Diabete mellito tipo 1: sintomi iniziali e avanzati, valori e cura

Introduzione

Il diabete è una condizione medica definita da un’elevata concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia superiore a 126 mg/dl), che comporta un’alterazione generalizzata del metabolismo (glucidico, lipidico e proteico) e che a lungo termine può essere responsabile dell’insorgenza di gravi complicanze.

Esistono diverse forme di diabete, ma le più frequenti sono:

  • diabete mellito di tipo 1 (T1DM), in passato definito “diabete giovanile” (perché più frequente nei bambini), o “insulino-dipendente”, perché legato ad un deficit totale di produzione di insulina, a causa del danno delle cellule pancreatiche deputate alla sua secrezione;
  • diabete mellito tipo 2 (T2DM), in passato definito “non insulino-dipendente”, perché legato ad un’alterata risposta all’insulina, è la forma più diffusa di diabete (clicca qui per approfondire questa forma).

Il diabete di tipo 1 è un’entità clinica importante da considerare perché:

  • non è molto comune l’esordio in età adulta, si presenta infatti prevalentemente in età infantile, anche neonatale;
  • essendo legato ad un deficit completo di produzione insulinica, il trattamento è indispensabile e si basa esclusivamente sull’iniezione di insulina (i farmaci orali non hanno alcun ruolo in questa forma di diabete);
  • può manifestarsi con l’insorgenza improvvisa di sintomi (perdita di peso, sete intensa, aumento del volume urinario) molto più marcati rispetto alle altre forme di diabete, pertanto in presenza dei sintomi tipici, è necessario rivolgersi immediatamente ad un medico ;
  • l’evoluzione è rapida e, se non trattato, può manifestarsi con l’insorgenza della chetoacidosi diabetica, una complicanza pericolosa gravata anche da una certa mortalità;
  • il diabete non controllato può essere associato a complicanze nel lungo termine (nefropatia, retinopatia, neuropatia, infarto del miocardio).

Il diabete mellito di tipo 1 non è così diffuso come il tipo 2 (costituisce l’8% di tutte le forme di diabete). In Italia si contano tra 0,4 e 1 caso su 1000 abitanti, con alcune regioni che presentano tassi di prevalenza maggiore (come la Sardegna). Il T1DM si presenta soprattutto in età infantile, con un picco tra 0 e 14 anni (incidenza 10:100.000) e un secondo picco tra 14 e 29 anni (incidenza 6,7:100.000), mentre superata questa età la diagnosi di T1DM diventa più rara.

Cause

L’insulina è un ormone proteico prodotto dal pancreas endocrino (in particolare dalla β-cellule delle isole di Langerhans), che interviene nel metabolismo:

  • glucidico, con la funzione di abbassare la glicemia (concentrazione di glucosio nel sangue),
  • proteico, stimola la sintesi proteica,
  • lipidico, stimola il deposito dei lipidi.

Dal nostro punto di vista è sufficiente comprendere che funziona come una chiave, in grado di aprire nella cellula muscolare la porta che consente l’ingresso dello zucchero circolante nel sangue.

Funzionamento dell'insulina sulle cellule muscolari

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Tra le varie funzioni dell’insulina, il controllo dell’omeostasi glucidica è la più importante, lavorando per mantenere a livelli costanti la glicemia (60-100 mg/dl):

  • quando la glicemia aumenta, il pancreas produce maggiori quantità di insulina, al fine di riportare la concentrazione a valori normali;
  • quando la glicemia è troppo bassa, il pancreas produce meno insulina;
  • quando la concentrazione è normale, il pancreas produce comunque una quota di insulina basale, al fine di mantenere l’equilibrio.

Un eccesso o un deficit della produzione insulinica determinano una riduzione o un aumento della glicemia.

  • Una concentrazione di glucosio troppo bassa potrebbe causare lesioni neurologiche irreversibili,
  • mentre concentrazioni troppo alte potrebbero dare alterazioni ematiche molto pericolose per la vita (acidosi, iperosmolarità).

Il diabete mellito di tipo 1 è una patologia autoimmune, ossia caratterizzata da un’alterazione della risposta immunitaria a causa della quale strutture proprie dell’organismo (self), sono riconosciute come estranee (antigeniche), diventando il bersaglio di una risposta immunitaria esuberante, che le danneggia.

