- Introduzione
- Causa
- Sintomi
- Asma e coronavirus (COVID-19)
- Diagnosi
- Cura
- Asma e bambini
- Asma e gravidanza
- Attacco acuto di asma: cosa fare?
Introduzione
L’asma è una malattia respiratoria caratterizzata da un’infiammazione cronica a carico dei bronchi, che provoca nei soggetti colpiti sintomi quali
- respiro sibilante,
- senso di costrizione al petto,
- tosse,
- difficoltà a respirare.
Questi disturbi sono più frequenti al mattino appena svegli o durante la notte.
I sintomi della malattia asmatica si verificano a causa di un’ostruzione a carico dei bronchi che causa difficoltà al normale passaggio dell’aria respirata: questa ostruzione è di norma parzialmente reversibile in modo spontaneo o a seguito della somministrazione di farmaci, a differenza di altre malattie respiratorie di tipo ostruttivo, come ad esempio l’enfisema polmonare o la bronchite cronica, in cui la bronco-ostruzione non è reversibile.
L’asma interessa circa 300 milioni di persone in tutto il mondo (1 persona ogni 20) secondo la Global initiative for asthma (Gina) con gravità variabile, da forme leggere fino a casi gravi che richiedono il ricovero in unità di terapia intensiva.
Può svilupparsi in persone di età variabile, dai più piccoli agli adulti, essere associata a malattie già presenti nel soggetto colpito o favorita da diversi fattori di rischio.
È una malattia cronica, ma nella maggioranza dei casi con un’adeguata terapia può essere mantenuta sotto controllo, riducendo i sintomi al minimo e garantendo al paziente una buona qualità di vita. La funzionalità respiratoria quasi sempre migliora ed il paziente può arrivare a presentare disturbi solo in condizioni particolari che impara a riconoscere e, se possibile, ad evitare (come ad esempio dopo uno sforzo fisico intenso o in presenza di stimoli irritativi ambientali).
Alcune persone inoltre, riferiscono di aver avuto sintomi asmatici solo in un periodo della loro vita per poi vederli scomparire, senza più ripresentarsi.

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Anatomia
Per comprendere ciò che accade nei bronchi in presenza di asma, riprendiamo brevemente la loro struttura anatomica.
Nell’uomo ci sono 2 bronchi principali che originano dalla trachea, il bronco destro ed il bronco sinistro; questi si dirigono verso i rispettivi polmoni, permettendo il passaggio dell’aria dalla trachea ai polmoni. Una volta giunti dentro i polmoni i bronchi principali si dividono ulteriormente in bronchi via via più piccoli, dando vita al cosiddetto albero bronchiale per la caratteristica forma che ricorda i rami di un albero.

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I bronchi sono formati da 3 strati (dall’interno verso l’esterno):
- strato mucoso,
- strato sottomucoso,
- strato fibroso.
Lo strato mucoso è rivestito da un epitelio costituito principalmente da cellule provviste di ciglia, simili a ciuffi di alghe, aventi funzione di spazzole, che muovendosi puliscono i bronchi del muco in eccesso e dei corpi estranei intrappolati al suo interno e giunti dentro i bronchi con la respirazione. Altre cellule presenti nello strato mucoso sono le cellule mucipare a forma di calice e le cellule dotate di microvilli, aventi probabile funzione di assorbimento. La parte profonda dello strato mucoso, detto membrana basale, ospita cellule di rimpiazzo che vanno a sostituire le vecchie cellule ciliate e mucipare.
Lo strato sottomucoso contiene le ghiandole produttrici di muco ed i fascetti della muscolatura liscia dei bronchi.
Lo strato fibroso, infine, è lo strato più esterno del bronco, quello che gli conferisce la forma e la consistenza: è costituito da fibre elastiche ed anelli di cartilagine.
Causa
L’asma si sviluppa in seguito ad un processo infiammatorio delle vie aeree per cause
- allergiche,
- non allergiche
- o professionali.
L’infiammazione determina l’arrivo nei bronchi di 3 tipi di cellule infiammatorie in grosse quantità:
- linfociti T,
- mastociti,
- eosinofili.
