosi consigliate (1,5-3 litri al giorno) ed è preferibile evitare l’acqua e le bibite gasate, che possono aumentare i sintomi, privilegiando quindi acqua naturale.
L’attività fisica è uno strumento importante. È stato dimostrato che le persone affette da colon irritabile riescono ad avere meno disturbi se conducono una vita moderatamente attiva. L’importante però è non esagerare: un’attività fisica troppo intensa può avere l’effetto opposto e peggiorare la situazione.
La dieta Low-FODMAPs
Esistono persone in cui l’intestino irritabile diventa un disturbo invalidante, in grado addirittura d’impedire una vita normale e che costringe a evitare sempre più cibo, fino al punto di non riuscire più a capire cosa li fa star male e cosa no. A questo punto si richiede un approccio dietetico più invasivo e profondo, attuabile esclusivamente da un professionista, per assicurare un apporto di nutrienti corretto nonostante le numerose privazioni.
La dieta Low-FODMAPs è il protocollo suggerito in caso di difficoltà nel gestire l’intestino irritabile con le generiche indicazioni precedenti; i FODMAPs sono molecole contenute in molti cibi, soprattutto vegetali. La sigla significa Fermentable Oligo- Di- Monosaaccharides And Polyols, ovvero in italiano
- oligosaccaridi,
- disaccaridi,
- monosaccaridi e polioli fermentabili.
In pratica sono alcuni tipi di zuccheri semplici e molecole dolci (tutte quelle che finiscono in -olo, come ad esempio xilitolo o mannitolo) usate come dolcificanti: questi composti arrivano indigeriti all’intestino, dove vengono fermentati dalla flora batterica causando i sintomi tipici del colon irritabile.
La strategia dietetica si basa sul ridurre il più possibile il consumo di questi composti e, si seguito, vediamo un elenco di alimenti ad alto contenuto di FODMAPs e a basso contenuto di FODMAPs:
FODMAPs | Alto contenuto di FODMAPs | Basso contenuto di FODMAPs |
Oligosaccaridi: fruttani e/o galatto-oligosaccaridi | Verdure: carciofi, asparagi, barbabietole rosse, cavoletti di Bruxelles, broccoli, cavolfiori, finocchi, aglio, porri, scalogno, gombo, cipolle, piselli | Verdure: carote, cetrioli, patate, peperoni dolci, melanzane, fagiolini, lattuga, spinaci, erba cipollina, pastinaca, zucca, bietola, parte verde dello scalogno, pomodoro, zucchine, germoglio di bamboo, cavolo cinese |
Cereali: grano e segale mangiati in grandi quantità (pane, pasta, crackers) | Cereali: prodotti senza frumento o segale (pane, pasta, crackers), spelta, avena, mais, riso, quinoa | |
Legumi: ceci, lenticchie, fagioli | Legumi: ceci in scatola | |
Frutta: melone, annona, pesche nettarine, kaki | ||
Disaccaridi: lattosio | Latte, yogurt, formaggi morbidi, gelati | Prodotti senza lattosio, latte di riso, latte di mandorle, formaggi duri, burro, sorbetti e gelati senza latte |
Monosaccaridi: fruttosio | Frutta: mele, pere, percoche, mango, piselli dolci, cocomero, frutta in scatola, frutta essiccata | Frutta: banane, mirtilli, pompelmo, uva, melone verde, kiwi, limone, lime, mandarino, arancia, mapo, lampone, fragola, frutto della passione, melone cantalupo |
Miele | Sostituti del miele: sciroppo d’acero | |
Dolcificanti: fruttosio, HFCS | Dolcificanti: zucchero, glucosio, dolcificanti artificiali che non finiscono in –olo | |
Polioli | Frutta: mele, albicocche, ciliegie, lichi, nettarine, pere, pesche, prugne, prugne secche, cocomero | Frutta: banana, mirtillo, pompelmo, uva, melone verde, kiwi, limone, lime, mandarino, arancia, lampone, frutto della passione, melone cantalupo |
Verdure: avocado, cavolfiore, funghi, taccole | ||
Dolcificanti: isomalto, sorbitolo, mannitolo, xilitolo e altri composti che finiscono in -olo | Dolcificanti: zucchero, glucosio, dolcificanti artificiali che non finiscono in -olo |
Poiché questo approccio risulta particolarmente restrittivo, e quindi ad alto rischio di carenze alimentari, è raccomandato provarlo solo se seguiti da personale sanitario competente e per periodi di tempo limitati, in genere tre-quattro settimane sono sufficienti per ripristinare la normalità. Dopo questo periodo, si possono reinserire gli alimenti ad alto contenuto di FODMAPs, ma per farlo è opportuno procedere in maniera graduale.
