- Introduzione
- Classificazione
- Causa
- Sintomi
- Disturbo bipolare ed altre malattie
- Diagnosi
- Cura
- Fonti e bibliografia
Introduzione
Il disturbo bipolare è un’affezione che gli psichiatri inglobano nel capitolo dei disturbi dell’umore, novero che comprende tutte quelle malattie caratterizzate da abnormi variazioni patologiche del tono dell’umore.
L’umore è quell’aspetto della vita psichica dell’uomo che conferisce coloritura affettiva a tutto quanto viene vissuto e che si esprime attraverso un continuum tra i due poli opposti dell’allegria e della tristezza, del piacere e del dispiacere, della gioia e del dolore.
È una percezione di come si vede il mondo e di come si vive la propria quotidianità, che può venire alterata da sentimenti e stati d’animo come depressione, esaltazione, rabbia e ansia.
Chi soffre di disturbo bipolare tende ad alternare fasi di
- depressione
- con fasi ipomanicali o maniacali (da cui il termine bipolarismo).
A questo proposito si ricorda che in campo clinico la mania è definita come una condizione caratterizzata da uno stato di eccitazione che coinvolge più sfere della personalità e che può assumere diversi gradi, da un eccessivo ottimismo con grande voglia di fare fino allo sviluppo di un eccessivo flusso di idee (spesso caotiche) e aggressività.
Questa alternanza può essere rapida o intervallata da un periodo più o meno lungo di umore normale (eutimico).
Si tratta di una malattia psichiatrica che può compromettere la vita sociale, famigliare e professionale della persona colpita, che spesso non è consapevole di soffrirne.
Classificazione
Secondo la classificazione del DSM-V-TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) i disturbi dell’umore possono essere distinti in:
- Episodi
- Episodio Depressivo Maggiore
- Episodio Maniacale
- Episodio Misto
- Episodio Ipomaniacale
- Disturbi
- Disturbi Depressivi :
- disturbo depressivo maggiore
- disturbo distimico
- disturbo depressivo non altrimenti specificato
- Disturbi Bipolari :
- Disturbo bipolare I, caratterizzato dalla presenza di
- Almeno un episodio maniacale in tutta la vita. Può essere preceduto o seguito da un episodio depressivo.
- Nei casi gravi è possibile che si associno i sintomi tipici della psicosi (allucinazioni e deliri).
- Almeno un episodio maniacale in tutta la vita. Può essere preceduto o seguito da un episodio depressivo.
- Disturbo bipolare II. Si contraddistingue per la presenza di
- Almeno un episodio di depressione maggiore,
- Almeno un episodio di ipomania,
- Assenza dell’episodio maniacale.
- Ciclotimia. Presenza per almeno due anni (un anno nei bambini) di episodi ciclici, meno severi rispetto al tipo I e II, di
- Ipomania,
- Depressione.
- Altri non specificati: disordini correlati ad alcol o abuso di sostanze, oppure a sindromi mediche (sindrome di Cushing, sclerosi multipla).
- Disturbo bipolare I, caratterizzato dalla presenza di
- Altri disturbi dell’umore
- disturbo dell’umore dovuto ad una condizione medica generale
- disturbo dell’umore indotto da sostanze (droghe, farmaci)
- Disturbi Depressivi :
Nel dettaglio possiamo dire che:
- il disturbo bipolare I interessa quei pazienti con una storia di almeno un episodio maniacale o misto, a cui si alternano altri episodi maniacali o di depressione;
- il disturbo bipolare II non prevede mai episodi maniacali (ma solo uno o più episodi ipomaniacali, con o senza episodi di depressione maggiore);
- il disturbo ciclotimico è un disturbo bipolare caratterizzato dall’alternarsi di episodi ipomaniacali o depressivi, per un periodo di almeno 2 anni. Tra un episodio e l’altro può esserci un intervallo di umore normale che non è mai superiore ai 2 mesi;
- quando non è possibile inquadrare in base ai sintomi il paziente nel disturbo bipolare I o II, oppure nel disturbo ciclotimico, si parlerà di disturbo bipolare non altrimenti specificato.
Causa
I disturbi dell’umore sono sempre più diffusi, interessando soggetti sempre più giovani, nei quali spesso si associano l’abuso di sostanze e comportamenti antisociali.