Nel caso del diabete le cellule immunitarie si infiltrano tra le β-cellule pancreatiche, distruggendole in maniera lenta e graduale (nel giro di mesi o anni), determinando un deficit della produzione insulinica.

È possibile riconoscere 3 fasi successive:

  1. Diabete latente: il danno immunitario è moderato, vengono distrutte poche cellule, con un’iniziale riduzione della produzione dell’insulina che non determina iperglicemia né alcuna manifestazione clinica, poiché fisiologicamente sono sufficienti anche piccole quantità di insulina per ottenere il controllo glucidico. Questa fase non è diagnosticabile, perché non ci sono marker di distruzione pancreatica.
  2. Diabete manifesto: quando il danno immunitario è tale da distruggere più del 90% delle β-cellule, la quantità residua di insulina è esigua e non sufficiente ad esplicare correttamente le sue funzioni, pertanto a livello ematico si assiste all’aumento della concentrazione glicemica e il diabete sarà clinicamente manifesto con segni e sintomi tipici.
  3. Diabete terminale: dalla distruzione del 90% delle cellule, il danno progredisce rapidamente (nel giro di giorni o mesi) ed inesorabilmente verso la distruzione completa delle β-cellule, fino al deficit assoluto della produzione insulinica. Questa fase può presentarsi con la chetoacidosi diabetica.

La finestra temporale utile alla diagnosi, ossia il tempo in cui si consuma questo processo, è di pochi mesi (da quando compaiono i primi sintomi, alla distruzione assoluta delle cellule).

Fattori di rischio

Come gran parte delle patologie autoimmuni, il diabete mellito di tipo 1 è una malattia multifattoriale, in cui più fattori di diversa natura cooperano per favorire l’insorgenza della malattia, senza che nessuno di questi da solo sia sufficiente per determinarne la comparsa e che nemmeno la loro presenza sia obbligatoriamente associata alla comparsa del diabete:

  • Fattori genetici: il rischio di sviluppare la malattia è maggiore se i genitori o i fratelli ne sono affetti, o se sono affetti da altre patologie autoimmuni, infatti esistono dei geni predisponenti (DR3, DR4);
  • Fattori ambientali: non sono noti fattori ambientali obbligati, ma il fatto che alcune regioni del mondo abbiano una maggiore prevalenza, lascia supporre che alcuni fattori, legati prettamente allo stile di vita, possano favorirne l’insorgenza;
  • Fattori virali: non è chiara la relazione con i virus, ma si ritiene che le infezioni da Rotavirus, Coxsackievirus , Citomegalovirus, Retrovirus e il virus della rosolia, contratte in epoche precoci, possano favorirne l’insorgenza;
  • Alimentazione: non è chiara la correlazione, ma si ritiene che un’esposizione precoce al latte vaccino possa rappresentare un fattore di rischio.

Sintomi

A differenza del diabete di tipo 2, che solitamente viene diagnosticato occasionalmente con analisi ematiche che mostrano l’iperglicemia, il diabete di tipo 1 viene diagnosticato perché si manifesta clinicamente con sintomi molto tipici.

Fase 1

Questa fase è del tutto asintomatica, pur verificandosi una riduzione dell’insulina prodotta.

Fase 2

A causa dell’alterato metabolismo, la fase 2 del diabete di tipo 1 si manifesta con 4 sintomi ad insorgenza improvvisa e della durata variabile da 1 a poche settimane:

  • poliuria (aumento del volume urinario nelle 24 ore, solitamente più di 2 litri al giorno),
  • polidipsia (sete intensa),
  • polifagia (aumento della fame e, conseguentemente, della quantità di alimenti consumati),
  • perdita di peso (nel giro di poche settimane si possono perdere molti chili, anche 10 kg nel caso dell’adulto).

Questi sintomi sono fortemente suggestivi di diabete, pertanto è necessario rivolgersi immediatamente ad un medico.

A questi sintomi principali possono associarsi:

Fase 3

Se non diagnosticato per tempo, il diabete può presentarsi in fase 3 con la chetoacidosi diabetica, complicanza pericolosa tipica del T1DM legata all’alterazione generalizzata del metabolismo, che determina l’acidificazione del sangue. Questa si presenta con:

La chetoacidosi è una complicanza che può essere fatale, è quindi necessario rivolgersi immediatamente a un medico.

