Cefalea di tipo tensivo (ex muscolo-tensiva): sintomi, cause e cura

Introduzione

La cefalea muscolo-tensiva, o più correttamente solo tensiva, è la forma di mal di testa più comune, tanto che circa due terzi della popolazione ne lamenta almeno un episodio nel corso della vita; nella maggioranza dei pazienti si tratta di eventi isolati o di attacchi ripetuti in un breve arco di tempo, mentre molto più rara è la forma cronica, definita come la presenza di cefalea per più di 15 giorni al mese (quando gli attacchi sono meno di 15 al mese si tratta di una forma episodica).

La malattia in genere esordisce in età giovanile, ad un’età media attorno ai 30 anni, con il 40% dei casi che si manifesta prima dei 20 anni.

I sintomi principali con cui si manifesta sono:

  • mal di testa, percepito come
    • forte sensazione di compressione,
    • dolore non pulsante, da lieve a molto intenso,
    • coinvolgente entrambi i lati della testa;
  • sensazione di pesantezza ai muscoli della testa (talvolta anche in caso di palpazione manuale).

In certi soggetti può coesistere con forme emicraniche: in tal caso, vi è un maggiore rischio di cronicizzazione.

Donna che si tiene la testa a causa di un attacco di cefalea muscolo tensiva

iStock.com/millann

Cause

Le cause esatte della cefalea tensiva non sono note: in passato si riteneva che fosse conseguenza di un’eccessiva contrazione della muscolatura intrinseca del cranio e/o cervicale, da cui il nome di cefalea muscolo-tensiva, tuttavia tale ipotesi non ha trovato conferma da parte di studi clinici più recenti, pertanto oggi si dovrebbe più correttamente individuare come cefalea di tipo tensivo.

Lo stress e una ridotta tolleranza al dolore sembrano in qualche modo essere implicati nella genesi del disturbo, ma anche alcuni fastidi o dolori in altre parti di testa e collo possono scatenare gli attacchi; tra le possibili cause ricordiamo inoltre

  • disturbi del sonno, tra cui ad esempio la carenza,
  • dolore alla muscolatura cervicale,
  • uno sforzo visivo intenso e prolungato,
  • strabismo,
  • un disturbo dell’articolazione temporo-mandibolare,
  • malocclusione dentaria,
  • depressione o ansia,
  • postura scorretta oppure mantenimento della stessa posizione troppo a lungo,
  • disidratazione,
  • consumo dei pasti irregolare (ad esempio salto di un pasto),
  • astinenza da caffeina,
  • eccessiva sedentarietà.

Fattori di rischio

Sebbene sia in questo caso difficile tracciare un confine netto tra cause e fattori di rischio, tra questi si annoverano:

  • sesso: la cefalea muscolo-tensiva colpisce prevalentemente il sesso femminile,
  • età: è possibile riscontrare la malattia a ogni età, tuttavia è più comune tra i 40 e i 50 anni,
  • stress,
  • depressione.

Sintomi

La cefalea di tipo tensivo si contraddistingue dalle altre forme di mal di testa per:

  • un dolore di tipo oppressivo o compressivo (non pulsante, al contrario dell’emicrania), percepito come una fascia che stringe attorno alla testa e alla cervicale,
  • durata variabile dai 30 minuti ai 7 giorni,
  • localizzazione spesso bilaterale (entrambi i lati del capo),
  • intensità lieve o moderata,
  • dolore non aggravato dall’attività fisica, come camminare o salire le scale,
  • assenza di nausea e vomito,
  • possibile presenza di fono- e fotofobia (rispettivamente fastidio da rumori e luce), anche se non sono molto frequenti in questo tipo di cefalea,
  • è spesso evocabile alla palpazione un dolore alla muscolatura pericranica (frontale, temporale, muscolatura dell’articolazione della mandibola, sternocleidomastoideo, cervicale e trapezio),
  • solitamente insorge molte ore dopo il risveglio e si aggrava durante il corso della giornata, mentre solo raramente gli episodi si verificano di notte svegliando il paziente dal sonno,
  • talvolta perdita di appetito.

La cefalea muscolo-tensiva generalmente non è invalidante e non interferisce con le attività del vivere quotidiano.

Diagnosi

Il medico inizialmente sospetta la diagnosi di cefalea tensiva in base ai sintomi descritti dal paziente, ipotesi avvalorata anche dalla presenza di una buona risposta a blandi antidolorifici da banco (al contrario di altre forme di cefalea di maggiore intensità come l’emicrania).

A volte, soprattutto nei casi dubbi, risulta determinante tenere un diario delle cefalee, anche per registrare la frequenza degli episodi e l’attività che si stava svolgendo nel momento in cui inizia l’attacco, che potrà essere identificata come un possibile fattore scatenante.