Nel corso della vita un uomo può presentare un disturbo dell’umore con una variabilità compresa tra il 2 e il 25%; la prevalenza del disturbo bipolare è dell’1-6,5%.
Il disturbo bipolare è meno frequente rispetto al disturbo depressivo maggiore, tuttavia un 10-15% dei pazienti inizialmente diagnosticati come affetti da depressione maggiore viene in seguito rivalutato con una diagnosi definitiva di disturbo bipolare.
Può interessare sia uomini che donne e, purtroppo, a soffrirne sono spesso anche i bambini.
Il suicidio è la complicanza più grave di tali disturbi, ma si verifica solo in una piccola percentuale dei casi (intorno al 10% dei pazienti).
Non si conosce ad oggi una causa specifica che possa spiegarci perché alcune persone soffrono di un disturbo bipolare ed altre no; il pensiero attuale è che probabilmente non esiste una causa unica, bensì numerosi fattori che interagiscono insieme e contribuiscono all’instaurarsi della malattia.
Senza dubbio la familiarità gioca un ruolo di primo piano per la trasmissione dei disturbi dell’umore, come è stato dimostrato da più studi clinici secondo i quali:
- con un genitore affetto da disturbo bipolare, il rischio di sviluppare tale disturbo è circa del 28%,
- con entrambi i genitori affetti, il rischio è 2-3 volte maggiore,
- per i parenti di primo grado di pazienti con disturbo bipolare, il rischio va dal 4 al 15%.
È opinione diffusa tra gli specialisti che esitano anche fattori ambientali che potrebbero avere una più o meno spiccata rilevanza nella possibilità di alterare la nostra psiche (è quanto scaturisce dalle ricerche condotte sui gemelli, per cui uno può esserne affetto e l’altro no), ma ad oggi sembra che l’impatto genetico sia l’aspetto preponderante.
La letteratura disponibile rende quindi piuttosto inequivocabile un rapporto di reciproca ed imprescindibile influenza tra fattori biologici e genetici da un lato ed eventi ambientali e stressanti dall’altro.
In altre parole il nostro patrimonio genetico condiziona la nostra risposta agli eventi stressanti della vita, così come eventi e situazioni stressanti possono condizionare il nostro DNA!
Tra gli eventi stressanti che lasciano un’impronta nella nostra mente, ed in particolare nelle persone geneticamente predisposte tanto da alterarne patologicamente l’umore, ci sono ad esempio:
- recente perdita di una persona cara,
- rottura di un rapporto sentimentale,
- celibato/nubilato,
- età avanzata,
- abuso di sostanze,
- abusi sessuali,
- atti di violenza domestica,
- licenziamento recente o disoccupazione,
- problemi economici,
- burnout,
- mancata realizzazione personale,
- bullismo,
- post-partum,
- recente diagnosi di cancro o altre malattie a prognosi infausta,
- incidenti stradali o traumi con esiti in deficit e menomazioni permanenti.
Studi sempre più avanzati sulla struttura del cervello e sui livelli di alcuni neurotrasmettitori cerebrali potranno forse fornire in futuro una spiegazione più chiara di alcuni meccanismi patogenetici che regolano lo sviluppo del disturbo bipolare.
Fattori di rischio
- Fattori genetici e familiari: la storia familiare è il fattore di rischio più importante; la probabilità di sviluppare la malattia è 10 volte più alta nei parenti di persone già diagnosticate e il rischio aumenta secondo il grado di parentela (maggiore per i fratelli o i figli di persone malate).
- Funzionamento e struttura cerebrale: i ricercatori hanno evidenziato differenze nell’attivazione e nel funzionamento di alcune aree del cervello dei pazienti con il disturbo rispetto alle persone sane.
- Fattori sociali ed economici: il disturbo è più frequente nei paesi ad alto reddito, e in individui separati, divorziati o vedovi. Gli eventi traumatici della vita giocano un ruolo rilevante nell’insorgenza dei sintomi (ad esempio lutti, separazioni, tracolli finanziari, …).
Sintomi
I pazienti con disturbo bipolare presentano sintomi variabili in base all’episodio psicomorboso che stanno vivendo:
- episodio maniacale,
- ipomaniacale,
- misto,
- depressivo.
