Introduzione
L’idrocele è una patologia caratterizzata dall’accumulo di liquido tra il testicolo e la borsa scrotale.
Fra il testicolo e la membrana che lo riveste è fisiologica la presenza di questo liquido citrino, ovvero di colore giallastro/trasparente, che assolve ad una funzione di protezione e garantisce lo scivolamento dell’organo nello scroto; in caso di un aumento della produzione, tanto da eccedere la capacità di assorbimento dello scroto, il volume aumenta preoccupando il paziente e creando una condizione patologica.
Si tratta di un’evenienza che si verifica più frequentemente nei neonati e nei soggetti di età superiore ai 40 anni, come conseguenza di un trauma o di un’infiammazione scrotale, interessando solo una o entrambe le sacche (rispettivamente idrocele monolaterale e bilaterale).
L’idrocele nei bambini è una condizione che tende a scomparire spontaneamente nel giro di poco tempo, mentre negli adulti è più spesso necessario ricorrere alla chirurgia per risolverlo quando causi dolore o fastidio.
Non rappresenta una condizione grave di per sé, ma poiché un anomalo gonfiore nello scroto può essere sintomo di un problema serio come un tumore o un’emergenza medica come una torsione del testicolo, è sempre necessario il parere del medico.
Esiste una patologia corrispondente a livello anatomico per le donne e prende il nome di idrocele del dotto di Nuck.
Cause
L’idrocele nel neonato è causato da un mancato riassorbimento del liquido durante lo sviluppo dei testicoli nelle prime settimane di vita: il dotto peritoneo-vaginale, che unisce l’addome allo scroto consentendo la discesa dei testicoli nelle sacche, non è chiuso correttamente ed impedisce un corretto smaltimento del liquido, che aumenta così il volume dei testicoli (idrocele aperto); in altri casi, nonostante il processo di chiusura sia avvenuto correttamente, rimane ugualmente del fluido eccedente (idrocele chiuso).
Negli adulti, invece, l’idrocele può essere classificato nel seguente modo:
- Idiopatico, quando la presenza dell’idrocele non è riconducibile ad una specifica causa,
- Secondario, quando si presenta in conseguenza di una condizione come
- infiammazione o irritazione dell’epididimo o del testicolo
- trauma allo scroto
- fenomeni tumorali
- cisti
- conseguenze chirurgiche
- ernie inguinali
- riapertura del dotto peritoneo-vaginale
- ritenzione idrica degli arti inferiori.
Sintomi
Il segno più evidente, che accomuna tanto i bambini quanto gli adulti, è l’aumento del volume dei testicoli, che può avere gravità diverse a seconda dei soggetti, provocando conseguenze sintomatologiche legate alle dimensioni del gonfiore e del livello di dolore associato, peraltro non sempre presente.
Nel neonato e nei primi anni di vita l’idrocele non provoca dolore e viene notato a causa del rigonfiamento testicolare e del colore che appare violaceo.
Negli adulti può presentarsi ad un solo testicolo o anche ad entrambi, talvolta accompagnato da uno o più dei seguenti sintomi:
- Rigonfiamento di forma ovale
- Dolore
- Arrossamento
- Tumefazione del testicolo e inguinale
- Senso di pressione alla base del pene
- Fastidio generalizzato alla zona pubica
- Nei casi più gravi difficoltà nella deambulazione causata dal gonfiore e dal dolore
I fastidi tendono a peggiorare con l’approssimarsi delle ore serali.
Complicazioni
L’idrocele di per sé non è in genere associato a specifiche complicazioni, salvo quando fosse particolarmente teso a causa dell’abbondante quantità di liquido, in cui il testicolo potrebbe essere soggetto a fissurazioni della cute in grado di ostacolare la guarigione. L’idrocele non causa problemi di fertilità.
Diverso è ovviamente il caso in cui sia secondario ad altre condizioni, in cui la prognosi è ovviamente relativa alla causa responsabile.
