Feocromocitoma: cause, sintomi, sopravvivenza e cura

Introduzione

Il feocromocitoma è un tumore piuttosto raro che origina dalle cellule cromaffini localizzate a livello dei surreni, solitamente dalla zona midollare.

Il surrene è una ghiandola pari, localizzata a livello del polo superiore del rene, anatomicamente formata da due zone, una più esterna chiamata corticale ed una interna chiamata midollare:

  • La zona corticale è ulteriormente suddivisa in tre zone, deputate alla sintesi dei tre principali ormoni steroidei presenti nell’organismo umano:
    • mineralcorticoidi (che controllano pressione e diuresi),
    • glucocorticoidi (che controllano il metabolismo glicidico)
    • e androgeni (gli ormoni sessuali maschili).
  • La zona midollare, invece, è formata dalle cosiddette cellule cromaffini, che hanno la funzione di produrre ormoni chiamati catecolamine, dei quali i più importanti sono l’adrenalina e la noradrenalina. Questi ormoni hanno la funzione di regolare la risposta del corpo nei confronti degli stress psicofisici, permettendo un aumento dell’attività cardiaca, la vasodilatazione dei vasi a livello dei muscoli e l’aumento della glicogenolisi, tutti processi che hanno come fine ultimo quello di fornire all’organismo i substrati necessari per affrontare la cosiddetta “reazione di lotta o fuga”.
Feocromocitoma e surrene

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Di norma il feocromocitoma è considerato un tumore benigno e interessa soltanto una delle due ghiandole surrenaliche (monolateralmente), tuttavia si può manifestare con sintomi piuttosto importanti, come ipertensione e tachiaritmie cardiache, mentre quando interessa entrambe le ghiandole viene ad assumere delle caratteristiche di malignità.

Le cellule cromaffini, oltre che a livello surrenalico, si possono localizzare anche nel tessuto nervoso sparso per tutto l’organismo, per cui il feocromocitoma può anche insorgere al di fuori della ghiandola del surrene, per esempio a livello di cuore, vescica e parete addominale; in questi casi il feocromocitoma prende il nome di “paraganglioma”.

Non si conosce esattamente il meccanismo eziopatogenetico alla base dell’insorgenza del tumore, tuttavia se ne possono distinguere due forme:

  • la forma sporadica, della quale non si è ancora scoperto il meccanismo scatenante,
  • la forma genetica, la cui insorgenza è correlata, invece, alla presenza di mutazioni su specifici geni che possono comportare la comparsa di un quadro sindromico.

I sintomi sono facilmente riconoscibili e sostanzialmente riconducibili a quattro quadri principali:

A questi disturbi, che sono presenti nella maggior parte dei casi, si possono associare altri sintomi, di gravità variabile, determinati dalla iperincrezione di catecolamine in circolo, come:

La diagnosi del feocromocitoma è fondamentalmente di tipo strumentale: anamnesi ed esame obiettivo possono orientare il medico verso un’ipotesi diagnostica, ma è attraverso l’esecuzione di esami ematochimici (come i dosaggi delle metanefrine nel sangue e nelle urine ed i test genetici) e test radiologici che è possibile localizzare e soprattutto confermare la natura della massa in questione (TC addome, RM addome, scintigrafia e PET).

Il trattamento risolutivo del feocromocitoma è quello chirurgico, ovvero la adrenalectomia, che può essere eseguita sia per via laparotomica (open) che per via laparoscopica, grazie alla quale si riesce a rimuovere completamente la massa tumorale risparmiando la ghiandola surrenalica, o rimuovendo la ghiandola in toto, quando il tumore sia particolarmente grave.

Di ausilio al trattamento chirurgico vi è la possibilità di una terapia medica, che utilizza farmaci come i beta bloccanti, i bloccanti alfa adrenergici e i farmaci vasodilatatori, principi attivi che riescono a tenere sotto controllo i sintomi durante il periodo di preparazione pre – operatoria e che permettono di ridurre il rischio di insorgenza di crisi ipertensive durante l’atto chirurgico stesso.

Il femocromocitoma, in ultima analisi, è considerato nella maggior parte dei casi una malattia benigna, per cui la sua completa asportazione viene a coincidere con la guarigione del paziente e la prognosi generale è pertanto buona. Nelle forme sindromiche la prognosi può peggiorare in quanto si può associare ad altre malattie di gravità maggiore e di più difficile trattamento. Nelle forme maligne, ovvero quelle che hanno superato la capsula della ghiandola surrenalica e creato metastasi in altre zone dell’organismo, la prognosi è peggiore in quanto si ha molta più difficoltà nel controllo dei sintomi e dei livelli di catecolamine rilasciate in circolo.

