Introduzione
La demenza frontotemporale, in passato conosciuta come malattia di Pick, è la forma più comune di demenza dopo la malattia di Alzheimer e colpisce persone con un’età media di 55 anni, sebbene in alcuni casi l’età di esordio possa essere anche di 30 anni.
Il nome deriva dal fatto che la malattia colpisce la parte anteriore e i lati del cervello (lobi frontale e temporale) e i pazienti sviluppano nel tempo cambiamenti drammatici nella loro personalità, diventando socialmente inappropriati, impulsivi e/o emotivamente indifferenti (apatici), mentre altri mostrano difficoltà di linguaggio.
La durata media della malattia è di 8 anni (range 2-20 anni), durante i quali si osserva una costante progressione della malattia; come nel caso delle altre demenze la morte sopraggiunge in genere per complicazioni respiratorie, malnutrizione o infezioni.
Arnold Pick, il primo neurologo ad aver descritto la demenza frontotemporale, aveva associato questa condizione con la degenerazione dei lobi frontali e temporali del cervello. Per moltissimi anni la demenza frontotemporale è stata inclusa nel gruppo delle demenze associata alla forma della malattia di Alzheimer, ma in realtà si tratta di una sindrome clinica caratterizzata da comportamenti stereotipati, disturbi compulsivi e in rari casi anche sindrome del motoneurone. Solo una piccola parte dei pazienti è caratterizzata istologicamente dai corpi di Pick (inclusioni atipici nei neuroni).
Cause
La demenza frontotemporale si pensa essere causata dall’accumulo di proteine anomale che si formano all’interno delle cellule cerebrali, principalmente nei lobi frontali e temporali del cervello, interferendo con il loro normale funzionamento nel controllo di linguaggio, comportamento e capacità di pianificazione ed organizzazione.
Non è del tutto chiaro perché questo accada, ma spesso si osserva una ricorrenza familiare.
Genetica
Una familiarità è presente nella metà dei casi; in alcuni di questi casi il cromosoma implicato nella trasmissione è il cromosoma 17 ( 17q21-22), mentre in altri soggetti è la proteina tau alterata o mutata che è in grado di trasmettersi familiarmente.
Altri studi correlano la demenza frontotemporale al cromosoma 3; ci potrebbe essere un legame fra la demenza frontotemporale associata alla malattia del motoneurone con un linkage sul cromosoma 9.
Sintomi
I primi sintomi della demenza frontotemporale sono spesso ansia e/o depressione, fattori responsabili della difficoltà di una diagnosi precoce; nel tempo si sviluppano sintomi più caratteristici come
- alterazione nella condotta sociale e nella vita di società,
- anomalie comportamentali,
- disinibizione,
- mancanza di tatto nei rapporti con gli altri,
- svogliatezza,
- comportamenti stereotipati e compulsivi,
- mancanza di astrazione.
Da un punto di vista generale i sintomi esordiscono lentamente e peggiorano poi, altrettanto lentamente, nel tempo.
La memoria, la prassi , la percezione dello spazio sono conservate, almeno fino alle fasi più avanzate.
I comportamenti stereotipati possono comprendere:
- canticchiare,
- sfregarsi le mani,
- battere il tempo con i piedi.
I soggetti possono presentare ecolalia (ripetizione di una o più parole o più frasi o addirittura un tema intero).
Alcuni pazienti affetti da demenza frontotemporale possono esibire inoltre
- mutismo,
- deficit d’attenzione,
- capacità di astrazione di un livello ridotto,
- difficoltà a spostare l’attenzione da un set a un altro.
Una minoranza di individui sviluppa segni della malattia del motoneurone, con progressivi danni ad alcuni muscoli volontari che si manifestano con debolezza, spesso associata ad atrofia muscolare (perdita della massa muscolare).
I comportamenti ripetitivi includono pose o stravaganze. I pazienti fanno un uso stereotipato del linguaggio, con parole o frasi che si ripetono; guardano spesso l’orologio, in una routine ordinaria e ripetitiva. Possono essere presenti anche rituali superstiziosi (ad esempio evitare di stare su una crepa del pavimento).
