Introduzione
La cefalea a grappolo è una forma di mal di testa poco comune, ma altamente invalidante a causa del dolore che è in grado di causare; il termine grappolo si riferisce a un periodo di tempo (settimane o mesi) durante il quale l’individuo subisce attacchi ricorrenti e lancinanti, con l’inizio del grappolo che spesso coincide con i cambiamenti stagionali o con specifici periodi dell’anno.
Un attacco di cefalea a grappolo è caratterizzato dai seguenti sintomi:
- dolore violento alla testa,
- occhi arrossati e che lacrimano,
- congestione nasale e naso che cola,
- sudorazione al viso,
- rimpicciolimento delle pupille (miosi),
- gonfiore delle palpebre,
- agitazione fisica e tendenza a muoversi.
Il dolore è devastante e raggiunge rapidamente un’intensità insopportabile; dura generalmente tra 15 e 180 minuti, colpendo un solo lato della testa (quasi sempre lo stesso) localizzandosi all’interno e attorno all’orbita dell’occhio e nell’area temporale.
Durante la fase dei grappoli gli attacchi si ripetono in momenti tipici, come nel cuore della notte e nelle ore pomeridiane (tra le 15 e le 17) con periodicità sistemica.
Cause
La cefalea a grappolo è poco comune, si stima indicativamente un’incidenza inferiore allo 0,5% nella popolazione maschile e 0,1% in quella femminile; la condizione è stata a lungo considerata un disturbo esclusivamente maschile, tuttavia, il rapporto maschi/femmine (M/F), considerato fino a 6,2:1 negli anni 50-60, è sceso a 2,1:1 per i pazienti con esordio negli anni ’90; a contribuire a questo cambiamento si ipotizza possano essere state le modifiche allo stile di vita e/o una maggiore consapevolezza della condizione nelle donne.
Non mostra un particolare carattere ereditario (i casi di familiarità sono compresi tra il 2% e il 7%).
Compare più comunemente in età adulta (tra i 20 e i 50 anni) e rappresenta una condizione patologica invalidante, con gravi conseguenze sulla qualità della vita del paziente.
La causa della cefalea a grappolo non è ancora del tutto chiarita, ma alla base si ipotizza esserci una reazione vasomotoria che coinvolge alcune diramazioni di grossi vasi del capo, come la carotide esterna e in particolare i rami che giungono all’orbita; l’evidenza del peggioramento del dolore in seguito all’assunzione di sostanze vasodilatatrici, quali alcol, fumo, istamina o alcuni farmaci come la nitroglicerina, rappresenta un ulteriore elemento a supporto della teoria vasomotoria.
Durante l’attacco di cefalea a grappolo sono state infine documentate variazioni del flusso di sangue a livello cerebrale, della temperatura cutanea e della pulsatilità dei vasi sanguigni cranici superficiali.
La cefalea a grappolo è peraltro considerata un disturbo del bioritmo, perché gli attacchi spesso avvengono con forte periodicità e i periodi di comparsa dei “grappoli” ricorrono regolarmente in primavera e autunno; sono stati anche rilevati mutamenti della produzione diurna di ormoni coinvolti nel bioritmo.
Sintomi
Gli attacchi sono particolarmente dolorosi, tanto che la forma è stata soprannominata cefalea del suicidio e viene descritta dal Dr. Peter Goadsby, professore di Neurologia Clinica all’University College di Londracome e uno dei massimi esperti di questa forma di cefalea, “il più grave dolore che gli umani possano provare”.
La cefalea a grappolo è caratterizzata sintomi abbastanza tipici:
- dolore d’intensità lancinante,
- della durata variabile tra 15 e 180 minuti,
- localizzato principalmente a livello dell’occhio e lateralmente nella zona della tempia.
Nella quasi totalità dei casi il dolore è strettamente unilaterale, colpisce cioè un lato solo.
Gli attacchi si ripetono ciclicamente, dando luogo ai così detto “grappoli”, periodi in cui gli attacchi sono più frequenti e intensi.
La cefalea si accompagna ad altri sintomi, tutti strettamente omolaterali al dolore:
- intensa lacrimazione,
- arrossamento dell’occhio,
- ostruzione nasale o, viceversa, scolo nasale (rinorrea),
- sudorazione facciale.
A differenza dell’emicrania, il dolore può esordire nel sonno svegliando il paziente.
