- Introduzione
- Quando rivolgersi al medico
- Contatto stretto
- Cause
- Trasmissione
- Sintomi
- Diagnosi
- È pericolosa?
- Gravidanza
- Cura
- Prevenzione
- Fonti e bibliografia
Introduzione
Si parla diffusamente di coronavirus da circa 20 anni, da quando nel 2003 si verificò la prima epidemia di casi di una severa forma di polmonite causata da questa famiglia di virus; oggi, nel 2020, la stessa specie virale è si è resa protagonista di una vera e propria pandemia, ossia “una malattia epidemica che si espande rapidamente diffondendosi in più aree geografiche del mondo, unitamente ad un’ elevata mortalità.”.
Prima di approfondire gli aspetti specifici della malattia, è importante fare chiarezza sui termini in uso:
- Coronavirus: Il termine indica una famiglia di virus isolati per la prima volta nel 1960 e noti per essere causa di malattie di gravità variabile in uccelli e mammiferi, tra cui l’uomo. Generalmente i virus responsabili d’infezione in una specie animale non sono in grado di infettare anche specie diverse, ma nella storia recente si sono verificate alcune eccezioni (salto di specie o spillover). Il virus responsabile dell’attuale epidemia è stato chiamato SARS-CoV-2 (sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus numero 2).
- COVID-19: Questa sigla è il nome internazionale ufficiale della malattia causata da SARS-CoV-2; il termine è un acronimo di COrona VIrus Disease (malattia in lingua inglese) 2019, anno di scoperta.
La malattia è un’infezione delle vie respiratorie che, in un numero relativamente limitato di casi, può evolvere verso una pericolosa polmonite con esito potenzialmente fatale. Nonostante la COVID-19 sia una infezione di natura squisitamente respiratoria va sottolineato che sono state recentemente rilevate evidenze di malattia anche sul fronte vascolare, in particolare tromboembolico; ciò implica un aumentato rischio anche di infarto del miocardo, trombosi venosa profonda e coagulazione intravasale diffusa.

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Quando rivolgersi al medico
Si invita l’intera popolazione ad evitare di recarsi in Pronto Soccorso o presso gli ambulatori dei propri medici curanti in caso di sospetto contagio, sia per proteggere sé stessi che gli altri. Ciononostante, la recente istituzione di punti tamponi negli ospedali e di doppi percorsi sporco-pulito per differenziare gli accessi sospetti COVID-19 da quelli regolari può rappresentare una valida eccezione alla regola: fanno fede come sempre il senso comune e quello di responsabilità civica.
In caso di dubbi sul possibile contagio, sul contact tracing (tracciamento dei contatti a rischio) o su eventuali sintomi sospetti si raccomanda invece di contattare telefonicamente il proprio Medico curante, la guardia medica, il pediatra (in caso di bambini), oppure uno dei numeri regionali attivati per l’emergenza.
In data 12 marzo il Ministero della Salute ha così definito il caso sospetto (testo modificato per semplificarne la comprensione):
- Una persona con infezione respiratoria acuta (ossia con insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi:
- febbre,
- tosse
- e/o difficoltà respiratorie
e senza un’altra causa che spieghi adeguatamente i disturbi e/o la frequentazione di aree a rischio nei 14 giorni precedenti alla comparsa dei sintomi.
- Una persona con una qualsiasi infezione respiratoria acuta e che è stata a stretto contatto con un caso probabile o confermato di COVID-19 nei 14 giorni precedenti alla manifestazione dei primi sintomi.
- Una persona con infezione respiratoria acuta grave (febbre e almeno un segno/sintomo di malattia respiratoria, come ad esempio tosse o difficoltà respiratoria)
- che richieda il ricovero ospedaliero
- e senza un’altra spiegazione valida che giustifichi i sintomi.
Contatto stretto
Un concetto di grande rilevanza nella seconda ondata che il Paese sta vivendo è senz’altro quello di contatto “stretto”, in quanto è da tale definizione che dipendono le regole di isolamento sociale imposte dal Ministero a quei soggetti potenzialmente a rischio di contagio.
Secondo le più recenti linee guida è considerata contatto “stretto” e quindi a rischio:
- una persona che vive nella stessa casa di un caso Covid-19;
- una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso Covid-19 (come, ad esempio, una stretta di mano);
- una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso Covid-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);
- una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso Covid-19, a distanza minore di 2 metri e per almeno 15 minuti;
- una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio un’aula, una sala riunioni o la sala d’attesa di un ospedale) con un caso Covid-19 in assenza di Dispositivi di protezione individuali idonei;
- un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso Covid-19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso Covid-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;
- una persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasportoentro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso Covid-19; sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.
