Introduzione
L’esofago è il canale che consente il transito del cibo dalla bocca allo stomaco, anche attraverso un’azione attiva della muscolatura presente (e che ci consente ad esempio di deglutire normalmente anche in posizione distesa o addirittura a testa in giù) ; l’acalasia (dal greco a-khalasis=”non rilassato”) è un disturbo in cui queste contrazioni muscolari (peristalsi) sono compromesse o vengono a mancare causando difficoltà di deglutizione.
È una malattia che può significativamente alterare la qualità di vita dei pazienti affetti e che risulta spesso difficile sia da diagnosticare che da trattare; si sviluppa progressivamente per la degenerazione delle cellule nervose che innervano lo sfintere esofageo inferiore, una struttura a valvola che in condizioni di normalità permette, attraverso il suo rilassamento, il passaggio del bolo alimentare dall’esofago allo stomaco. Il malfunzionamento porta ad un aumento della pressione all’interno dell’esofago e ad importanti difficoltà digestive.
In genere non è possibile risalire alla causa, ma spesso si sospettano infezioni virali e/o malattie autoimmuni.
Il trattamento si basa solitamente su procedure invasive, come la dilatazione pneumatica con palloncino, o chirurgiche, come la miotomia dello sfintere esofageo inferiore.
Richiami di anatomia
L’esofago è quella parte del tubo digerente che va dalla bocca (faringe) allo stomaco.
La propulsione del cibo ingerito è possibile grazie all’attività dei muscoli lisci presenti nella parete del tubo digerente, in grado di garantire il passaggio del cibo deglutito mediante una spinta attiva (peristalsi) costituita da contrazione a monte e rilasciamento a valle del bolo alimentare. Questo processo è finemente regolato dai nervi propri dell’apparato digerente, facenti parte del sistema nervoso enterico.
Lo sfintere esofageo inferiore è una struttura, formata da fibre muscolari, situata al passaggio tra esofago e stomaco, il cui compito è quello di contenere il reflusso di materiale verso l’alto (che a causa del pH fortemente acido presente nello stomaco diventerebbe causa di possibili lesioni); è tuttavia necessario che le fibre dello sfintere si rilascino periodicamente, in concomitanza dell’arrivo del cibo, per permetterne il passaggio nello stomaco.
Cause
L’acalasia deriva da una degenerazione dei nervi del plesso mienterico, che controlla l’attività dello sfintere esofageo inferiore. Ne risulta un suo mancato rilasciamento, con accumulo del materiale alimentare nella parte inferiore dell’esofago (in altre parole la valvola non si apre più regolarmente, impedendo il passaggio del cibo nello stomaco).
La causa di questo malfunzionamento è ancora in larga parte sconosciuta, ma alcuni dei fattori predisponenti noti sono:
- infezioni virali, spesso asintomatiche (ad esempio morbillo ed herpes);
- autoimmunità: nei pazienti con acalasia è stata riscontrata un’incidenza di malattie autoimmuni superiore a quella della popolazione generale;
- predisposizione genetica: recenti studi su famiglie supportano l’ipotesi che la malattia possa essere dovuta in parte a suscettibilità genetica;
- malattia di Chagas, provocata dal parassita Tripanosoma cruzii, trasmesso all’uomo dalla puntura di una cimice che vive principalmente in alcune zone rurali di Messico, Sud America e America Centrale. Questa malattia provoca col tempo la distruzione diffusa del plesso mienterico.
L’ipotesi correntemente più accreditata è che l’infezione virale possa causare uno squilibrio del sistema immunitario, che reagisce contro le cellule nervose dell’esofago, provocandone la distruzione.
Sintomi
L’acalasia esofagea si presenta con i seguenti sintomi:
- Disfagia: il sintomo più comune (nel 90% dei pazienti), ovvero una difficoltà nella digestione, che in questo caso è progressiva, sia per i cibi solidi che per quelli liquidi;
- Pirosi, ovvero bruciore di stomaco (75%)
- Rigurgito di cibo, specialmente notturno, con o senza vomito (45%)
- Dolore toracico (20%)
Il bolo alimentare rigurgitato può ristagnare in bocca o incanalarsi nelle vie aeree, provocando:
- tosse o asma (20-40%)
- aspirazione cronica (20-30%)
- raucedine o mal di gola (33%)
- scialorrea (eccessiva perdita di saliva)
- alitosi
Questi sintomi si sviluppano nell’arco di mesi o anni, mentre nella fase avanzata della malattia, a causa della difficoltà nell’alimentarsi efficacemente, il paziente può andare incontro a
- perdita di peso
- anemia
- malnutrizione.
Complicazioni
L’acalasia è una malattia che può impattare significativamente sulla qualità della vita del paziente, a causa della difficoltà persistente all’alimentazione, e può risultare nel tempo in perdita di peso e malnutrizione. È fondamentale per il medico il controllo dello stato nutrizionale, dei sintomi e del tempo di svuotamento esofageo.
