Fibroma uterino: sintomi, cause e cura

Introduzione

I fibromi uterini sono tumori benigni molto comuni che si formano all’interno dell’utero e che interessano circa il 20-40% delle donne, in prevalenza nella fascia d’età compresa tra i 30-50 anni.

Alcune donne non manifestano sintomi, ma in caso contrario questi possono diventare severi ed invalidanti, annoverando dolore e mestruazioni particolarmente abbondanti.

La causa che ne sottende alla formazione è tuttora sconosciuta, ma si ritiene che possano essere la conseguenza di una combinazione di fattori genetici e ormonali; in genere non causano complicazioni, a parte l’eventuale disagio legato ai sintomi, e meno di un caso su mille subisce una trasformazione maligna.

La diagnosi può avvenire già durante la visita ginecologica, ma in genere si procede ad esami di imaging per una miglior caratterizzazione del fibroma.

Il trattamento dipende da numerosi fattori e può comprendere

  • farmaci
  • chirurgia

Classificazione

I fibromi uterini possono essere unici o, più spesso, multipli: in quest’ultimo caso possono avere grandezze differenti ed essere localizzati in sedi diverse all’interno dell’utero.

Anche il volume è sensibilmente variabile, dalla dimensione di un chicco di riso, fino a masse di parecchi kg di peso.

In base alla localizzazione all’interno dell’utero si distinguono invece fibromi

  • sottosierosi, se si sviluppano all’esterno dell’utero verso la cavità peritoneale,
  • intramurali, se si sviluppano all’interno della muscolatura liscia dell’utero (che appare accresciuta e deformata),
  • sottomucosi, quando si sviluppano all’interno dell’utero verso la cavità uterina.
Classificazione dei fibromi uterini

iStock.com/FancyTapis

Sono formati da tessuto muscolare liscio e da una componente fibrotica e, per questa loro struttura, prendono anche il nome di miomi, leiomiomi o fibromiomi.

Sono tumori

  • a lenta crescita,
  • poco vascolarizzati.

A mano a mano che il tumore cresce, le cellule muscolari che lo formano vanno incontro ad atrofia, mentre la componente fibrotica diventa più abbondante.

I vasi sanguigni inoltre tendono a distribuirsi principalmente nella parte periferica del tumore, con la conseguenza che la parte centrale risulta poco irrorata e va incontro a necrosi (morte).

I fibromi possono avere una base d’impianto larga o essere dotati di un peduncolo: in quest’ultimo caso è possibile che il fibroma possa andare incontro ad una torsione intorno al proprio peduncolo, con rischio di complicanze per la paziente.

La maggior parte dei fibromi, oltre il 90%, si sviluppano all’interno del corpo dell’utero e solo in pochi casi interessano altre parti dell’organo, quali

  • i legamenti larghi, che insieme ad altri legamenti, tengono l’utero sospeso nella sua posizione all’interno dell’addome e ne assicurano la corretta mobilità fisiologica,
  • l’istmo, il punto di congiunzione tra corpo e collo dell’utero,
  • la porzione cervicale, ossia il collo dell’utero che si collega direttamente alla vagina,
  • le tube uterine.

Qual è la differenza tra mioma e fibroma?

La maggior parte degli autori li considerano sinonimi e perfettamente sovrapponibili, mentre una minoranza ritiene che sarebbe più corretto indicare con fibroma uterino un’escrescenza in cui predomini la componente fibrosa, mioma quando prevalga la componente muscolare.

Cause e fattori di rischio

Ad oggi non si conoscono le cause che determinano lo sviluppo dei fibromi uterini, ma tra i fattori di rischio noti ricordiamo:

  • etnia afroamericana,
  • predisposizione genetica,
  • ormoni,
  • obesità,
  • terapia ormonale sostitutiva in corso di menopausa.

Si è constatata una maggiore frequenza dei fibromi nelle donne afroamericane ed in alcune famiglie, indicazioni del fatto che il patrimonio genetico ha probabilmente un ruolo rilevante nello sviluppo di questo tipo di tumori.