Quando la malattia che colpisce prevalentemente i lobi temporali produce una demenza semantica e si traduce in una maggiore predisposizione ai comportamenti compulsivi. Nella demenza semantica quando il lato sinistro cerebrale è compromesso, la capacità di comprendere le parole man mano viene persa; la parola è fluente ma non ha significato e il soggetto, invece di usare le parole con contenuti, potrebbe far uso di frasi stereotipate. Si osserva una perdita progressiva dei concetti, un’incapacità di perseguire degli obiettivi e di comprendere il significato delle parole e delle frasi; viene meno anche la capacità di distinguere i suoni, gli impulsi sonori, gli odori e le percezioni tattili.
Le caratteristiche comportamentali presenti nella demenza frontotemporale sono un’attenzione scarsa all’igiene personale (caratteristica che entra in diagnosi differenziale con la depressione o la schizofrenia), rigidità mentale, pensiero ordinario, distrazione, iperoralità (il soggetto succhia o si porta alla bocca gli oggetti, da porre in diagnosi differenziale con la sindrome di Klüver-Bucy), comportamenti alimentari bizzarri (l’apprezzamento per cibi molto dolci).
I segni fisici a cui prestare attenzione sono:
- riflessi primitivi presenti (ad esempio il riflesso di Babinski, presente in altre condizioni neurologiche come la Sclerosi Multipla),
- incontinenza (da differenziare quando la causa è organica),
- acinesia,
- rigidità e tremori (differenziare quindi dal Parkinsonismo),
- bassa pressione (da porre in diagnosi differenziale con una riduzione del volume di sangue).
Riassumendo, gli aspetti principali a cui porre attenzione, sono il ritiro sociale, la ripetizione di gesti o comportamenti e un linguaggio stereotipato. Il medico deve porre questa demenza in diagnosi differenziale con una sindrome psichiatrica oppure una malattia organica (come una SLA o la Malattia di Parkinson).
Caratteristiche anatomo-patologiche
Questa demenza si classifica in quattro principali tipi: demenza frontotemporale o variante frontale, un sottotipo dove predomina la compromissione temporale o demenza semantica, e un’afasia progressiva non fluente che colpisce il lobo sinistro frontale .
In anatomia patologica, coesistono due tipi di demenza frontotemporale. Uno (il 60% dei casi) è caratterizzato da mancanza di cellule nervose corticali grandi, una degenerazione spongiforme o la microvcauolizzazione del neuropilo superficiale (parte di tessuto nervoso tra i corpi cellulari della sostanza grigia; si viene a formare come intreccio di assoni, dendriti, e cellule gliari). La gliosi è minima. L’altro (il 25% dei casi), è caratterizzato dalla mancanza di cellule nervose grandi, con abbondante gliosi ma rarissima microvacuolizzazione e degenerazione spongiforme. I due differenti tipi istologici sono presenti sia nel lobo frontale che nel lobo temporale.
In circa il 15%, sia la demenza frontotemporale, sia la malattia del motoneurone, coesistono insieme e la microvacuolizzazione come caratteristica istopatologica si combina con le caratteristiche tipiche della malattia del motoneurone.
Diagnosi
La diagnosi è prettamente clinica, coadiuvata da alcuni esami strumentali; lo specialista di riferimento è il neurologo.
L’elettroencefalogramma è in genere normale, mentre la tomografia a emissione di fotone singolo (SPECT) e la risonanza magnetica possono rivelare alterazione a livello dei lobi frontale e temporale (la risonanza magnetica ha una sensibilità maggiore rispetto alla tomografia).
Cura
Non esiste un trattamento specifico per la demenza frontotemporale, che è quindi prettamente di supporto mediante antidepressivi, ansiolitici e antipsicotici (ad esempio in alcuni pazienti i disturbi comportamentali, come la disinibizione e la bulimia, possono essere trattati con inibitori selettivi del reuptake della serotonina).
A cura della Dr.ssa Eloisa Ticozzi, laureata in Medicina e Chirurgia
Fonti e bibliografia
- Julie S. Snowden, David Neary and David M. A. Mann, Frontotemporal Dementia, Cambridge University Press, 2 January 2018
- Boxer, Adam L MD, PhD; Miller, Bruce L MD, Clinical Features of Frontotemporal Dementia, Alzheimer Disease & Associated Disorders; October -December 2005- Volume 19
Articoli ed approfondimenti
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