Introduzione
Il diabete mellito è una patologia in cui i livelli ematici di glucosio, il principale zucchero del sangue, sono eccessivamente elevati (iperglicemia).
Le cause possono variare a seconda che si tratti di:
- diabete mellito di tipo 1,
- diabete mellito di tipo 2 (che tratteremo in questo articolo),
- diabete mellito gestazionale.
Il nostro organismo degrada i carboidrati assunti con la dieta (contenuti per esempio in pasta, pane, patate, riso, dolci, …) in zuccheri semplici, convertendoli tutti per lo più in glucosio, la principale fonte di energia delle cellule. A seguito dell’assorbimento intestinale il glucosio finisce nel torrente sanguigno e viene quindi trasportato in tutte le cellule dell’organismo.
Il livello di glucosio nel sangue (detto glicemia) è regolato da diversi ormoni tra cui l’insulina, prodotta dal pancreas, una ghiandola facente parte dell’apparato digerente. Quando la glicemia è troppo elevata l’insulina riporta la concentrazione di glucosio ai livelli normali, favorendo l’ingresso di tale zucchero nelle cellule. Nelle cellule il glucosio può essere utilizzato per ricavare energia oppure, se presente in quantità eccessive, viene accumulato sotto forma di glicogeno o di grasso per essere impiegato in un secondo momento, in caso di necessità.
La concentrazione di glucosio nel sangue varia dunque nel corso della giornata: si riduce nei periodi di digiuno e aumenta dopo i pasti, ritornando ai livelli normali entro le due ore successive grazie all’azione dell’insulina.
Nel caso di diabete di tipo 2, il più comune e quello tipico dell’età adulta, l’organismo non produce più sufficiente insulina o, più spesso, non è in grado di usarla adeguatamente (insulino-resistenza), cosicché il glucosio si accumula nel sangue aumentando pericolosamente i valori di glicemia.
I sintomi del diabete di tipo 2 in genere si sviluppano lentamente, nell’arco di diversi anni, e per lungo tempo sono così lievi da passare inosservati; molti pazienti addirittura non hanno alcun sintomo, ma quando presenti possono essere:
- maggiore sete e conseguente aumentata frequenza di minzione,
- aumento dell’appetito,
- stanchezza,
- visione offuscata,
- intorpidimento o formicolio a piedi e/o mani,
- ritardo nei tempi di guarigione delle ferite,
- perdita di peso inspiegabile.
Il diabete di tipo 2 è una condizione metabolica da cui purtroppo nella maggior parte dei casi non si può guarire, anche se di fatto negli ultimi anni è emerso come in realtà questo non sia sempre vero, ma che può sicuramente essere tenuta sotto controllo attraverso un adeguato stile di vita ed eventualmente ricorrendo alla somministrazione di farmaci.
Cause
Nel diabete mellito di tipo 2, una volta erroneamente chiamato diabete mellito non insulino-dipendente o diabete dell’età adulta, il pancreas continua a secernere insulina, magari anche in quantità più elevate del normale, ma le cellule dell’organismo non sono più in grado di rispondere adeguatamente a questa produzione.
Si instaura così una condizione di insulino-resistenza (le cellule resistono allo stimolo dell’insulina), la cui conseguenza è lo sviluppo di livelli di glucosio nel sangue eccessivamente elevati.
Il diabete di tipo 2 esordisce in genere non prima dei 30 anni e diviene progressivamente più frequente con l’avanzare dell’età. Si calcola che il 27% della popolazione oltre i 65 anni di età sia affetto da tale condizione, spesso inconsapevolmente.
In alcuni rari casi è possibile identificare alcuni fattori causali per il diabete di tipo 2, come ad esempio:
- elevati livelli di corticosteroidi, dovuti all’assunzione di farmaci cortisonici o, più raramente, alla sindrome di Cushing,
- eccessiva produzione di ormone della crescita (acromegalia), condizione comunque rara,
- malattie che comportano la distruzione del pancreas, come pancreatiti, tutte evenienze relativamente rare.
Più frequentemente non è tuttavia possibile individuare una singola causa, anche perché allo stato attuale si ritiene che la patogenesi del diabete mellito di tipo 2 sia di tipo multifattoriale, ovvero che coinvolga sia fattori ereditari che ambientali.
I tre principali fattori di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2 sono:
- età superiore ai 40 anni (più bassa per alcune etnie): Il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 aumenta con l’età, probabilmente anche perché con gli anni si tende ad aumentare di peso e ridurre la quantità di attività fisica praticata;
- genetica (presenza di un parente stretto che ne è affetto, come un genitore, un fratello o una sorella),
- sovrappeso od obesità (il rischio aumenta soprattutto quando il grasso è accumulato a livello addominale).
