Arterite temporale (di Horton): sintomi, cause e cura

Cos’è l’arterite temporale?

L’arterite temporale (anche detta arterite a cellule giganti o di Horton) è una vasculite, ovvero un’infiammazione dei vasi sanguigni; colpisce le arterie di collo e testa e si tratta di una malattia autoimmune.

Interessa più in particolare le arterie grandi e medie, soprattutto nei rami cranici delle carotidi, i vasi sanguigni che portano sangue al cervello.

La malattia interessa soprattutto pazienti con più di 50 anni e l’infiammazione cronica, ovvero persistente, può danneggiare le pareti dei vasi, causando malformazioni (aneurismi e restringimenti) che possono condurre a problemi di circolazione.

I sintomi sono variabili, alcuni pazienti lamentano mal di testa e dolore alla mandibola, mentre altri accusano sintomi più generali e lesioni alle grandi arterie visibili solo con esami specifici.

La cura dipende dai sintomi e tipicamente farmacologica con cortisonici, ma può includere interventi chirurgici per le complicanze vascolari.

Di norma si osserva un miglioramento dei sintomi entro breve tempo dall’inizio della terapia, generalmente nell’arco di alcuni giorni, ma è importante sottolineare che, nonostante un trattamento adeguato, la patologia presenta una tendenza significativa alle recidive.

Cause

L’arterite temporale è molto spesso diagnosticata in pazienti affetti da polimialgia reumatica; interessa soprattutto donne caucasiche con più di 50 anni, ma in particolar modo 70 e gli 80.

Quello che si osserva è un processo infiammatorio che coinvolge lo strato più interno delle arterie; questa alterazione strutturale determina un restringimento del lume vascolare, con conseguente riduzione del flusso di sangue e, di riflesso, una riduzione anche dell’apporto di ossigeno e nutrienti.

Sebbene la patologia possa interessare potenzialmente qualsiasi arteria di calibro grande o medio, la sede più comune è rappresentata dalle arterie temporali, che decorrono davanti al padiglione auricolare, proseguendo poi nella regione del cuoio capelluto.

Anatomia semplificata dell'arterite temporale

Shutterstock/Pepermpron

L’origine precisa della condizione rimane sconosciuta, ma si ritiene essere una malattia autoimmune, in cui il sistema immunitario attacca erroneamente i vasi sanguigni e in particolare le arterie temporali che irrorano la testa e il cervello.

Si ipotizza che sia fattori genetici che ambientali (come eventuali infezioni) giochino un ruolo importante nello sviluppo della malattia.

In quanto rara nelle persone sotto i 50 anni, si sospetta una correlazione con i processi di invecchiamento dell’organismo.

Sintomi

Le manifestazioni iniziali dell’arterite a cellule giganti possono presentarsi in modo simile a una sindrome influenzale, con astenia, inappetenza (calo dell’appetito) e febbre.

Un mal di testa anomalo e di recente insorgenza è il sintomo caratteristico che interessa quasi due pazienti su 3; viene avvertito a livello delle tempie e associato a dolore al cuoio capelluto, ma può riguardare ogni parte del capo (frontale, occipitale, unilaterale o generalizzato).

I sintomi specificamente correlati all’infiammazione delle arterie craniche comprendono invece:

  • Mal di testa, spesso severo, che colpisce entrambe le tempie. È il sintomo più comune.
  • Ipersensibilità del cuoio capelluto o della regione temporale.
  • Diplopia (visione doppia).
  • Deficit visivi transitori o prolungati (paragonabili alla sensazione di avere una tenda parzialmente calata sull’occhio).
  • Vertigini o alterazioni dell’equilibrio e della coordinazione.
  • Dolore mandibolare durante la masticazione o mentre si parla.
  • Mal di gola persistente o disfagia (difficoltà a deglutire).
  • Occasionale dolore toracico.

Dolore e rigidità al collo, alle spalle o ai fianchi sono sintomi comuni di un disturbo strettamente correlato, la polimialgia reumatica, che interessa circa un paziente su 2.

Complicazioni

L’arterite a cellule giganti è stata correlata a un incremento del rischio di aneurismi, ovvero dilatazioni e indebolimenti localizzati della parete arteriosa. Tali complicanze possono manifestarsi anche a distanza di anni dalla diagnosi iniziale ed è quindi fondamentale il follow-up del paziente anche a seguito della regressione dei sintomi.

Se non trattata, può causare cecità (apparentemente con un rischio maggiore nei pazienti di sesso maschile), ma con la remissione dei sintomi e la normalizzazione dei marcatori infiammatori ematici, il rischio diminuisce significativamente.

Diagnosi

La diagnosi dell’arterite a cellule giganti si basa principalmente sulla valutazione dei sintomi e sull’esame obiettivo. Durante la visita il medico può riscontrare un’infiammazione e una dolorabilità alla palpazione dell’arteria temporale, accompagnate da una riduzione della pulsatilità.

Gli esami di laboratorio per la valutazione della condizione comprendono in genere

Qualora l’esame clinico/di laboratorio suggerisca la presenza della malattia si procede generalmente con una biopsia dell’arteria temporale: questa procedura prevede il prelievo di un piccolo campione di tessuto, che viene successivamente analizzato al microscopio. Un referto positivo per l’arterite a cellule giganti evidenzierà la presenza di cellule atipiche nelle pareti arteriose.

In alcuni casi, per giungere a una diagnosi definitiva, potrebbe essere necessario effettuare più di una biopsia.

Cura

La terapia tempestiva con cortisone ad alto dosaggio è fondamentale per ridurre il rischio, seppur limitato ma concreto, di cecità.

Analogamente alla polimialgia reumatica, i sintomi dell’arterite a cellule giganti tendono a migliorare e regredire rapidamente con l’inizio del trattamento, tuttavia la terapia può richiedere una somministrazione prolungata, da alcuni mesi a diversi anni, al fine di mantenere sotto controllo il processo infiammatorio.

In alcuni pazienti è necessario prevedere l’impiego di altri farmaci immunosoppressori, come il metotrexato, in aggiunta o in alternativa ai corticosteroidi.

Potrebbe essere necessario infine ricorrere alla chirurgia per intervenire in caso di complicazioni.

Una gestione ottimale della patologia richiede un approccio integrato che comprende

  • un’alimentazione equilibrata,
  • un’adeguata attività fisica,
  • periodi di riposo sufficienti
  • e una rigorosa aderenza al regime terapeutico prescritto.

Queste misure sono essenziali non solo per il controllo della condizione, ma anche per mitigare potenziali effetti collaterali della terapia corticosteroidea.

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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