Esofagite eosinofila: sintomi, esami, alimenti da evitare

Introduzione

L’esofago è un tubo formato da fibre e muscoli che funge da raccordo tra la faringe (gola) e lo stomaco; la lunghezza varia tra i 23 e i 26 centimetri, mentre lo spessore è di circa 25- 30 millimetri. Il suo compito è favorire la deglutizione e il trasporto del cibo verso lo stomaco.

Esofago

Getty/SCIEPRO

L’esofagite eosinofila è un’infiammazione cronica dell’esofago che si verifica tendenzialmente in pazienti che presentano allergie o patologie autoimmuni ed è caratterizzata da un accumulo di eosinofili (globuli bianchi coinvolti nelle reazioni allergiche) nella mucosa esofagea, comportando così l’insorgenza di una sintomatologia gastrointestinale.

Malattie infiammatorie dello stesso tipo possono anche coinvolgere tratti inferiori dell’apparato digerente,in forma di:

  • Gastroenterite eosinofila: i globuli bianchi si trovano in eccesso nello stomaco e nell’intestino.
  • Colite eosinofila: l’accumulo di leucociti è localizzato nel colon.

È difficile, ad oggi, stabilire le cause esatte dell’esofagite eosinofila, ma vi è senza dubbio una componente di ereditarietà (è ad esempio più probabile che si verifichi in fratelli di pazienti colpiti) nonché ambientale; sembra inoltre correlata alla malattia da reflusso gastroesofageo. L’insorgenza  è prevalente nei soggetti giovani di sesso maschile (di età compresa fra i 25 e i 30 anni), specialmente quando presentino allergie respiratorie causate da allergeni inalanti.

Lo stato di infiammazione comporta un ispessimento della parete dell’esofago e ed è responsabile dell’insorgenza di sintomi quali

La diagnosi richiede la biopsia della mucosa tramite endoscopia; la terapia, invece, prevede l’utilizzo di corticosteroidi e la cessazione dell’assunzione di allergeni alimentari.

Causa

L’eziologia dell’esofagite eosinofila è ancora in gran parte sconosciuta, anche perché la definizione della malattia risale solo agli anni ’90 del secolo scorso; è stata rilevata una forte una correlazione con il disturbo da reflusso gastroesofageo, ma si pensa soprattutto che la malattia possa essere il risultato di una combinazione tra componenti ereditarie e ambientali implicate nell’insorgenza nonché continua infiammazione dell’esofago, che porta ad un accumulo di eosinofili sulla mucosa digerente (gli eosinofili sono globuli bianchi normalmente presenti nel tratto digestivo, ma nel caso di esofagite eosinofila si verifica un aumento della loro concentrazione a causa di una reazione allergica).

È più facile dunque individuare alcune condizioni spesso associate alla malattia:

Fattori di rischio

I fattori di rischio sono elementi non in grado di causare di per sé la malattia, ma capaci di favorirne l’insorgenza o comunque associati ad essa:

  • Età pediatrica o compresa tra i 25 e i 30 anni
  • Familiarità
  • Consumo di alimenti che possono aumentare l’acidità gastrica (comportando reflusso acido)
  • Sesso maschile (prevalenza 3:1 rispetto alle donne)
  • Allergie alimentari

Sintomi

I pazienti affetti da esofagite eosinofila possono andare incontro a periodi di completa remissione dei sintomi alternati a fasi in cui l’espressione è invece acuta e particolarmente fastidiosa, attraverso la comparsa di:

  • Reflusso acido
  • Nausea e vomito
  • Pirosi (sensazione di bruciore retrosternale)
  • Dolore toracico, retrosternale, addominale
  • Ispessimento della parete dell’esofago che comporta occlusione dell’esofago da bolo e disfagia (difficoltà di deglutizione)

La sintomatologia varia in funzione dell’età, nei bambini è possibile rilevare

I pazienti allergici presentano in associazione manifestazioni di altre patologie atopiche.

Complicazioni

L’infiammazione, se non viene diagnosticata e trattata tempestivamente, può comportare stenosi dell’esofago, fino alla possibile occlusione dello stesso a causa dell’eccessivo restringimento che richiede interventi di dilatazione spesso per tempi molto lunghi.

In alcuni pazienti si è osservata la progressione fino allo sviluppo di acalasia (disturbo caratterizzato dalla perdita della capacità di accompagnamento muscolare del cibo lungo l’esofago).

Diagnosi

La diagnosi dell’esofagite eosinofila è sia clinica che istologica, prevedendo in primo luogo il riconoscimento della sintomatologia da parte del medico dopo un’attenta indagine anamnestica per comprendere possibili familiarità, fattori di rischio ed eventuali comorbilità.