La malattia può portare anche ad alterazione dell’anatomia esofagea, con allungamento o dilatazione, fino al megaesofago (progressiva dilatazione dell’organo).
Nonostante l’evidenza che questi pazienti abbiano un rischio di sviluppare un cancro dell’esofago superiore a quello della popolazione generale, mancano dati di certezza sull’efficacia del controllo endoscopico di routine, per cui la scelta è lasciata al curante.
Diagnosi
La diagnosi dell’acalasia può essere complicata, in quanto i sintomi si manifestano progressivamente e possono essere facilmente confusi, almeno inizialmente, con quelli di una malattia da reflusso gastroesofageo o di un tumore; è per questa ragione opportuno in prima battuta eseguire un’esofagogastroduodenoscopia, procedura endoscopica che permette anche la biopsia della mucosa e che può visualizzare eventuali tumori che impedirebbero il passaggio del cibo, o restringimenti causati da malattia da reflusso.
Escluse queste cause e con il sospetto di un’alterata motilità, si andrà a eseguire la manometria esofagea ad alta risoluzione, il gold standard per la diagnosi dell’acalasia, esame che consiste nell’inserzione di un catetere in grado di rilevare la pressione interna lungo tutto il decorso dell’esofago. Si può così dimostrare il mancato rilassamento dello sfintere esofageo inferiore e l’assenza di peristalsi e suddividere l’acalasia in tre forme in base al profilo pressorio:
- tipo I: pressione esofagea normale
- tipo II: pressione aumentata lungo tutto il decorso dell’esofago
- tipo III: presenza di contrazioni spastiche dell’esofago distale
Questa classificazione è importante perché varia la risposta al trattamento chirurgico: l’acalasia di tipo II avrà un esito favorevole nel 96% dei casi, mentre il tipo I nell’81% e, infine, il tipo III solo nel 66% dei casi.
Altra metodica utile in alcuni pazienti è la radiografia con pasto baritato: il paziente ingerisce il bario (mezzo di contrasto) e vengono poi eseguite radiografie seriate che documentano la progressione del bolo baritato.
Cura
Non esistono terapie che possano ripristinare la fisiologica peristalsi dell’esofago, per cui i trattamenti sono volti a ridurre la pressione sullo sfintere esofageo inferiore; la strategia è farmacologica, si utilizzano calcioantagonisti (es. nifedipina), nitrati (isosorbide dinitrato) e talvolta inibitori delle fosfodiesterasi (sildenafil), ma gli effetti sono scarsi e comunque non duraturi.
Esistono approcci più invasivi, non scevri da effetti collaterali anche gravi, riservati esclusivamente a quei pazienti in cui siano falliti altri approcci:
- Dilatazione pneumatica tramite palloncino: viene inserito per via endoscopica e gonfiato a livello dello sfintere esofageo inferiore, poi ritratto. Questa tecnica ha un’efficacia che varia dal 62 al 90%. In ogni caso, circa un terzo dei pazienti dopo 4-6 anni presenta un nuovo restringimento e deve sottoporsi ancora a dilatazione. Esiste un rischio di perforazione dell’esofago durante questa procedura ma, secondo le ultime evidenze, avviene in una percentuale inferiore all’1%, se eseguita da personale esperto.
- Miotomia di Heller: consiste nel praticare un’incisione chirurgica a livello dello sfintere, preferibilmente per via laparoscopica, ma recentemente anche per via endoscopica. L’efficacia è migliore rispetto alla dilatazione pneumatica e va dall’88 al 95%. A causa del rischio di provocare un reflusso di materiale dallo stomaco in seguito a questa procedura, va eseguita in contemporanea anche una manovra chirurgica antireflusso, chiamata fundoplicatio.
- Iniezione locale di tossina botulinica, che blocca la contrazione muscolare dello sfintere. Si tratta tuttavia di una tecnica da riservare a chi non risponde agli altri trattamenti, poiché gravata facilmente da recidive dopo 6 mesi-1 anno e con efficacia del 70-80%.
In tutti i casi esiste la possibilità di una recidiva del restringimento esofageo, per cui potrebbe essere necessario ripetere la miotomia, la dilatazione pneumatica o la tossina botulinica, in varie combinazioni. In ultima battuta si può procedere con la rimozione chirurgica dell’esofago (esofagectomia).
A cura del Dr. Enrico Varriale, Medico Chirurgo
Fonti
- Pandolfino JE, Gawron AJ. Achalasia: a systematic review. JAMA. 2015 May 12;313(18):1841-52. doi: 10.1001/jama.2015.2996. PMID: 25965233.
- Islam S. Achalasia. Semin Pediatr Surg. 2017 Apr;26(2):116-120. doi: 10.1053/j.sempedsurg.2017.02.001. Epub 2017 Feb 3. PMID: 28550869.
- Kasper, D., Fauci, A., Hauser, S., Longo, D., Jameson, J., & Loscalzo, J. (2015). Harrison’s principles of internal medicine, 19e. Mcgraw-hill
Articoli ed approfondimenti
- Malattie
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