Insulino-resistenza: sintomi, cause, rimedi e dieta

Cos’è l’insulino-resistenza?

L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che viene rilasciato nel sangue dopo i pasti, soprattutto quelli ricchi di glucosio (uno zucchero), ma non solo. La sua azione più rilevante consiste nel favorire l’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, per essere poi utilizzato nelle reazioni chimiche o fungere da riserva di energia.

L’insulino resistenza, anche chiamata resistenza all’insulina, è una condizione nella quale, nonostante l’ormone sia presente nel sangue, gli organi non rispondono più in modo “normale” all’ormone, tanto che per ottenere lo stesso effetto che si avrebbe in condizioni fisiologiche, ovvero l’entrata del glucosio derivante dalla digestione del pasto nelle cellule, diventa necessaria una quantità superiore di insulina.

Meccanismo dell'insulino-resistenza

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Gli organi, o più correttamente le cellule che li compongono, diventano quindi progressivamente “insensibili” all’azione di questo ormone, diventano resistenti all’insulina.

L’aumento continuo della produzione d’insulina, alla ricerca di una compensazione di breve durata che richiede rapidamente un ulteriore aumento, può deteriorare la funzione del pancreas e condurre allo sviluppo di diabete mellito di tipo 2, oltre ad interferire con il metabolismo dei lipidi, delle cellule cardiache e dei vasi sanguigni.

In virtù delle molteplici funzioni che l’ormone esercita sui diversi distretti corporei, l’insulino-resistenza fa parte di uno spettro clinico che comprende più patologie, alcune di esse molto rilevanti dal punto di vista della salute pubblica, quali:

senza contare la sempre più abbondante letteratura che lega la presenza di elevate quantità circolanti di insulina ad una riduzione non solo dell’aspettativa di vita (lifespan), ma anche della più importante aspettativa di vita in condizioni di salute (healthspan).

Il forte intrecciarsi di questi disturbi metabolici rende la resistenza all’insulina un’entità clinica sfaccettata che necessita di un approccio integrato riguardo a:

  • Diagnosi
  • Cura
  • Prevenzione delle malattie future.

Ne è un esempio la terapia, che è spesso costituita da una combinazione variabile di

  • Cambiamenti dello stile di vita
  • Dieta
  • Farmaci

con l’obiettivo di controllare i fattori di rischio per le malattie associate e ritardare l’insorgenza delle complicanze (come il diabete).

Cause

Le cause che portano all’insulino resistenza sono varie e possono essere in prima battuta distinte in

  • genetiche: Le cellule dei tessuti sensibili all’insulina (come i muscoli, ad esempio) hanno delle anomalie, per cui non rispondono come dovrebbero all’ormone. Esistono molte cause genetiche dai diversi meccanismi d’azione che modificano le vie di segnale dell’insulina in differenti punti, ad esempio:
    • Mutazioni dei recettori dell’insulina, molecole presenti nelle cellule deputate a “catturare” l’ormone che circola nel sangue e farlo entrare nel tessuto. L’obesità è la causa più comune di insulino resistenza ed è proprio associata ad anomalie dei recettori cellulari per l’insulina.
    • Autoanticorpi. Sono presenti in circolo degli anticorpi diretti contro l’insulina che quindi impediscono il suo legame alle cellule.
      Sempre nel caso dell’obesità si aggiunge poi uno stato infiammatorio cronico che può contribuire allo sviluppo di questi autoanticorpi.
    • Degradazione accelerata dell’insulina. L’insulina nel sangue viene degradata prima che si leghi ai tessuti.
  • acquisite:
    • Sedentarietà
    • Alimentazione
    • Invecchiamento
    • Farmaci

È importante notare di come una predisposizione genetica non sia mai una condanna, ma solo uno dei fattori potenzialmente responsabili, che può essere spesso controbilanciato attraverso le scelte legate allo stile di vita.

Sintomi

L’insulino resistenza non presenta di per sé sintomi specifici, ma si manifesta attraverso quelli propri delle condizioni risultanti dal mancato utilizzo dell’ormone; alla luce del ruolo fondamentale del glucosio, e quindi dell’insulina, in moltissimi processi biologici, è chiaro come un malfunzionamento di queste vie di segnale possa compromettere il metabolismo dell’organismo a diversi livelli e provocare delle manifestazioni cliniche evidenti.

Sappiamo, infatti, che l’insulina è implicata non solo nel metabolismo dei carboidrati ma anche dei lipidi, per fare un esempio, ma anche di molti altri substrati energetici.

I sintomi possono presentarsi quindi in forma di:

  • Sindrome metabolica:
    • Intolleranza al glucosio. In questi casi non si parla ancora di diabete, ma di livelli di zucchero nel sangue che, se non controllati, potrebbero preludere al diabete conclamato.
      • Si parla di ridotta tolleranza glucidica (IGT, impaired glucose tolerance) quando i livelli ematici di glucosio dopo 2 ore dalla curva da carico (un esame di laboratorio che si chiama OGTT, oral glucose tolerance test) sono compresi fra 140-199 mg/dL.
      • Si parla invece di alterata glicemia a digiuno (IFG, impaired fasting glucose) quando il glucosio a digiuno è compreso fra 100-125 mg/dL.