Quando rivolgersi al medico
Qualsiasi gonfiore anomalo, rilevato in adulti o bambini, deve sempre essere sottoposto all’attenzione del medico per poterne chiarire la natura; in caso di improvvisa comparsa di un forte dolore acuto, accompagnato da gonfiore, si raccomanda di rivolgersi con urgenza al Pronto Soccorso per escludere il possibile sviluppo di una torsione testicolare.
Diagnosi
La diagnosi di idrocele viene formulata dallo specialista, tipicamente l’urologo, grazie
- alla raccolta anamnestica della storia clinica del paziente, per individuare inoltre le possibili cause traumatiche,
- all’esame obiettivo dei testicoli e dello scroto.
Tramite la palpazione è possibile effettuare una prima ipotesi diagnostica:
- Se le dimensioni del testicolo si modificano successivamente alla pressione addominale o del sacco scrotale, è possibile che la causa sia un’ernia inguinale;
- Se l’idrocele provoca particolare dolore, la causa può essere attribuita ad un’epididimite.
Alla visita vengono associati esami strumentali per accertarsi della gravità, confermare le ipotesi diagnostiche e individuare eventuali infezioni:
- Ecografia scrotale, per confermare la presenza del liquido in eccesso e verificarne la quantità
- Ecografia per individuare le cause correlate a ernie o tumori
- Esame delle urine e del sangue per valutare la presenza di infezioni
- Transilluminazione, ossia un esame che consente di illuminare lo scroto con una fonte di luce per individuare la presenza del liquido
Cura
Nella maggior parte dei casi l’idrocele nei bambini piccoli tende a risolversi spontaneamente nel giro di qualche settimana o pochi mesi, tipicamente entro l’anno di età; se non scomparisse, ma al contrario tendesse ad aumentare di gravità, potrebbe essere necessaria la chirurgia di drenaggio del liquido.
Nell’adulto, similmente, alcuni fenomeni di idrocele tendono a guarire spontaneamente nel giro di sei mesi, grazie al riassorbimento autonomo del liquido nello scroto, ed è possibile evitare la chirurgia se non è presente dolore.
Per quanto riguarda l’idrocele secondario è sempre necessario trattare primariamente la patologia che ne è causa, piuttosto che curare la sintomatologia in sé.
Quando le dimensioni fossero tali da causare un eccessivo fastidio al paziente si renderebbe necessario il drenaggio del liquido oppure il ricorso alla chirurgia:
- Drenaggio percutaneo, praticabile se l’idrocele non ha dimensioni particolarmente importanti. L’operazione è poco invasiva, effettuata tramite un ago, e può liberare il paziente dei fastidi legati all’idrocele; non protegge tuttavia dalla possibilità di recidiva.
- Scleroterapia (associata a drenaggio): consiste nell’iniezione nel sacco scrotale di agenti irritanti (tetracicline) allo scopo di eliminare i vasi malati. Questa operazione può comportare dolore successivo all’intervento, non proteggendo comunque dalle recidive.
- Idrocelectomia: praticato se l’idrocele ha dimensioni particolarmente rilevanti accompagnate da forte dolore. Consiste nell’incisione dello scroto seguito dal drenaggio del liquido attraverso di essa, in anestesia locale o generale. È l’approccio di maggior efficacia, ma non può purtroppo escludere la possibilità che si presentino recidive in futuro.
- Eversione della tunica vaginale del testicolo, che consiste nell’incisione dello scroto per permettere l’eversione (eliminazione) del foglietto parietale della tunica vaginale e consentire così il riassorbimento del liquido in eccesso. L’intervento necessita di anestesia locale.
Nel caso di idrocelectomia, successivamente all’operazione potrebbe risultare necessario l’utilizzo di un sospensorio e l’applicazione di impacchi di ghiaccio sulla zona nelle ore successive. Può provocare ematomi o infezioni allo scroto, quest’ultime possibili anche in caso di drenaggio.
Nel caso di eversione, possono presentarsi sanguinamento, dolore e infezioni.
A cura del Dr. Enrico Varriale, medico chirurgo
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