Tra gli altri fattori di rischio degni di nota ricordiamo anche:
- sedentarietà,
- diabete gestazionale in precedenti gravidanze o parto di neonati superiori ai 4 kg di peso,
- sindrome dell’ovaio policistico,
- pressione alta,
- livelli elevati di colesterolo LDL e/o trigliceridi, livelli bassi di colesterolo buono HDL,
- dieta povera di fibre e ricca di zuccheri e carboidrati raffinati.
Sintomi
I sintomi del diabete di tipo 2 possono essere assenti per anni o anche per decenni e spesso la diagnosi avviene a seguito di un esame del sangue di routine. I primi sintomi sono legati agli effetti diretti degli elevati livelli di glucosio nel sangue e consistono nella classica triade composta da
- poliuria, ovvero l’aumento della produzione di urina, per cui il paziente urina molto. Quando la glicemia è elevata, il glucosio viene filtrato dal rene e finisce nelle urine. Nel tentativo di diluire il glucosio, il rene secerne grandi quantità di acqua;
- aumentato senso di sete, dovuta ovviamente alla notevole quantità d’acqua persa con le urine;
- perdita di peso, a causa della perdita di calorie fornite dal glucosio con le urine.
Altri possibili sintomi includono:
- aumento dell’appetito, che si sviluppa per compensare la perdita di peso,
- offuscamento della vista,
- sonnolenza,
- nausea,
- affaticamento,
- guarigione lenta delle ferite e delle infezioni,
- prurito continuo.
Complicazioni
Chi soffre di diabete è a rischio di una complicanza acuta, il coma iperosmolare iperglicemico, che si verifica quando la concentrazione di glucosio nel sangue diviene particolarmente elevata, in genere in seguito a infezioni o all’impiego di alcuni farmaci (tra cui i cortisonici).
Tale complicanza, inoltre, è favorita dalla disidratazione, specie in un soggetto sano. Si instaura a causa dell’elevata diuresi indotta dall’iperglicemia, non adeguatamente compensata dall’assunzione di acqua per via orale. Si tratta di una condizione che richiede l’immediato intervento di un medico.
I sintomi sono:
Le complicanze più comuni tuttavia si instaurano più lentamente, in modo progressivo, per manifestarsi in tutta la loro gravità a distanza di anni/decenni dalla diagnosi della condizione. Tanto più il paziente riesce a mantenere i livelli di glucosio nell’ambito dei valori normali, tanto meno è probabile incorrere nelle complicanze del diabete.
Elevati livelli di glucosio nel torrente circolatorio possono determinare il restringimento dei vasi sanguigni, con conseguente riduzione dell’apporto di sangue ai vari organi; le complicanze croniche possono quindi riguardare svariati organi e apparati:
- arterie sia di piccolo che di grosso calibro (micro- e macroangiopatia diabetica),
- sistema nervoso periferico, cioè i nervi (polineuropatia diabetica),
- occhio (retinopatia diabetica),
- rene (nefropatia diabetica),
- cuore,
- cervello,
- gambe,
- pelle.
L’iperglicemia, inoltre, tende a innalzare la concentrazione dei grassi nel sangue, favorendo lo sviluppo di aterosclerosi (formazione di placche sulle pareti dei vasi sanguigni), condizione che è 2-6 volte più frequente nei diabetici rispetto alla popolazione sana e che tende a comparire in età più giovanile. L’aterosclerosi è un importante fattore di rischio cardiovascolare e come tale può predisporre a:
È importante sottolineare che i pazienti diabetici possono andare incontro a un infarto senza avvertire il caratteristico dolore al petto, in quanto i nervi che trasportano la sensibilità dolorifica del cuore possono essere danneggiati dalla malattia; devono quindi essere istruiti a prestare attenzione ai seguenti sintomi, che possono indicare un infarto “silente”:
- senso di pesantezza al torace,
- formicolio al braccio sinistro,
- senso di bruciore di stomaco.
La cattiva circolazione a livello delle pelle è inoltre causa di ulcere e di infezioni cutanee con scarsa tendenza alla guarigione. Le parti del corpo più soggette a tali tipi di lesioni sono le gambe e i piedi (il cosiddetto piede diabetico, alla cui patogenesi concorre anche il danno ai nervi della gamba indotto dall’iperglicemia).
