- Introduzione
- Cause
- Sintomi
- Complicazioni
- Quando preoccuparsi e rivolgersi al medico
- Diagnosi
- Cura
- Fonti e bibliografia
Introduzione
L’ipotensione è la condizione clinica caratterizzata da una pressione sanguigna arteriosa massima inferiore ai 100 mmHg (il valore limite può variare leggermente a seconda delle linee guida consultate), quando i valori normali si trovano generalmente compresi tra i 110 e i 130 mmHg.
Si parla di ipotensione ortostatica (o posturale) quando l’abbassamento della pressione si verifica nel momento in cui il soggetto si pone in posizione eretta, dunque alzandosi in piedi dalla posizione seduta o sdraiata: il calo pressorio deve essere superiore a 20 mmHg per la pressione sistolica (massima) o a 10 mmHg per quella diastolica (minima).
La sintomatologia collegata all’ipotensione ortostatica consiste in palpitazioni, vertigini, visione offuscata e può comportare la caduta del soggetto e possibili svenimenti; in pazienti altrimenti sani le situazioni che più comunemente espongono al possibile sviluppo del disturbo annoverano i pasti abbondanti e l’attività fisica molto intensa, ma può anche avere insorgenza idiopatica (senza apparente causa) soprattutto nelle donne.
L’ipotensione ortostatica occasionale e associata a sintomi lievi è comune e può interessante chiunque, sebbene sia prevalente in soggetti anziani e individui con bassa pressione nota; in soggetti giovani ed in buona salute in genere l’ipotensione ortostatica ha carattere essenzialmente benigno.
Quando invece l’origine sia patologica, le ragioni possono risiedere in
- condizioni cardiovascolari,
- disfunzioni del sistema neurovegetativo,
- cause neurologiche,
- alterazioni endocrine,
- insufficienza surrenalica,
- effetti indesiderati di alcuni medicinali.
La valutazione dell’ipotensione ortostatica avviene tramite la misurazione della pressione arteriosa dapprima durante la posizione supina e, successivamente, in ortostatismo (posizione eretta) immediatamente e dopo qualche minuto di mantenimento della posizione.
In assenza di patologie il trattamento consiste essenzialmente nel raccomandare al soggetto una costante idratazione, esercizi di sviluppo della muscolatura, eventuale utilizzo di calze a compressione. Nei casi più gravi, soprattutto in caso di rischio di svenimento, può essere necessario ricorrere all’assunzione di farmaci.
Cause
Durante l’assunzione della posizione eretta, alzandosi dalla posizione sdraiata o distesa, il sangue si concentra improvvisamente nelle gambe a causa della forza di gravità, ma altrettanto rapidamente tende a recuperare una più equilibrata distribuzione nell’organismo.
Nei soggetti con ipotensione ortostatica questo recupero non avviene abbastanza velocemente, comportando un rallentamento del ritorno sanguigno e il conseguente calo pressorio (il cuore non riceve abbastanza sangue per poter garantire un corretto afflusso al cervello).
La condizione può essere favorita da circostante fisiologiche o parafisiologiche, ovvero comuni e non necessariamente legati a malattia:
- Caldo ambientale, a causa della tendenza alla dilatazione dei vasi sanguigni, che causa un abbassamento della pressione oltre che dell’aumento della sudorazione (vide infra)
- Consumo di pasti abbondanti (ipotensione post-prandiale, soprattutto se ricchi di carboidrati), a causa del richiamo di sangue nel tratto digerente
- Gravidanza, per ragioni sia ormonali che legate alle modifiche del sistema circolatorio legate alla placenta
- Consumo di alcolici, a causa dell’effetto di vasodilatazione
- Riposo a letto prolungato (ad esempio pazienti ospedalieri), in conseguenza di meccanismi di adattamento sostenuti dal lungo periodo in posizione distesa.
Passando alle cause patologiche è possibile operare una distinzione tra acute e croniche; fra le prime la più rilevante è sicuramente la disidratazione, con le relative condizioni predisponenti come un’eccessiva attività fisica senza un’adeguata reidratazione delle perdite di liquidi dovute alla sudorazione, ma anche febbre, diarrea, esposizione ad ambienti troppo caldi, … La disidratazione comporta infatti ipovolemia, ossia la riduzione del volume del sangue circolante nell’organismo.