Queste cellule sono in grado di causare ai bronchi un danno cronico che ne va a rimodellarne la struttura: le ghiandole produttrici di muco e la muscolatura liscia aumentano di volume, la parete epiteliale dello strato mucoso si sfalda, si crea edema e la membrana basale diventa di consistenza più dura (si sviluppa una fibrosi).
Tutto ciò determina un’ostruzione dei bronchi, con conseguente difficoltà al normale passaggio dell’aria e clinicamente la comparsa di sintomi respiratori più o meno gravi.
Fattori di rischio per lo sviluppo della malattia
Tra i fattori che potrebbero favorire il rischio di ammalarsi di asma ricordiamo:
- predisposizione genetica,
- obesità,
- inquinamento atmosferico,
- allergeni presenti nell’ambiente o sul posto di lavoro,
- fumo di sigaretta attivo e passivo,
- infezioni virali respiratorie,
- abitudini alimentari (dieta povera di antiossidanti, cibi ricchi di additivi e/o coloranti),
- farmaci,
- fattori ormonali,
- stress.
Uno dei principali fattori di rischio, oltre all’ereditarietà che contribuisce per un 30-60% ai casi di asma, è la presenza di allergeni nell’aria che possono essere respirati dal paziente, o negli alimenti e nei farmaci dove possono essere ingeriti.
I principali allergeni ambientali sono:
- pollini, in particolare graminacee, parietaria, artemisia, iva, olivo, cipresso, piante ad alto fusto (nocciolo, betulla),
- acari della polvere,
- peli di animali (soprattutto cane, gatto, coniglio, criceto, cavallo),
- muffe (Alternaria tenuis, Cladosporium, Aspergillus fumigatus).
Tra gli allergeni alimentari ricordiamo in particolar modo
- uova,
- latte,
- pesche
- e noci.
Tra i farmaci, i maggiori responsabili di crisi asmatiche sono:
- aspirina,
- FANS (antinfiammatori)
- ed alcuni farmaci utilizzati per l’ipertensione arteriosa (come ACE inibitori o beta-bloccanti).
In un 15% dei casi l’asma si sviluppa in soggetti che svolgono lavori particolari, per cui vengono quotidianamente in contatto con sostanze che creano a lungo andare un danno ai bronchi. Tra le professioni maggiormente esposte al rischio di asma, ricordiamo:
- veterinari,
- allevatori,
- sanitari,
- fornai e pasticceri,
- falegnami,
- verniciatori,
- carrozzieri,
- conciatori,
- parrucchieri,
- operai dell’industria chimica.
Sintomi
L’asma è caratterizzata da periodi di remissione e periodi acuti (chiamati riacutizzazioni o attacchi).
I sintomi tipici di cui soffre un soggetto con asma, comprendono:
- sensazione di difficoltà a respirare,
- senso di costrizione al petto,
- respiro sibilante simile ad un fischio,
- tosse secca e stizzosa
variamente combinati tra di loro, sebbene sia possibile, in rare condizioni, che si manifesti un unico sintomo, ma possono comunque variare nel tempo sotto tutti i punti di vista (tipologia, frequenza ed intensità).
I disturbi si manifestano più frequentemente in particolari stagioni dell’anno, in cui ci sono maggiori gli allergeni ambientali nell’aria (primavera) o è aumentato il rischio di contagio da virus influenzali e parainfluenzali (inverno), oltre a peggiorare di notte e al mattino al risveglio.
Fattori di rischio per lo sviluppo di attacchi
Alcune condizioni scatenanti, inoltre, possono favorire in un soggetto asmatico lo sviluppo di una crisi d’asma. L’attività fisica, ad esempio, è frequentemente causa di crisi d’asma nei bambini o giovani adulti, in particolare la corsa, specialmente se la temperatura esterna è particolarmente fredda o secca, mentre sport come nuoto, marcia e pallavolo risulterebbero meglio tollerati nei pazienti affetti da asma.
