Introduzione
L’ipertiroidismo è un disturbo che si verifica quando la tiroide produce una quantità di ormoni più elevata del necessario; gli ormoni, che vengono distribuiti in tutto il corpo attraverso il sangue, agiscono sul funzionamento di quasi ogni tessuto e cellula dell’organismo, generalmente attraverso un meccanismo di stimolazione.
Un’aumentata attività della tiroide si traduce quindi nella comparsa di numerosi sintomi e segni, tra cui si annoverano:
- irritabilità,
- sbalzi d’umore,
- affaticamento e/o debolezza muscolare,
- intolleranza al calore,
- disturbi del sonno,
- tremori,
- frequenza cardiaca rapida e irregolare,
- aumentata frequenza dei movimenti intestinali o diarrea,
- inspiegabile perdita di peso,
- tachicardia e palpitazioni,
- stanchezza,
- ansia,
- polidipsia (aumento della sete).
L’ipertiroideo è quindi solitamente un paziente che “vive di fretta”! Tende ad avere un’elevata frequenza cardiaca, un’aumentata frequenza respiratoria, più appetito ma contemporaneamente riduzione del peso, irritabilità, eccessiva sudorazione, …
L’ipertiroidismo è più comune nelle donne, nelle persone con altri disturbi della tiroide e nei soggetti di età superiore a 60 anni; il morbo di Graves, un disturbo autoimmune, ne è la causa più comune.
I meccanismi che si celano dietro ad un’aumentata attività della tiroide possono essere molteplici, a discapito purtroppo di una sintomatologia spesso molto simile. Grazie a vari test è possibile tuttavia possibile giungere nella maggior parte dei casi ad una diagnosi definitiva, risalendo con gli approfondimenti
- dalla periferia (il sangue e gli ormoni in esso presenti)
- verso il centro (la tiroide, stimolata dall’ipofisi, a sua volta controllata dall’ipotalamo).
Ipertiroidismo o tireotossicosi?
Ipertiroidismo (aumentata funzionalità della tiroide) non è sinonimo di “tireotossicosi”, che invece indica soltanto un aumento della quantità di ormoni tiroidei presenti in circolo. Nonostante i sintomi avvertiti siano sostanzialmente gli stessi, perché gli ormoni in circolo risultano aumentati in entrambi i casi, nel caso della tireotossicosi questi ormoni potrebbero derivare anche dall’eccessiva introduzione esterna, a fronte di una ghiandola addirittura “spenta” (pazienti in terapia sostitutiva).
L’ipertiroidismo è quindi una possibile forma di tireotossicosi.
Cause
La tiroide è una delle principali ghiandole endocrine del nostro organismo (il termine endocrino indica che la produzione è limitata agli ormoni, sostanze che agiscono all’interno dell’organismo).
È posta a livello del giugulo (la porzione anteriore e inferiore del collo) e con la sua secrezione determina la produzione degli ormoni tiroidei:
- T3 (o triiodotironina)
- T4 (o tiroxina).
Per essere sintetizzati hanno bisogno di tireoglobulina (spesso “menzionata” nelle analisi laboratoristiche relative alla funzionalità tiroidea, proprio perché strettamente correlata alla quota di tessuto tiroideo funzionante) e iodio; questo ci permette di capire perché nelle zone con carenza di iodio la tiroide tenda a funzionare meno.
Una volta distribuiti nell’organismo attraverso il torrente circolatorio, tali ormoni sono in grado di svolgere diverse funzioni, tra cui spiccano il mantenimento del metabolismo e della temperatura corporea, quindi è intuitivo comprendere come un aumento possa perturbarne l’equilibrio imprimendo una sostanziale accelerazione.
La regolazione della produzione avviene a diversi livelli:
- L’ipotalamo, a monte di tutto il percorso, produce il TRH,
- che a sua volta raggiunge l’ipofisi anteriore dove stimola la produzione di TSH (il TSH è l’ormone trofico per la tiroide, ne stimola sia la crescita che l’attività);
- tale TSH genera pertanto un aumento della quota di T3 e T4 in circolo (i quali, se presenti in grandi quantità, tornano indietro fino all’ipotalamo per avvisarlo che è necessario ridurre la produzione di TRH, in quanto per il momento la tiroide può mettersi a riposo. Tale meccanismo è chiamato “feedback negativo”).
Le cause di ipertiroidismo possono essere:
- Primitive: il danno è localizzato “primariamente” a livello della tiroide. Esse sono costituite da:
- Morbo di Graves – Basedow: è una patologia autoimmune. Il sistema immunitario dell’individuo produce anticorpi attivi contro il recettore per il TSH, localizzato a livello delle cellule della tiroide.
