Introduzione
L’epatite C è un’infezione a carico del fegato, sostenuta dal virus HCV, caratterizzata da necrosi delle cellule epatiche ed infiltrato infiammatorio nel fegato.
Il virus dell’epatite C è un virus a RNA a singola elica, membro della famiglia delle Flaviviridae.
L’evoluzione clinica dell’epatite C acuta può essere suddivisa in 4 stadi:
- periodo di incubazione,
- periodo prodromico,
- periodo conclamato,
- periodo di risoluzione.
I sintomi più caratteristici si manifestano nel periodo conclamato, con
- colorazione giallastra della pelle, degli occhi (sclere) ed altri tessuti,
- feci chiare,
- urine scure,
- fegato ingrossato, palpabile e in alcuni casi dolente.
In molti pazienti tuttavia l’infezione acuta può progredire in maniera assolutamente asintomatica, o con la comparsa di pochi sintomi.
Una volta risolta l’infezione acuta il virus dell’epatite C è in grado di persistere all’interno del fegato in circa l’80% dei pazienti, causando l’insorgenza di cirrosi epatica che, a sua volta, a decenni di distanza può favorire l’insorgenza dell’epatocarcinoma (una forma di tumore al fegato).

Fegato (iStock.com/progdiz)
Virus HCV
Allo stato attuale delle conoscenze sono stati identificati almeno 6 tipi di virus dell’epatite C (ulteriormente divisi in 80 sottotipi) in rapporto alle differenti sequenze che formano l’RNA del virus. In Italia i genotipi più diffusi sono l’1b (40%) e il 2a- 2c (40%); il restante 20% dei casi è rappresentato soprattutto dai tipi 1a, 3 e 4. Il tipo che determina una malattia più aggressiva, in cui è più probabile l’evoluzione in cirrosi e/o in epatocarcinoma, è l’1b.
Trasmissione e contagio
La via di trasmissione più importante per il virus dell’epatite C è a attraverso il sangue, ad esempio mediante
- condivisone di siringhe usate (tossicodipendenti o punture accidentali in ambiente sanitario),
- trasfusioni non controllate (causa storicamente rilevante, ad oggi trascurabile),
- contatto diretto con il sangue infetto su ferite, tagli o mucose.
Altre modalità di contagio riguardano l’utilizzo di materiali non sterili con cui vengono fatti tatuaggi, fori dei lobi auricolari, fori nasali, piercing e agopuntura. Poco frequenti, ma comunque possibili, sono contagi attraverso
- rapporti sessuali,
- trasmissione verticale da madre a figlio, durante l’attraversamento del canale del parto (mentre è invece improbabile una trasmissione durante la gravidanza).
Non esiste invece evidenza di una possibile trasmissione del virus mediante la saliva, quindi azioni comuni come la condivisione di stoviglie o baciare una persona infetta non costituiscono modalità di contagio del virus. Il virus non viene inoltre trasmesso nemmeno attraverso starnuti/colpi di tosse, utilizzo di bagni pubblici o tramite zanzare o altri insetti.
Alla luce delle possibili modalità trasmissione i principali fattori di rischio sono
- uso di siringhe usate (tossicodipendenti),
- tatuaggi, piercing, fori dei lobi auricolari e nasali, agopuntura in locali non adeguatamente sterilizzati e gestiti da personale non qualificato,
- trasfusioni di sangue ripetute in Paesi con protocolli igienici e di sicurezza insufficienti,
- mancato utilizzo di presidi per la protezione dal contagio, come guanti e mascherine, da parte del personale sanitario,
- condivisone con persone infette di rasoi, spazzolini, pettini e strumenti da taglio,
- rapporti sessuali non protetti, in particolar modo con partners sconosciuti.
Sintomi
I sintomi descritti in seguito sono specifici dell’infezione acuta da parte del virus dell’epatite C, ma va sottolineato che questo virus ha la capacità di permanere (cronicizzare) nell’organismo e manifestare, pur in seguito alla risoluzione dei sintomi della fase acuta, complicanze anche a decine d’anni di distanza.
La clinica dell’epatite C acuta può essere suddivisa in 4 stadi:
- periodo di incubazione,
- periodo prodromico,
- periodo conclamato
- e periodo di risoluzione.
Periodo d’incubazione
Il virus dell’epatite C ha un periodo di incubazione molto lungo, che va dai 15 giorni ai 6 mesi, con una media di circa 50 giorni; in questa fase tipicamente non compaiono sintomi.
Periodo prodromico
Ha durata variabile tra 3-4 giorni e 2-3 settimane, ma in alcuni pazienti non si verifica affatto.
