- Introduzione
- Meccanismi di regolazione della glicemia
- Ipoglicemia nel soggetto non diabetico
- È davvero un calo di zuccheri? Quasi mai
- Sintomi del “vero calo di zuccheri”
- Diagnosi
- Rimedi
- Prevenzione
Introduzione
Un calo di zuccheri è la prima cosa a cui comunemente si pensa di fronte a un episodio di particolare stanchezza, debolezza, un capogiro o uno svenimento.
Calo di zuccheri (o calo glicemico) significa letteralmente ipoglicemia, cioè una condizione di glucosio basso nel sangue.
L’ipoglicemia è un evento frequente e molto temuto nelle persone con diabete, come conseguenza dell’assunzione di insulina o sulfaniluree in eccesso (farmaci usati per abbassare i livelli di glicemia, eccessivi nel paziente diabetico): in un diabetico che sta male, con perdita di coscienza, sonnolento, o semplicemente con sbalzi d’umore è doveroso pensare, prima di ogni altra cosa, che abbia un’ipoglicemia.
Ma nel caso di una persona non diabetica l’ipoglicemia è in realtà un evento molto raro.
Meccanismi di regolazione della glicemia
Nonostante l’assunzione di cibo sia intermittente e variabile, la concentrazione di glucosio (lo zucchero utilizzato dall’organismo) nel sangue rimane sempre nel range di normalità (compreso tra 70 e 100 mg/dl).
Durante il digiuno (quello normale tra un pasto e l’altro, ma anche il digiuno protratto) la glicemia viene mantenuta costante grazie a raffinati meccanismi neuro-ormonali che provvedono al mantenimento della giusta concentrazione di zucchero nel sangue, in particolare attraverso
- caduta dei livelli di insulina
- aumento di glucagone e adrenalina, che hanno effetto immediato sul rialzo della glicemia
- aumento di cortisolo e GH, che intervengono con azione più lenta (nei digiuni prolungati).
Questi cambiamenti ormonali promuovono l’attivazione nel fegato dei processi biochimici di
- glicogenolisi (dal glicogeno, che costituisce una riserva di zuccheri, viene liberato glucosio)
- gluconeogenesi (produzione di glucosio a partire da molecole non glucidiche)
che garantiscono disponibilità di glucosio anche quando questo non viene introdotto con l’alimentazione, al fine di mantenere costante la glicemia ed evitare che il cervello rimanga sprovvisto di glucosio.
In un diabetico i meccanismi che mantengono la corretta concentrazione di zucchero nel sangue sono alterati: proprio per questo non solo ha iperglicemia, ma può anche andare incontro a ipoglicemie molto importanti e soprattutto pericolose nell’immediato.
Nelle persone sane invece questi meccanismi funzionano perfettamente e, grazie ad essi, tra un pasto e l’altro o durante il riposo notturno la glicemia scende pochissimo, rimanendo ampiamente nel range di normalità: non scende tanto da poter raggiungere i livelli di un’ipoglicemia; persino in caso di digiuno protratto la glicemia diminuisce solo di 15-20 mg/dl rispetto ai valori normali, per poi stabilizzarsi.
Proprio perché avviene questa fine regolazione della concentrazione di glucosio nel sangue, nella maggior parte dei casi parliamo di calo di zuccheri erroneamente, in quanto si tratta di episodi dovuti non a una glicemia bassa, ma ad altre cause ben più frequenti, rispetto all’ipoglicemia, nella popolazione non diabetica.
Ipoglicemia nel soggetto non diabetico
L’ipoglicemia è una situazione in cui il glucosio nel sangue scende sotto 55 mg/dl, in una persona non diabetica. Nel diabetico, infatti, poiché è abituato a glicemie più elevate, la soglia è più elevata e si parla di ipoglicemia quando il glucosio nel sangue scende sotto 70 mg/dL.
Già all’interno di questa definizione è contenuta un’importante informazione: per poter parlare di calo di zuccheri deve essere documentata una glicemia bassa (misurata anche con un glucometro).