Nei casi più gravi se l’ulcera non guarisce e anzi, al contrario, tende a progredire, può rendersi necessaria l’amputazione del piede o della gamba.
Le lesioni delle arterie dirette alla retina possono causare calo visivo fino alla perdita della vista, per tale ragione i soggetti diabetici devono sottoporsi ogni anno a una visita oculistica di controllo. La terapia consiste in un trattamento laser in grado di riparare i danni ai vasi della retina.
Sempre a causa dei danni vascolari, i reni di un soggetto diabetico possono danneggiarsi fino all’insorgenza di insufficienza renale. Segno iniziale di alterazioni renali è la presenza nelle urine di proteine (albumina) normalmente assenti. Qualora subentrasse un grado grave di insufficienza renale, si renderebbe necessario ricorrere a dialisi o a trapianto del rene.
In caso di danno ai nervi i sintomi possono essere molteplici e di varia entità, da lievi alterazioni della sensibilità fino allo sviluppo di una marcata debolezza di un intero arto. Il danno dei nervi della gamba rende il paziente più soggetti ai traumi ripetuti, in quanto viene alterata la sensibilità propriocettiva e quella della pressione, predisponendo tra l’altro all’insorgere del piede diabetico.
Sempre a causa del danno ai nervi, oltre che a causa delle complicazioni vascolari, molti uomini affetti da diabete possono soffrire di impotenza sessuale.
I soggetti diabetici, infine, presentano maggior propensione a incorrere in infezioni batteriche e fungine (molto comune la candida), soprattutto a livello cutaneo, in quanto il glucosio in eccesso inibisce la capacità dei globuli bianchi a reagire ad agenti estranei.
Diagnosi
Il diabete mellito di tipo 2 può essere sospettato in base ai sintomi come
- inspiegabile aumento della diuresi e della sete
- presenza di dimagrimento inspiegabile in un soggetto in giovane età.
A volte invece la diagnosi viene formulata a seguito di un esame del sangue eseguito di routine che riscontra elevati livelli di glucosio nel sangue.
Si parla di diabete se si riscontra almeno una delle seguenti condizioni:
- glicemia a digiuno superiore a 126 mg/dL, in almeno due occasioni distinte;
- glicemia in qualsiasi momento della giornata superiore a 200 mg/dl, in presenza di sintomi di diabete (poliuria, sete e dimagrimento). Anche se la glicemia aumenta dopo i pasti particolarmente ricchi di carboidrati, il suo valore non dovrebbe mai superare i 200 mg/dL in un soggetto sano;
- glicemia maggiore o uguale a 200 mg/dl durante una curva da carico; questo test si effettua in ospedale, somministrando una quantità nota e definita di zuccheri e rilevando in seguito come cambia a intervalli di tempo prestabiliti il valore di glicemia nel sangue;
- emoglobina glicata, uguale o superiore a 6,5% in almeno due occasioni .
Oltre che nel sangue nel paziente diabetico il glucosio è presente in quantità eccessive anche nelle urine (glicosuria), ma questa da sola non consente la diagnosi di malattia.
Emoglobina glicata
L’emoglobina è la sostanza che trasporta l’ossigeno nel sangue, contenuta nei globuli rossi. Quando presente in eccesso, il glucosio si lega a varie molecole, tra cui l’emoglobina, formando una molecola che prende il nome di emoglobina glicata.
Poiché i globuli rossi sono dotati di una vita media di tre mesi, l’emoglobina glicata è un indice affidabile dell’andamento medio della glicemia in questo lasso di tempo, al contrario della semplice glicemia, che riflette invece il livello di glucosio al momento del prelievo e indipendentemente dai valori passati.
Cura

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La gestione paziente affetto da diabete di tipo 2 si concentra su
- correzione dello stile di vita,
- riduzione di eventuali altri fattori di rischio cardiovascolare,
- mantenimento di livelli di glicemia nell’intervallo di normalità.
I pilastri su cui si costruisce la terapia del paziente diabetico (di tipo 2) sono invece
- dieta,
- attività fisica,
- perdita di peso se necessario.
Questa forma di diabete tendenzialmente peggiora nel tempo ma, adottando uno stile di vita sano, è possibile ritardare il più possibile la progressione della malattia e le necessarie modifiche alla terapia farmacologica, tra cui per esempio il ricorso all’insulina (farmaco che richiede necessariamente di essere iniettato quotidianamente e, in alcuni pazienti, anche più volte al giorno).