In corso di episodio maniacale, il paziente mostra un tono dell’umore anormalmente elevato per almeno una settimana (fino all’esaltazione euforica, che si esprime con allegria, battute, scherzi, motteggi spropositati e francamente fastidiosi o irriverenti per gli altri) e presenta almeno 3 dei seguenti 7 sintomi:
- autostima eccessiva o senso di grandiosità verso se stesso, con incapacità a riconoscersi malato,
- ridotto bisogno di dormire o insonnia,
- spinta continua a parlare con tono di voce alto,
- fuga delle idee (pensa più velocemente di quanto riesce a dire a parole),
- facile distraibilità e perdita di attenzione,
- iperattività ed aumento di energia (ad esempio una casalinga si può dedicare alle pulizie domestiche o a cucinare in piena notte e contemporaneamente cantare o ascoltare musica, mossa da un’irrefrenabile sensazione di benessere ed energia per cui non riesce a stare ferma),
- eccessivo interesse verso attività ludiche (acquisti eccessivi, sessualità sconveniente, investimenti, tendenza alla prodigalità, all’azzardo, ..)
In questa fase il paziente, qualora venga contraddetto o limitato nelle sue manifestazioni eccessivamente espansive, può diventare litigioso, insultante fino ad avere scatti di rabbia e comportamenti aggressivi; a questi comportamenti possono far seguito scoppi di pianto, momenti di tristezza e depressione per l’instaurarsi di uno stato di forte disabilità emotiva.
Inoltre la disinibizione spinge il paziente a compiere azioni pericolose come guida spericolata, uso di sostanze, trasgressioni delle regole e delle convenzioni sociali (infedeltà, promiscuità).
L’aspetto e l’abbigliamento possono risultare appariscenti e provocanti (soprattutto nel sesso femminile), oppure al contrario il paziente può apparire trascurato, trasandato o bizzarro nel vestire ed avere poca o nessuna cura della propria igiene personale.
Il paziente può presentare manifestazioni psicotiche, quali deliri di grandezza e di aumentata stima di sé, come ad esempio la convinzione di essere un uomo di grande valore, potere o di intrattenere una relazione con una divinità o una persona famosa. Possono manifestarsi anche allucinazioni uditive e visive, congrue con il tono dell’umore esaltato.
Il quadro può talora evolvere verso lo stupor maniacale, condizione caratterizzata da sintomi catatonici (immobilità, mutacismo, espressione del viso trasognante-beata) e/o alterazioni dello stato di coscienza fino al delirium.
Anche in corso di episodio ipomaniacale del disturbo bipolare il paziente presenta un eccessivo aumento del tono dell’umore, associato ad almeno 3 dei 7 sintomi già descritti per l’episodio maniacale. A differenza di questo, tuttavia, quello ipomaniacale non è così grave da causare compromissione della vita sociale o lavorativa, o da richiedere l’ospedalizzazione o da presentarsi con manifestazioni psicotiche (deliri, allucinazioni).
In corso di episodio depressivo del disturbo bipolare il paziente presenta i seguenti sintomi :
- rallentamento nei movimenti, nella parola e nell’elaborazione dei pensieri fino ad una possibile letargia (il paziente può restare a lungo seduto, immobile, oppure a letto per un’intera giornata),
- ridotta capacità di concentrazione e memoria,
- tristezza e perdita di autostima,
- perdita di piacere in tutte o nella maggior parte delle attività quotidiane,
- deliri/allucinazioni riguardanti contenuti di colpa, rovina, povertà, ipocondriaci o di inguaribilità verso una malattia grave che però il paziente non ha realmente,
- sintomi atipici della depressione (aumento di peso o dell’appetito, aumento del sonno, sensazione di pesantezza o di avere braccia e gambe di piombo, ipersensibilità ai rifiuti personali),
- pensieri ricorrenti di suicidio o morte.
In corso di episodio misto del disturbo bipolare, infine, si verifica un rapido alternarsi di sintomi depressivi e maniacali, che comportano frequentemente la necessità di ricovero in ospedale.
