Epatite alimentare
L’epatite A (HAV) è un’infezione sistemica che interessa principalmente il fegato; è una malattia ubiquitaria, sporadica, che tuttavia può avere diffusione epidemica all’interno di comunità chiuse o in aree a basso sviluppo igienico-sanitario.
È una condizione autolimitante che non provoca infezione cronica e che si risolve in genere nell’arco di due mesi circa.
Viene talvolta indicata come “epatite alimentare, perché la modalità di trasmissione è oro-fecale, prevede quindi un contagio a seguito del consumo di acqua o cibo contaminati dalle feci di soggetti infetti.
Negli adulti i sintomi più comuni causati dall’epatite A sono:
- affaticamento e stanchezza,
- riduzione dell’appetito,
- mal di stomaco e nausea,
- ittero (colorazione giallastra della pelle).
Gli anticorpi prodotti in risposta all’infezione durano a vita e proteggono contro nuove infezioni, anche se il modo migliore per prevenire l’epatite A è sicuramente sottoporsi alla vaccinazione.
Trasmissione e contagio
L’epatite A è veicolata da un virus a RNA a singola catena (HAV) che fa parte degli Hepatovirus, un genere della famiglia dei Picornaviridae; è responsabile approssimativamente del 40% dei casi di epatite virale. L’infezione è endemica nei Paesi in via di sviluppo, dove la diffusione è favorita dalle scarse condizioni igieniche e dal sovraffollamento.
Il contagio avviene in genere attraverso il consumo di alimenti o acqua contaminati da feci infette, più raramente con contatti oro-anali diretti e indiretti.
Tra gli alimenti che più spesso sono responsabili di infezione ricordiamo:
- verdure crude o poco cotte,
- pesce crudo,
- molluschi,
- succhi,
- pomodori secchi,
- frutti di bosco (lamponi, mirtilli, fragole, …).
La contaminazione del cibo (che può includere anche alimenti congelati o poco cotti) da parte del virus può avvenire in qualsiasi fase della preparazione:
- crescita,
- raccolta,
- lavorazione,
- manipolazione
- e anche dopo la cottura.
Nei Paesi sviluppati in genere la clorazione dell’acqua previene eventuali diffusioni attraverso la rete idrica.
Alcuni studi epidemiologici riportano un’aumentata incidenza di contagio tra fine autunno ed inizio inverno, con ondate epidemiche ogni 5-20 anni nelle zone temperate.
La prevalenza di anticorpi anti HAV, indicanti una pregressa infezione, generalmente cresce con l’avanzare dell’età, mentre nei Paesi in via di sviluppo il contatto con il virus avviene già nell’infanzia.
Il paziente è contagioso (attraverso l’eliminazione del virus attraverso le feci) da 1-2 settimane a seguito del contagio e fino a 1-2 settimane dopo l’esordio dei sintomi; si noti che un paziente, soprattutto nell’infanzia, può essere contagioso anche in assenza di sintomi.
Sintomi
L’incubazione dell’epatite A è breve, 2-6 settimane circa; si può presentare in forma asintomatica o quasi, soprattutto nel caso di bambini. Quando presenti i sintomi sono caratterizzati da un esordio improvviso e possono annoverare:
- malessere,
- perdita di appetito,
- astenia,
- dispepsia,
- nausea e vomito,
- disgusto per il fumo di sigaretta (tipico nei soggetti fumatori),
- dolore addominale, generalmente a destra a livello del fegato,
- febbre nella fase pre-itterica, cioè la febbre scompare con la comparsa dell’ittero (colorito giallastro della cute, delle sclere oculari e delle mucose)
- urine scure, feci chiare, ittero e prurito (la conclamata fase itterica).
L’ittero è il sintomo più caratteristico di tutte le forme d’infiammazione del fegato e si presenta in forma di colorazione giallastra di pelle, sclere (parte bianca degli occhi) e mucose; è causato dall’innalzamento dei livelli circolanti di bilirubina (valori superiori a 2,5 mg/dL), in seguito alla riduzione della capacità del fegato di smaltirla correttamente.
Nel caso dell’epatite A è frequente negli adulti (70-80%), è meno espresso nei bambini di età compresa tra i 6-17 anni (40-50%) ed è raro (meno del 10% dei casi) al di sotto dei 6 anni.
In alcuni casi (10-20%) il paziente presenta un quadro riconducibile ad una sindrome influenzale con
- febbre (da 37,7°C a 38,3° C),
- mal di gola,
- raffreddore,
- dolori muscolo–articolari,
- urine tendenzialmente ipercromiche, cioè caratterizzate da una colorazione più intensa.
In tali condizioni, quando la sintomatologia è poco specifica, è fondamentale l’esecuzione di un’attenta anamnesi per giungere ad una corretta diagnosi differenziale.