Gli episodi di ipoglicemia vera e propria nel paziente non diabetico sono legati a due distinte manifestazioni:
- ipoglicemia spontanea a digiuno
- ipoglicemia reattiva,
situazioni poco frequenti e di solito non gravi come le ipoglicemie nel diabetico (che meritano un discorso a parte).
L’ipoglicemia a digiuno è un abbassamento della glicemia non dovuto all’effetto del digiuno, ma così chiamata per distinguerla dall’ipoglicemia che si manifesta in risposta a un pasto (reattiva). Riconosce come cause:
- Gravi malattie del fegato, la sede di produzione del glucosio endogeno
- Abuso di alcol, che blocca la produzione di glucosio da parte del fegato
- Sepsi, grave infezione sistemica in cui aumentano i processi metabolici e quindi l’utilizzo del glucosio
- Insulinoma, un tumore del pancreas che produce troppa insulina, aumentando abnormemente l’utilizzo di glucosio e causando crisi ipoglicemiche
- Altri tumori, non pancreatici, che producono insulina o sostanze simili ad essa
- Malattie endocrinologiche che causano deficit degli ormoni regolatori (insufficienza surrenalica o morbo di Addison, insufficienza ipofisaria)
- Malnutrizione grave, in particolare nei neonati e negli anziani, in concomitanza di malattie epatiche o renali
- Farmaci:
- salicilati (nei bambini)
- propranololo
- pentamidina
- chinino
- insulina o farmaci antidiabetici assunti a causa di problemi psichiatrici da persone senza diabete che però vi hanno accesso, come personale sanitario o familiari di diabetici (ipoglicemia fattizia).
L’ipoglicemia reattiva postprandiale, come suggerisce il nome, si verifica dopo un pasto in risposta al consumo di cibo.
- In persone affette da dumping syndrome, disturbo che insorge a seguito di interventi di resezione gastrica o di bypass gastrico: il cibo, poiché transita troppo velocemente, innesca il rapido rilascio di un’eccessiva quantità di insulina, un troppo rapido assorbimento di glucosio con caduta della glicemia dopo mangiato.
- In risposta ad un pasto particolarmente ricco di zuccheri, soprattutto dopo un regime alimentare restrittivo, probabilmente per eccessiva secrezione di insulina o maggiore sensibilità ad essa (ipoglicemia reattiva idiopatica, cioè senza causa identificabile)
- In una situazione di prediabete (ridotta tolleranza al glucosio e, meno comunemente, alterata glicemia a digiuno)
- In malattie genetiche come l’intolleranza ereditaria al fruttosio e la galattosemia, con calo di zuccheri nei bambini dopo assunzione di fruttosio o galattosio.
È davvero un calo di zuccheri? Quasi mai
Quello che a volte confondiamo con un calo di zuccheri nella maggior parte dei casi è piuttosto un calo di pressione.
Se si ha risoluzione dei sintomi con l’assunzione della posizione sdraiata, non siamo davanti a un’ipoglicemia, ma a un episodio sincopale; invece un’ipoglicemia per risolversi necessita dell’assunzione di zuccheri.
La sincope (così come la lipotimia che può precedere una sincope vera e propria) è dovuta a un abbassamento di pressione che diminuisce l’afflusso di sangue al cervello.
È molto frequente, tanto che le stime ipotizzano che fino al 50% della popolazione sviluppi almeno una sincope nella vita.
È un episodio di perdita di coscienza, con caduta a terra; è di breve durata proprio perché cadendo a terra riaumenta la perfusione cerebrale e si ha recupero spontaneo della coscienza.
Nella lipotimia, più correttamente chiamata pre-sincope, si ha sensazione di svenimento imminente, difficoltà a rimanere in piedi, ma non perdita di coscienza; infatti di fronte ai primi sintomi premonitori di uno svenimento come
- senso di mancamento
- sensazione di testa vuota
- capogiro
- vista annebbiata
- orecchie ovattate
è spontaneo assumere la posizione sdraiata (aumentando la perfusione cerebrale) evitando così uno svenimento.