Cause
La causa dell’infezione è un virus appartenente alla famiglia dei coronavirus, così chiamati in virtù della caratteristica forma apprezzabile al microscopio elettronico e che ricorda una corona dentata (intesa come organo di trasmissione, come per esempio quelle delle biciclette).

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Un virus è un parassita obbligato, ossia una minuscola entità biologica che ha necessariamente bisogno di infettare altre forme di vita (ad esempio le cellule umane) per replicarsi e diffondersi.
L’attuale pandemia è causata da un nuovo tipo di coronavirus, nuovo in quanto mai isolato prima nell’uomo; tipicamente un virus è in grado di attaccare un’unica specie (per esempio solo l’uomo, oppure solo i gatti, …) ma indagini approfondite svolte in occasione delle precedenti epidemie hanno permesso di scoprire che:
- in Cina nel 2002 il virus è riuscito ad effettuare il cosiddetto salto di specie (spillover) ed infettare gli uomini dopo essere stato prerogativa degli zibetti (un simpatico mammifero diffuso nell’Asia sud-orientale),
- in Arabia Saudita nel 2012, il virus MERS-CoV ha effettuato il salto di specie dai dromedari agli uomini.
Il Ministero della Salute a tal proposito ci ricorda che “numerosi coronavirus noti circolano in animali che non hanno ancora infettato esseri umani. Man mano che la sorveglianza migliora in tutto il mondo, è probabile che vengano identificati più coronavirus.”
Quanto successo in Cina a fine 2019 ne è un esempio: in questo caso la maggior parte dei primi pazienti erano in qualche modo riconducibili alla frequentazione del Huanan Seafood, nel sud della Cina, un mercato all’ingrosso di frutti di mare e animali vivi.
Le analisi genetiche individuano il pipistrello come origine del virus, ma il sospetto iniziale verteva inizialmente su un serpente venduto localmente che avrebbe potuto fungere da serbatoio naturale per l’uomo; attualmente si ritiene più probabile che possa essere stato il pangolino (un mammifero africano) a fungere invece da tramite. Si tratta comunque di mere supposizioni basate su indagini genetiche, che vanno interpretate ad oggi come speculazioni su fatti praticamente impossibili da confutare.
La progressiva diffusione della pandemia, ma soprattutto le modalità con cui si sta verificando, ha infine portato i ricercatori a, ipotizzare prima e confermare poi, un’altra pericolosa caratteristica acquisita dal virus che oggi tristemente diamo tutti per scontata: la capacità di contagio inter-umano, ossia non più solo da animale a uomo, ma la più temibile capacità di trasmissione da uomo a uomo.
Fattori di rischio
Chiunque può contrarre l’infezione, ma sono esposti ad un aumentato rischio di complicanze:
- pazienti anziani,
- soggetti che presentano elevati livelli di lattato-deidrogenasi (LDH),
- soggetti che assumono regolarmente terapie a base di corticosteroidi,
- soggetti affetti da patologie croniche come:
- ipertensione (pressione alta),
- cardiopatie,
- malattie polmonari,
- tumore,
- diabete.
Trasmissione
Le modalità di trasmissione del virus 2019-nCoV non sono ancora state completamente chiarite, tuttavia ad oggi esistono evidenze di almeno 3 diverse modalità di contagio:
- Via respiratoria diretta, secondo cui il virus viene trasmesso mediante il contatto delle mucose con gli ormai famosi droplet (goccioline microscopiche emesse dai pazienti infetti con colpi di tosse o starnuti).
- Via aerosol in sospensione, ossia “nuvolette” invisibili emesse dai pazienti infetti che rimangono sospese nell’aria anche per ore dopo, ad esempio, uno starnuto.
- Via contatto con superfici infette (fomiti), come maniglie o superfici di lavoro, che possono veicolare il virus dopo essere state contaminate dalle secrezioni di un paziente infetto.
Si ritiene che il rischio di trasmissione sia particolarmente elevato nei casi di contatto stretto e prolungato (la malattia è meno contagiosa della varicella, per esempio), ma soprattutto sembra che la maggior parte dei contagi avvengano per contatto con un soggetto positivo sintomatico.
Purtroppo la situazione è ulteriormente complicata dallo scarso grado di consapevolezza che i portatori talvolta possono avere. È infatti ormai accertato che:
- un paziente inizi ad essere contagioso già prima della comparsa dei sintomi, fino a 2-3 giorni prima;
- un soggetto che sviluppi l’infezione senza sintomi può comunque essere contagioso.
