- Introduzione
- Cause
- Sintomi
- Complicazioni
- Quando contattare il medico
- Diagnosi
- Cosa fare
- Cura e prevenzione
- Fonti e bibliografia
Introduzione
Le convulsioni sono una violenta contrazione involontaria di muscoli volontari (gambe, braccia, …).
Le convulsioni febbrili rappresentano il disturbo di tipo epilettico più comune nell’età infantile e sono brevi crisi epilettiche generalizzate che si verificano nei bambini in corso di episodi di febbre con temperatura che supera i 38°C, in assenza di altri segni di malattie neurologiche o infezioni a carico del sistema nervoso centrale.
Nonostante osservare di persona un attacco possa essere fonte di spavento e angoscia, si tratta nella maggior parte dei casi di una condizione sostanzialmente benigna e nella maggior parte dei casi priva di complicanze future.
La caratteristica principale per cui si delinea il quadro di convulsione febbrile è che i soggetti non devono aver avuto precedentemente altri eventi epilettici in assenza di febbre, posto che per crisi epilettica s’intende un disturbo transitorio delle funzioni neurologiche dovuto ad una scarica elettrica anomala di una determinata popolazione di neuroni, le cellule presenti nel cervello. Tale crisi si manifesta con segni neurologici quali crisi tonico–cloniche (i movimenti incontrollati che nella visione comune vengono più spesso associate all’epilessia), alterazioni della sensibilità cutanea, morsus linguale (lingua stretta tra i denti fino a a causare lesioni), crisi di assenza e incontinenza.
Le convulsioni febbrili si presentano in media nel 3% dei bambini dai 6 mesi ai 5 anni di età, con maggiore incidenza soprattutto nel primo anno di età e nel sesso maschile rispetto a quello femminile.
Sulla base di alcune caratteristiche quali l’età di esordio e le caratteristiche delle crisi, le convulsioni febbrili si dividono in:
- Convulsioni febbrili semplici (si presentano con crisi tonico – cloniche tra i 6 mesi di vita e i 5 anni e non provocano paralisi né uno stato di sonno profondo)
- Convulsioni febbrili complesse (si presentano prima dei 6 mesi di vita o dopo i 5 anni con crisi parziali e sovente anche con quadri di paralisi e di sonno profondo)
Il rischio di sviluppare nel corso del tempo un’epilessia per i soggetti con convulsioni febbrili semplici è sovrapponibile a quello della popolazione generale, ovvero non si verifica un aumento del rischio (fanno eccezione i casi di convulsioni febbrili complesse, soprattutto in caso di un parente di primo grado che soffra di epilessia idiopatica o genetica, dove il rischio aumenta fino al 15%).
Le condizioni principali associate allo sviluppo di una convulsione febbrile sono:
- Rialzo della temperatura corporea oltre i 38°C soprattutto quando la febbre sale velocemente.
- Infezioni di natura batterica o di natura virale. Se si parla di convulsione febbrile è opportuno specificare come tali infezioni non devono interessare il sistema nervoso centrale (SNC).
- Effetti collaterali di alcuni vaccini.
Il rischio di sviluppare una convulsione febbrile, nonché di una sua recidiva in un breve periodo di tempo, aumenta nel caso di alcuni fattori predisponenti:
- Prima convulsione comparsa nel primo anno di età
- Convulsioni febbrili di tipo complesso
- Familiarità di primo grado per crisi epilettiche o per convulsioni febbrili
- Anomalie neurologiche o dello sviluppo psicomotorio
Il quadro clinico che viene a delinearsi in corso di convulsioni febbrili è molto simile a quello di una crisi epilettica standard senza febbre, ovvero con presenza di sintomi quali:
- Crisi tonico – cloniche (movimenti convulsi ed incontrollabili di gambe e braccia)
- Febbre alta oltre i 38°C
- Riduzione del livello di coscienza
- Stato confusionale e assenza
- Paralisi
- Sonno profondo
- Dolori muscolari
- Sintomi cardiorespiratori
- Tachicardia (aumento della velocità del battito cardiaco)
- Tachipnea (aumento della frequenza respiratoria)
- Ipertensione (aumento della pressione sanguigna)
- Midriasi (Dilatazione della pupilla)
- Ipersalivazione
- Dispnea (affanno e fame d’aria)
- Perdita involontaria di urine e feci
- Ferite della lingua
- Cefalea
- Parestesie (disturbi della sensibilità, come lo sviluppo di formicolio)
La diagnosi di convulsione febbrile prevede un accurato inquadramento clinico del paziente basato sulla anamnesi e sull’esame obiettivo neurologico coadiuvati da esami strumentali e dalla eventuale esecuzione di test specifici. Fondamentale sarà la diagnosi differenziale tra forme febbrili e le forme convulsive classiche che si presentano in assenza di febbre.
