Ernia del disco: sintomi, intervento e alternative

Introduzione

La colonna vertebrale è costituita da 24 ossa, chiamate vertebre, impilate l’una sull’altra e separate tra di loro da un cuscinetto, il disco intervertebrale.

Il disco intervertebrale è formato da una parte esterna fibrosa più dura, l’anello, e da un nucleo interno gelatinoso, il nucleo polposo.

L’ernia del disco è il risultato dello spostamento del nucleo polposo dalla sua sede originaria, potendo anche fuoriuscire attraverso le fibre esterne che si sono allentate o spezzate del tutto.

Patologie del disco intervertebrale

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In base a quanto venga espulso il nucleo è possibile distinguere l’ernia discale in

  • contenuta, quando il nucleo è andato a comprimere le fibre dell’anello, ma si trova ancora all’interno del disco,
  • protrusa, quando il nucleo, andando a premere contro l’anello, ha ormai rotto le fibre dell’anello e si trova fuori dal disco,
  • espulsa, quando il nucleo ha perso contatto con il suo disco di origine.

I sintomi dell’ernia discale, fra tutti il dolore, sono causati dalla compressione esercitata dal nucleo polposo erniato sulle radici dei nervi, contenuti all’intendo della colonna vertebrale e responsabili della la trasmissione di segnali dal cervello al resto del corpo e viceversa.

Dal midollo spinale si dipartono i nervi diretti alle varie parti del corpo, le cui radici sono in stretta vicinanza con i dischi intervertebrali situati in prossimità.

Sistema nervoso centrale e periferico

Sistema nervoso centrale (in giallo) e periferico, di Medium69, JmarchnFile:Nervous system diagram.png, CC BY-SA 4.0, Collegamento

Quando si verifica un’ernia del disco il nucleo polposo può schiacciare la radice di un nervo vicino, dando origine alla caratteristica sintomatologia (dolore che si irradia dalla colonna a un arto).

  • L’ernia discale si riscontra con maggior frequenza in zona lombare, ovvero nella parte “bassa” della schiena, e i dischi più colpiti sono quello tra la quarta e quinta vertebra lombare e quello tra la la quinta vertebra lombare e l’osso sacro. In questo caso, si parla di lombosciatalgia (la cosiddetta sciatica).
  • Più rara è l’ernia che interessa il disco interposto tra la terza e quarta vertebra lombare: tale condizione è detta lombocruralgia.
  • Un’altra zona in cui l’ernia si presenta frequentemente è la regione cervicale, con i sintomi che si propagano all’arto superiore (cervicobrachialgia).

L’ernia discale colpisce quindi con maggiore frequenza i distretti della colonna vertebrale che sono più mobili, quello cervicale e quello lombare, in quanto soggetti a continue sollecitazioni meccaniche.

Fattori di rischio

Diversi fattori contribuiscono alla degenerazione del disco :

  • Età. Le ernie del disco risultano più comuni tra i 30 e i 50 anni d’età. A causa dell’invecchiamento, infatti, il disco perde il suo contenuto d’acqua e quindi diventa più soggetto a rottura.
  • Sesso. Gli uomini sono colpiti due volte di più delle donne.
  • Obesità. Maggiore è il peso che grava sui dischi, maggiore è la perdita d’acqua degli stessi.
  • Fumo. Fumare riduce l’ossigenazione dei tessuti, inclusi quindi anche quelli del disco, che degenerano più facilmente, perdendo elasticità.
  • Professioni che sollecitano la colonna vertebrale. Sollevare pesi, soprattutto se in maniera scorretta, spingere, flettere e ruotare ripetutamente la schiena, professioni che richiedono lo stare a lungo in piedi o a lungo seduti: sono tutte condizioni che sollecitano in modo eccessivo i dischi intervertebrali.
  • Malformazioni congenite della colonna vertebrale.
  • Gravi lesioni alla schiena in seguito a incidenti di vario tipo.
  • Inattività fisica. Un buon tono dei muscoli paravertebrali (quelli situati ai lati della colonna) sostiene le strutture fibrose che avvolgono e contengono il disco intervertebrale.

Sintomi

L’ernia del disco spesso non causa alcun sintomo, perché se non esercita pressione sulle radici dei nervi (tipicamente nel caso di ernia contenuta) non causa né dolore né altri fastidi.

Quando il nucleo fuoriesce dal disco, andando a comprimere le strutture nervose, si avverte invece dolore nella zona della colonna interessata (lombare o cervicale, come abbiamo visto in precedenza), che si può diffondere a un arto (superiore o inferiore, cioè braccio o gamba) di un lato del corpo, in base al decorso del nervo colpito.