Per quanto riguarda invece la durata del periodo d’incubazione non sono ancora stati raggiunti consensi forti nella comunità scientifica: si trovano infatti in letteratura dati discordanti, variabili nell’intervallo da 5 a 10 giorni; quest’ultimo approccio più conservativo è quello che è stato scelto dal Ministero della Salute italiano come “spartiacque” per l’isolamento dei contatti a rischio.
L’OMS ritiene invece che sia improbabile un contagio attraversi l’aria e dichiara fermamente che non esiste rischio di contagio dagli animali domestici come cani e gatti.
Ad oggi non è ancora noto se lo sviluppo dell’infezione porti il paziente a sviluppare un’immunità permanente o meno (in altre parole non si sa se sia possibile ripetere la malattia). Risultano quindi quantomeno azzardate le recenti affermazioni sull’ipotetico “patentino di immunità”, una sorta di lasciapassare per i pazienti che sono già stati esposti al virus.
Quanto sopravvive il virus nell’ambiente?
Non si hanno ancora a disposizione dati certi, ma secondo la più recente letteratura si ritiene che la capacità di sopravvivenza sulle superfici possa variare da poche ore a diversi giorni (fino a nove in alcuni casi), ampiamente variabile in base a fattori quali:
- tipo di superficie,
- temperatura,
- umidità dell’ambiente,
- utilizzo di disinfettanti.
Quest’ultimo punto in particolare è cruciale, perché è stata osservata una certa labilità del virus anche ai disinfettanti ambientali più blandi; l’importanza delle norme igieniche personali e di un’accurata pulizia degli ambienti promiscui può essere quindi decisiva nella lotta alla pandemia.
Per quanto riguarda invece la permanenza del virus nell’aria, un recente studio pubblicato sul NEMJ stima che il virus possa sopravvivere fino a tre ore in aerosol (nell’aria).
Sintomi
Il periodo d’incubazione non è ancora stato definito in maniera univoca, anche se può essere considerato mediamente compreso tra i 3 e i 10 giorni (tempo dal contagio alla comparsa dei primi sintomi); i primi studi effettuati sui cluster cinesi individuano poi in circa 4-5 ulteriori giorni il tempo che intercorre prima del riconoscimento e successiva ospedalizzazione.
L’infezione causata dal coronavirus è essenzialmente una polmonite virale, ossia un’infezione dei polmoni; i sintomi d’esordio più frequentemente osservati sono:
Alcuni pazienti presentano inoltre i comuni sintomi delle sindromi parainfluenzali, come ad esempio:
- difficoltà respiratorie
- dolori muscolari,
- congestione nasale e/o naso che cola,
- mal di gola,
- mal di testa
- diarrea.
Si segnala inoltre come molti pazienti lamentino iposmia/anosmia, ossia una più o meno completa perdita del senso dell’olfatto e conseguentemente del gusto, che in alcuni casi rappresenta l’unico segno/sintomo manifestato.
Tutti questi sintomi sono in genere inizialmente lievi e si presentano con un esordio graduale, ma è ormai certo che molti contagiati (forse la maggior parte) non presentano alcun sintomo e si definisco pertanto portatori sani.
L’OMS stima che su 100 casi circa 80 recuperino senza necessità di particolari trattamenti, mentre in un caso su 6 si sviluppino complicazioni, come ad esempio dispnea ed eventuale insufficienza respiratoria in grado di avere esito fatale.
Secondo uno studio pubblicato sul Lancet gli esami del sangue effettuati al momento del ricovero in ospedale mostrano una diminuzione di globuli bianchi e in particolare dei linfociti, ma tali dati andranno verificati ed integrati su una casistica più ampia di pazienti prima di essere considerati validi in senso assoluto per la malattia.
Per approfondire i sintomi possibili si rimanda alla scheda dedicata.
Sintomi dei coronavirus nell’uomo
I coronavirus umani più comuni in genere causano malattie che interessano il tratto respiratorio superiore in modo lieve, come raffreddore, e per un breve periodo di tempo. I sintomi in questi casi comprendono semplicemente
- naso che cola,
- mal di testa,
- tosse,
- gola infiammata,
- febbre,
- una sensazione generale di malessere.
Nei casi più gravi, tipici di pazienti con sistema immunitario indebolito, l’infezione può interessare le vie aeree inferiori, fino ad un quadro di
- bronchite,
- polmonite, con eventuale difficoltà respiratoria,
- sindrome respiratoria acuta grave,
- insufficienza renale.
Diagnosi
Per approfondire si rimanda all’articolo dedicato al test sierologico e al tampone.
È pericolosa?
Ad oggi la SARS causata dal virus 2019-nCoV presenta un tasso di mortalità inferiore alle precedenti epidemie e stimato attorno al 2.5% (la precedente SARS mostrava un tasso pari al 10% circa, la MERS invece era letale in circa un paziente su tre).