Per una corretta diagnosi differenziale sarà necessaria l’esecuzione di alcune indagini, quali:
- Esami del sangue
- Elettroencefalogramma (EEG)
- TC e RMN cerebrale
- Analisi del liquor
Il trattamento delle convulsioni febbrili prevede principalmente una terapia antipiretica che permetta di controllare efficacemente la temperatura corporea in maniera adeguata ed efficace; il farmaco di più comune utilizzo è il paracetamolo (nome commerciale “Tachipirina”), seguito dall’ibuprofene.
L’abbassamento della temperatura corporea permette di far regredire la crisi convulsiva, evitando le possibili complicanze maggiori.
La terapia antipiretica trova utilizzo anche come importante forma di prevenzione nei confronti di possibili ulteriori episodi convulsivi nei bambini che ne abbiano già sviluppato uno o più.
Nel caso le convulsioni febbrili si prolunghino oltre i 10 minuti è necessario somministrare farmaci antiepilettici come il midazolam per via orale o il diazepam per via endorettale (mediante specifici microclismi). Non trova invece indicazione una terapia antiepilettica di mantenimento quando sia stata accertata l’origine febbrile delle convulsioni.
Cause
Le convulsioni febbrili si presentano in bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni che hanno febbre superiore ai 38°C, ma che non presentino infezione del sistema nervoso centrale e che non abbiano avuto precedenti episodi di convulsioni senza febbre.
La causa delle convulsioni febbrili è tuttora sconosciuta, sebbene siano per definizione collegate ad un sostanziale aumento della temperatura corporea; si ipotizza che possa esiste una predisposizione genetica, sia perché le probabilità di avere un attacco aumentano se un familiare stretto ne ha vissute a sua volta, sia perché sono stati identificati diversi geni in cui la presenza di anomalie sembra favorirne la comparsa.
Le condizioni di salute più comunemente correlate allo sviluppo di convulsioni sono:
- Infezioni: nella maggior parte dei casi si tratta di infezioni di natura batterica o meno frequentemente di natura virale. Tali infezioni non devono interessare il sistema nervoso centrale (SNC), perché diversamente la causa della convulsione potrebbe essere l’infezione stessa e non la febbre..
- Effetti collaterali di alcuni vaccini, come quelli contro il morbillo, la rosolia, il tetano, la difterite o la parotite.
Il rischio di recidiva, ovvero sviluppare nuovi attacchi dopo il primo, soprattutto nel primo anno di vita si attesta intorno al 30-40% dei casi, ma può arrivare sino al 100% qualora siano presenti alcuni fattori di rischio, quali:
- Primo episodio che si è presentato al di sotto dei 15 mesi di vita
- Neonato prematuro
- Neonati colpiti precocemente da gravi infezioni virali
- Convulsioni febbrili complesse (vide infra)
- Familiarità di primo grado per crisi epilettiche o per convulsioni febbrili
- Malattia febbrile ricorrente nel corso del tempo
- Anomalie neurologiche
- Anomalie dello sviluppo psicomotorio
Sintomi
Il quadro clinico delle convulsioni febbrili è piuttosto tipico e prevede l’associazione delle convulsioni con eventuali crisi tonico – cloniche associata al rialzo febbrile della temperatura che supera i 38°C.
Per crisi tonico – cloniche s’intendono crisi caratterizzate da una fase tonica ed una clonica:
- La fase tonica si presenta con una contrazione generalizzata e caduta a terra con
- cianosi (colorito bluastro di labbra e dita),
- tachicardia (aumento della frequenza cardiaca)
- e ipertensione arteriosa (pressione del sangue alta).
- La fase clonica invece si presenta con
- contrazioni ritmiche di violenta intensità,
- disturbi del respiro,
- “morsus” linguale,
- ipersalivazione,
- incontinenza sfinterica.
Su questa base è possibile operare un’importante classificazione delle crisi:
- Semplici: rappresentano la categoria più comune, che rende conto di circa il 90% delle forme osservate; hanno una durata inferiore ai 15 minuti e non presentano episodi recidivanti entro le 24 ore dall’insorgenza del primo episodio. Si presentano solitamente nei bambini tra i 6 mesi e i 5 anni con crisi di tipo tonico – clonico.
