- Introduzione
- Causa
- Foto e immagini
- Sintomi
- Complicazioni
- Diagnosi
- Cura e rimedi
- Prevenzione
- Fonti e bibliografia
Introduzione
Quando parliamo di “impetigine” ci riferiamo globalmente ad una patologia dermatologica, ovvero una condizione che interessa lo strato più superficiale della cute.
Nello specifico l’impetigine è un’infezione cutanea che può essere causata da diversi tipi batteri, spesso peraltro normalmente presenti sulla nostra pelle come saprofiti (ovvero abitanti silenti ed asintomatici, ossia innocui). La popolazione maggiormente colpita da questa patologia è quella dei bambini.
La tipica manifestazione è rappresentata dalla comparsa di una pustola (quella che volgarmente potremmo definire una bolla, più o meno grande, ripiena di pus giallastro) e proprio per questa ragione entra in diagnosi differenziale con altre patologie cutanee, di origine infettiva o meno.
Ad accompagnare la tipica lesione è possibile talvolta apprezzare un certo ingrossamento dei linfonodi.
La diagnosi di certezza è quella che si basa sull’analisi del materiale prelevato direttamente dalla vescicola (in cui la concentrazione del batterio risulta essere elevata) che permette anche di pianificare una terapia antibiotica mirata.
L’infezione è facilmente curabile, ma può causare recidive soprattutto nei bambini più piccoli; le lesioni di solito richiedono del tempo per guarire completamente, ma raramente sono causa di cicatrici.

By CNX OpenStax – https://cnx.org/contents/5CvTdmJL@4.4, CC BY 4.0, Link
Causa
L’impetigine è solitamente causata dallo Stafilococco Aureo (anche se nel 20% dei casi circa possano anche essere riscontrati Streptococchi di gruppo A, da soli o in associazione agli Stafilococchi).
Così come lo Streptococco, anche lo Sttaffilococco Aureo appartiene al gruppo dei
- cocchi, cioè batteri di forma sferica (pensiamo per ricordarlo ad una noce di cocco),
- Gram positivi, ovvero che si colorano intensamente con la metodica di Gram (comune procedura di colorazione utilizzata spesso in microbiologia).
Esistono differenti specie di Stafilococchi, che possono essere comunemente isolati nell’organismo umano, seppur con localizzazioni differenti:
- Lo S. Aureo colonizza spesso le narici anteriori.
- Lo S. Capitis può essere riscontrato nelle zone in cui abbondano le ghiandole sebacee, come ad esempio la fronte (da cui appunto il nome, “capitis”).
- Lo S. Hominis si trova in zone in cui abbondano invece le ghiandole sebacee, come ad esempio l’ascella.
Essendo poi ben protetti dalla loro parete batterica possono sopravvivere per molto tempo su superfici esterne, divenendo così in grado di infettare l’uomo.
Nel complesso gli stafilococchi sono responsabili di varie patologie, ma lo S. Aureo rimane tra tutti il più virulento del genere, oltre a differenziarsi per alcune caratteristiche particolari:
- tende ad assumere una “nobile” colorazione gialla, quasi dorata, quando messo in coltura,
- è l’unico stafilococco che, posto in coltura, produce un particolare enzima grazie al quale è capace di coagulare il sangue umano (detto pertanto “batterio coagulasi positivo”).
Le malattie di origine stafilococcica possono essere molteplici:
- malattie cutanee:
- impetigine,
- follicolite,
- foruncoli,
- favi;
- endocardite (infezione delle cavità cardiache, soprattutto in soggetti portatori di protesi valvolari, che possono appunto rappresentare un fertile terreno per la crescita del batterio);
- polmonite;
- artrite settica;
- sindromi sistemiche dovute alla sua capacità di produrre specifici tipi di tossine, talune anche a trasmissione alimentare.
Fattori di rischio
Come già accennato gli stafilococchi sono dei batteri normalmente presenti a livello cutaneo, tutti noi presentiamo stafilococchi sulla pelle, ma di specie diverse dallo S. Aureo, che invece riscontriamo molto più frequentemente a livello delle pieghe umide del nostro corpo, anche se spesso in forma transitoria. Si localizza inoltre a livello del nasofaringe (naso e gola) del 30% degli adulti sani, aumentando tale percentuale in pazienti ospedalizzati ed in caso di personale ospedaliero.
Il principale fattore di rischio che può predisporre allo sviluppo dell’infezione cutanea da stafilococco è una scarsa igiene personale, per tale motivo la popolazione maggiormente colpita dalle infezioni cutanee sono proprio i bambini.
Lavarsi le mani è la prima buona regola da ricordare per ridurre il rischio di trasmissione.
Anche l’utilizzo cronico di antibiotici potrebbe alterare la normale (ma soprattutto innocua) flora batterica presente nel e sul nostro organismo; in tal caso i batteri patogeni, come ad esempio lo stafilococco, possono trovare terreno fertile e nutrienti per proliferare ed organizzarsi in colonie.
Trasmissione
La trasmissione del batterio avviene solitamente da soggetti asintomatici nei confronti di persone suscettibili.
Il contagio (parlando sempre di infezioni cutanee, poiché altri fattori di rischio ed altre modalità possono invece intervenire nel caso delle altre infezioni stafilococciche) tipicamente avviene per contatto diretto tra individui o per contatto con oggetti contaminati, soprattutto indumenti o biancheria domestica, ma anche la sabbia funge spetto da vettore di contagio durante la stagione estiva.
Foto e immagini