La sincope neuromediata è la forma di gran lunga più frequente nei giovani, soprattutto nelle donne.
- forti emozioni (uno spavento improvviso, uno stress, un forte dispiacere)
- un trauma, un forte dolore
- una visione spiacevole, come la vista del sangue in soggetti sensibili,
tutti stimoli che provocano uno stato di allerta e un’attivazione abnorme del sistema nervoso simpatico con liberazione di adrenalina: come meccanismo riflesso il sistema nervoso parasimpatico cerca di bilanciare questo eccesso di adrenalina e induce un calo di pressione.
Si è predisposti a episodi di sincope in tutti quei casi in cui sia favorito un abbassamento di pressione:
- se si sta tanto tempo in piedi e immobili (venendo meno la contrazione dei muscoli delle gambe, ritorna meno sangue al cuore)
- in luoghi caldi o affollati
- nel periodo estivo (la vasodilatazione provoca un calo pressorio)
- in caso di disidratazione
- dopo esercizio fisico (con il sudore eliminiamo liquidi e sali, e si ha un calo pressorio)
Altro evento molto comune è la sincope da ipotensione ortostatica, tipica degli anziani che dalla posizione seduta assumono bruscamente la posizione ortostatica (in piedi): il corpo non è altrettanto veloce ad aumentare la pressione e si ha un abbassamento di pressione.
Esistono casi di sincope psicogena in persone che soffrono di attacchi di panico e ansia generalizzata.
La sincope è un sintomo che può sottendere molte cause, di solito è una condizione benigna, ma può a volte essere spia di una patologia cardiaca (aritmia, cardiopatia…) che causa l’ipotensione.
La sincope dovuta a malattie cardiache ha però delle caratteristiche peculiari, tra le più importanti:
- può insorgere anche mentre il paziente è sdraiato
- è improvvisa, non preceduta da una presincope
- spesso è accompagnata da sintomi come il cardiopalmo (percezione del proprio battito cardiaco).
Sintomi del “vero calo di zuccheri”
I segni e sintomi di una crisi ipoglicemica sono dovuti ai meccanismi che il nostro organismo mette in atto per aumentare i livelli di glucosio nel sangue, come il rilascio di adrenalina in risposta all’ipoglicemia:
- pallore
- tachicardia e palpitazioni
- aumento della pressione arteriosa
- tremore
- ansia
- eccessiva sudorazione
- importante ed improvviso senso di fame.
Altri sintomi, che insorgono perché il cervello è privato di glucosio, sua principale fonte di energia, comprendono:
- mal di testa
- sonnolenza
- difficoltà di concentrazione
- confusione
- comportamenti inappropriati, bizzarri (confusi con uno stato di ebbrezza)
- immotivati sbalzi di umore (improvvisa aggressività o irritabilità)
- crisi emotive
- vertigini
- convulsioni
- ipotermia
- disturbi della vista
- perdita di coscienza.
Dietro quello che viene confuso con un “calo di zuccheri” però nella maggior parte dei casi si nasconde piuttosto un abbassamento di pressione, come descritto in precedenza, che presenta sintomi effettivamente sovrapponibili in gran parte al calo glicemico:
- debolezza
- confusione
- sensazione di testa vuota
- palpitazioni
- pallore
- sudorazione fredda
- capogiro
- nausea
- visione confusa o annebbiata
- orecchie ovattate, ronzii nelle orecchie
- le gambe cedono e si avverte il bisogno di sedersi
- svenimento.
Diagnosi
In un paziente senza diabete per poter fare diagnosi di ipoglicemia deve essere assolutamente rispettata la triade di Whipple:
- presenza di segni e sintomi compatibili con l’ipoglicemia
- misurazione di una glicemia bassa (se il sospetto è fondato, il paziente deve essere educato a misurare la glicemia con un glucometro)
- i sintomi si devono risolvere dopo correzione dell’ipoglicemia.
Nel raro caso di un’ipoglicemia vera è necessario indagare quale sia la causa sottostante.