L’esame istologico, invece, richiede che il paziente sia sottoposto ad esofagogastroduodenoscopia (gastroscopia) e biopsia, un esame che consente la valutazione diretta dell’interno del lume delle vie digestive superiori (esofago, stomaco, duodeno) e l’individuazione dell’eccesso di infiltrati eosinofili che ci si aspetta di riscontrare in questa particolare forma di esofagite (numero maggiore di 15 per campo di ingrandimento microscopico) nel campione di mucosa prelevato ed analizzato in laboratorio.

La diagnosi differenziale, molto complessa poiché di non facile esclusione tramite l’effettuazione della gastroscopia, dev’essere condotta con altre patologie che ugualmente sono in grado di indurre la presenza di un numero eccessivamente alto di globuli bianchi:

  • Malattia da reflusso gastroesofageo
  • Malattie del connettivo (malattie autoimmuni)
  • Allergie a medicinali
  • Malattie infiammatorie croniche dell’intestino (ad esempio il morbo di Crohn)

Il discrimine per differenziare clinicamente la malattia da reflusso gastroesofageo e l’esofagite eosinofila consiste nella risposta dell’individuo alla somministrazione di farmaci inibitori della pompa protonica (lansoprazolo, omeprazolo, pantoprazolo, …): i soggetti con esofagite eosinofila non rispondono a questo tipo di trattamento.  È tuttavia da sottolineare come sia stata descritta una variante della patologia che al contrario sembra essere alleviata da questi medicinali, prendendo il nome di eosinofilia esofagea sensibile agli inibitori della pompa protonica, e che rende ancora più complessa l’effettuazione della diagnosi differenziale.

All’ esofagogastroduodenoscopia può essere accostato l’utilizzo di una radiografia del tubo digerente (in forma di pasto baritato, con solfato di bario come mezzo di contrasto) che possa evidenziare le anomalie dell’esofago del paziente:

  • Stenosi (restingimenti)
  • Essudati bianchi (un liquido infiammatorio extravascolare con elevata concentrazione proteica riscontrato in presenza di un’infiammazione)
  • Aspetto ondulato: creste, solchi, anelli anche multipli
  • Nodularità e/o granulosità
  • Strappi della mucosa
  • Pseudo-diverticolosi (estroflessioni sacciformi della parete dell’esofago)

Possono infine essere richiesti eventuali esami allergologici per individuare alimenti o sostanze cui il paziente risulti allergico.

 

Cura

L’esofagite eosinofila è una malattia cronica recidivante, quindi purtroppo la maggior parte dei pazienti necessita di un trattamento continuo per il controllo dei sintomi; la terapia prevede molteplici interventi su due principali aspetti, dietetico e farmacologico:

  • Evitare totalmente il consumo di alimenti responsabili di reazioni allergiche; anche in assenza di riscontro all’effettuazione dei test strumentali diagnostici, viene spesso suggerito di eliminare i cibi considerati a rischio per almeno 2-3 mesi, al fine di monitorare la reazione dell’individuo. L’approccio prende il nome di “dieta di eliminazione empirica” e prevede l’evitamento di sei principali alimenti: latte, grano, uovo, pesce, frutta a guscio e soia.
    Sono comunque disponibili anche altri approcci dietetici, cui si ricorre a giudizio del medico specialista (gastroenterologo).
  • Si consiglia di evitare anche gli alimenti responsabili di un peggioramento del reflusso, ne sono tipici esempio cibi grassi o fritti, salsa di pomodoro, alcol, cioccolato, menta, aglio, cipolla e caffeina.
  • È raccomandabile recuperare/mantenere un corretto peso corporeo, per ridurre l’impatto del reflusso sull’esofago.
  • Sollevare il letto dalla parte della testa, ad esempio attraverso cuscini da porre sotto al materasso (è importante mantenere un piano orizzontale del materasso, seppure inclinato rispetto al piano).
  • Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo di corticosteroidi topici (fluticasone e budesonide) per almeno 8 settimane, in forma di liquido da deglutire (il farmaco NON andrà incontro ad assorbimento, evitando quindi i tipici rischi di utilizzo a lungo termine).
  • In alcuni casi può essere utile l’utilizzo di farmaci inibitori della pompa protonica.
  • Nel caso di ispessimento problematico delle pareti dell’esofago è possibile ricorrere a sedute di dilatazione tramite l’utilizzo di un palloncino idrostatico o un dilatatore esofageo solido; tecnica efficace anche per la disostruzione dell’esofago dal bolo alimentare.

Per quanto riguarda le variazioni della terapia in base all’età del soggetto, nei bambini si predilige il trattamento basato sulla strutturazione e sul monitoraggio di una dieta corretta che possa evitare l’assunzione di antigeni alimentari, nonché la dieta di eliminazione empirica. Si ricorre ai farmaci esclusivamente se, dopo i primi mesi di trattamento, il lavoro sulla dieta non riporta risultati significativi e non si riscontrano miglioramenti.

 

A cura del Dr. Enrico Varriale, medico chirurgo

 

Fonti e bibliografia

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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