- Gozzo multinodulare tossico: presenza di più noduli all’interno del parenchima della ghiandola tiroidea. In essi si riscontrano regioni con attività secretoria aumentata
- Adenoma tossico: per adenoma si intende una neoformazione benigna, ovvero un piccolo gruppo di cellule tiroidee “impazzite” che comincia a proliferare, organizzarsi e secernere ormoni. Il meccanismo è simile al gozzo multinodulare tossico, ma è come se qui tutto il lavoro fosse fatto da un nodulo solo, ovvero l’adenoma.
- Altre cause:
- mutazioni genetiche in grado di attivare il recettore per il TSH in maniera persistente,
- metastasi derivanti da un carcinoma tiroideo iperfunzionante o veri e proprio tumori della tiroide (che possono aumentare la loro capacità di secrezione svincolandosi dalla regolazione a monte di ipotalamo ed ipofisi),
- farmaci (nella maggior parte dei casi un aumento dell’introduzione di iodio).
- Morbo di Graves – Basedow: è una patologia autoimmune. Il sistema immunitario dell’individuo produce anticorpi attivi contro il recettore per il TSH, localizzato a livello delle cellule della tiroide.
- Secondarie: in questo caso il problema è localizzato a livello del secondo gradino di controllo (tornando indietro), ovvero l’ipofisi anteriore.
- Adenoma ipofisario TSH secernente: questa volta il nodulo di cellule “impazzite” è a livello dell’ipofisi che aumenta la produzione di TSH. In questo caso la tiroide, perfettamente normale, risponde!
- Sindrome da resistenza agli ormoni tiroidei: se il T3 e T4 in periferia non riescono a lavorare, l’ipofisi interpreterà il tutto come una carenza di essi in circolo e quindi andrà a stimolare la tiroide sempre attraverso un aumento del TSH prodotto.
- Tumori secernenti l’HCG (gonadotropina corionica), poiché in parte ha una struttura simile al TSH e in grado quindi di stimolare le cellule della tiroide.
- Gravidanza: a volte, proprio per l’aumento dell’HCG circolante, può determinare lo stesso effetto.
- Terziarie: se addirittura il problema risiedesse nel gradino successivo, vale a dire un’aumentata produzione (anomala) di TRH a livello dell’ipotalamo.
- Forme di tireotossicosi senza reale ipertiroidismo: sono solitamente quelle condizioni in cui c’è una distruzione delle cellule tiroidee (quindi la tiroide non è più attiva! Di conseguenza non possiamo definirle “ipertiroidismi” veri e propri).
- Tiroidite subacuta
- Tiroidite silente
- Fase iniziale (non sempre) della tiroidite di Hashimoto, una condizione autoimmune
- Altre cause:
- farmaci tossici per la tiroide (amiodarone, ad esempio),
- radiazioni,
- infarto di tessuto tiroideo per mancato apporto di sangue,
- ormoni tiroidei introdotti dall’esterno (ad esempio tiroxina).
Sintomi
Il paziente ipertiroideo è un paziente in cui l’eccesso di ormoni tende ad accelerare la maggior parte delle funzioni base dell’organismo, favorendo quindi la comparsa di:
- iperattività,
- irritabilità,
- alterazioni frequenti del tono dell’umore,
- eccessiva sudorazione ed intolleranza al caldo, cute calda e umida,
- tachicardia,
- tremori,
- polidipsia (aumento della sete) e conseguente poliuria (aumento della produzione di urina),
- diarrea,
- perdita di peso,
- aumento dell’appetito.
Meno comunemente i sintomi dell’ipertiroidismo possono invece comprendere:
- astenia,
- debolezza,
- facile faticabilità,
- debolezza muscolare,
- miopatia (qualsiasi affezione riguardante i muscoli),
- nelle donne può manifestarsi con alterazioni del ciclo mestruale e calo del desiderio sessuale,
- retrazione palpebrale, quello che viene comunemente definito uno sguardo “spaventato”, dovuto ad un aumento del tono del sistema nervoso simpatico.
Morbo di Graves-Basedow
Una menzione a sé stante va fatta invece per il Morbo di Graves – Basedow in cui, oltre ai sintomi canonici descritti, possiamo avere altre due complicanze caratteristiche:
- Oftalmopatia basedowniana: senso presenza di sabbia negli occhi, lacrimazione, proptosi (protrusione del bulbo oculare), arrossamento delle sclere; la sintomatologia riportata è dovuta fondamentalmente ad un aumento della dimensione dei muscoli extra-oculari. Nelle fasi più gravi si determina compressione del nervo ottico con alterazione del campo visivo o perdita permanente della vista.