- Complesse: hanno una durata maggiore di 15 minuti e tendono ad essere persistenti nel tempo o comunque possono ripresentarsi con nuovi episodi entro le 24 ore dal primo episodio. A differenza delle convulsioni semplici, quelle complesse hanno la caratteristica di essere focali o parziali e asimmetriche. Inoltre, tendono ad associarsi ad altri sintomi quali la paralisi ed uno stato di sonno profondo appena terminata l’episodio convulsivo. Per i bambini che presentano questo tipo di convulsioni, il rischio nel tempo di soffrire di epilessia si attesta intorno ad un 10-15%.
Di norma le convulsioni compaiono entro le prime 24 ore dall’insorgenza della febbre. Raramente è possibile riscontrare uno stato post – critico, con il quale si intende una condizione in cui vi è un’assenza di risposta agli stimoli esterni e flaccidità muscolare. Lentamente inizia una fase di recupero del livello di coscienza accompagnata da confusione, mal di testa (cefalea) e dolori muscolari (mialgie).
In definitiva il quadro clinico può prevedere:
- Crisi tonico – cloniche
- Febbre alta oltre i 38°C
- Riduzione del livello di coscienza sino ad uno stato di assenza
- Paralisi
- Sonno profondo
- Dolori muscolari
- Tachicardia (aumento della frequenza cardiaca)
- Tachipnea (aumento della frequenza respiratoria)
- Midriasi, ovvero dilatazione delle pupille
- Ipersalivazione
- Aumento della pressione arteriosa
- Cianosi (colorazione bluastra della cute e delle mucose)
- Disturbi del respiro con dispnea
- Nausea e vomito (raramente)
- Incontinenza sfinterica con perdita involontaria di urine e feci
- Ferite della lingua dovuta al “morsus”
- Mal di testa
- Parestesie generalizzate (formicolio)
- Stato confusionale
- Assenza di danno cerebrale permanente
Come si verifica una crisi complessa?
La crisi complessa può essere particolarmente impressionante, perché il bambino:
- si irrigidisce improvvisamente e braccia e gambe possono iniziare a contrarsi (talvolta da un solo lato)
- perde conoscenza e può bagnarsi/sporcarsi
- può mostrare schiuma in bocca e gli occhi girare all’indietro.
La durata è in genere limitata a meno di 5 minuti e, terminata la crisi, è possibile che il piccolo paziente possa cadere in un sonno molto profondo della durata di circa un’ora.
Complicazioni
Lo sviluppo di convulsioni febbrili semplici non comporta complicazioni a lungo termine, non causano danni cerebrali, disabilità intellettive o difficoltà di apprendimento, non sono indicative della presenza di un disturbo sottostante più grave e né espone ad un aumento del rischio di sviluppo di epilessia; diverso è il caso delle crisi complesse, soprattutto in caso di un parente di primo grado che soffra di epilessia idiopatica o genetica, dove il rischio aumenta fino al 15%.
È invece comune a tutti i soggetti interessati il rischio di traumi e ferite durante la crisi tonico-clonica, nonché la possibilità di recidiva, la cui probabilità aumenta in caso di:
- prima crisi associata ad una temperatura relativamente modesta (o crisi comparsa come primo sintomo di malessere)
- familiarità per convulsioni febbrili
- età inferiore ai 18 mesi al momento del primo episodio.
Quando contattare il medico
L’NHS inglese consiglia di allertare il Pronto Soccorso in caso di:
- prima crisi convulsiva
- durata superiore ai 5 minuti
- sospetto della presenza di una diversa condizione (ad esempio meningite)
- difficoltà di respirazione.
Diagnosi
La diagnosi della condizione di convulsione febbrile è essenzialmente clinica, basata cioè sui sintomi (raccontati in genere dall’adulto presente al momento della crisi), ma prevede un’attenta esclusione di altre cause che possano provocare uno stato convulsivo, soprattutto delle crisi epilettiche “classiche” che si presentano senza febbre.
È sempre consigliabile comunque, ogni volta che ci si trovi di fronte ad un episodio convulsivo, recarsi immediatamente presso un Pronto Soccorso per una corretta valutazione del quadro clinico e per intraprendere il percorso diagnostico – terapeutico più appropriato.
Il primo step diagnostico consiste nell’inquadramento del soggetto attraverso un’accurata anamnesi, che consiste in una sorta di intervista in cui il medico pone alcune specifiche domande (in questo caso ci si rivolge ai genitori ed altri accompagnatori) per ricostruire la storia clinica e per ricavare dati fondamentali nella diagnosi differenziale delle varie forme di convulsioni.