Tutti i sintomi descritti possono
- avere una entità lieve, moderata o grave,
- presentare un periodo di latenza tra un periodo all’altro anche molto lungo o molto breve, fino alla rapida ciclicità.
La sequenza dei diversi episodi non segue uno schema predefinito: la depressione, ad esempio, può precedere l’episodio maniacale o viceversa. L’episodio depressivo generalmente dura più a lungo rispetto a quello maniacale o ipomaniacale, che si esauriscono generalmente entro 2 settimane.
Sviluppo, durata e prognosi
Solitamente il primo episodio compare verso i 18-25 anni, anche se è difficile riconoscere quando il comportamento di un adolescente sia francamente patologico; per questa ragione è importante valutare i sintomi sempre facendo riferimento al comportamento abituale della persona.
Sono comunque possibili esordi più tardivi anche se, più si va avanti con l’età, più è indispensabile escludere le altre condizioni mediche e di abuso di sostanze che potrebbero spiegare il quadro.
È frequente che l’episodio maniacale segua un episodio di depressione maggiore e che, una volta risolto, l’individuo continui ad avere oscillazioni ricorrenti dell’umore a lungo termine.
La gravità della malattia comunque può variare ed è possibile avere un periodo anche prolungato – di anni- senza la comparsa dei sintomi.
Nonostante molte delle persone colpite riescano a tornare a un livello di normalità dopo o fra i diversi episodi, il 30% può sviluppare dei problemi soprattutto a livello sociale e lavorativo.
Complicanze
Durante l’episodio maniacale la persona malata non ha la percezione di avere bisogno di una cura, può diventare ostile e, se delirante, fisicamente pericolosa o a rischio di suicidio (complicazione più grave; è noto come nei soggetti affetti da disturbo bipolare il rischio sia 15 volte più alto di quello delle persone non malate).
Disturbo bipolare ed altre malattie
Chi soffre di un disturbo dell’umore presenta frequentemente anche altre malattie psichiatriche e/o internistiche, come ad esempio:
- disturbi d’ansia,
- disturbi della condotta alimentare,
- disturbi della personalità,
- disturbi da uso di sostanze stupefacenti,
- ipotiroidismo,
- emicranie,
- cardiopatie,
- fibromialgia,
- sindrome del colon irritabile,
- sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS),
- morbo di Parkinson,
- malattia di Alzheimer,
- insufficienza renale,
- traumi encefalici,
- sclerosi multipla,
- obesità,
- diabete.
Diagnosi
Il medico che si occupa della diagnosi e del trattamento dei disturbi dell’umore è lo psichiatra.
Lo specialista può giungere ad un inquadramento diagnostico del paziente, attraverso:
- l’osservazione dei sintomi, ossia delle caratteristiche cliniche dell’episodio psicomorboso in corso,
- la raccolta della anamnesi, ossia la valutazione della storia clinica del paziente, così come raccontata dai familiari, circa il succedersi, l’alternanza, la durata e tutte le caratteristiche dei sintomi e degli episodi pregressi.
Perché si parli di disturbo bipolare occorre che si alternino uno o più episodi (in atto o pregressi) di tipo:
- maniacali e/o
- ipomaniacali e/o
- misti e/o
- depressivi
a seconda che si tratti del tipo I, II, ciclotimico o non altrimenti specificato.
Il disturbo bipolare inoltre deve essere distinto da (diagnosi differenziale)
- disturbo borderline di personalità,
- disturbo depressivo maggiore,
- disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività,
- schizofrenia.
Cura
Non esiste cura definitiva per il disturbo bipolare, che tuttavia può essere gestito efficacemente con l’obiettivo di permettere ai pazienti di condurre una vita normale e produttiva
Il risultato del trattamento, psicoterapico e farmacologico, è tuttavia direttamente correlato alla disponibilità del paziente, che purtroppo spesso rifiuta le cure a causa dell’incapacità di riconoscere la condizione.
In genere si preferisce associare 2-3 farmaci insieme con l’intento di stabilizzare l’umore, rispetto ad un solo farmaco.
La classica terapia con antidepressivi (triciclici o SSRI) utilizzata per il disturbo di depressione maggiore non è consigliata per il trattamento dell’episodio depressivo del disturbo bipolare,
- sia perché risulta meno efficace,
- sia perché se protratta a lungo può rischiare di far virare l’episodio depressivo verso quello maniacale.
