Aneurisma cerebrale: sintomi, cause, terapia

Introduzione

Le arterie, ossia i vasi sanguigni contenenti sangue ricco di ossigeno, possono essere interessate da processi di dilatazione patologica, che assomigliano ad un palloncino gonfio; quando tale dilatazione raggiunge dimensioni considerevoli prende il nome di aneurisma e, in conseguenza dell’assottigliamento della parete, può portare alla rottura del vaso in questione (proseguendo con l’analogia del palloncino, è intuitivo comprendere come più questo sia gonfio e più diventi soggetto a scoppio).

Anche se in teoria si possono formare in qualsiasi arteria, la quasi totalità degli aneurismi interessa

In questo articolo ci dedicheremo esclusivamente al primo caso.

Gli aneurismi cerebrali sono piuttosto comuni e si stima che fino al 5% della popolazione ne sviluppi almeno uno nel corso della vita, ma solo una piccolissima parte andrà incontro alla rottura del vaso; benché rara, si tratta di un’eventualità estremamente pericolosa perché causa di emorragia cerebrale, ovvero un sanguinamento all’interno del cervello, che se non immediatamente riconosciuta e trattata può avere conseguenze fatali.

L’articolo non rappresenta comunque un’alternativa al parere del medico curante, al quale vi consigliamo di rivolgervi per qualsiasi dubbio.

Classificazione

Tipologie di aneurisma cerebrale (iStock.com/VectorMine)

A seconda della loro forma gli aneurismi cerebrali vengono classificati in due differenti categorie:

  • Sacciformi, quando appaiono come piccole estroflessioni sferiche che protrudono lateralmente dall’arteria. Sono la tipologia più comune e anche quella che si rompe più facilmente. Dato l’aspetto caratteristico vengono anche definiti “aneurismi a bacca”.
  • Fusiformi: Più raro, l’aneurisma fusiforme è invece una dilatazione che interessa l’intera circonferenza del vaso, la cui forma va così a ricordare vagamente quella di un fuso.

Cause

Per comprendere le cause alla base della comparsa di un aneurisma è necessario descriverne il meccanismo di formazione. In questa sezione non ci limiteremo quindi ad elencare i fattori causali, ma spiegheremo il ruolo che ciascuno di essi ha nel processo che porta alla dilatazione del vaso, valutandoli in ordine cronologico:

  1. Possibile presenza di predisposizione genetica.
  2. Progressivo danno della parete causato dalla pressione del sangue.
  3. Comparsa di uno stato infiammatorio.

Cause genetiche

Il primum movens della formazione di un aneurisma è la debolezza della parete vascolare, che spesso è causata da una mutazione genetica.

In particolare sono state associate alla presenza di aneurismi cerebrali alcune sindromi genetiche come

  • la policistosi renale,
  • la sindrome di Marfan
  • e la sindrome di Ehler-Danlos,

ma possono essere coinvolte anche mutazioni meno conosciute delle proteine del tessuto connettivo.

Ricordiamo comunque che esistono anche altre possibili cause per la fragilità della parete arteriosa, come ad esempio un precedente danno vascolare.

Cause emodinamiche

Il movimento del sangue all’interno del vaso provoca costantemente sulla sua parete una certa pressione, definita stress di parete (o shear stress).

Questa pressione è molto bassa quando il moto del sangue rimane lineare, ma aumenta se si creano delle vorticosità.

Uno stress di parete maggiore del normale, quando associato ad una debolezza intrinseca del vaso, facilita l’estroflessione e quindi la formazione di una dilatazione patologica; questa è peraltro la ragione alla base del fatto che gli aneurismi sono più comuni alle biforcazioni dei vasi, cioè quei tratti dove più probabilmente si creano turbolenze nel moto del sangue.

Infiammazione

Studi recenti hanno messo in luce che la formazione degli aneurismi è invariabilmente accompagnata dall’infiammazione. Sembra infatti che il processo di dilatazione del vaso, iniziato a causa della debolezza di quest’ultimo e dell’eccessivo shear stress, scateni sul posto una risposta infiammatoria che rende la parete arteriosa ancora più fragile e distendibile.

Il processo quindi si autoalimenta e, quando la dilatazione raggiunge una grandezza pari al 50% del diametro originale del vaso, si forma un vero e proprio aneurisma.

Fattori di rischio

Un fattore di rischio è qualcosa che, pur non causando direttamente la patologia, ne favorisce lo sviluppo. I più importanti fattori di rischio per l’aneurisma cerebrale sono:

  • Sesso femminile: Le donne sono leggermente più a rischio degli uomini di sviluppare aneurismi, anche se questa differenza diventa realmente significativa solo dopo la menopausa. Sembra infatti che gli estrogeni (la cui produzione subisce un drastico calo con la menopausa) esercitino un’azione protettiva sulla parete vascolare.
  • Età: Con l’avanzare dell’età aumenta anche la possibilità di sviluppare un aneurisma cerebrale, probabilmente a causa di un deterioramento dei vasi sanguigni.
  • Ipertensione: È uno dei fattori di rischio più importanti perché aumenta la turbolenza del moto del sangue e di conseguenza lo stress esercitato sulle pareti arteriose.
  • Fumo: Anche il fumo di sigaretta aumenta significativamente il rischio di sviluppare aneurismi, soprattutto nelle persone che presentano alcune particolari varianti genetiche.
  • Familiarità: Poiché l’aneurisma ha anche cause genetiche e queste sono per definizione ereditabili, i parenti di chi presenti un aneurisma sono considerati a rischio di svilupparlo a loro volta.