Anche gli stati di iperventilazione che si instaurano ad esempio per una risata prolungata o durante una crisi d’ansia, possono favorire attacchi. Altre possibili cause scatenanti sono l’esposizione a
- fumo passivo,
- profumi intensi,
- vapori irritanti,
- vernici,
- fumo del caminetto,
- permanenza in luoghi polverosi (soffitte, palestre, cantine).
La presenza di reflusso gastroesofageo, infine, specie se non diagnosticato e/o non curato, può esser causa di crisi asmatiche difficilmente controllabili.
Asma e coronavirus (COVID-19)
Secondo i CDC americani, così come le società medico-scientifiche, i pazienti con forme di asma da moderata a grave potrebbero essere a maggior rischio di complicazioni in caso di contagio da COVID-19, aumentando la probabilità di sviluppare attacchi di asma, polmonite e altre malattie respiratorie acute. Non esistono invece evidenze di un aumentato rischio di contagio.
Le indicazioni prevedono di sottoporsi alla vaccinazione non appena sarà possibile e, più nello specifico:
- continuare a tenere i sintomi della propria malattia sotto controllo mediante la terapia prescritta
- accertarsi di avere un’adeguata scorta di farmaci (i CDC suggeriscono una copertura per 30 giorni)
- non interrompere nessun farmaco in uso,
- evitare il contatto con i fattori di rischio (allergeni, profumi, inquinanti, …)
- evitare, se possibile, di provvedere personalmente alla disinfezione degli ambienti per evitare contatti con sostanze potenzialmente in grado di scatenare attacchi.
Diagnosi
Per diagnosticare l’asma il medico effettua come primo passo la raccolta dei dati del paziente, cioè l’anamnesi, ponendogli alcune precise domande, quali:
- Ha mai avuto difficoltà a respirare o udito fischi o sibili durante la respirazione, dopo uno sforzo fisico o di notte?
- La difficoltà a respirare aumenta durante o subito dopo un pasto, o quando si sdraia?
- Ha mai avuto difficoltà a respirare se nell’aria era presente molto smog, o volavano pollini o c’erano profumi intensi?
- Ha tosse secca e fastidiosa durante la notte o quando fa attività fisica?
- I sintomi sono presenti ogni giorno, più volte a settimana, più volte al mese?
- Assume farmaci come antipiretici, antiinfiammatori o per la pressione alta?
- Soffre di reflusso gastro-esofageo, cioè ha frequentemente la sensazione di bruciore al petto, rigurgito acido o nausea?
- Soffre frequentemente di raffreddori che impiegano molto tempo per guarire, anche più di 10 giorni?
- Che lavoro svolge?
- Soffre di malattie atopiche, come crosta lattea, eczema, orticaria, rinite allergica, intolleranze alimentari?
- Ha parenti stretti, madre, padre o fratelli affetti da asma o malattie allergiche?
La visita medica di un paziente affetto da asma (specie nelle forme lievi) spesso non rileva niente di patologico, solo talvolta è possibile, auscultando il torace con il fonendoscopio e dopo aver invitato il paziente a compiere un’espirazione forzata, udire rumori continui tipo sibili o fischi.
Per confermare la diagnosi clinica di asma occorre sottoporre il paziente ad alcuni test funzionali, mirati a studiare la funzionalità dei polmoni ed eventualmente a rilevare le 2 caratteristiche tipiche della malattia asmatica:
- ostruzione dei bronchi, di grado variabile, reversibile spontaneamente o con uso di farmaci,
- iperreattività dei bronchi a stimoli vari.
I test funzionali per la diagnosi di asma sono:
- spirometria basale e dopo somministrazione di un farmaco broncodilatatore (tipo salbutamolo),
- test di broncostimolazione aspecifico,
- monitoraggio del PEF.
La spirometria è un esame semplice che consente la misura del respiro, cioè il volume e/o la velocità dell’aria inspirata ed espirata da una persona in un determinato momento. Il test si effettua con uno strumento chiamato spirometro, che presenta un boccaglio attraverso il quale il paziente viene invitato a compiere un’inspirazione profonda e subito dopo un’espirazione quanto più a lungo possibile; uno stringinaso morbido eviterà la fuoriuscita di aria attraverso le narici, durante l’esecuzione dell’esame.