Da preferire sono invece i sali di litio.
L’utilizzo è indicato per il trattamento in corso di episodio depressivo o maniacale e come prevenzione per episodi successivi; sembra inoltre avere un ruolo protettivo e di riduzione verso i tentavi suicidari, che risultano la più grave complicanza per chi soffre di disturbo bipolare.
I possibili effetti collaterali del litio comprendono:
- nausea,
- sete intensa,
- aumentata produzione di urina,
- ipotiroidismo,
- iperparatiroidismo,
- tremore,
- deficit cognitivi,
- aumento di peso,
- possibili intossicazioni con sintomi neurologici e cardiaci gravi (per livelli sierici superiori a 1,5 mEq/l).
Qualora l’azione del litio non sia sufficiente, può essere potenziata con l’uso di altri farmaci quali
- lamotrigina,
- carbamazepina,
- valproato sodico,
che vengono utilizzati anche in caso di malattie concomitanti che non permettono l’uso del litio (insufficienza renale, cardiopatia, ipotiroidismo scompensato) o di intolleranza verso questo farmaco.
L’uso di neurolettici o antipsicotici (cloropromazina, aloperidolo, clozapina) deve essere introdotto con prudenza, ma può rendersi necessario nel trattamento della mania in fase acuta.
Spesso i neurolettici sono associati all’utilizzo di benzodiazepine (lorazepam, clonazepam), medicinali che permettono un maggior controllo dell’agitazione psicomotoria e consentono di ridurre il dosaggio dei neurolettici stessi (e dei relativi effetti collaterali gravi, quali ad esempio la sindrome neurolettica maligna).
La L-tiroxina in aggiunta al litio riduce la frequenza, intensità e durata delle ricadute, tuttavia è gravata dal rischio di sviluppo di ansia, fibrillazione atriale ed osteoporosi.
Nel caso in cui il paziente non segua con scrupolo le terapie prescritte, o presenti sintomi ingestibili in ambiente famigliare e/o che risultino pericolosi o danneggino il patrimonio, il lavoro e la reputazione stessa della persona affetta, è necessario chiedere tempestivamente aiuto e chiamare il 118: in questi casi infatti è richiesto il ricovero ospedaliero, talora in regime di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) nel caso in cui le cure vengano rifiutate.
La psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale e il supporto psicologico in genere garantiscono una maggiore stabilità dell’umore, fornendo gli strumenti necessari al paziente per
- consentire di riconoscere i sintomi precoci e cercare, ove possibile, di autolimitarli (specie l’aggressività o il senso di rabbia),
- capire che è essenziale seguire con regolarità la terapia medica per stare meglio,
- seguire una routine nel mangiare e nel dormire,
- compilare un diario dei sintomi, per monitorare l’andamento della malattia.
Anche alla famiglia stessa spetta un compito non facile nel trattamento della persona affetta da disturbo bipolare: fornire sostegno, incoraggiamento ed aiuto ad un figlio (a volte anche piccolo), una sorella, un genitore o un amico malato; a chi vive quotidianamente questa situazione sono quini richiesti pazienza, capacità di ascolto, comprensione, nonché controllo dei propri stati di stress, requisiti che possono rendere consigliabile il ricorso a terapie psicologiche di gruppo.
Prevenzione
- Riconoscere in tempo i segnali d’allarme (come un diminuito bisogno di dormire, in seguito ad un episodio di depressione, oppure un umore insolitamente basso, …) e recarsi da un medico per tempo affinché sia fatta una corretta diagnosi e instaurata una terapia personalizzata può aiutare la persona a gestire l’episodio maniacale e a contenere le conseguenze negative.
- Durante gli episodi il paziente non è consapevole dei rischi che può correre, fino all’attuazione di tentativi di suicidio proprio durate la crisi.
- Come per tutte le malattie psichiatriche accompagnate da abuso di sostanze, è bene cessare assolutamente l’esposizione a sostanze come alcol, cocaina o amfetamina.
A cura della Dr.ssa Tiziana Bruno, medico chirurgo
Fonte
- Manuale di Psichiatria di Gilberti-Rossi
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