Se non ci dovessero essere miglioramenti, il consiglio è quello di rivolgersi allo specialista per tentare approcci diversi al problema e indagare più a fondo.
Consumo di glutine o frumento
Il ruolo del glutine nel IBS è controverso.
Molte persone affermano di stare meglio eliminando il grano e i suoi derivati dalla dieta, ma non è chiaro se questo sia un effetto dato dal glutine o da altri componenti (o da un semplice effetto di miglioramento globale della propria dieta, legato ad esempio alla riduzione del consumo di junk-food). Il grano (o frumento) è comunque ricco anche di fruttani fermentabili, per questo viene escluso da una dieta low-FODMAPs, inoltre contiene anche altri componenti che, potenzialmente, possono essere coinvolti con i sintomi.
Si parla, in generale, di sensibilità al glutine non celiaca, anche se forse si dovrebbe parlare di intolleranza al grano o sensibilità al grano, visto che i sintomi non si manifestano con altri alimenti contenenti glutine. Non si tratta di celiachia né di allergia al grano, condizioni con meccanismi patogenetici del tutto differenti.
L’esclusione definitiva del grano e dei suoi derivati dalla dieta, tuttavia, dovrebbe quindi essere inizialmente sconsigliata, perché non è detto che ci sia un reale collegamento e, inoltre, così facendo si esclude una fonte nutritiva molto ricca, si possono avere carenze nutrizionali e si rende più difficile una eventuale diagnosi di celiachia.
Supplementazione di probiotici (fermenti lattici)
I probiotici sono batteri intestinali (tra cui i cosiddetti fermenti lattici o semplicemente fermenti) che possono essere assunti in caso di intestino irritabile. L’effetto di queste supplementazioni non è tuttavia chiaro: sembra esserci un miglioramento dei sintomi, ma la dose e il tipo esatto di batterio da utilizzare non sono ancora stati definiti con certezza. Si consiglia di provare un tipo di probiotico per volta, per un mese circa, e in caso riesca ad alleviare i sintomi si può continuare indefinitamente, anche se non sono conosciuti gli effetti a lungo termine.
Può essere consigliabile introdurre anche regolarmente nella propria dieta il consumo di alimenti fermentati, anche se nuovamente la ricerca è purtroppo solo in una fase embrionale e quindi ancora priva di relazioni certe.
La piramide alimentare per l’intestino irritabile
Sulla base di quanto visto, gli autori dello studio hanno messo a punto uno schema piramidale per l’intestino irritabile, in modo da rendere visivamente più facile seguire le linee guida (clicca qui per vedere l’immagine).
Alla base della piramide troviamo l’attività fisica, sulla quale si poggia tutto il resto perché deve rimanere un caposaldo dello stile di vita salutare. Subito sopra troviamo le sane abitudini alimentari descritte all’inizio dell’articolo che, indipendentemente dalla qualità del cibo, rispecchiano una condotta corretta.
Successivamente, i cibi sono inseriti in ordine di porzioni suggerite: più il tipo di cibo si trova in basso e più è consigliato. A fianco della piramide ci sono le indicazioni per seguire una dieta low-FODMAPs o una dieta priva di glutine o lattosio seguendo comunque lo schema proposto e, sulla sinistra, troviamo dei suggerimenti utili per affrontare il problema dell’intestino irritabile con un po’ di aiuto da parte di un professionista o di supplementi.
In conclusione si può affermare che la dieta è un punto essenziale nella gestione dell’intestino irritabile e, anche se sono necessarie ancora molte ricerche per chiarire i dubbi rimasti, è ormai evidente che un corretto stile alimentare possa migliorare sensibilmente la condizione.
Fonti e bibliografia
a cura del Dott. Giuliano Parpaglioni
Biologo nutrizionista,
Master internazionale di II livello in nutrizione e dietetica
Riceve a Brescia, Montichiari e Toscolano Maderno
340 418.93.93
http://www.nutrizionistabrescia.com
g.parpaglioni@gmail.com
(Data la necessità di un approccio personalizzato, non è possibile offrire consulenze via mail né via telefono)