Tra le patologie croniche le più rilevanti comprendono:
- Problemi cardiaci che comportano l’alterazione del tono vasomotorio e un’alterazione della gittata cardiaca come aritmie, insufficienza cardiaca, bradicardia patologica (abbassamento della frequenza cardiaca), infarto del miocardio o decondizionamento cardiovascolare;
- Problemi endocrini come l’iperaldosteronismo (un eccesso di produzione di aldosterone da parte dei surreni) o il feocromocitoma (un tumore delle cellule cromaffini adibite alla secrezione di catecolamine).
- Diabete, a causa della neuropatia che ne può conseguire
- Malattie neurologiche come il morbo di Parkinson e l’atrofia multisistemica
- Insufficienza surrenalica cronica (morbo di Addison)
- Sindrome uremica
- Carenza di vitamina B12
- Emorragie
Molto comune è infine l’ipotensione ortostatica causata da farmaci, ovviamente antipertensivi, ma anche
- alcune medicine per il trattamento della depressione (IMAO, triciclici)
- levodopa
- alfa-bloccanti
- nitrati
- antipsicotici
- barbiturici
Fattori di rischio
Alcune categorie di pazienti sono soggetti maggiormente a rischio e necessitano di controlli di verifica dell’ipotensione ortostatica:
- Soggetti con sospette malattie neurodegenerative (ad esempio Parkinson, demenza a corpi di Lewy)
- Pazienti che riportano episodi sincopali (svenimenti) o cadute inspiegabili
- Pazienti con neuropatie periferiche (diabete, HIV)
- Soggetti di età superiore ai 70 anni e/o in politerapia (che assumono molteplici farmaci)
Sintomi
I segni e i sintomi dell’ipotensione ortostatica si presentano
- entro pochi istanti dall’assunzione della stazione eretta (ipotensione ortostatica vasovagale)
- entro tre minuti (ipotensione ortostatica classica)
a partire da una posizione distesa o seduta e scompaiono se il soggetto si stende nuovamente; sono comunque in genere transitori e tendono ad una risoluzione spontanea entro poco tempo.
Il paziente può lamentare una combinazione variabile, e con diversa gravità, di
- Capogiri e vertigini
- Visione offuscata
- Debolezza
- Affaticamento
- Palpitazioni
- Acufeni (percezione di ronzii, fischi, sibili, … in realtà inesistenti)
- Intolleranza al caldo
- Nausea
- Aumentata sudorazione
- Cefalea
- Confusione mentale
- Perdita di conoscenza e possibile sincope
Nei casi più gravi è possibile lo sviluppo di convulsioni.
Complicazioni
Il paziente affetto da ipotensione ortostatica può avvertire un senso di svenimento o andare incontro ad un’effettiva perdita di conoscenza, che può essere causa di caduta e pericolosi traumi.
Nei casi patologici di ipotensione grave l’abbassamento può favorire lo sviluppo di ictus, a causa dell’insufficiente afflusso di sangue al cervello.
Quando preoccuparsi e rivolgersi al medico
Nel dubbio è sempre consigliabile rivolgersi al medico in seguito all’insorgenza di sintomi anomali, ma di norma episodi occasionali di ipotensione ortostatica possono interessare chiunque, soprattutto quando è semplice trovarne la spiegazione (disidratazione, eccessiva permanenza a letto, pasto troppo abbondante, caldo, …). Uno sviluppo persistente del disturbo è invece più spesso legato a condizioni di salute che richiedono una diagnosi medica.
È infine raccomandabile fare sempre riferimento al curante in caso di perdita di conoscenza.
Diagnosi
È importante rivolgersi al medico se la sintomatologia persiste per più di alcuni singoli episodi isolati e se, nel momento della manifestazione, tende a non risolversi nel giro di pochi secondi o minuti; è inoltre importante consultare il professionista se gli episodi sono accompagnati da svenimenti, al fine soprattutto di escludere eventuali patologie primarie più gravi dell’ipotensione ortostatica idiopatica.