I fibromi inoltre

  • interessano soprattutto donne in età riproduttiva,
  • possono associarsi ad un aumento di volume, ossia una iperplasia, a carico dell’endometrio (la mucosa interna dell’utero).

Queste osservazioni hanno permesso di ipotizzare che un aumento di estrogeni da parte delle ovaie, come si verifica fisiologicamente in età fertile, ne possa favorire lo sviluppo; questo spiegherebbe inoltre perché

  • in gravidanza tendono a crescere molto rapidamente; durante i 9 mesi di gestazione l’organismo femminile produce più estrogeni ed un ormone placentare, detto ormone lattogeno placentare (simile all’ormone della crescita), e l’azione sinergica di entrambi gli ormoni favorirebbe una maggiore crescita dei fibromi.
  • in menopausa i fibromi tendono a regredire di volume o addirittura a scomparire (in questa fase della vita si assiste ad un calo degli estrogeni circolanti).

Un ruolo altrettanto fondamentale è probabilmente rivestito proprio dall’ormone della crescita, che agirebbe insieme agli estrogeni nello stimolare la sviluppo del fibroma oltre che favorire un ispessimento della parete dell’endometrio.

Il progesterone, di contro, non sembrerebbe avere un ruolo significativo nella genesi di questi tumori.

Sintomi

In circa la metà delle pazienti i fibromi uterini sono asintomatici e vengono scoperti casualmente nel corso di una visita ginecologica effettuata per altri motivi (i fibromi sottosierosi, crescendo al di fuori dell’utero, sono in genere asintomatici).

In alcuni casi la donna può lamentare alcuni disturbi, dovuti direttamente alla crescita del fibroma o alla maggiore produzione degli ormoni estrogeni.

Tra i sintomi più comuni dei fibromi uterini, ricordiamo:

L’abbondanza dei cicli mestruali ripetuta nel tempo può determinare la comparsa di anemia sideropenica, a causa della significativa perdita ematica.

Disturbi più rilevanti, ma per fortuna più rari e limitati a a casi particolari, comprendono:

  • infertilità, dovuta allo sviluppo dei fibromi in corrispondenza dell’aperture delle tube uterine,
  • aborti o parti pre-termine, complicanze in corso di gravidanza, a causa del fatto che l’utero a causa dei fibromi non è ben vascolarizzato e tende a contrarsi più del dovuto,
  • “cuore da fibroma”, caratterizzato da tachicardia, palpitazioni e segni di scompenso cardiaco come gonfiore alle gambe, difficoltà respiratorie (dispnea) e cianosi (colorito bluastro di labbra e punta delle dita). I disturbi cardiaci potrebbero essere dovuti a vari motivi:
    • fenomeni compressivi per aumentata crescita del fibroma,
    • comparsa di anemia,
    • aumento degli estrogeni (iperestrogenismo),
    • produzione di sostanze tossiche nella parte centrale necrotica del tumore,
  • trasformazione maligna in sarcomi (estremamente rara, si verifica in 1 caso su 1000).

Diagnosi

La diagnosi può essere posta dal medico sottoponendo la paziente ad una semplice visita ginecologica ed è sospettata in presenza di alcuni sintomi, in particolare le anomalie del ciclo mestruale in senso emorragico.

Per confermare la presenza del fibroma possono essere effettuati alcuni esami diagnostici comprendenti:

L’ecografia pelvica è un esame semplice, poco costoso ed indolore.

In mano ad un bravo operatore permette di ottenere immagini chiare circa il numero, la grandezza e la localizzazione dei fibromi uterini. Può essere effettuato con una sonda esterna posta sull’addome della paziente (ecografia transaddominale) oppure con una sonda interna vaginale (ecografia transvaginale), che consente una osservazione più diretta dei fibromi.

La risonanza magnetica consente una visualizzazione più precisa e dettagliata della morfologia del fibroma, e si usa come completamento dell’ecografia.