Shutterstock/FotoHelin

Impetigine in un adulto (Shutterstock/Dermatology11)

By Evanherk at Dutch Wikipedia, CC BY-SA 3.0, Link
Sintomi
La prima manifestazione è solitamente una macula, ossia una manifestazione cutanea che si presenta come una macchia di colore variabile (rosso più o meno intenso), ma che non presenta cute rialzata né dura al tatto.
Pian piano la macula tende a rialzarsi e a riempirsi di materiale liquido, con formazione di una vescicola e successivamente di una vera e proprio pustola; la pustola si può riconoscere sia a vista (cute eritematosa e arrossata con al centro una vescicola giallastra ripiena di pus) che al tatto.
Quando la pustola si rompe, in maniera spontanea o a seguito di grattamento, si assiste infine alla formazione della crosta.
Spesso da una singola vescicola si osserva la disseminazione per continuità in zone vicine.
Le lesioni possono colpire qualsiasi punto del corpo, ma generalmente interessano principalmente viso, collo, mani o piedi; più raramente sono presenti anche prurito, malessere, febbre o altri sintomi.
Per questi tipi di batteri difficilmente si parla di “tempi di incubazione”, poiché tendono a manifestare la loro presenza a distanza di sole 5-6 ore dal contagio, molto spesso da parte di individui che custodiscono lo stafilococco come normale abitante del loro naso (ricordiamo che fino al 30% degli adulti sani sono portatori di S. Aureo nel loro nasofaringe anteriore).
Impetigine bollosa
La forma bollosa esordisce con la comparsa di chiazze rosse, ben definite, sulle quali prendono forma vescicole e bolle contenenti siero e pus, liquidi che possono fungere da veicolo di contagio per altre persone.
Nel momento in cui la bolla si rompe si ha la formazione di croste sottili.
La presenza di bolle, ossia la differenza tra la forma bollosa e quella classica, è dovuta alla produzione di una tossina batterica che causa la separazione dello strato superiore della pelle (epidermide) da quello inferiore.
È una forma comune nei neonati ed interessa prevalentemente
- la regione del pannolino,
- ascella,
- collo.