Sintomi

Nella grande maggioranza dei casi gli aneurismi non daranno mai segno della loro presenza e rimarranno quindi asintomatici.

A causare i sintomi è invece la rottura dell’aneurisma, un evento drammatico che causa nell’arco di pochi secondi/minuti

Il sintomo probabilmente più caratteristico è l’improvviso mal di testa, descritto come lancinante e “mai provato prima”.

La rottura di un aneurisma cerebrale è ovviamente un’urgenza medica e, se sospettata, richiede l’immediato invio del paziente in Pronto Soccorso.

Diagnosi

Se si escludono i casi di rottura, la diagnosi di aneurisma cerebrale è solitamente incidentale, ossia posta durante approfondimenti prescritti per altri motivi. Gli esami in grado di rilevare la presenza di aneurismi cerebrali sono i seguenti.

  • TC: La Tomografia Assiale Computerizzata (abbreviata in TAC o TC) è una metodica che utilizza di radiazioni ionizzanti (raggi-X) per ottenere immagini molto dettagliate delle ossa e dei tessuti molli del paziente. È uno degli esami d’elezione per lo studio del cranio ed è utilizzato anche a seguito di traumi cranici per verificare l’eventuale presenza di emorragia (sanguinamento). Può essere utile per evidenziare sia la presenza di aneurismi integri sia lo spandimento ematico derivante dalla loro rottura.
  • RMN: La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) è l’altra metodica utilizzata nello studio del cranio. È una tecnica specifica per i tessuti molli ed ha il vantaggio di non utilizzare radiazioni (che sono dannose per il paziente). Anch’essa può evidenziare la presenza di aneurismi.
  • Angiografia cerebrale: L’angiografia studia nel dettaglio la circolazione cerebrale e sarebbe quindi l’esame più indicato se si volesse ricercare specificatamente la presenza di aneurismi. È più invasivo dei precedenti e prevede l’inserimento di un piccolo catetere nell’arteria carotide interna, attraverso il quale viene iniettata una certa quantità di mezzo di contrasto. Dopo questa somministrazione si procede quindi con una radiografia che mette in evidenza la rete vascolare cerebrale e l’eventuale presenza di sacche aneurismatiche.
  • Puntura lombare: Si tratta di un esame molto invasivo che consiste nel prelevare un campione di liquido cefalorachidiano, cioè il liquido contenuto nello spazio fra le nostre meningi, per mezzo di un ago che viene inserito fra le ultime vertebre lombari del paziente. Può essere utile per confermare la diagnosi di rottura di aneurisma perché in questo caso il fluido raccolto sarà arrossato dalla presenza del sangue. A causa della sua invasività, tuttavia, è stato ormai soppiantato dagli esami di imaging sopra descritti.

Complicazioni

La presenza in sé di uno o più aneurismi non influenza in modo significativo la prognosi del paziente, mentre la sua rottura, al contrario, è una situazione grave la cui prognosi dipende da una serie di fattori come

  • età del paziente,
  • condizioni generali di salute,
  • entità del sanguinamento
  • tempestività del trattamento.

Più del 50% dei pazienti va incontro a morte nelle prime 24 ore dopo l’evento e anche coloro che sopravvivono potranno sviluppare complicanze come l’ictus emorragico o il vasospasmo secondario, che possono causare danni neurologici permanenti.

Trattamento

Non tutti gli aneurismi cerebrali richiedono di essere trattati: quelli particolarmente piccoli possono essere semplicemente monitorati nel tempo, assicurandosi che non crescano di dimensioni. Gli aneurismi più grandi o che si sono rotti devono invece essere sottoposti a intervento chirurgico, che può essere di due tipi:

  • Intervento endovascolare (coiling): È l’intervento ad oggi più usato perché poco invasivo. Si esegue tramite l’inserzione nel circolo arterioso di un catetere (un piccolo tubicino) che viene guidato, grazie all’aiuto di tecniche di radiologia, fino al vaso che presenta l’aneurisma. Una volta raggiunta tale sede attraverso il catetere viene posizionata una piccola spirale metallica (coil); così facendo l’aneurisma viene isolato dal resto della circolazione e diviene totalmente innocuo.
  • Intervento neurochirurgico (clipping): L’intervento neurochirurgico prevede la temporanea rimozione di una piccola parte della calotta cranica (craniotomia) per consentire al neurochirurgo di piazzare una clip metallica (una sorta di graffetta) sull’aneurisma. Si ottiene così lo stesso risultato, cioè l’esclusione dell’aneurisma dalla circolazione cerebrale. Essendo un intervento più pesante ed invasivo è riservato solo ad alcuni casi particolari.

Fonti e bibliografia

A cura del dottor Daniele Busatta, medico chirurgo

Articoli ed approfondimenti

Link sponsorizzati

Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.