Le crisi, nella forma episodica, si presentano giornalmente, spesso a orari fissi, una o più volte nelle 24 ore, per periodi della durata di 3-6 settimane con cadenza annuale o biennale, seguiti da un periodo di remissione.
Il 10% circa dei pazienti presenta una forma cronica, senza lunghe fasi di remissione, sebbene, anche in questo caso, possano esserci periodi di maggior frequenza, come se fosse in causa un elemento ciclico stagionale.
L’intensità della cefalea è tale che il paziente si trova nella necessità di muoversi in continuazione (fenomeno del così detto running-walking), fino a trovare una posizione soddisfacente; non sopporta inoltre la presenza di nessuno intorno a lui e il suo comportamento è estremamente agitato.
Diversamente dai pazienti affetti da emicrania chi è colpito dalla cefalea a grappolo di solito evita di sdraiarsi durante l’attacco, perché in questa posizione il dolore sembra maggiore.
Possono essere causa di comparsa del mal di testa:
- cambiamenti del tempo,
- alcuni odori,
- luce particolarmente luminosa,
- sforzi,
- caldo (docce e bagni caldi, alte temperature ambientali),
- uso di sostanze stupefacenti (cocaina).
Che differenza c’è tra emicrania e cefalea a grappolo?
La principale caratteristica che differenzia le due forme di cefalea è che il paziente con cefalea a grappolo diventa più agitato durante l’attacco, praticamente incapace di restare fermo a riposare in attesa di risoluzione o di trovare sollievo dal sonno.
Inoltre un’emicrania può durare fino a tre giorni, un mal di testa a grappolo vede nel singolo attacco una durata inferiore alle 3 ore.
Diagnosi
In considerazione del quadro clinico molto caratteristico, la diagnosi di cefalea a grappolo non comporta particolari difficoltà, anche se nella pratica clinica non è infrequente una certa confusione con la nevralgia del trigemino, altra condizione che esibisce un dolore particolarmente severo, che tuttavia è caratterizzata da un dolore
- ad insorgenza acuta,
- di estrema severità,
- localizzato alla guancia,
- della durata di pochi secondi,
- scatenato da stimolazioni tattili e/o masticazione.
Quando recarsi al centro cefalee?
La cefalea è un disturbo molto frequente nella popolazione generale e quando diventa ricorrente incide negativamente sulla qualità della vita dell’individuo, causando
- astensione dal lavoro,
- rinunce a piccoli piaceri quotidiani quali una cena tra amici, fare sport, intraprendere qualsiasi tipo di attività nella paura di poter scatenare un attacco.
Se il disturbo compare più di due volte al mese è opportuno rivolgersi a un centro specializzato, che saprà fornire consigli, terapia sintomatica appropriata e terapia di profilassi.
Diario del mal di testa
Una delle strategie più utili da intraprendere per favorire una corretta diagnosi è tenere un diario del mal di testa per almeno due mesi: è bene annotare per ogni attacco le informazioni seguenti:
- descrizione del dolore,
- gravità del dolore,
- zona in cui si manifesta,
- durata dell’attacco,
- farmaci che state assumendo,
- ora di comparsa,
- che cosa si stava facendo quando l’attacco è iniziato,
- cibi e bevande assunti prima dell’attacco.
Il diario del mal di testa può offrire indizi importanti che aiuteranno il medico a diagnosticare il tipo di mal di testa e a scoprirne i possibili fattori scatenanti.
Cura
Solitamente i farmaci antidolorifici classici, quali aspirina, ibuprofene e simili, non sono efficaci nel ridurre il dolore da cefaela a grappolo.
Per il trattamento dell’attacco acuto di cefalea a grappolo l’intervento di prima scelta è quindi rappresentato dalla somministrazione di ossigeno (100%) con un’erogazione minima di 7 litri/minuto per 15 minuti, e dalla somministrazione di triptani, farmaci specifici somministrati per via sottocutanea (Sumatriptan alla dose di 6 mg) o sotto forma di spray nasale.
Per la profilassi è indicata la somministrazione di:
- calcio antagonisti: verapamil alla dose giornaliera minima di 240 mg (la dose massima dipende dall’efficacia o dalla tollerabilità),
- corticosteroidi: presentano un’evidente efficacia nella cefalea a grappolo nel breve periodo. Non è raccomandato l’uso prolungato a causa dei numerosi effetti collaterali,
- ergotamina: i farmaci a base di ergotamina sono consigliati soprattutto per prevenire gli attacchi notturni, da evitare in co-somministrazione coi triptani,
- altri farmaci: metisergide, litio e topiramato sono raccomandati come trattamenti alternativi.