By Littlekidsdoc – Own work, CC BY-SA 4.0, Link
Complicazioni
Le complicanze dell’impetigine sono rare, ma quando si verificano possono essere anche molto gravi perché annoverano:
- cellulite infettiva, un’infezione degli strati più profondi della pelle e dei tessuti sottostanti,
- glomerulonefrite, una grave infezione del rene,
- cicatrici, in particolare in caso di grattamento delle vesciche.
Segnalati in letteratura si trovano inoltre possibili evoluzioni in
- psoriasi guttata, una condizione della pelle non infettiva che può svilupparsi nei bambini e negli adolescenti dopo un’infezione batterica,
- setticemia (una forma di sepsi), un’infezione batterica del sangue,
- sindrome della cute ustionata da stafilococco, una grave condizione infettiva i cui sintomi sono apparentemente simili a quelli di una grave scottatura con acqua bollente.
Diagnosi
La diagnosi è in genere clinica, ossia ottenuta attraverso la sola osservazione dei sintomi; nei casi dubbi, o non responsivi agli antibiotici, è possibile procedere ad un prelievo di liquido da una lesione (o un diverso campione di liquido biologico) per l’analisi di laboratorio.
Per una diagnosi chiara la concentrazione di batteri dev’essere la più alta possibile, quindi in ordine di concentrazione i campioni che possiamo utilizzare sono:
- Tampone con prelievo del materiale alla base della lesione cutanea.
- Pus aspirato.
- Sangue, ma in questo caso parliamo di pazienti con infezioni da stafilococco ben più estese e che ovviamente non riguardano soltanto la cute.
- Tampone nasofaringeo, ma in questo caso non siamo in grado di differenziarlo dai tanti altri batteri normalmente ivi presenti (sempre in forma del tutto asintomatica).
Ottenuto poi il miglior campione possibile, su di esso possiamo applicare numerosi test che ci permettono di “riconoscere” lo S. Aureo (che ricordiamo essere una noce di “cocco”, di colorazione dorato “aurea” in coltura, “positivo” alla colorazione di Gram)!
- Osservazione al microscopio, dopo appunto aver colorato il campione con la metodica di Gram
- Metodiche che sfruttano l’amplificazione degli acidi nucleici (cioè del DNA batterico)
- Coltura, la quale altro non fa che porre il materiale prelevato su terreni fertili e con opportune condizioni per “controllare” se lo S. Aureo cresca o meno, formando delle colonie dorate
- Test della coagulasi (che come detto in precedenza viene elettivamente prodotto soltanto da questa specie di stafilococco)
- Tecniche di ibridazione fluorescente in situ (sono attualmente le migliori e sfruttando dei frammenti di DNA specifici per identificare il microorganismo).
- L’ultima prova è la ricerca di anticorpi circolanti, indice del fatto che l’organismo ha attivato in qualche modo una difesa contro il batterio.
Cura e rimedi
Come la maggior parte delle patologie di origine batterica la terapia d’elezione è basata sulla somministrazione di antibiotici.
Nel caso specifico dello S. Aureo (in generale, non riferendoci al caso stretto dell’impetigine) gli antibiotici di prima scelta sarebbero le penicilline, ma sfortunatamente col passare del tempo sono diventati sempre più numerosi i ceppi resistenti, pertanto in caso di infezioni sistemiche l’antibiotico di elezione è ormai la Vancomicina endovenosa o la Clindamicina per via orale.
Limitandoci invece all’impetigine in senso stretto, che ricordiamo essere un’infezione localizzata agli strati più superficiali dell’epidermide, il trattamento più utilizzato è la Mupirocina topica (in forma cioè di unguento da applicare direttamente nella zona colpita, Bactroban® o Mupiskin®).
Un’alternativa topica di grande efficacia è rappresentata dalla retapamulina (Altargo®), farmaco più recente e purtroppo più costoso.
Nel momento in cui il paziente dovesse rendersi conto di non sortire alcun beneficio, il medico potrà allora optare per una terapia orale, più aggressiva. In tal caso la scelta ricade solitamente sulla Cloxacillina o sull’Eritromicina (rimanendo spesso i macrolidi una grande scelta nelle terapie pediatriche).
È importante intraprendere il trattamento il prima possibile, poiché l’impetigine può facilmente evolvere o addirittura creare il substrato perfetto per la sovra-infezione di altri batteri.
Prevenzione
Come spesso accade nel caso delle patologie cutanee, la prima regola è osservare scrupolosamente le più comuni norme igieniche, il lavaggio delle mani riduce efficacemente il rischio di trasmissione da persona a persona.
- Un bambino con le mani nel naso può eventualmente attingere da colonie asintomatiche di stafilococchi e disseminarli a livello cutaneo.
- Una ferita aperta e non detersa in maniera opportuna può facilmente essere colonizzata dallo S. Aureo, spesso residente in territori vicini come le pieghe cutanee.
- Materiali esterni possono rimanere colonizzati anche per lunghi periodi dallo stafilococco.
In linea di massima la contaminazione di una ferita da parte dello stafilococco è spesso inevitabile, ma i batteri necessari per infettarla sono molti! Tale carica necessaria però si abbassa nel momento in cui dentro la ferita rimangono piccoli elementi esterni (la sporcizia appunto) su cui il batterio può facilmente annidarsi e proliferare incontrollato.
Fonti e bibliografia
- P. Murray, K. S. Rosenthal, M. A. Pfalleri, Microbiologia Medica, sesta edizione, 2010, Elsevier.
A cura della Dottoressa Raffaella Ergasti, medico chirurgo