Introduzione
Un tendine è costituito da un insieme di fibre che uniscono i muscoli alle ossa, consentendone il movimento; il “gomito del tennista”, più propriamente epicondilite, è la tendinopatia più diffusa (una tendinopatia è una qualsiasi condizione che interessi i tendini) e diverse sono le cause, quasi esclusivamente di tipo meccanico, che possono innescarne la comparsa.
L’epicondilite si manifesta con la comparsa di dolore a livello del gomito, soprattutto in seguito ad alcuni movimenti quali l’estensione e la supinazione del braccio, fino ad interessare anche buona parte di braccio e avambraccio.
La diagnosi è spesso clinica, ossia formulata in seguito alla visita medica, anche se talvolta può essere integrata con altre indagini (quali radiografie o risonanza magnetica nucleare) soprattutto per escludere che tale dolore possa derivare da lesioni di altra natura, come ad esempio una frattura ossea o lesioni di componenti molli dell’articolazione.
Molto spesso è sufficiente una corretta educazione su come ridurre lo sforzo a livello dell’articolazione ed associare a questo una terapia analgesica ed antinfiammatoria, ma in caso di insuccesso è possibile prendere in considerazione metodiche più invasive, come iniezione di cortisonici o chirurgia.
Causa
La tendinopatia dell’epicondilo (ovvero la porzione laterale del gomito) è l’infiammazione di tutti i tendini muscolari che si inseriscono a questo livello; l’epicondilo omerale rappresenta l’estremità più laterale dell’omero, l’unico osso lungo che costituisce il braccio.
Tali tendini originano dai muscoli del braccio (dalla spalla al gomito), ma hanno il compito di controllare i movimenti dell’avambraccio (quindi dal gomito al polso).
Il gruppo dei muscoli ad inserzione epicondiloidea controlla l’estensione e la supinazione dell’avambraccio, il classico movimento appunto a cui è frequentemente sottoposto il gomito di un tennista.
L’evento peggiore di tale quadro è ovviamente il manifestarsi di piccole rotture, dovute proprio allo stress meccanico, a livello delle fibre che costituiscono il tendine.
Fattori di rischio
I soggetti che più facilmente possono andare incontro ad epicondilite sono ovviamente coloro che sottopongono l’articolazione del gomito a sforzi ripetuti, come ad esempio:
- tennisti (tale patologia viene anche definita “gomito del tennista”, proprio perché è questo il tipo di movimento che più infiamma tale tendine), anche se anche altri sport, se condotti assiduamente, possono esporre il paziente a tale problema,
- lavoratori nei campi di
- carpenteria,
- sartoria
- ed altri mestieri manuali.
Tanto maggiore è la frequenza con cui l’articolazione viene sollecitata, tanto prima il dolore può manifestarsi e soprattutto necessitare eventualmente di un trattamento più aggressivo.
L’età caratterizzata da una maggior incidenza della malattia è quella compresa tra i 30 e i 50 anni, ma l’infiammazione può colpire chiunque (quando si manifesta in modo apparentemente inspiegabile si parla di epicondilite idiopatica).
Sintomi
L’epicondilite si manifesta con i tipici sintomi e segni di un’infiammazione localizzata:
- dolore, la cui intensità può variare da un lieve disagio durante l’utilizzo del gomito, fino ad un forte dolore che viene chiaramente percepito anche ad articolazione ferma,
- rossore nella regione laterale del gomito, irradiato successivamente a tutta la regione del gomito,
- gonfiore più o meno esteso,
- calore alla palpazione,
- riduzione della funzionalità e dei movimenti di flesso/estensione e prono/supinazione dell’avambraccio.
Il dolore è sicuramente il sintomo più eclatante e tende ad irradiarsi dal gomito sia verso il braccio che verso l’avambraccio; viene innescato non soltanto dall’estensione e dalla supinazione dell’avambraccio, ma col passare del tempo comincerà ad impedire anche i più semplici movimenti della mano.
I sintomi si sviluppano gradualmente: se all’esordio il dolore è lieve, nel corso delle settimane e dei mesi successivi tende in genere a peggiorare; possono comparire anche un senso di bruciore, ridotta capacità di prendere con sufficiente forza oggetti con la mano e dolore anche nelle ore notturne.
Quanto dura?
Il gomito del tennista può essere un disturbo tedioso, con una durata media compresa tra i 6 mesi e 2 anni, anche se la maggior parte delle persone (90%) si riprende completamente entro un anno.
Diagnosi
La sintomatologia clinica è molto spesso altamente specifica della diagnosi di epicondilite, cosicché l’anamnesi e l’esame obiettivo del medico sono spesso in grado di condurre ad una diagnosi corretta (diagnosi clinica).