È caratterizzato dalla comparsa di una sindrome simil-influenzale con i seguenti sintomi:
- febbre non elevata (37,5-38,5 °C),
- senso di malessere generale,
- stanchezza persistente (astenia),
- mancanza di appetito,
- nausea e più raramente vomito,
- meteorismo,
- diarrea, in pochi casi,
- dolore al fianco destro, dovuto all’infiammazione del fegato.
Periodo conclamato
Il periodo conclamato dura circa 2-6 settimane ed è caratterizzato dalla comparsa dei segni e sintomi più caratteristici dell’epatite C:
- ittero, ovvero la colorazione giallastra di pelle, sclere (parte bianca dell’occhio) ed altri tessuti. Avviene in risposta ad un innalzamento patologico dei valori ematici di bilirubina,
- evacuazione di feci chiare,
- urine scure, color “marsala”,
- ingrossamento del fegato (epatomegalia), che diventa palpabile e talvolta dolente,
- lieve ingrandimento della milza (splenomegalia), anch’essa palpabile in alcuni casi.
È importante ricordare che in realtà, come per la fase prodromica, anche la fase conclamata è spesso asintomatica o comunque con una clinica molto modesta, tanto da non consentire la diagnosi in relazione al solo quadro clinico. I casi veramente manifesti rappresentano una minoranza e avvengono soprattutto se l’epatite C è contratta durante l’infanzia.
Periodo di risoluzione
Il decorso dell’epatite acuta è favorevole e nella maggior parte dei casi porta a completa guarigione del fegato dal punto di vista anatomico e funzionale. Solitamente la guarigione dell’epatite acuta avviene entro 20-45 giorni dall’insorgenza dell’ittero.
La convalescenza è tuttavia molto spesso lunga e alcuni disturbi possono protrarsi sensibilmente nel tempo. Tra questi possiamo trovare
- difficoltà nella digestione,
- lieve colorazione giallastra delle sclere (subittero),
- sensazione di “peso” al fianco destro,
- malessere generale.
Complicazioni
Nella maggior parte dei pazienti (80%), in seguito alla risoluzione del quadro clinico dell’epatite acuta C, il virus persisterà nel fegato (cronicizzazione dell’epatite). Questo può portare, anche a decine di anni di distanza, alla comparsa di gravi complicanze.
- Cirrosi epatica. È una malattia cronica degenerativa del fegato in cui l’architettura del tessuto epatico viene completamente sconvolta, portando a una graduale riduzione della sua funzionalità fino all’insufficienza epatica. La cirrosi epatica si sviluppa in circa il 30% dei pazienti in cui il virus dell’epatite C si stabilizza all’interno del fegato e impiega dai 10 ai 30 anni per comparire. A sua volta i pazienti con cirrosi epatica persistente hanno nel corso della loro vita il 5% di possibilità circa di sviluppare un epatocarcinoma (la cirrosi è una malattia predisponente all’insorgenza di tumore del fegato);
- linfomi,
- crioglobulinemia mista essenziale,
- glomerulonefrite membranosa o membrano-proliferativa.
Diagnosi
Poiché le nuove infezioni da HCV sono generalmente asintomatiche, poche persone vengono diagnosticate quando l’infezione è recente. In quelle persone che sviluppano un’infezione cronica da HCV, l’infezione è spesso non diagnosticata perché rimane asintomatica fino a decenni di distanza dal contagio, quando i sintomi si sviluppano in seguito alla presenza di gravi danni al fegato.
La diagnosi richiede due step:
- Test che ricerca gli anticorpi anti-HCV.
- Se il test per gli anticorpi è positivo si procede alla ricerca dell’RNA virale per confermare l’infezione cronica, perché circa un paziente su 3 contagiato dal virus riesce a guarire l’infezione attraverso una forte risposta immunitaria e senza la necessità di trattamento.
Dopo la diagnosi d’infezione cronica da HCV vengono prescritti esami con l’obiettivo di valutare il grado di danno epatico (fibrosi e cirrosi), mediante biopsia epatica o attraverso esami meno invasivi, i cui risultati saranno usati per guidare le decisioni terapeutiche e la gestione della malattia.
La ricerca di HCV-RNA viene fatta con la tecnica della PCR (Polymerase Chain-Reaction), mentre la ricerca degli anticorpi anti-HCV con il test ELISA (Enzyme-Linked Immunosorbent Assay). Va sottolineato che la comparsa degli anticorpi anti-HCV non è indice di guarigione della malattia, in quanto questi possono persistere per tutta la durata dell’infezione. L’unico vero modo per decretare una completa guarigione è la scomparsa del virus HCV-RNA dal sangue.