Con la spirometria è possibile valutare due parametri respiratori, cioè il FEV1 e la FVC:
- FEV1 sta per volume espiratorio forzato e consiste nel volume di aria che può essere espirato con uno sforzo massimale in 1 secondo, dopo una profonda ispirazione,
- FVC sta per capacità vitale forzata, cioè il volume di aria che può essere espirato con uno sforzo massimale dopo un’ispirazione profonda.
Nel caso di asma entrambi i parametri sono ridotti e ridotto è pure il rapporto tra FEV1/FVC, perchè la malattia causa una maggiore resistenza al passaggio dell’aria e la chiusura prematura delle vie aeree durante l’espirazione: in pratica il test consente di valutare la presenza di un’ostruzione dei bronchi.
Una seconda spirometria viene in genere fatta dopo una prima spirometria basale.
Con il secondo test si utilizza un farmaco broncodilatatore e il motivo è semplice: valutare se l’ostruzione del bronco riscontrata con il primo test sia o meno reversibile, se quindi il farmaco somministrato sia in grado di dilatare il bronco ostruito. In caso di asma, infatti, a differenza di altre malattie polmonari ostruttive come la BPCO, la broncoostruzione è parzialmente reversibile: nei pazienti asmatici si osserverà quindi, un incremento del valore di FEV1 pari al 12 % rispetto al valore basale e superiore a 200 ml in valore assoluto, dopo la somministrazione di 400 mcg di salbutamolo e ciò significa che il bronco ostruito si è dilatato.
I valori di FEV1 ed FVC sono riportati in grafici e devono sempre essere valutati da un medico.
Alcuni pazienti possono non avere un rialzo del valore di FEV1 dopo la somministrazione del farmaco broncodilatatore: in questi casi il FEV1 può essere rivalutato dopo una cura di 2-4 settimane con broncodilatatori e corticosteroidi ad alte dosi per via inalatoria.
In presenza di asma di grado lieve i parametri della funzione respiratoria potrebbero risultare normali; in questi casi, per stabilire se la tosse o gli altri sintomi riferiti dal paziente abbiano un’origine asmatica, occorre sottoporsi a un differente tipo di test che valuta se i bronchi reagiscono in modo spropositato o meno una volta venuti a contatto con alcune sostanze (ossia l’eventuale iperreattività dei bronchi).
Nello specifico l’esame consiste nel fare respirare al paziente, attraverso un nebulizzatore, dosi crescenti di una sostanza in grado di provocare una costrizione dei bronchi (generalmente si usa la metacolina) e tale sostanza viene fatta inalare fino a quando il valore di FEV1 non si è ridotto in una percentuale uguale o superiore al 20% rispetto al valore basale. In presenza di asma sono sufficienti poche dosi di metacolina per ottenere una riduzione del valore del FEV1, rispetto ad una persona sana che richiede dosi di metacolina maggiore.
Un ultimo test utile in corso di asma è il monitoraggio del PEF (flusso di picco espiratorio), ossia la velocità massima che può essere raggiunta con un’espirazione forzata, dopo un’ispirazione profonda.
Il PEF viene misurato in casa, due volte al giorno, al mattino presto e alla sera per almeno 2 settimane con un misuratore di picco ed i valori vanno annotati in un diario. L’asma è ipotizzabile se la variabilità giornaliera dei valori del PEF è superiore al 20% o se c’è un miglioramento del PEF dopo inalazione di un broncodilatatore o di una cura con farmaci corticosteroidei.
La radiografia del torace può essere richiesta per escludere altre malattie polmonari, quali bronchiectasie, fibrosi cistica o BPCO. Solo in casi più complessi, infine, possono essere richiesti dallo specialista esami diagnostici più invasivi o complessi.
Il sospetto di asma su base allergica può essere confermato sottoponendo il paziente a prove allergologiche cutanee (prick test) verso allergeni ambientali e alimentari.
Questi esami, insieme alla valutazione dei sintomi, consentono non solo di confermare la diagnosi di asma ma anche di stabilirne la gravità, dato essenziale per poter impostare la miglior cura per il paziente.