      Ad accomunare le due condizioni è in ogni caso l’iperglicemia, cioè l’aumento delle concentrazioni di glucosio nel sangue (glicemia). I sintomi di una severa iperglicemia sono sovrapponibili a quelli del diabete, ossia:

      • aumento della sete (polidipsia)
      • aumento della diuresi (poliuria)
      • aumento della fame (polifagia)
      • e possibile diminuzione del peso.
    • Iperinsulinemia. Se i tessuti non rispondono all’insulina il pancreas è costretto a produrre una maggiore quantità dell’ormone per avere gli stessi effetti fisiologici.
    • Obesità centrale. L’accumulo di grasso a livello dell’addome è fortemente correlato alla resistenza all’insulina.
    • Ipertensione (pressione alta)
    • Aumento del colesterolo circolante
  • Diabete mellito di tipo 2. Il pancreas non è più in grado di far diminuire i livelli di glucosio nel sangue attraverso un’adeguata produzione d’insulina. Si ha quindi iperglicemia con i sintomi tipici.
  • Aumento della viscosità del sangue (ipercoagulabilità).
  • Disturbi cardiovascolari (come infarto, ictus o problemi dei vasi periferici).
  • Sindrome dell’ovaio policistico. Una sindrome femminile caratterizzata dall’aumento degli ormoni sessuali maschili (come il testosterone), iperinsulinismo e infertilità.
  • Ipoglicemia. Si manifesta con sudorazione, tremori, irritabilità e alterazioni dello stato di coscienza.
  • Disturbi cutanei (come l’acanthosis nigrans, che consiste in un’iperpigmentazione della pelle alle pieghe cutanee).

Diagnosi

La diagnosi di insulino resistenza è basata sulla clinica (sintomi) e sugli esami diagnostici:

Complicazioni

Le complicazioni dell’insulino resistenza sono da ricercarsi nello squilibrio metabolico che perdura nel tempo e sono condivise con il diabete, poiché la causa è di fatto la stessa:

  • Iperglicemia/ipoglicemia severa
  • Infarto
  • Ictus
  • Disturbi vascolari periferici
  • Malattia renale
  • Cecità

Cura

La cura dell’insulino resistenza è personalizzata, dipende quindi dalle condizioni associate e ha lo scopo di evitare i sintomi dell’iperglicemia e prevenirne le complicanze.

I pilastri della terapia sono l’attività fisica, la dieta (fondamentali per il trattamento) e i farmaci.

  • Stile di vita. Il controllo metabolico è fortemente favorito da uno stile di vita improntato su:
    • Cessazione del fumo
    • Controllo del peso e del BMI nei pazienti con sovrappeso o obesità. Si raccomandano i programmi strutturati volti alla perdita di peso moderata (7% del peso).
    • Attività fisica moderata. Nei pazienti con sovrappeso oppure obesi si consigliano almeno 150 minuti a settimana di esercizio aerobico moderato.
  • Farmaci: per migliorare la sensibilità dei tessuti all’insulina e diminuire l’iperglicemia.

Dieta

La dieta è un fattore cardine per un corretto ed efficace controllo metabolico nell’insulino resistenza e per la prevenzione delle complicanze cardiovascolari, si raccomanda in particolare di diminuire l’apporto calorico in pazienti con sovrappeso o obesità e di monitorare l’apporto di carboidrati con l’alimentazione.

Le raccomandazioni nutrizionali promosse dall’American Diabetes Association (ADA, 2018), che devono tuttavia essere costantemente supervisionate da uno specialista, consistono in:

  • Sana distribuzione dei macronutrienti (carboidrati, lipidi, proteine) basata sull’esperienza personale, le abitudini dei pazienti, le preferenze e i loro obiettivi metabolici.
  • Controllo del numero di unità dei carboidrati
  • Evitare fonti di carboidrati ricche di zuccheri semplici (come i dolci, le bevande zuccherate e l’alcol).
  • Evitare i grassi saturi (carne e formaggi grassi) e preferire quelli monoinsaturi (quelli della “dieta mediterranea” come olio d’oliva, la frutta secca e il pesce).
  • Si consiglia una dieta composta da carboidrati derivati da frutta, verdura, cereali integrali.
  • Si raccomanda il consumo di fibre alimentari, perché in grado di rallentare l’assorbimento dei carboidrati e di conseguenza il picco glicemico dopo il pasto.

Fonti e bibliografia

  • Colella C. Endocrinologia, metabolismo e nutrizione. Manuale CTO di Medicina e Chirurgia. Madrid, CTO EDITORIAL, S.L. (2019), IV ed.
  • Medscape

 

A cura della Dr.ssa Roberta Kayed, medico chirurgo

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Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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