Dieta
Le principali indicazioni fornite al paziente diabetico (di tipo 2) prevedono:
- abolizione degli zuccheri semplici (dolciumi, miele),
- aumento del consumo di fibra (mediante l’assunzione di alimenti integrali: pane, pasta e riso integrali), perché in grado di ridurre e rallentare l’assorbimento degli zuccheri,
- limitazione degli alimenti non raffinati ricchi di carboidrati (pane, pasta, riso), soprattutto se a elevato indice glicemico,
- limitazione degli alimenti ricchi di grassi, specie se saturi (insaccati, carne rossa, …),
- riduzione dell’intervallo di tempo tra un pasto e l’altro, al fine di evitare pericolosi episodi di ipoglicemia (soprattutto se il paziente fosse già in terapia insulinica),
- moderazione o abolizione del consumo di alcolici.
Attività fisica
Anche l’attività fisica è fondamentale; non solo contribuisce efficacemente alla perdita di peso, ma l’esercizio aerobico aumenta anche la sensibilità delle cellule all’insulina. Si raccomanda ovviamente di pianificare l’allenamento con l’aiuto del medico, in modo che risulti compatibile con il proprio stato di forma.
Pazienti in terapia con insulina (o con alcune classi di farmaci) devono essere addestrati al riconoscimento dei sintomi dell’ipoglicemia: durante l’esercizio fisico infatti i livelli di glucosio nel sangue diminuiscono, per cui in certi casi può essere consigliabile fare uno spuntino durante l’attività o ridurre la dose di insulina (o entrambe le cose).
Farmaci
Esistono numerosi farmaci in grado di contribuire alla gestione del diabete di tipo 2; tali farmaci, detti ipoglicemizzanti, mirano ad abbassare la concentrazione di glucosio nel sangue attraverso vari meccanismi.
Vengono assunti per via orale e possono sfruttare diversi meccanismi d’azione, come ad esempio:
- metformina: diminuisce la produzione epatica di glucosio e ne favorisce l’ingresso nelle cellule,
- sulfaniluree: stimolano la produzione di insulina da parte del pancreas,
- pioglitazone: aumenta la sensibilità delle cellule all’insulina,
- acarbosio, in grado di rallentare l’assorbimento di glucosio nell’intestino.
La metformina è generalmente raccomandata come trattamento di prima linea ed è comune l’associazione con altri principi attivi al fine di ottenere un miglior controllo glicemico. Oltre che per il loro meccanismo di azione i farmaci si distinguono anche perché solo alcuni possono essere responsabili di crisi ipoglicemiche, permettendo così di adottare approcci più cauti in pazienti a rischio (come i soggetti più anziani).
Raramente un diabetico di tipo 2 necessita di iniezioni di insulina, come invece avviene per chi soffre di diabete di tipo 1, soprattutto nei primi anni a seguito della diagnosi, ma quando il trattamento orale non è (più) sufficiente il ricorso alle inieizioni insuliniche è l’unica via praticabile per il controllo della glicemia.
Automisurazione della glicemia
I soggetti diabetici devono monitorare costantemente la glicemia, tenendo un diario dei valori del glucosio nel sangue da mostrare in seguito al medico durante i controlli.
La glicemia può essere facilmente misurata dal paziente con uno strumento, detto glucometro, che utilizza una goccia di sangue prelevata dal polpastrello con una penna contenente un ago sottile; la frequenza con cui deve essere praticata l’automisurazione viene definita caso per caso in base alle caratteristiche del paziente e al suo stato di salute.
La principale complicanza della terapia antidiabetica è l’ipoglicemia, che rappresenta un’urgenza medica. Per tale motivo, il paziente deve venire educato a riconoscerne i sintomi e i segni principali, che sono:
- attacchi di fame,
- ritmo cardiaco accelerato (tachicardia),
- tremore,
- sudorazione,
- perdita della lucidità mentale.
Il trattamento consiste nell’ingestione di zucchero sotto qualsiasi forma, come zucchero da tavola, bibite dolci, succhi di frutta, dolciumi vari, seguita a distanza di 10-15 minuti dall’assunzione di carboidrati a più lento assorbimento, come latte (ricco di lattosio), frutta, pane, …
Nei casi più gravi, in ospedale, si può ricorrere alla somministrazione di glucosio in endovena.
Si noti che non tutti i farmaci somministrati per via orale possono indurre ipoglicemia, che è invece un rischio concreto e costante per i pazienti in trattamento con insulina.
A cura della Dottoressa Giovanna Celia, medico chirurgo