Modello anatomico di un'ernia del disco

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Il dolore esordisce improvvisamente e peggiora nelle situazioni in cui aumenta la pressione sulla radice nervosa, per esempio tossendo o starnutendo.

Con il passare del tempo, oltre al dolore, possono comparire altri sintomi dovuti alla compressione sul nervo. I nervi spinali contengono sia fibre responsabili della sensibilità tattile, sia fibre deputate a innervare i muscoli, pertanto possono presentarsi disturbi sensitivi:

  • formicolii,
  • riduzione della sensibilità (ipoestesia) o sensibilità del tutto abolita (anestesia) lungo il decorso del nervo colpito e disturbi motori,
  • ipotrofia dei muscoli coinvolti (ossia una riduzione del volume)
  • e debolezza muscolare fino, nei casi più gravi, alla paralisi dei muscoli innervati dal nervo danneggiato.

Vediamo ora, in base alla localizzazione dell’ernia, i principali quadri clinici.

Lombosciatalgia

Il dolore parte dalla regione lombare e si estende a un arto inferiore, dal gluteo fino al piede; può colpire la parte posteriore dell’arto inferiore oppure la parte laterale, a seconda della radice nervosa interessata.

Il sollevamento dell’arto teso accentua il dolore, poiché stira le radici dei nervi.

Negli stadi più avanzati si possono riscontrare alcuni deficit motori, come il cosiddetto steppage (ovvero lo zoppicare da un gamba) o la difficoltà a camminare sulle punte dei piedi.

Cervicobrachialgia

Può comparire dolore a

  • nuca,
  • spalla,
  • arto superiore, dal braccio fino alla mano.

Il dolore peggiora coi movimenti del collo.

Anche in questo caso, possiamo rilevare formicolii e altre sensazioni anomale lungo il decorso dei nervi, oltre a debolezza muscolare.

Prognosi

La prognosi è, nella maggioranza dei casi, buona.

Il dolore tende a scomparire in un arco di tempo variabile da uno a tre mesi, in quanto il nucleo del disco erniato va incontro a fenomeni di riassorbimento.

Il 95% di chi è affetto di lombosciatalgia migliora entro i primi tre mesi, senza fare ricorso all’intervento chirurgico.

In caso di complicazioni, come una paralisi muscolare o se si è notata una certa debolezza muscolare, è necessario rivolgersi immediatamente a un medico.

Diagnosi

La diagnosi viene in genere posta dal medico curante mediante un’accurata visita, che indagherà l’evocazione del dolore con opportune manovre e comprenderà un esame neurologico, ovvero la valutazione dei riflessi, della sensibilità e della forza muscolare.

È possibile talvolta rilevare anche e alterazioni posturali, come la cosiddetta scoliosi antalgica (assunta perché in grado di ridurre pressione sul nervo e quindi il dolore), che tuttavia ha ridotta specificità e sensibilità ai fini della diagnosi; più utili risultano invece le manovre di stiramento radicolare  come la manovra di Lasègue e SLR (Straight Leg Raising), per evidenziale un interessamento del nervo sciatico.

È inoltre fortemente raccomandata la valutazione della manovra di Lasègue controlaterale.

Nella maggioranza dei casi non sono necessarie ulteriori analisi, perché la sintomatologia tende a regredire in un periodo di circa tre mesi. Quando i sintomi persistono oltre tale intervallo di tempo è opportuno approfondire la diagnosi con l’impiego di una diagnostica per immagini del segmento della colonna interessato (lombare o cervicale): l’esame che si è dimostrato più efficace per studiare tale patologia è la risonanza magnetica.

Intervento e altri rimedi

È indispensabile il riposo e l’eliminazione di tutte quelle attività che possono gravare sulla schiena, come sollevare pesi e stare seduti per un periodo di tempo prolungato.

Tuttavia anche il riposo assoluto, ad eccezione delle fasi iniziali di forte dolore, è da evitare: meglio prediligere attività fisiche leggere e il nuoto, che rinforza la muscolatura della schiena senza gravare sulle articolazioni in quanto l’acqua supporta il peso del paziente.

Opportuno anche rivolgersi ad un fisioterapista, che insegnerà al paziente esercizi riabilitativi da ripetere a casa.

Il medico, inoltre, potrà ricorrere alla prescrizione di farmaci contro il dolore.

Al contrario che in passato, oggi solo un paziente su dieci deve fare ricorso alla chirurgia. Quest’ultima si rende necessaria solo in caso in cui i sintomi, nonostante il trattamento, non migliorano entro 3-6 mesi, e siano presenti segni e sintomi neurologici gravi, come debolezza muscolare e difficoltà a camminare.

Fonti e bibliografia

A cura della dottoressa Giovanna Celia, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.