Durante il decorso della malattia possono essere valutati i seguenti parametri, per stimare il danno epatico e l’alterazione della funzionalità epatica:
- proteine totali nel sangue,
- albumina nel sangue (albuminemia),
- bilirubina totale, diretta e indiretta,
- ammoniaca nel sangue (ammoniemia),
- AST (Aspartato Transaminasi) e ALT (Alanina Transaminasi),
- fosfatasi alcalina,
- GGT (Gamma glutamil transferasi),
- PT (Tempo di protrombina),
- aPTT (Tempo di tromboplastina parziale).
Dopo quanto tempo si può fare il test per l’epatite C?
Sono tipicamente necessarie circa 6-8 settimane dopo l’infezione prima che il test immunologico risulti positivo (peraltro le diverse fonti non concordano perfettamente), ma i CDC americani suggeriscono di verifica nuovamente a 6 mesi per la conferma definitiva.
Terapia
La terapia va suddivisa in terapia dell’epatite acuta e terapia dell’epatite cronica.
Epatite acuta
Non è essenziale alcuna terapia specifica per la cura dell’epatite acuta, perchè il trattamento si fonda su due semplici accorgimenti:
- riposo,
- dieta.
È consigliabile che il paziente osservi un riposo praticamente assoluto fino alla scomparsa della sintomatologia e fino a quando il livello delle transaminasi non sia nettamente diminuito.
Si consiglia una dieta ristretta nei primi giorni di malattia, costituita principalmente da liquidi zuccherati, mentre in seguito si passa ad un’alimentazione ricca di glucidi e proteine.
In un 20% dei pazienti il virus verrà eliminato completamente dal sistema immunitario senza l’utilizzo di ulteriori terapie, nel restante 80% dei casi invece il virus persisterà nell’organismo, innescando l’epatite cronica.
Epatite cronica
L’obiettivo della terapia dell’epatite cronica è quello di eradicare completamente il virus (HCV-RNA), che verrà periodicamente misurato nel sangue del paziente.
Le strategie farmacologiche oggi disponibili sono
- INF-alfa + Ribavirina,
- INF-alfa + Ribavirina + Simeprevir (solo per genotipi 1 e 4),
- Antivirali ad azione diretta (DAA), tra cui ricordiamo
- Simeprevir,
- Sofosbuvir,
- Desabuvir,
- Declatasvir,
- Ledipasvir,
- Ombitasvir.
La scelta del tipo di trattamento si basa sulla gravità della malattia epatica sottostante e sul tipo di virus dell’epatite C.
Grazie all’introduzione dei nuovi farmaci ad azione antivirale diretta (DAA), la completa eradicazione del virus dell’epatite C ha fatto notevoli passi in avanti rispetto al passato, tanto che si riesce a raggiungere l’eliminazione del virus nel 90% dei pazienti. Altri aspetti positivi di questi nuovi farmaci sono il breve periodo di somministrazione e i ridotti effetti collaterali, mentre il principale limite è rappresentato dall’elevato costo, che costringe il sistema sanitario nazionale a utilizzarli solo in pazienti con malattia epatica più avanzata.
Prevenzione
Non è attualmente disponibile un vaccino contro il virus dell’epatite C a causa della sua elevata capacità di mutazione, che gli consente di eludere facilmente le difese immunitarie dell’organismo.
Data la mancanza di un vaccino, l’unico modo di prevenire l’infezione da virus dell’epatite C è quello di intraprendere una serie di misure che riducano la possibilità di contagio. Tra queste ricordiamo
- utilizzo siringhe monouso,
- adozione di precauzioni in ambiente domestico nel condividere oggetti taglienti o appuntiti come rasoi, lamette, forbici e spazzolini da denti con i soggetti infetti,
- uso del preservativo nei rapporti sessuali promiscui,
- evitare di entrare in contatto con il sangue della persona contagiata,
- utilizzo di presidi come guanti e mascherine per gli operatori sanitari che vengono in contatto con individui infetti,
- evitare esercizi non qualificati nei quali vengono effettuati tatuaggi, piercing, fori per lobi auricolari e nasali, agopuntura.
Fonti e bibliografia
- Rugarli C., Medicina interna sistematica 2000
- Harrison, Principi di medicina interna, 18ª ed., Milano, CEA Casa Editrice Ambrosiana, 2012
A cura del Dr. Alberto Carturan, medico chirurgo