Cause

In base alla causa ipotizzata alla base dell’insorgenza del tumore, possono essere distinte due forme di feocromocitoma:

  • Forma sporadica, in cui non è ad oggi possibile individuare il meccanismo eziopatogenetico alla base della trasformazione neoplastica delle cellule cromaffini.
  • Forma genetica, che rappresenta circa il 30% dei casi di tumore della midollare del surrene. Questa forma entra a far parte di sindromi ereditarie che coinvolgono anche altri organi, come la sindrome di Von Hippel-Lindau, la MEN2 (neoplasia multi – endocrina di tipo 2, distinguibile a sua volta in forma di tipo 2a e 2b) e la Neurofibromatosi di tipo 2. In questi casi, il tumore ha come base patogenetica la mutazione di determinati geni associati al funzionamento e alla replicazione delle cellule ghiandolari, come:
    • il gene RET per la MEN2,
    • il gene VHL per la sindrome di Von Hippel-Lindau,
    • il gene NF1 per la neurofibromatosi.

    Queste anomalie, inoltre, vengono ereditate nella forma autosomica dominante, cioè colpiscono i cromosomi non sessuali e basta che sia mutato uno solo dei due alleli del gene per determinare la manifestazione della malattia.

Sintomi

Il feocromocitoma si presenta con una sintomatologia piuttosto tipica, caratterizzata fondamentalmente da:

  • Cefalea (mal di testa)
  • Palpitazioni e tachicardia (sensazione di “cuore in gola” ed aumento della frequenza cardiaca)
  • Eccessiva sudorazione (diaforesi)
  • Ipertensione severa, che tende a manifestarsi in maniera intermittente (a poussèe).

Tutti questi sintomi si possono presentare con una frequenza che va da alcune volte al mese a più volte al giorno, con episodi che durano da alcuni minuti a diverse ore; la gravità e la frequenza degli episodi aumentano in parallelo alle dimensioni del tumore, ovvero in maniera direttamente proporzionale alla quantità di catecolamine che vengono prodotte dalle cellule neoplastiche e rilasciate in circolo.

Ai principali quadri sintomatologici correlati al feocromocitoma, si possono associare anche altri sintomi quali:

  • Tremori generalizzati
  • Stato di irrequietezza
  • Nausea o vomito
  • Diarrea o stitichezza
  • Tachipnea (frequenza respiratoria aumentata)
  • Stato di ansia generalizzata
  • Dolore al fianco
  • Dolore addominale
  • Angina (dolore toracico)
  • Parestesie generalizzate
  • Intolleranza al caldo
  • Ipotensione posturale, ovvero abbassamento della pressione passando dalla posizione seduta a quella eretta, correlata all’importante dilatazione dei vasi e quindi all’abbassamento della pressione in maniera intermittente
  • Retinopatia ipertensiva (lesioni, solitamente emorragiche, causate dalla elevata pressione nei vasi della retina, delicato tessuto dell’occhio)
  • Perdita importante di peso
  • Pallore
  • Febbre

Qualora il feocromocitoma facesse parte di una condizione sindromica, si potranno infine rilevare manifestazioni quali:

  • Neurofibromi (tumori benigni dei nervi del sistema nervoso periferico che si manifestano come protuberanze a livello cutaneo).
  • Macchie caffè latte (macchie cutanee pigmentate delle dimensioni da 1 a 10 mm che si presentano su tutte le zone del corpo, in particolare a livello delle ascelle e delle pieghe cutanee).
  • Cardiomiopatia dilatativa o ipertrofica o anche la cardiomiopatia di Takotsubo (sindrome cardiaca che simula un infarto acuto del miocardio e che interessa soprattutto le donne in menopausa)
  • Edema polmonare
    Carcinoma midollare della tiroide (tumore maligno della ghiandola tiroide a partenza dalle cellule C o parafollicolari, deputate alla secrezione di calcitonina)
  • Iperparatiroidismo primitivo (iperfunzionamento delle cellule delle paratiroidi con una secrezione eccessiva di paratormone e quindi l’aumento della calcemia e demineralizzazione delle ossa).

Diagnosi

Una diagnosi tempestiva è di grande importanza nel caso del feocromocitoma, come d’altra parte succede per la maggior parte dei tumori, perché in grado di consentire una prognosi decisamente migliore.

Si parte da un’indagine anamnestica in cui il medico raccoglie informazioni su:

  • tipo di sintomi che si manifestano
  • frequenza e durata
  • gravità
  • correlazione con altra sintomatologia
  • altre patologie precedentemente diagnosticate nel paziente

Si passa poi ad un attento esame obiettivo in cui ci si concentra su:

  • Palpazione dell’addome alla ricerca di masse palpabili
  • Valutazione del tipo di dolore presentato del paziente
  • Ricerca di altre manifestazioni che possono suggerire un quadro sindromico
  • Valutazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca.