- Dermopatia tiroidea: indurimento della cute indolore “a buccia d’arancia”, prevalentemente a livello degli arti inferiori (il cosiddetto mixedema pretibiale). Di solito si associa anche ad onicopachia tiroidea (ingrossamento osseo delle falangi distali, ossia la parte terminale delle dita).
Diagnosi
Nella patologia tiroidea un ruolo di primo piano è rivestito dall’esame obiettivo, perché sono numerosi i sintomi e segni in grado di indirizzare tanto il paziente quanto il medico verso il sospetto di ipertiroidismo (basti pensare all’oftalmopatia) e inoltre la stessa palpazione della tiroide può mostrare dimensioni e consistenza alterate.
Una volta individuata la sintomatologia, il primo approccio per classificare un paziente come affetto o meno da un disturbo tiroideo è rappresentato dalle analisi di laboratorio, che mostrano
- T3 e T4 aumentati,
- TSH ridotto (nel caso in cui però il problema non risieda nell’aumentata produzione di TSH a livello ipofisario, in quel caso sarebbe anch’esso elevato).
Successivamente sarà necessario capire a quale livello si colloca il danno. Per farlo basta pensare che le cause “primarie” sono quelle proprie della ghiandola tiroidea, che sarà quindi la prima ad essere indagata attraverso:
- Ecografia tiroidea, dove come in una prima fotografia il medico potrà studiare la presenza di formazioni più o meno evidenti, di una ghiandola aumentata di dimensioni, apparentemente disomogenea, …
- Studio Doppler: sempre nel contesto di un’ecografia ci permette di valutare come le diverse regioni (e soprattutto le eventuali formazioni presenti, i noduli appunto) siano o meno dotati di vascolarizzazione propria.
- Scintigrafia tiroidea con iodio: ci permette di valutare come le diverse aree della tiroide captino lo iodio (e quindi stiano lavorando, poiché ricordiamo lo iodio serve alle cellule tiroidee per la produzione ormonale).
- Agoaspirato e biopsia per studiare direttamente, in caso di ulteriori sospetti, noduli e formazioni presenti nel contesto della ghiandola.
Nel contesto degli esami di laboratorio possiamo poi andare a valutare tante altre componenti, come ad esempio la presenza di specifici anticorpi (pensiamo al Morbo di Graves – Basedow).
Cura
Il trattamento volto a risolvere l’aumento della produzione di ormoni è basato su tre livello principali, ciascuno di intensità crescente:
- Farmaci antitiroidei: (propiltiouracile, carbimazolo, metimazolo) il loro obiettivo è quello di inibire le tappe che portano alla formazione delle molecole di T3 e T4 dentro la cellula tiroidea. Ci sono differenti schemi di trattamento da poter attuare.
- Radioiodio: distrugge direttamente porzione di ghiandola.
- Tiroidectomia: rimozione chirurgica dell’intera ghiandola (totale) o parti di essa (subtotale), ad esempio di eventuali noduli iperfuzionanti.
A volte è tuttavia possibile ricorrere esclusivamente a un trattamento sintomatico, volto cioè ad alleggerire tutto il corteo di sintomi del paziente ipertiroideo. Tipico esempio sono i beta bloccanti, in grado di ridurre la frequenza cardiaca accelerata.
Stile di vita
Essendo molto spesso patologie autoimmuni, quanto piuttosto simil-neoplastiche, una reale prevenzione è pressoché impossibile; quello però che il soggetto ipertiroideo può fare è adottare un corretto stile di vita per ridurre l’insorgenza di possibili complicanze.
- Nello specifico è fondamentale una corretta alimentazione, così da garantire (nonostante la perdita di peso) un corretto stato nutrizionale e soprattutto limitare l’assunzione di eccitanti (quali ad esempio caffeina).
- Modulare e controllare la propria pressione arteriosa, poiché nell’ipertiroidismo si verifica un’iperattivazione simpatica con conseguente tachicardia.
- Igiene, soprattutto a livello oculare nel caso di oftalmopatia di grado avanzato: l’esposizione del bulbo genera spesso lesioni a livello della sclera, anche per semplice sfregamento meccanico.
Nel complesso le patologie tiroidee sono malattie di lunga durata, con le quali il soggetto nella maggior parte dei casi deve imparare a vivere e “convivere”, imponendo un “stop” al proprio organismo, laddove qualche meccanismo poco funzionante tenda invece a superare i limiti di velocità consentiti!
A cura della Dott.ssa Ergasti Raffaella, medico chirurgo
Fonti e bibliografia
- Harrison, Principi di Medicina Interna, diciottesima edizione, 2012, Casa Editrice Ambrosiana
- Simone De Leo, Sun Y Lee, and Lewis E Braverman, Hyperthyroidism, Lancet. Author manuscript