Sebbene nella maggior parte dei casi l’epatite A si presenti con decorso spontaneo benigno, è destinato a risolversi autonomamente in un breve periodo di tempo, meno frequentemente può evolvere in possibili complicanze (0,1% dei casi) quali
- epatite acuta fulminante (rara),
- epatite colestatica,
- insufficienza epatica.
Diagnosi
In caso di sintomatologia e/o di riscontro alle analisi del sangue di un valore di transaminasi superiore a 1000 U/L, va contattato il proprio medico.
Si procederà quindi a confermare l’eventuale diagnosi mediante un prelievo di sangue mirato alla ricerca degli anticorpi anti-HAV; se positivi (ossia presenti, cioè rilevati nel sangue), questi ultimi possono essere di tipo
- Anticorpi anti-HAV IgM, ad indicare un’infezione acuta,
- Anticorpi anti-HAV IgG, specifici di una forma pregressa, ormai risolta.
In seguito all’esposizione al virus dell’epatite A l’organismo produce prima le IgM, che diventano dosabili in circa 2-3 settimane dal contagio (prima dello sviluppo di sintomi) per durare poi circa 3-6 mesi; le IgG vengono prodotte dopo 1-2 settimane dalla comparsa delle IgM e persistono invece per tutta la vita, risultando quindi particolarmente utili per riconoscere se l’individuo risulti immune.
Cura
Il virus dell’epatite A non porta a cronicizzazione, quindi la sintomatologia si esaurisce entro 6 mesi e anzi, generalmente, si autorisolve in 1-2 mesi. Non esiste una specifica terapia a cui attenersi, ma il medico può suggerire alcune indicazioni legate allo stile di vita che possano favorire l’eliminazione del virus dall’organismo:
- nutrizione adeguata con cibi facilmente digeribili, evitando grassi saturi e pasti troppo abbondanti,
- abbondate introduzione di liquidi per una corretta idratazione,
- evitare l’assunzione alcool,
- riposo,
- evitare sforzi fisici sportivi o professionali,
- ricorrere a farmaci solo se strettamente necessari e dopo attenta valutazione medica.
Per evitare il contagio degli familiari è importante attenersi ad alcune precauzioni:
- astenersi da rapporti sessuali non protetti,
- attenersi ad una corretta igiene, a partire dal lavaggio delle mani che deve essere accurato e per un tempo di almeno 10 secondi,
- utilizzare asciugamani, tovaglioli e biancheria della casa diversa da quella degli altri componenti,
- non condividere spazzolini da denti, bicchieri o tutto ciò che riguarda la propria igiene personale.
Vaccino e prevenzione
Ai fini della prevenzione dell’infezione da epatite A è fondamentale il trattamento delle acque potabili e l’utilizzo di appropriate misure igieniche, oltre all’isolamento dei soggetti infettati.
La forma di prevenzione personale più efficace è tuttavia rappresentata invece dal vaccino (Havrix® e Vaqta®), costituito dal virus inattivato, da somministrare per via intramuscolare con una semplice iniezione nel braccio.
In gravidanza dev’essere somministrato solo se indispensabile, perché manca al momento un’adeguata letteratura che ne dimostri inequivocabilmente la sicurezza.
Per quanto riguarda i possibili effetti collaterali, tra i più comuni ricordiamo
- dolore, rossore e tumefazione nella sede della somministrazione,
- mal di testa.
Più raramente, invece, si verificano sintomi aspecifici comuni, come possibile reazione transitoria, dopo ogni vaccino, come ad esempio:
- malessere,
- stanchezza,
- febbre,
- nausea,
- vomito,
- perdita di appetito.
Si raccomanda il vaccino nelle seguenti categorie di soggetti:
- soggetti immunodepressi,
- militari,
- personale sanitario,
- addetti alla preparazione degli alimenti,
- tossicodipendenti,
- bambini da 1 anno in su,
- pre-esposizione per i viaggiatori che si devono recare in luoghi in cui l’epatite A è diffusa, come sud-est America, est Europa, centro America, Africa, sud-est Asiatico, Messico e Caraibi,
- pazienti con malattie croniche epatiche o malattie della coagulazione del sangue come l’emofilia,
- pazienti trapiantati o in attesa di trapianto di fegato,
- promiscuità sessuale.
Nel caso di viaggi in paesi endemici per epatite A vanno rispettate alcune norme preventive:
- lavare e togliere la buccia a frutta e verdura,
- evitare di mangiare alimenti (carne o pesce) crudi o poco cotti,
- richiedere bevande senza ghiaccio,
- bere e lavarsi i denti soltanto con acqua in bottiglia,
- se l’acqua in bottiglia non è disponibile, far bollire l’acqua a disposizione per almeno 10 minuti, prima di berla.
Fonti e bibliografia
- Harrison, Principi di Medicina Interna,
- Ministero della Salute
- CDC
A cura della Dr.ssa Laura Fortuna, medico chirurgo