Il passo successivo consiste nell’esecuzione di una serie di esami laboratoristici e strumentali per confermare l’ipotesi di feocromocitoma:

  • Esami ematochimici: ci si concentra fondamentalmente sulla valutazione della glicemia (quantità di zuccheri nel sangue, che può essere aumentata), calcemia (calcio nel sangue, che può risultare aumentato) e globuli rossi (anche questi potenzialmente aumentati), che sono tutte manifestazioni indicative della secrezione eccessiva di di ormoni prodotti dal surrene in circolo.
  • Metanefrine nel sangue, molecole che vengono prodotte dal metabolismo delle catecolamine.
  • Metanefrine frazionate nelle urine: i metaboliti delle catecolammine in eccesso nel sangue vengono filtrate a livello del rene.
  • Test genetici: test effettuati su un campione di cellule prelevate dal paziente per valutare la presenza di mutazioni di geni correlati a dei quadri sindromici comprendenti anche il feocromocitoma, come il gene RET, il VHL, il NF1.
  • TC dell’addome: una TC dell’addome può aiutare a valutare la presenza di masse a livello del surrene, con una maggiore sensibilità soprattutto per le masse più grandi di 1 cm. Tuttavia la TC non sempre riesce a distinguere il tipo di massa identificata, per cui il risultato va sempre associato ai test ematochimici e alle evidenze cliniche.
  • RM dell’addome: indagine radiologica che ha una maggiore sensibilità rispetto alla TC nel distinguere il feocromocitoma dalle altre masse localizzabili nel surrene, in quanto esso si manifesta spesso come un’immagine iperintensa (bianca) nella sequenza T2 pesata.
  • Scintigrafia con MIBG marcata con iodio radioattivo: indagine diagnostica a cui si ricorre nel momento in cui gli esami ematochimici pongono il sospetto di feocromocitoma ma la TC e la RM non sono riuscite ad identificare bene la massa. Si usa in questo caso una molecola, il MIBG (metaiodobenzilguanidina), che viene captata specificamente dalle cellule del feocromocitoma e ciò consente la sua rilevazione.
  • PET: insieme alla scintigrafia, sono indagini di conferma che aiutano a definire in maniera migliore la presenza del tumore e la sua localizzazione. In questo caso si usa un tracciante che è la fluorodopamina che viene captata dalle cellule del feocromocitoma ed è risultata efficace nel rilevare tumori risultati negativi alla scintigrafia con MIBG.

Cura

Il trattamento fondamentale per il feocromocitoma è rappresentato dalla adrenalectomia, ovvero un’asportazione di uno o entrambi surreni, che può venire eseguita con tecnica laparotomica (cioè ad “addome aperto) o molto più spesso laparoscopica, a cui va sempre associato un trattamento farmacologico per il controllo della sintomatologia.

Il trattamento farmacologico, in particolare nel periodo preoperatorio, è necessario per tenere sotto controllo i livelli di pressione arteriosa, i livelli di glicemia, per evitare complicanze di tipo cardiaco e per prevenire l’insorgenza di crisi ipertensive durante l’intervento chirurgico. Queste condizioni possono insorgere perché, andando a mobilizzare il tumore durante l’atto chirurgico, si può determinare un rilascio improvviso e massivo di catecolamine dallo stesso che possono determinare l’insorgenza di una crisi ipertensiva e uno squilibrio ormonale generalizzato del paziente.

I farmaci più utilizzati per la preparazione del paziente sono:

  • Bloccanti alfa adrenergici, che devono essere somministrati sempre in prima istanza ed agiscono in concomitanza ai beta bloccanti sul controllo della pressione e sulla prevenzione della crisi ipertensiva;
  • Beta bloccanti, che con la loro azione sulla pressione arteriosa e sul cuore possono prevenire l’insorgenza di complicanze intraoperatorie. Essi vanno sempre somministrati dopo un giusto dosaggio di alfa bloccanti per evitare l’aggravamento dei sintomi dato dalla attività dei soli beta bloccanti;
  • Farmaci vasodilatatori (come la nitroglicerina e i suoi derivati), che servono fondamentalmente al controllo di sintomi parossistici che possono insorgere durante l’intervento chirurgico.

L’intervento chirurgico di adrenalectomia, invece, può essere eseguito sia per via laparotomica (open) che per via laparoscopica. La via laparotomica solitamente è riservata ai tumori particolarmente grandi o difficili da rimuovere, mentre la tecnica di scelta risulta essere quella laparoscopica.

Durante l’intervento chirurgico si preferisce effettuare una exeresi del solo tumore, se piccolo e benigno, lasciando in sede il resto della ghiandola surrenalica non patologica, mentre se il tumore è particolarmente grande o se ha interessato una buona parte del surrene, si potrebbe optare per la rimozione totale della ghiandola.

Per le forme bilaterali, invece, si consiglia l’asportazione di entrambe le ghiandole surrenaliche; il paziente, però, dovrà assumere per tutta la vita una adeguata terapia sostitutiva ormonale in grado di vicariare la funzionalità dei surreni asportati, basata su ormoni steroidei e androgenici sintetici.

Una volta eliminato il tumore, dunque, i sintomi dovrebbero regredire e il paziente dovrebbe ritenersi guarito dallo squilibrio ormonale causato dalle catecolammine. Va sempre considerato, però, che in una piccola percentuale di casi il tumore potrebbe recidivare o presentare diffusione metastatica anche molti anni dopo l’intervento, per questo motivo è sempre bene effettuare un attento follow up annuale e fare attenzione alla ricomparsa di sintomatologia sospetta.

Fonti e bibliografia

  • Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1 (17 Ed. McGraw Hill)
  • MedScape

 

A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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