Cura
La cura dell’asma si basa innanzitutto sul riconoscimento ed eliminazione, ove possibile, delle cause scatenanti le crisi asmatiche (come ad esempio muffe o sostanze di uso professionale). Altrettanto importante è inoltre smettere di fumare e correggere eventuali condizioni di sovrappeso.
Gli obiettivi della terapia sono sostanzialmente tre:
- migliorare i sintomi,
- prevenire le riacutizzazioni di malattia,
- controllare la funzione respiratoria.
I farmaci utilizzati sono di 2 tipi:
- antiinfiammatori, quali corticosteroidi per via inalatoria (come ad esempio beclometasone HFA, budesonide, fluticasone, flunisolide).
- broncodilatatori, del tipo beta-2 agonisti inalatori a lunga durata d’azione.
In alcuni casi potrebbe essere richiesta una terapia con altri tipi di farmaci ad attività antiinfiammatoria, quali antileucotrieni, cromoni o anti-IgE oppure corticosteroidi in compresse. Altri possibili broncodilatatori invece, utilizzabili sono la teofillina orale a lento rilascio oppure gli anticolinergici inalatori a lunga durata d’azione.
La scelta dei farmaci da utilizzare dipende dalla gravità iniziale della malattia asmatica, dalle caratteristiche del paziente (età, cause scatenanti l’asma, presenza di altre malattie …) nonché dalle eventuali precedenti cure per asma a cui il paziente è stato sottoposto, ma è ad oggi personalizzata e continuamente verificata.
A questo proposito si distinguono due tipologie di paziente:
- il “preferred controller”, che predilige una terapia quotidiana di mantenimento e quanto più possibile di prevenzione dei sintomi,
- il “preferred reliever”, colui che al contrario preferisce ricorrere alla terapia al bisogno (on demand).
Oltre alla terapia di base da effettuare ogni giorno regolarmente, il paziente dovrebbe sempre avere con sé un altro farmaco di emergenza, da utilizzare per via inalatoria al bisogno al manifestarsi di sintomi di attacco asmatico.
Nelle nuove linee guida GINA s’introduce tuttavia un cambiamento di grande rottura con il passato, caratterizzato dall’abbandono del salbutamolo (Ventolin®) come rimedio d’urgenza, a favore di un’associazione di broncodilatatore a lunga durata d’azione (formoterolo) e cortisonico, con il vantaggio di una durata d’azione sensibilmente superiore (12 ore, contro 4).
È molto importante che il paziente venga adeguatamente istruito sul corretto utilizzo dei farmaci: occorre infatti che i vari tipi di erogatori contenenti il farmaco (spray dosati, erogatori di polveri secche, nebulizzatori) diventino strumenti familiari e facilmente maneggiabili dal paziente perché la cura venga eseguita in modo corretto.
In casi particolari è richiesta una cura specifica per trattare malattie di base come
- rinite,
- sinusite cronica,
- poliposi nasale,
- reflusso gastro-esofageo.
Il ricorso a farmaci immunosoppressori (metotrexate, ciclosporina, …) va valutato attentamente solo in presenza di asma grave difficile da gestire con le comuni terapie ed andrebbe effettuato soli in centri specializzati, per l’alto rischio di effetti collaterali.
L’agopuntura, l’omeopatia, la medicina delle erbe o altri rimedi naturali non devono in alcun modo sostituire la terapia farmacologica tradizionale nella cura dell’asma, perché ad oggi prive di dimostrazione di efficacia.
Asma e bambini
L’asma è una della malattie respiratorie croniche più comuni in età pediatrica. La malattia è più frequente nei bambini che hanno altri familiari stretti affetti da asma, oppure che presentano una dermatite atopica o sono sensibili verso allergeni inalanti (e meno frequentemente alimentari).
La diagnosi si basa sui sintomi clinici e la visita medica e può essere confermata dalla spirometria, che tuttavia richiede la collaborazione del paziente, onde per cui di solito non è possibile effettuarla prima dei 6 anni di età. Tra i 2 ed i 6 anni si possono comunque effettuare altri esami che valutano la funzionalità respiratoria, come ad esempio la tecnica delle oscillazioni forzate.
