Diabete gestazionale (in gravidanza): valori, sintomi e dieta

Introduzione

Il diabete gestazionale è una patologia endocrinologica della donna che si manifesta come un aumento dei valori medi di glicemia (quantità di zucchero nel sangue) durante o subito dopo una gravidanza. La maggiore incidenza si rileva nel secondo trimestre, ma considerato il carattere asintomatico che riguarda un gran numero dei casi non è infrequente che la condizione venga diagnosticata con un certo ritardo.

La diagnosi di diabete gestazionale viene formulata attraverso il test del carico orale di glucosio (oral glucose tolerance test – OGTT),  esame che consiste nell’assunzione controllata di una dose di glucosio a cui segue uno stretto monitoraggio della glicemia.

Si tratta fortunatamente di una patologia spesso autolimitante, che si risolve spontaneamente dopo il parto con una normalizzazione del profilo glicemico, tuttavia l’esposizione del feto a livelli di glucosio elevati può determinare una serie di conseguenze cliniche rilevanti che rendono fondamentale un adeguato controllo terapeutico da parte della madre.

Diverso da quello gestazionale è invece il diabete pregravidico, ossia quando la condizione è già presente prima della gestazione (si tratta nella maggior parte dei casi di diabete mellito di tipo 1); anche in questo caso i rischi per madre e feto sono elevati, probabilmente anche superiori. Una glicemia già elevata durante il primo trimestre espone infatti al rischio di sviluppo di anomalie congenite a

  • sistema cardiovascolare,
  • sistema nervoso,
  • reni e vie urinarie.
Donna in gravidanza che misura la glicemia

iStock.com/Jovanmandic

Perché alcune pazienti sviluppano il diabete gestazionale?

Quando consumiamo alimenti contenenti carboidrati (zuccheri semplici come nei dolci, ma anche molecole più complesse come nel caso del pane e della pasta) questi vengono frammentati a molecole di glucosio a livello intestinale per essere poi assorbite e passare così nel sangue; questo processo determina un immediato aumento della glicemia, ossia della quantità di zuccheri nel sangue.

Poiché livelli elevati possono causare danni alla maggior parte dei tessuti dell’organismo, la risposta del corpo consiste nella produzione di insulina, un ormone che stimola le cellule muscolari a prelevare il glucosio nel sangue così da riportare rapidamente la glicemia a livelli normali (condizione che gradualmente spegne la produzione di insulina).

Questo processo, che abbiamo semplificato e soprattutto scomposto in singoli passi per favorirne la comprensione, consiste in realtà in un equilibrio dinamico che viene controllato ed eventualmente corretto 24 ore su 24.

La patogenesi del diabete mellito è legata fondamentalmente a due possibili cause:

  1. La produzione di insulina è insufficiente per una disfunzione primitiva delle cellule beta del pancreas endocrino (meccanismo alla base dello sviluppo del diabete mellito di tipo 1).
  2. L’insulina prodotta non funziona più correttamente a causa di un’alterata sensibilità dei tessuti periferici alla sua azione (insulino-resistenza, meccanismo alla base del diabete mellito di tipo 2); il fenomeno è particolarmente rilevante in caso di obesità.

I meccanismi patogenetici alla base del diabete gestazionale sono invece per gran parte sconosciuti, ma l’ipotesi prevalente suppone che il progressivo aumento del fenomeno di resistenza all’azione dell’insulina che si osserva nel secondo trimestre di gravidanza sia conseguente ai cambiamenti ormonali che affronta la donna nel corso della gestazione, con l’obiettivo di garantire al feto una sufficiente quota di glucosio per il sostentamento.

