Cardiomiopatia ipertrofica: cause, sintomi e cura

Introduzione

La cardiomiopatia ipertrofica è una patologia cardiaca caratterizzata da un ispessimento (ipertrofia) del miocardio, in assenza di una dilatazione dei ventricoli (le due camere inferiori del cuore); l’ipertrofia della parete interferisce con la normale funzione del muscolo cardiaco, ovvero pompare il sangue nelle arterie.

Nella maggior parte dei casi non determina l’insorgenza di sintomi e consente una qualità di vita assolutamente sovrapponibile alla popolazione generale, tuttavia può essere alla base di una sincope inspiegabile (svenimento) e rappresenta una causa frequente di morte cardiaca in giovani atleti.

La cardiomiopatia ipertrofica è nella maggior parte dei casi conseguenza di una mutazione genetica ereditata dai un genitore e rappresenta la forma più comune di cardiopatia genetica.

Non esiste una terapia farmacologica specifica, ma nei soggetti che non manifestino sintomi un’adeguata attenzione allo stile di vita e l’assunzione di medicinali volti alla riduzione del rischio di complicazioni sono spesso sufficienti; una parte dei pazienti necessitano invece di ricorrere alla chirurgia.

Cardiomiopatia ipertrofica

Shutterstock/Akarat Phasura

Terminologia e classificazione

Se per cardiopatia s’intendono sostanzialmente tutte le patologie cardiache, il termine cardiomiopatia indica una malattia primaria del tessuto muscolare cardiaco e che vanno peraltro distinte da altre patologie cardiache strutturali come

  • la malattia coronarica (che affligge le coronarie, i vasi che portano il sangue ossigenato al cuore per le proprie necessità energetiche),
  • le valvulopatie (condizioni che interessano le valvole cardiache, come ad esempio l’insufficienza mitralica)
  • le cardiopatie congenite (malformazioni semplici o complesse che interessano l’apparato cardiovascolare).

Le cardiomiopatie sono classificate in tre forme principali:

  • la cardiomiopatia dilatativa, in cui è presente una dilatazione ventricolare che causa insufficienza cardiaca;
  • la cardiomiopatia restrittiva, caratterizzata da una rigidità della parete ventricolare che ostacola il riempimento del cuore tra un battito ed il successivo;
  • la cardiomiopatia ipertrofica, caratterizzata da ipertrofia della parete ventricolare, oggetto del presente articolo.

La cardiomiopatia ischemica è infine una patologia secondaria a una malattia coronarica importante, pertanto non rientra nella classificazione delle malattie primarie del muscolo cardiaco.

Nella maggior parte dei pazienti affetti da cardiomiopatia ipertrofica è la parete muscolare che separa le due camere inferiori del cuore (ventricoli) a diventa più spessa del normale, parete che si chiama setto; la conseguenza è un ostacolo ad una corretta fuoriuscita del sangue dal cuore e si parla in questi casi di cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva.

In assenza di un blocco significativo la cardiomiopatia ipertrofica viene definita invece non ostruttiva, ma in questo caso può essere il ventricolo sinistro ad ispessirsi ed irrigidirsi, fino a complicare la fase di rilassamento del cuore e riducendo la quantità di sangue che il ventricolo stesso è in grado di accogliere e poi espellere verso la periferia durante la contrazione.

Cause

La cardiomiopatia ipertrofica è tipicamente una condizione congenita, ovvero presente sin dalla nascita, conseguente a difetti genetici che alterano lo sviluppo del miocardio. Sono state identificate almeno 1500 mutazioni diverse. La trasmissione è di tipo autosomico-dominante, per cui è sufficiente un solo genitore affetto per avere il 50% del rischio di sviluppare la patologia, anche se l’espressione della malattia è poi molto variabile.

Più raramente la cardiomiopatia ipertrofica può essere una condizione acquisita, come avviene ad esempio in pazienti con neurofibromatosi, feocromocitoma o acromegalia, in relazione all’elevata pressione arteriosa.

In altri casi l’eziologia della cardiomiopatia ipertrofica rimane sconosciuta.

Sintomi

La maggior parte delle persone affette da cardiomiopatia ipertrofica non avverte alcun sintomo e questi, quando presenti, si manifestano generalmente tra i 20 e i 40 anni, spesso in relazione ad uno sforzo fisico e comprendono

Purtroppo si tratta nel complesso di una condizione cronica, che tende a peggiorare nel tempo.

La sincope può verificarsi in seguito all’attività fisica o durante lo sforzo in seguito ad un aumento della contrattilità che interferisce con la gittata sistolica o all’instaurarsi di un’aritmia e rappresenta un fattore di rischio aumentato per morte cardiaca improvvisa.

Di solito la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca sono nella norma e i segni di ipertensione venosa sono rari.

Nei pazienti con una forma ostruttiva è possibile auscultare la presenza di un soffio sistolico da eiezione non irradiato al collo, mentre a livello apicale è possibile sentire un soffio da rigurgito mitralico dovuto a una distorsione dell’apparato valvolare.