Uno dei principali fattori di preoccupazione è rappresentato dalla capacità delle strutture ospedaliere di assorbire l’eventuale rapido aumento dei pazienti che necessitino di supporto respiratorio, e ciò rappresenta il motivo per cui sono state attivate in Italia le misure di contenimento (lockdown) della cosiddetta Fase 1.
Con una nota del 7 marzo, l’Istituto Superiore di Sanità riporta che “[n]ei pazienti deceduti e positivi al COVID-19 i sintomi di esordio più comuni sono la febbre e la dispnea (difficoltà a respirare), mentre meno comuni sono i sintomi gastrointestinali (diarrea) e l’emottisi, l’emissione di sangue dalle vie respiratorie ad esempio con un colpo di tosse.”
Gravidanza
Anche se ovviamente la disponibilità d’informazioni in merito a gravidanza ed allattamento è ancora molto limitata, dalle indagini svolte su questi primi mesi d’epidemia si ritiene che:
- non ci siano evidenze a supporto di una trasmissione da madre a feto durante la gravidanza,
- gestazione e parto, al contrario di quanto per esempio osservato per l’influenza ed altre malattie virali respiratorie, non sembrano aumentare il rischio di sviluppare complicazioni,
- non sussistono di per sé ragioni documentate per preferire il taglio cesareo in caso di positività all’infezione (salvo ovviamente necessità specifiche della paziente),
- il latte materno non viene ad oggi considerato veicolo di trasmissione, per questo l’allattamento viene promosso senza restrizioni, posta la necessità di adottare tutte le misure preventive necessarie alla prevenzione della trasmissione respiratoria (mascherina, lavaggio mani).
Cura
La gestione del paziente in cui sia stata riconosciuta la presenza del coronavirus avviene a livello ospedaliero nei casi di sopravvenute complicazioni, ma non esiste ad oggi un trattamento specifico antivirale in grado di attaccare direttamente il virus responsabile della malattia; il trattamento è quindi sostanzialmente volto a dare sollievo ai sintomi e soprattutto supportare i parametri vitali del paziente in caso di necessità.
Trattandosi di una malattia ad eziologia virale, gli antibiotici, che agiscono solamente nei confronti di patogeni batterici sono inutili. È possibile che all’infezione virale da SARS-CoV-2 si sovrapponga un’infezione batterica (queste sono favorite da certe pratiche di supporto respiratorio), e in tal caso il trattamento di scelta sarà quello indicato dalle linee guida per le polmoniti batteriche.
Sono attualmente in corso di sperimentazione diversi farmaci, sia nuovi che già in uso per altre malattie. Questi trial clinici, tuttavia, per poter essere considerati validi dalla comunità scientifica necessitano di tempi di osservazione piuttosto lunghi che non danno spazio ad una cura efficace sul breve termine.
Allo stesso modo sono in corso di studio diversi vaccini che tuttavia troveranno riscontro di efficacia ed approvazione da parte degli organi legislativi competenti non prima del 2021.
Prevenzione
La vaccinazione è la strategia di prevenzione di prima scelta verso il SARS-CoV-2, ma fino al raggiungimento di una diffusa copertura è indispensabile continuare a ad adottare le norme ormai tristemente note a tutti:
- evitare le uscite non strettamente necessarie,
- praticare un’adeguata e frequente igiene delle mani (lavaggio prolungato e con l’uso del sapone),
- adottare adeguate misure di igiene delle vie respiratorie (sono da preferire fazzoletti di carta usa e getta, così come l’acquisizione dell’abitudine di coprire la bocca con il gomito anziché con la mano quando di starnutisce/tossisce),
- effettuare l’igiene del naso mediante spray specifici (abitudine già comunemente consigliata da pediatri ed otorinolaringoiatri per i pazienti soggetti ad infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie),
- utilizzare la mascherina (obbligatoria per legge),
- evitare contatti ravvicinati con pazienti che presentino sintomi respiratori ed in generale con persone che hanno avuto contatti a rischio.
Fonti e bibliografia
- FAQ del Ministero
- Ministero, il punto della situazione
- European Centre for Disease Prevention and Control
- WHO
- SARS
- 2019-nCoV, Wikipedia
- Coronavirus, Wikipedia
- Scientific American
- ISS
- ISS e gravidanza
- COVID-19 and Thrombotic or Thromboembolic Disease: Implications for Prevention, Antithrombotic Therapy, and Follow-Up: JACC State-of-the-Art Review
Articoli ed approfondimenti
- Malattie
- Scheda presente nelle categorie: Vie respiratorie