Fattori di rischio

Qualunque donna può potenzialmente sviluppare la patologia nel corso della gestazione, tuttavia sono ad oggi stati riconosciuti una serie di fattori di rischio che rendono possibile prevedere le pazienti che con più probabilità manifesteranno il disturbo, potendo così correggere la condizione prima che essa determini complicanze nel feto:

  • Peso eccessivo prima della gravidanza (donne sovrappeso od obese)
  • Aumento del peso eccessivamente rapido nelle primissime fasi di gravidanza
  • Età superiore ai 25 anni
  • Famigliarità per diabete mellito di tipo II
  • Accertato diabete mellito gestazionale in precedente/i gravidanza/e
  • Peso del neonato superiore ai 4 kg in precedente/i gravidanza/e
  • Accertati aborti multipli senza spiegazione sulla causa
  • Utilizzo nel corso della vita di tecniche di inseminazione artificiale
  • Gravidanza multipla

Diagnosi e valori di glicemia

L’aumentata glicemia in corso di gravidanza è spesso asintomatica, quindi la madre potrebbe essere affetta dalla condizione anche senza rendersene conto; ciò rende particolarmente subdole le conseguenze sul nascituro, in quanto il diabete gestazionale potrebbe essere diagnosticato a complicanze ormai sopravvenute

Per questo motivo sono state introdotte specifiche tecniche di screening per la patologia, in modo da riconoscerla e contrastarla con efficacia sin dalle prime manifestazioni.

Il test diagnostico per il diabete mellito gestazionale è l’esame del carico orale di glucosio (OGTT), che consiste nella somministrazione alla madre di una dose di glucosio standard (75 grammi di zucchero disciolti in acqua) a cui segue una misurazione seriata delle glicemie nei minuti successivi.

Sono da considerarsi valori patologici:

  • Glicemia a digiuno pari o superiore a 92 mg/dL
  • Glicemia a 60 minuti dal bolo pari o superiore a 180 mg/dL
  • Glicemia a 120 minuti dal bolo pari o superiore a 153 mg/dL

Fonte: Diabetes Research Institute – Università Vita-Salute San Raffaele

Le linee guida italiane (ISS) per lo screening del diabete gestazionale limitano la procedura diagnostica ad alcune categorie a rischio elevato.

Qualora non sia già presente il diabete manifesto. ma sia presente almeno uno dei seguenti fattori di rischio:

  • familiari con diabete (parente di primo grado con diabete tipo 2)
  • diabete gestazionale in una gravidanza precedente
  • macrosomia fetale in gravidanze precedenti
  • sovrappeso o obesità (IMC maggiore di 25)
  • età maggiore o uguale a 35
  • etnia ad elevato rischio (Asia Meridionale, Medio Oriente, Caraibi)

deve essere eseguito un test di tolleranza al glucosio orale OGTT tra la 24esima e la 28esima settimana di gestazione.

Nel caso di donne ad elevato rischio, cioè con:

  • obesità (IMC maggiore di 30)
  • pregresso diabete gestazionale
  • glicemia a digiuno tra 100 e 125 mg/dl all’inizio della gravidanza o in passato

viene effettuato uno screening precoce con OGTT alla 16-18 settimana. Nel caso in cui il risultato sia negativo l’esame va ripetuto tra la 24esima e la 28esima settimana di gestazione.

Complicazioni

Il feto è totalmente dipendente dalla madre nel corso della sua vita uterina; ciò significa che con essa condivide il contenuto del sangue e quindi tutte le distanze disciolte, glucosio compreso. Elevati livelli glicemici nel sangue materno determinano una risposta insulinica nel nascituro (iper-insulinemia) che a sua volta causa:

  • Insulino-resistenza precoce, a causa della prematura esposizione ad elevati livelli dell’ormone prima ancora che il nascituro inizi ad alimentarsi autonomamente.
  • Elevato peso alla nascita, causato dall’effetto dell’insulina sul metabolismo che determina una forte deposizione di adipe nell’addome del nascituro; è per questo motivo che nel corso dei controlli ecografici viene misurata la circonferenza addominale: la crescita eccessivamente veloce può richiedere l’induzione del parto o il cesareo prima del termine previsto della gravidanza.
  • Aumento del rischio di sviluppare crisi ipoglicemiche nel primissimo periodo di vita; ciò è spiegato dal fatto che l’elevato livello di insulina presente nel neonato in assenza di un’adeguata alimentazione abbassa eccessivamente i livelli della glicemia rendendo necessaria la somministrazione di soluzione glucosata endovena come misura correttiva.