Tali domande possono riguardare:
- Il tipo di sintomi manifestati dal bambino (che possono aiutare nel differenziare una convulsione febbrile semplice da una complessa)
- Durata delle crisi e loro caratteristiche (soprattutto se le eventuali scosse tonico – cloniche fossero simmetriche bilaterali o interessavano un solo lato del corpo)
- Se vi è febbre oltre i 38°C e da quanto tempo è comparsa
- Se durante l’episodio convulsivo c’è stata perdita di coscienza
- Se il bambino ha già sofferto in passato di convulsioni associate o meno a febbre
- Se c’è familiarità per convulsioni o per crisi epilettiche (indagando soprattutto i parenti di primo grado)
- Presenza di patologie sottostanti
- Eventuale utilizzo di farmaci
- Presenza di fattori di rischio associati alla comparsa di convulsioni
Terminata la prima fase diagnostica anamnestica, il medico potrà formulare il sospetto che si tratti di una convulsione febbrile e si dedicherà ad un rapido ma approfondito esame obiettivo neurologico. Andranno valutate le principali funzioni dell’organismo tramite l’analisi di:
- Pressione arteriosa
- Frequenza cardiaca e respiratoria
- Riflessi pupillari
- Stato di coscienza
- Segni neurologici centrali o periferici
- Presenza di alterazioni del livello di coscienza, del comportamento e del linguaggio
A completamento del percorso diagnostico fin qui intrapreso si dovranno escludere patologie neurologiche sottostanti che possano spiegare l’accaduto, principalmente attraverso approfondimenti strumetali/laboratoristici:
- Esami ematochimici standard: possono essere fondamentali e risolutivi nella ricerca della fonte infettiva che si sospetti essere la causa della febbre. In aggiunta sono utili nell’escludere disturbi metabolici o altre patologie sottostanti
- TC o RMN cerebrale in caso di segni focali neurologici o per escludere tumori cerebrali
- Analisi del liquor (liquido cefalo – rachidiano) per escludere meningite/encefalite
- Elettroencefalogramma (EEG): soprattutto nel caso le convulsioni siano ricorrenti in un breve periodo di tempo
Cosa fare
Durante l’attacco convulsivo febbrile è opportuno mettere il bambino in posizione di sicurezza, rimuovendo eventuali oggetti che possano rappresentare un pericolo, restare con lui e cercare di prendere nota della durata della crisi.
Non provare a mettere nulla in bocca durante un attacco, compresi i farmaci, per ridurre il rischio di lesioni alla lingua.
Cura e prevenzione
Il trattamento per le convulsioni febbrili prevede principalmente l’utilizzo di misure antitermiche, con lo scopo di abbassare in breve tempo e nel modo più efficace possibile la temperatura corporea.
L’abbassamento della temperatura è di per sé l’atto terapeutico più importante anche nel prevenire una ricorrenza di altri episodi convulsivi febbrili.
Nel caso le convulsioni febbrili si prolunghino oltre i 10 minuti si rende necessario somministrare farmaci a scopo antiepilettico, tra i più comuni:
- Midazolam per via orale od oro – mucosale
- Diazepam per via endorettale (attraverso l’uso di supposte o microclismi)
Nei casi refrattari anche a tale terapia antiepilettica si rende necessario la somministrazione di:
- Diazepam per via endovenosa
- Lorazepam per via endovenosa
Di solito non si rende necessaria e perciò non è indicata, una terapia farmacologica antiepilettica di mantenimento, perché le convulsioni febbrili rappresentano un fenomeno transitorio e quasi sempre benigno che si autorisolve nel tempo e con la crescita del bambino.
Solo in casi selezionati viene consigliato ai genitori di somministrare il diazepam per via rettale in caso di un attacco febbrile prolungato.
Dal punto di vista della prevenzione è fondamentale monitorare attentamente la temperatura durante i vari episodi di malattia, soprattutto di natura infettiva, in cui può incorrere un bambino in età pediatrica. In questi soggetti a rischio è quindi opportuno somministrare prontamente farmaci antipiretici in caso di rialzo della temperatura corporea.
La prognosi delle convulsioni febbrili, a differenza di quelle dell’epilessia, è essenzialmente benigna, poiché un singolo episodio di convulsione febbrile non comporta un danno neurologico permanente o altri rischi di salute nel tempo.
A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo
Fonti e bibliografia
- R Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1 (17 Ed. McGraw Hill).
- Il Bergamini di Neurologia. Miutani R., Lopiano L., Durelli L, Mauro A., Chiò A. Ed. Libreria Cortina Torino.
Articoli ed approfondimenti
- Malattie
- Scheda presente nelle categorie: Neurologia