Se, nonostante la presenza dei sintomi, la glicemia misurata è normale, si può escludere che i sintomi siano dovuti a ipoglicemia.
Poiché episodi di malessere sono più spesso associati a un abbassamento di pressione, è importante misurare la pressione (si noti che durante un calo glicemico in genere si riscontra una pressione elevata in risposta all’aumento dell’adrenalina in circolo).
Quella del calo di zuccheri è quindi molto spesso un’autodiagnosi del paziente stesso, il più delle volte non corretta, sebbene in rari casi una persona non diabetica possa effettivamente esibire una quantità insufficiente di glucosio nel sangue.
A seguito degli episodi più eclatanti, quando venga allertato un medico, al suo arrivo spesso il paziente di solito si è completamente ripreso e sta bene.
Il medico sulla base di
- un’accurata anamnesi
- la descrizione dell’evento, eventualmente ricostruito anche grazie ai familiari
- la presenza di fattori scatenanti
- la ricorrenza o meno
si orienta sulla possibile natura dell’episodio di malessere ed eventualmente esegue approfondimenti diagnostici.
In particolare, nel sospetto di una sincope cardiogena, è necessaria una visita cardiologica e un ECG basale, e spesso un monitoraggio ECG nel tempo (tramite un holter delle 24h o un loop recorder per più tempo), oltre a un’ecografia cardiaca.
Rimedi
Se la diagnosi di ipoglicemia fosse confermata l’unico modo per risolvere una crisi ipoglicemica è la somministrazione di carboidrati a rapido assorbimento (zucchero, miele, marmellata, caramelle, succo di frutta, bibite zuccherate, …). Non si può correggere l’ipoglicemia con carboidrati a lento assorbimento (pane, fette biscottate) poiché contengono amido che ha bisogno di essere digerito e per arrivare a produrre glucosio e ad aumentare la glicemia potrebbe passare fino ad un’ora.
Da qui deriva il comune consiglio di portare sempre con sé una bustina di zucchero per le emergenze.
Però è sbagliato credere che lo zucchero sia il miglior rimedio per episodi che nella maggior parte dei casi si rivelano bruschi cali di pressione.
Per favorire il rialzo di pressione è utile bere 1-2 bicchieri d’acqua, mentre è da evitare la somministrazione di liquori, se la causa è un calo di pressione, perché l’alcol provocando vasodilatazione peggiora l’ipotensione.
Inoltre, se il paziente non fosse al primo episodio di sincope, al riconoscimento dei primi sintomi premonitori può porre rimedio al malessere ed evitare uno svenimento sedendosi o assumendo la posizione distesa con le gambe sollevate.
Qualora non fosse è possibile muoversi, sono rimedi efficaci per chi soffre di cali di pressione (favoriscono un lieve rialzo)
- accavallare le gambe
- contrarre i muscoli delle gambe
- stringere con forza una pallina antistress
- assumere la posizione accovacciata.
Prevenzione
Episodi frequenti di malessere hanno un grande impatto emotivo sull’individuo che ne soffre, perciò è importante prevenirli. Se la causa è un abbassamento di pressione, per non incorrervi:
- Evitare situazioni favorenti quando possibile
- Evitare i luoghi caldi e affollati
- D’estate evitare l’esposizione al sole nelle ore più calde e passeggiare nelle ore più fresche
- Bere acqua a sufficienza per idratarsi e aumentare l’apporto salino (ma non incorrere nell’errore opposto di esagerare con il sale)
- Seguire una dieta equilibrata con un buon apporto di frutta e verdura
- Evitare alcolici
- Un caffè o un ginseng nella prima metà della giornata può aiutare
- Evitare di rimanere per lungo tempo in piedi immobili, cercando di cambiare posizione e sedersi ogni tanto
- Per gli anziani, alzarsi con calma e non bruscamente
- Se si fa molto sport o se è particolarmente caldo, poiché con il sudore vengono persi liquidi ma anche sali, può essere utile prevenire l’eccessiva perdita con integratori di sali minerali.
A cura della Dr.ssa Cristina Chiappalone, medico chirurgo