L’isteroscopia è un esame invasivo, utile nel valutare la presenza di eventuali fibromi sottomucosi, ne consente inoltre l’asportazione e quindi di accertarne la reale natura con l’esame istologico (potendosi in alcuni casi trattare di polipi uterini).

In casi particolari, come ad esempio in presenza di fibromi molto grandi con possibilità di coinvolgimento da parte del tumore degli organi vicini, può essere richiesta una retto-sigmoidoscopia, che consente di osservare dall’interno gli ultimi tratti dell’intestino, chiamati retto e sigma.

La TAC dell’addome, infine, può essere richiesta quando si ha il sospetto che alcune cellule tumorali siano migrate dalla loro sede di origine, ossia dall’utero, per raggiungere i linfonodi pelvici.

Cura

La scelta della miglior strategia terapeutica per una donna con fibromi uterini deve tener conto dei seguenti fattori:

  • presenza di sintomi,
  • età della paziente,
  • dimensione, numero e sede dei fibromi,
  • desiderio di avere figli,
  • velocità di crescita dei fibromi.

Le opzioni terapeutiche sono essenzialmente 3 e comprendono:

  • nessuna terapia (vigile attesa),
  • farmaci,
  • chirurgia.

Nel caso di donne che non lamentino nessun disturbo o se il fibroma è piccolo, non è necessaria una terapia nell’immediato, ma ciò che il ginecologo consiglia è di sottoporsi periodicamente a controlli medici. La visita ginecologica e l’ecografia basteranno in questi casi a monitorare nel tempo l’andamento della malattia, in modo da intervenire se e quando indicato.

I farmaci non permettono di fermare la crescita del fibroma, quindi quando utilizzati non hanno lo scopo di curare la malattia in senso stretto ma consentono di:

  • alleviare i sintomi, specie i sanguinamenti abbondanti e il dolore durante il ciclo mestruale,
  • preparare la paziente all’intervento chirurgico,
  • come terapia di attesa in donne prossime alla menopausa.

I farmaci più utilizzati e solo per brevi periodi comprendono:

  • progestinici
  • o analoghi del GnRH.

L’intervento chirurgico è indicato in caso di fibromi sintomatici e prevede due possibili opzioni:

  • miomectomia, ossia l’asportazione dei soli fibromi in caso di una paziente desiderosa di prole,
  • isterectomia, ossia l’asportazione dei fibromi e dell’intero utero in caso di donne in menopausa o non desiderose di gravidanze, o se i fibromi sono molto numerosi e grandi.

La chirurgia può essere praticata

  • per via laparotomica, ossia con un intervento tradizionale che prevede il taglio chirurgico in addome,
  • o per via laparoscopica, ossia senza praticare con il bisturi un’apertura addominale ma utilizzando strumenti chirurgici ed una telecamera collegata ad un monitor esterno, che vengono introdotti nella paziente attraverso piccoli fori effettuati in addome.

In caso di gravidanza l’intervento chirurgico dovrebbe essere effettuato solo in presenza di una complicanza, come ad esempio la torsione di un fibroma intorno al proprio peduncolo.

La miomectomia, infatti, nelle donne gravide si associa più frequentemente al rischio di aborto o di severe emorragie.

Una terapia alternativa a quelle tradizionali che può essere proposta quando la chirurgia sia controindicata o rifiutata dalla paziente, è l’embolizzazione selettiva dei vasi sanguigni uterini; si tratta di una procedura minimamente invasiva che consiste nell’iniezione all’interno delle arterie uterine, mediante un sottile catetere flessibile, di particelle che ne bloccano il passaggio per impedire l’afflusso del sangue necessario alla crescita del fibroma. L’intervento si svolge in sala angiografica, in anestesia locale, prevede l’introduzione di un mezzo di contrasto e avviene sotto stretto controllo radiologico.

 

A cura della Dr.ssa Tiziana Bruno, medico chirurgo

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Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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