Terapia chirurgica
In casi strettamente selezionati, per esempio pazienti che non rispondono alle terapie o che non ne tollerano gli effetti collaterali, può essere indicato il trattamento chirurgico. È necessario che la sintomatologia sia unilaterale.
Esistono diversi approcci, orientati ai nervi responsabili della propagazione delle sensazioni dolorose:
- La neurectomia (taglio del nervo) è l’intervento più comune e agisce sul nervo trigemino, il principale responsabile della sensibilità del viso. Il nervo viene reciso o “bruciato” per alcuni tratti col bisturi elettrico, al fine di interrompere la propagazione dello stimolo doloroso. È un intervento rischioso perché potrebbero essere compromesse anche le altre funzioni del nervo, come quella motoria per i muscoli della masticazione e quella sensitiva non dolorifica (riducendo la sensibilità tattile nella zona del viso interessata); per queste ragioni attualmente si tende a non eseguire questo tipo di intervento.
- Iniezione di glicerolo: l’iniezione di questa sostanza danneggia alcune fibre del nervo, alleviando i sintomi dolorosi fin da subito nel 70% dei casi, con rischi ridotti rispetto alle tecniche chirurgiche.
- Uso delle radiofrequenze (PSR): tecnica ambulatoriale che utilizza il calore per distruggere selettivamente alcune delle fibre del nervo trigemino che provocano il dolore.
I possibili effetti collaterali di questi interventi sono dovuti ad un danneggiamento del nervo e comprendono:
- intorpidimento facciale e/o perdità di sensibilità,
- alterazione della funzione dei muscoli masticatori,
- visione doppia (diplopia),
- perdita del riflesso corneale.
Terapie alternative
È possibile effettuare cicli di ginnastica posturale per risolvere problemi di cefalee derivanti da posture non corrette. Possono inoltre essere utili anche terapie comportamentali, qualora gli attacchi abbiano legami con disturbi emotivi (ansia, depressione), per cui alcuni centri specializzati si avvalgono di psicoterapeuti e psicologi che attraverso colloqui individuali o in gruppo e sedute di training autogeno mirano a ristabilire il benessere psico-fisico del paziente.
È tuttora oggetto di studio l’utilizzo di speciali apparecchi che stimolano i nervi, riducendo il dolore grazie a degli impulsi inviati tramite degli elettrodi; alcuni di questi dispositivi sono in grado di stimolare zone del sistema nervoso centrale importanti nella genesi del dolore della cefalea (ipotalamo), con netto miglioramento della sintomatologia.
Oggetto di studio sono state anche varie medicine alternative e complementari, come agopuntura, omeopatia e chiropratica, ma ad oggi non sono emerse evidenze di efficacia.
Si può prevenire la cefalea?
Da un punto di vista generale le cefalee risentono dello stile vita e delle abitudini di vita scorrette, quali ad esempio:
- assunzione di cibi particolari (per esempio cioccolato, dado di brodo, vino rosso),
- situazioni climatiche come freddo o caldo intensi,
- ambienti chiusi e fumosi,
- aria condizionata,
- sonno prolungato, posture scorrette (dolore al collo e pesantezza sulla testa con nausea dovute a periodi prolungati davanti al computer, o alla guida della propria autovettura),
- assunzione di anticoncezionali.
Nel caso specifico della cefalea a grappolo, soprattutto durante i periodi acuti, si raccomanda in particolare di:
- mantenere un ritmo sonno-veglia regolare,
- evitare stress, eccessiva attività fisica e viaggi ad alta quota (che potrebbero scatenare un attacco di cefalea per la ridotta concentrazione di ossigeno),
- smettere di fumare,
- evitare gli alcolici
- non esporsi a sostanze irritanti e agenti inquinanti potenzialmente presenti in alcuni ambienti (benzina, solventi, vernici)
- evitare l’assunzione e la somministrazione di sostanze vasodilatatrici, come la nitroglicerina e i nitrati, contenuti in alcuni farmaci e alimenti (carni conservate).
A cura della Dott.ssa Elisabetta Fabiani, medico chirurgo
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