Complicazioni

La maggior parte dei soggetti non sviluppa complicazioni significative, che tuttavia in una minoranza di casi possono comprendere:

  • fibrillazione atriale,
  • rigurgito della valvola mitrale,
  • cardiomiopatia dilatativa,
  • insufficienza cardiaca,
  • morte improvvisa.

Diagnosi

La diagnosi si basa su un sospetto clinico che viene successivamente confermato con un ecocardiogramma o una risonanza magnetica.

Il sospetto di cardiomiopatia ipertrofica insorge nel caso di svenimenti improvvisi e inspiegati, soprattutto se in concomitanza di uno sforzo fisico. Il medico potrà inoltre sospettare la condizioni in caso di soffio tipico e in presenza dei sintomi precedentemente illustrati.

È importante indagare la storia familiare e segnalare la presenza di morte cardiaca improvvisa in famiglia o parenti affetti dalla stessa patologia.

La diagnosi differenziale deve escludere altre cause di dolore toracico, come la stenosi aortica (restringimento dell’arteria aorta, la più grande dell’organismo) o la malattia coronarica.

Gli esami di primo livello comprendono l’esecuzione di un ECG, una radiografia del torace e gli esami del sangue per escludere la presenza di aritmie o ischemia cardiaca. La radiografia del torace solitamente è nella norma, in quanto l’ispessimento dei ventricoli non è accompagnato da una dilatazione delle camere, per cui il diametro del cuore rimane invariato.

L’ECG registra l’attività elettrica del cuore e può escludere la presenza di lesioni ischemiche, aritmie e mostrare segni di ipertrofia ventricolare sinistra, come la deviazione dell’asse cardiaco verso sinistra.

I migliori test diagnostici non invasivi che permettono di visualizzare il miocardio e le camere cardiache sono l’ecocardiogramma e la risonanza magnetica.

  • L’ecocardiogramma consente di ottenere immagini in movimento delle strutture del cuore e di valutare il funzionamento ventricolare. Attraverso questo esame è possibile valutare lo spessore delle pareti ventricolari, di individuare un eventuale ostruzione all’efflusso del ventricolo sinistro e di dimostrare la presenza di una disfunzione diastolica.
  • La risonanza magnetica con mezzo di contrasto produce immagini ad alta definizione delle strutture cardiache e dei vasi sanguigni sfruttando le proprietà del campo magnetico. Essa consente di valutare con maggiore dettaglio lo spessore delle pareti, di identificare la presenza di aree di fibrosi e di alterazioni valvolari.

Il cateterismo cardiaco è una procedura invasiva che permette di ricavare informazioni relative al flusso ematico, alla pressione interna delle camere cardiache e dei vasi. Si esegue introducendo un piccolo catetere in un vaso periferico, che viene successivamente spinto fino al cuore. Trattandosi di una metodica invasiva viene eseguito solo in alcuni casi specifici.

In presenza di una storia familiare di cardiomiopatia ipertrofica è possibile svolgere delle indagini genetiche per ricercare le mutazioni associate ed estendere tali indagini anche ai familiari.

Cura

Il trattamento è focalizzato sulla gestione dei sintomi e sulla prevenzione delle complicanze, in particolare della morte cardiaca improvvisa. Esso va stratificato in base alla sintomatologia riferita, all’età, al livello di attività fisica praticato e alla funzione cardiaca.

Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo di medicinali come i beta-bloccanti e i calcio-antagonisti, che agiscono promuovendo il rilassamento del muscolo cardiaco e il rallentamento della frequenza cardiaca.

In presenza di aritmie è possibile utilizzare dei farmaci antiaritmici, come l’amiodarone.

In alcuni contesti specifici, come per esempio un’estrazione dentaria, può essere richiesta una profilassi antibiotica per ridurre il rischio di endocardite infettiva.

Nel caso in cui i trattamenti farmacologici non si dimostrassero risolutivi è possibile eseguire degli interventi a livello del setto interventricolare.

  • La miectomia è un intervento a cuore aperto in cui viene rimossa una porzione del setto interventricolare per migliorare il flusso ematico dei ventricoli.
  • L’ablazione del setto è un intervento endovascolare che prevede l’utilizzo di alcol per distruggere una parte del setto ed eliminare l’ostruzione all’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro. La procedura prevede l’iniezione di alcol nel ramo della carotide che irrora la porzione del setto responsabile dell’ostruzione. In questo modo il vaso si oblitera e la porzione del setto andrà incontro a degenerazione. Esso viene eseguito nel caso in cui non sia possibile effettuare l’intervento chirurgico.

In presenza di aritmie che non si risolvono con il trattamento farmacologico è possibile installare un pacemaker, un piccolo dispositivo sottocute collegato con il cuore, che regola il battito inviando degli impulsi elettrici al cuore.

Per scongiurare il rischio di morte cardiaca improvvisa in persone ad alto rischio è possibile installare un defibrillatore impiantabile sottocutaneo, che registra l’attività elettrica del cuore e interviene con una scarica elettrica nel caso in cui si generassero delle aritmie pericolose.

Come extrema-ratio, in pazienti in cui la condizione sia ormai prossima ad uno stadio terminale, potrebbe essere necessario ricorrere al trapianto di cuore.

 

A cura del Dr. Marco Cantele, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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