Non esistono esami specifici per la cefalea. In alcuni casi, ad esempio quando la cefalea si è instaurata solo di recente in un soggetto che non ne aveva mai sofferto prima, il medico valuterà la prescrizione di indagini di diagnostica per immagini, quali

per escludere cause organiche di mal di testa (un tumore o un aneurisma).

Si consiglia di consultare un medico quando

  • gli attacchi sono molto frequenti,
  • il dolore è particolarmente intenso e/o invalidante,
  • il dolore subisce modifiche rispetto ai precedenti episodi (come intensità, come sede, …).

Il medico specialista delle cefalee è in genere specializzato in neurologia.

Cura e rimedi

È possibile distinguere un approccio preventivo, utile nei casi di cefalea tensiva di tipo cronico, ed uno sintomatico utile in fase acuta.

Terapia preventiva

Per la profilassi degli attacchi possono venire consigliati farmaci che non appartengono alla categoria degli antidolorifici, bensì a quella degli antidepressivi. Tali medicinali possono essere somministrati anche a chi non soffre di depressione, in quanto agiscono stabilizzando la concentrazione di neurotrasmettitori, come la serotonina, che possono essere coinvolti nella patogenesi delle cefalee. Tali farmaci comprendono:

  • amitriplina, un farmaco antidepressivo triciclico che trova la sua indicazione per la cefalea muscolo-tensiva a un dosaggio più basso rispetto a quello impiegato per i disturbi dell’umore. Gli effetti avversi comprendono: secchezza delle fauci, stitichezza, visione annebbiata, tachicardia, sonnolenza, aumento di peso, ipotensione;
  • gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Provocano meno effetti collaterali rispetto agli antidepressivi triciclici, tuttavia sono meno efficaci nel trattamento della cefalea.

Ricordiamo infine la possibilità di ricorrere anche a:

  • farmaci anticonvulsivanti,
  • farmaci miorilassanti, ovvero che decontraggono la muscolatura. Possono determinare secchezza del cavo orale, sonnolenza, confusione mentale.

Alcuni interventi comportamentali e psicologici possono in alcuni casi risultare particolarmente efficaci, in un’ottica di gestione dello stress (come ad esempio tecniche di rilassamento, di respirazione, …).

Terapia sintomatica

Durante l’attacco, si utilizzano in genere:

  • FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei). Gli effetti collaterali frequentemente riscontrati in questa classe di farmaci riguardano: l’apparato gastro-enterico (bruciore di stomaco, nausea,ulcere), manifestazioni cutanee (rash, prurito), il sistema nervoso centrale (sonnolenza, rallentamento psichico, confusione). Tra questi, il naprossene è particolarmente indicato per gli episodi di lunga durata, dal momento che possiede un’emivita maggiore rispetto ai principi attivi della medesima classe.
  • I medicinali di associazione (FANS con codeina o con caffeina) risultano molto efficaci, ma possono essere gravati da un rischio di cefalea da rebound e di dipendenza.
  • I triptani, farmaci specifici per l’emicrania, si sono rivelati efficaci anche per la cefalea muscolo-tensiva.

L’abuso di analgesici, così come di caffeina (sia come componente di medicinali che quella contenuta in varie bevande), possono provocare la cosiddetta cefalea da abuso di farmaci, che si manifesta soprattutto al risveglio. La cefalea può inoltre ripresentarsi o aggravarsi qualora l’assunzione di antidolorifici venga interrotta bruscamente.

Questi farmaci, per risultare efficaci nel contrastare il dolore, vanno assunti in una fase precoce dell’attacco, senza aspettare che il dolore diventi più forte; il trattamento del mal di testa è infatti l’unico caso in cui l’assunzione di antinfiammatori può avvenire a stomaco vuoto.

Si raccomanda in genere di non assumere tali medicinali per più di 10 giorni al mese, onde evitare il rischio di cefalea da abuso di farmaci.

Prevenzione

Alcune strategie non farmacologiche possono aiutare a prevenire gli attacchi, quali:

  • riposo,
  • borsa del ghiaccio o cuscino riscaldante posto sulle parti dolenti. La maggioranza dei pazienti è alleviata dal caldo, ma alcuni si sentono meglio col contatto col freddo;
  • docce con acqua calda,
  • tecniche di rilassamento o gestione dello stress: è importante, specie se si vivono situazioni stressanti, trovare il tempo da concedere al rilassamento. Esistono vari metodi, tra cui la respirazione profonda e il biofeedback;
  • massaggi: massaggiare o farsi massaggiare la muscolatura della testa e del collo può recare beneficio;
  • correzione della postura: una buona postura può servire a diminuire la tensione muscolare,
  • accertarsi che cuscini e materassi garantiscano una postura confortevole e corretta,
  • dormire per un numero adeguato di ore,
  • limitare alcolici e caffeina,
  • non fumare,
  • praticare regolarmente attività fisica.

Fonti e bibliografia

A cura della Dottoressa Giovanna Celia, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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