Questo test si basa sulla considerazione che il polmone è un organo elastico. L’esame consente di misurare tale elasticità, attraverso un’apposita apparecchiatura che misura le resistenze polmonari al passaggio dell’aria respirata: più le resistenze sono grandi, minore è la capacità elastica del polmone. L’apparecchiatura è collegata ad un boccaglio nel quale il bambino deve respirare con calma ogni volta che sente un segnale sonoro. Il tutto viene registrato e valutato dallo specialista.
L’asma anche nel bambino va sempre curata con farmaci da assumere regolarmente per migliorare i sintomi, evitare che peggiorino e proteggere i polmoni ed i bronchi dai danni provocati dall’infiammazione cronica che si sviluppa in corso della malattia.
I farmaci antiasmatici impiegati sono in genere cortisonici inalatori a basse dosi (a volte associati a broncodilatatori a lunga durata d’azione o anti-leucotrieni).
Per la somministrazione del farmaco è preferibile utilizzare uno spray pre-dosato e dotato di distanziatore e maschera facciale (o boccaglio per bambini di età superiore ai 4 anni), semplice, economico e che permette una buon assorbimento del farmaco con minor rischio di effetti collaterali.
Un bambino che assume regolarmente la terapia antiasmatica può avere una vita normale e praticare quasi tutti gli sport, tranne quelli maggiormente associati ad un rischio di crisi asmatiche (equitazione, corsa, immersioni subacquee, deltaplano o alpinismo d’alta quota).
Asma e gravidanza
L’asma va curata anche quando si sviluppa per la prima volta in una donna gravida o deve continuare ad essere curata, se già preesistente al momento della gestazione. Un’asma non tenuta sotto controllo dalla terapia infatti, può esporre sia la madre che il feto al rischio di complicanze anche gravi, come ad esempio
- emorragie vaginali,
- gestosi,
- vomito persistente (iperemesi gravidica),
mentre nel feto può esser causa di
- ritardi di crescita,
- nascita prematura,
- aumento del rischio di mortalità perinatale.
In gravidanza i farmaci maggiormente utilizzati sono gli antiasmatici inalatori, come il beclometasone o il budesonide assunti a dosi minime e sotto stretto controllo medico; i beta-2 stimolanti o i corticosteroidi in compresse, specie se ad alte dosi, di contro possono associarsi ad un maggior rischio di aborti o nascite premature e quindi non andrebbero assunti.
Attacco acuto di asma: cosa fare?
L’attacco acuto di asma può costituire un’emergenza medica, che è importante riconoscere e trattare prontamente.
Un soggetto con un attacco acuto di asma presenta sintomi di differente gravità, che comprendono:
- severe difficoltà a respirare,
- sibili,
- difficoltà a parlare,
- tosse persistente,
- senso di costrizione al petto,
- aumento dei battiti cardiaci,
- aumento della frequenza respiratoria,
- uso dei muscoli accessori della respirazione,
- retrazione dei muscoli intercostali,
- colorazione tendente al bluastro della pelle (in particolare delle labbra),
- stato d’ansia.
Mantenere la calma è in questi casi il primo aiuto che si possa offrire al soggetto colpito.
È necessario chiamare un dottore o un’ambulanza, far sedere il paziente ed iniziare già in casa la somministrazione di un broncodilatatore associato ad un cortisonico (che in genere il paziente asmatico possiede, in quanto rimedio d’emergenza).
Se i sintomi migliorano ed i valori della saturazione di ossigeno e del PEF rientrano nella norma (saturazione dell’ossigeno superiore al 95% e PEF superiore all’80%, misurabili con semplici dispositivi elettronici) il paziente può essere ritenuto fuori pericolo e restare al proprio domicilio.
Se l’attacco acuto di asma non migliora è necessaria una dose più massiccia di broncodilatatori eventualmente per via endovenosa, cortisonici ed ossigenoterapia (o a seconda della gravità dell’episodio, il ricorso ad ulteriori farmaci) da effettuarsi in regime di ricovero in una struttura ospedaliera.
A cura della Dr.ssa Tiziana Bruno, medico chirurgo
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