A fronte però di un dolore cronico è spesso necessario escludere la presenza altri tipi di lesione, come per esempio fratture (a tale livello possiamo avere fratture sia dell’omero che eventualmente della porzione prossimale di radio e ulna, le tre ossa che nel complesso costituiscono il gomito), ed a questo scopo viene solitamente prescritta una radiografia.
L’eventuale passo successivo è costituito da una RMN, esame di secondo livello in grado di studiare sia tessuti scheletrici che molli, evidenziando così eventuali lesioni di
- tendini,
- ventri muscolari.
Potrebbe inoltre essere richiesta un’elettromiografia, esame utile ad escludere una compressione di uno dei numerosi nervi che raggiungono la mano.
Diagnosi differenziale
Molto spesso tale condizione dev’essere distinta da
- gomito del golfista, in cui il dolore è correlato a movimento di flessione e pronazione dell’avambraccio (pensiamo al movimento necessario per far sì che la mazza da golf colpisca la pallina),
- gomito dello studente, dolore a livello del gomito dovuto a continua pressione (basti pensare ad uno studente svogliato che poggia tutto il giorno la testa sul braccio piegato sulla scrivania).
Rimedi
Maggiore è il tempo trascorso dalla comparsa del dolore e potenzialmente più gravi sono i possibili danni verificatisi a carico dell’articolazione, con la conseguenza di richiedere rimedi di invasività crescente:
- Il primo passo nella terapia dell’epicondilite è di natura educazionale, è cioè necessario capire come ridurre al minimo quegli sforzi che hanno portato all’infiammazione tendinea ed associare un necessario riposo del braccio (interrompendo o diminuendo l’attività sportiva o professionale responsabile dell’infiammazione).
- Possono essere inoltre utilizzati/prescritti ausili come impacchi in ghiaccio o tutori che possano alleviare la sintomatologia algica.
- Quando questi approcci si rivelano insufficienti è necessario passare alla terapia farmacologica, mediante la prescrizione di antinfiammatori non steroidei (FANS). La loro somministrazione potrà essere inizialmente topica e successivamente, dietro indicazione del medico curante, per bocca.
- L’iniezione di corticosteroidi direttamente all’interno della sede di lesione (infiltrazioni) può rappresentare un’efficace soluzione in quei pazienti in cui la sintomatologia non risulta più alleviata con i farmaci precedentemente descritti.
- Una misura di più recente introduzione è l’iniezione di plasma arricchito di piastrine, un approccio che prevede il prelievo di un piccolo campione di sangue dal braccio e la sua centrifugazione per l’estrazione delle piastrine contenute (note per la loro elevata concentrazione di fattori di crescita), che possono essere successivamente iniettate nella zona interessata.
Come extrema ratio è possibile valutare il ricorso all’intervento chirurgico (in genere non prima di 6-12 mesi di tentativi con le terapie tradizionali), approccio in grado soprattutto di ripristinare l’integrità delle fibre, laddove l’usura prolungata nel tempo abbia comportato una vera e propria lesione anatomica a carico di quest’ultime.
Tutori
Un tutore è un dispositivo applicato esternamente per ridurre il dolore e favorire l’esecuzione del movimento; utile soprattutto nelle fasi iniziali, possiamo distinguere essenzialmente due approcci:
- ortesi del gomito,
- ortesi di estensione del polso.
Entrambi gli approccio permettono un certo beneficio relativamente alla funzionalità della mano e in termini di riduzione del dolore.
Prevenzione
Come nella maggior parte delle lesioni da usura meccanica, la riduzione del carico e l’attenzione per sforzi eccessivi possono permettere di ridurre il rischio di degenerazione muscolo scheletrica dell’articolazione in esame.
Nel nostro caso, per soggetti sottoposti “necessariamente” a sport o lavori in cui può svilupparsi epicondilite, è necessario:
- Utilizzare dove possibile opportuni tutori.
- Praticare un opportuno riscaldamento della muscolatura prima di sottoporre l’organismo ad attività fisica intensa.
- Minimizzare i movimenti a rischio.
- Praticare impacchi con ghiaccio a scopo decongestionante, quando compaiono i sintomi iniziali di infiammazione.
- Prestare particolare attenzione alla comparsa di sintomi che potrebbero far presagire un possibile inizio di epicondilite.
Nonostante questo è altrettanto importante permettere ai tendini e ai gruppi muscolari, dopo un episodio acuto di epicondilite (eventualmente trattato con antinfiammatori), di avere il tempo sufficiente per poter recuperare la loro integrità.
A cura della dott.ssa Ergasti Raffaella, medico chirurgo