Complicazioni

Le complicanze a breve termine del diabete non trattato comprendono:

Le complicanze a lungo termine sono le più importanti e pericolose; si presentano principalmente quando la glicemia è superiore ai limiti normali per lunghi periodi di tempo (interessa soprattutto i pazienti diabetici da 10-20 anni, con un controllo glicemico non ottimale), perché le alte concentrazioni di glucosio a lungo termine possono danneggiare i vasi e i nervi. Si distinguono:

  • Complicanze macrovascolari (a carico dei grossi vasi): sono la principale causa di morte nel diabetico. Si verifica un accelerato deposito di colesterolo nelle arterie di grosso calibro, a formare le placche aterosclerotiche, che possono occludere i vasi, determinando un deficit di apporto ematico (ischemia). A seconda dei vasi interessati si avrà:
  • Complicanze microvascolari (a carico dei piccoli vasi): sono responsabili della disfunzione dell’organo interessato:
    • retinopatia diabetica: si assiste ad alterazioni a carico della retina, che possono determinare una riduzione del visus, fino alla cecità;
    • nefropatia diabetica: si assiste ad alterazioni a carico del rene, che determinano la perdita di proteine con le urine, fino all’insufficienza renale;
    • neuropatia diabetica: si assiste ad alterazioni a carico dei nervi periferici (soprattutto degli arti inferiori), con perdita della sensibilità, alterazione della funzione autonomica (alterazione della sudorazione, alterazioni nel meccanismo della minzione o della defecazione), o percezione dolorosa intensa (dolore neuropatico).

Diagnosi

La diagnosi del diabete mellito di tipo 1 è molto semplice, in quanto i segni clinici sono già fortemente indicativi; il processo diagnostico in ogni caso passa da:

  1. Anamnesi: è importante ricavare informazioni relative alla sintomatologia o alla familiarità per diabete.
  2. Esame obiettivo: è importante rilevare alcuni segni, come la disidratazione, fortemente indicativa di diabete.
  3. Esami del sangue:
    • glicemia superiore a 200 mg/dl in qualsiasi momento della giornata, in presenza dei sintomi tipici è sufficiente un singolo prelievo;
    • glicemia superiore a 126 mg/dl a digiuno, in assenza di sintomi deve essere confermata da una seconda determinazione;
    • emoglobina glicata (Hb1ac) superiore a 6,5%; si tratta di un valore che esprime il valore della glicemia nei 3 mesi precedenti ed è molto utilizzata nel follow-up, per monitorare il controllo glicemico.

Cura e dieta

Poiché la patologia evolve verso un deficit assoluto di produzione insulinica, il trattamento si basa solo ed esclusivamente sulla somministrazione di insulina esogena attraverso iniezioni quotidiane, mentre i farmaci orali sono assolutamente inefficaci. La terapia tipica pertanto prevede:

  • 1 iniezione di insulina basale (che dura 24 ore);
  • 1 iniezione di insulina rapida dopo ogni pasto principale.

La quantità di insulina sarà stabilita dal medico, a seconda delle necessità del soggetto.

L’insulina viene somministrata per via sottocutanea (preferibilmente sull’addome, sul braccio, o sulla coscia), con dispositivi specifici (penne), dotati di un piccolo ago (pochi mm di lunghezza).

La tendenza più recente vede l’utilizzo del microinfusore, un dispositivo applicato sulla cute, con una piccola cannula inserita nel sottocute, che rilascia insulina in maniera continua e programmabile per rilasciare dosi di insulina rapida secondo le esigenze, come un pancreas artificiale. Questo dispositivo, oltre a superare il disagio dell’uso della classica penna, consente un miglior controllo glicemico.

La dieta del paziente diabetico di tipo 1 è essenzialmente sovrapponibile al regime alimentare consigliabile per la popolazione generale (per esempio basato sul modello mediterraneo), in quanto soprattutto il paziente giovane è in grado di adeguare le dosi di insulina da somministrare in base a quanto consumato a tavola.

A cura della dott.ssa Caporusso Mariangela, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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