In letteratura sono poi presente una serie di studi che ipotizzano un’aumentata incidenza di obesità nel periodo che va dalla prima infanzia all’adolescenza, oltre che un rischio di sviluppare diabete mellito di tipo II superiore rispetto alla popolazione pediatrica che non ha avuto madri affette da diabete gestazionale (oppure madri affette, ma in buon compenso glicemico).

Dieta

La dieta (o nei casi meno gravi le linee generali cui attenersi) è suggerita dal proprio ginecologo/endocrinologo, ma in genere è sostanzialmente sovrapponibile a quello che dovrebbe essere il modello alimentare anche per la popolazione generale, che si basa essenzialmente su queste indicazioni:

  • Limitare all’occasione speciale gli alimenti ricchi di zuccheri semplici (caramelle, bibite dolci, …)
  • Mangiare porzioni più piccole, ma distribuite nel corso della giornata, anziché limitarsi ai tipici due pasti principali
  • Fondare la propria alimentazione sul consumo regolare di alimenti ricchi di fibra (cereali integrali e loro derivati, legumi, pseudo-cereali, …)
  • Consumare abbondanti quantità di frutta e verdura
  • Ridurre il consumo di grassi, privilegiando quelli di origine vegetale (ad esclusione del pesce, che deve entrare a far parte della dieta settimanale); la scelta ideale per il condimento è rappresentata dall’olio di oliva extravergine.

Se idealmente immaginassimo un pasto come un piatto unico, questo dovrebbe essere così occupato (modello sviluppato dall’Università di Harvard):

  • metà dalla verdura
  • un quarto da carboidrati integrali (pane, pasta, quinoa, avena, segale, …)
  • un quarto con una fonte proteica magra (carne a taglio magro, pesce, legumi, …)

a cui va aggiunta una porzione di frutta. Si noti che i vegetali amidacei come le patate contano come carboidrati (ma le patate gialle tradizionali possono avere un forte impatto sulla glicemia, quindi sarebbe opportuno consumarle con la buccia e/o preferire alternative come le patate dolci americane).

Si raccomanda di prestare grande attenzione agli zuccheri nascosti, industrialmente aggiunti ad alimenti come lo yogurt o talora insospettabili come salse e anche verdure/legumi in scatola/barattolo.

Nella dieta di una gestante non devono poi mancare latte e latticini, preziosa fonte di calcio, ma vengono in genere preferiti le varietà magre.

Si raccomanda in ogni caso di fare riferimento al proprio ginecologo/endocrinologo per valutare come affrontare il proprio specifico caso.

Cura

La terapia del diabete mellito gestazionale passa necessariamente per un corretto stile di vita, che prevede

  • una alimentazione equilibrata e mirata a
    • attenuare gli sbalzi glicemici dovuti da un lato alla malattia,
    • evitare un eccessivo aumento di peso
  • la pratica regolare di attività fisica moderatamente intensa (come la camminata veloce, ma la scelta dev’essere condotta in accordo con il proprio ginecologo), che è in grado di garantire una riduzione della quantità di zucchero nel sangue ed un aumento della sensibilità all’insulina.

Quando questo tipo di approccio non fosse sufficiente si valuta l’abbinamento di una terapia farmacologica, che comunque si rende necessaria solamente in una piccola percentuali dei casi se la dieta viene seguita con attenzione. L’utilizzo dell’insulina comporta infatti una serie di attenzioni ed una certa educazione alla paziente che rendono preferibile un primo approccio di natura non farmacologica.

 

A cura del Dr. Marco Cantele, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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