La diagnosi è clinica e viene effettuata dal medico sulla base della raccolta anamnestica e della storia clinica del paziente, nonché sulla base del racconto sintomatologico.
La pressione arteriosa viene misurata tramite l’utilizzo dello sfigmomanometro sia in posizione supina (disteso sulla schiena) che nel passaggio alla posizione eretta e dopo alcuni minuti di ortostatismo.
La diagnosi, in particolare tramite il colloquio con il soggetto, tenderà ad individuare alcuni punti fondamentali:
- La durata della manifestazione sintomatologica e la tipologia di sintomi
- Quali tipologie di pasti sono stati consumati (ad esempio contenenti un livello eccessivo di carboidrati)
- Eventuale utilizzo di farmaci, di droghe o di bevande alcoliche
- La possibile disidratazione, ad esempio episodi di diarrea, vomito e sudorazione, dunque anche legata ad eccessiva attività fisica
Possono essere affiancati alcuni esami ematici per controllare i valori di
- elettroliti sierici,
- creatinina,
- azotemia,
- glicemia,
- ormoni tiroidei e TSH
- e ormoni surrenalici.
Può essere necessario indagare aspetti più prettamente neurologici e patologie cardiovascolari tramite la consultazione, rispettivamente, di un neurologo e di un cardiologo che si possono avvalere di esami specifici (come l’esame dei riflessi genitourinari e rettali per valutare la funzione autonomica per quanto riguarda l’aspetto neurologico e l’elettrocardiogramma per quanto riguarda l’aspetto cardiaco).
Quando vi sia il sospetto di una disfunzione autonomica, la diagnosi possibile riguarda:
- Diabete
- Morbo di Parkinson
- Atrofia multipla sistemica
In questi casi si ricorre al Tilt Test, esame durante il quale sarà valutata la pressione arteriosa del soggetto durante la posizione supina e per 30-45 minuti durante la stazione eretta.
In assenza di cause specifiche viene posta la diagnosi di ipotensione ortostatica idiopatica.
Cura
Nel caso di ipotensione ortostatica conseguente a specifiche patologie è ovviamente necessario procedere al trattamento della patologia a monte, ma a prescindere dalla causa l’approccio al disturbo è prevalentemente preventivo e prevede i seguenti accorgimenti:
- Passare dalla posizione seduta/distesa a quella eretta in maniera graduale e non eccessivamente veloce.
- Bere quantità adeguate di liquidi, prevenendo sempre una possibile disidratazione.
- Dietro espresso e specifico consiglio medico è possibile provare ad aumentare leggermente il consumo di sale, per favorire la ritenzione idrica.
- Soprattutto i soggetti anziani, devono evitare di rimanere a letto per periodi troppo lunghi.
- Pratica di una regolare attività fisica che consenta di migliorare il tono muscolare.
- Negli individui particolarmente soggetti allo sviluppo di episodi ipotensivi può essere utile dormire con l’ausilio di letti che permettano di modificare l’inclinazione della testiera, lasciandola più verticale; in alternativa, utilizzare un rialzo sotto il materasso.
- Limitare o evitare totalmente l’assunzione di bevande alcoliche.
- Moderare la quantità di carboidrati assunti durante i pasti, privilegiando quelli integrali alle controparti raffinate.
- Utilizzare calze elastiche o fasce di contenimento.
- Evitare bagni e docce troppo calde (ivi comprese saune ed ambienti eccessivamente caldi).
Durante la fase acuta dell’episodio, ovvero all’insorgenza dei sintomi, il soggetto può ricorrere ad alcune manovre per ridurne la durata e l’intensità e soprattutto per ristabilire i normali livelli pressori, evitando la sincope:
- Incrociare le gambe
- Contrarre i polpacci
- Alzarsi sulla punta dei piedi
In alcuni casi è necessario ricorrere al trattamento farmacologico tramite l’utilizzo di fludrocortisone, midodrina (Gutron®, il farmaco più prescritto a questo scopo), efedrina, desmopressina, medicinali utilizzati per indurre un aumento della pressione e per questo limitati a pochissimi casi selezionati.
A cura del Dr.
Fonti e bibliografia
Articoli ed approfondimenti
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