Ipotiroidismo: sintomi, cause e cura

Introduzione

La condizione di ipotiroidismo è la conseguenza di una carenza di ormoni tiroidei nel sangue.

Le cause del deficit possono essere molteplici, così come le sue manifestazioni, ma nel complesso un soggetto ipotiroideo può essere definito come un “pigro e perennemente stanco”, in contrapposizione al paziente ipertiroideo, spesso descritto al contrario come un individuo “che va di fretta” (poiché l’eccesso di ormoni tiroidei stimola e accelera tutte le sue funzioni di base).

Le principali manifestazioni cliniche dell’ipotiroidismo sono:

I sintomi principali da ipotiroidismo

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La diagnosi si fonda sul sospetto clinico (sintomi caratteristici), associato ad esami di laboratorio e/o diagnostica per immagini; la classificazione principale prevede la distinzione tra

  • ipotiroidismo primario, causato da insufficienza della funzione tiroidea,
  • ipotiroidismo secondario (centrale), indotto dalla riduzione della secrezione
    • dell’ormone tiroideo stimolante (TSH) dalla ghiandola pituitaria
    • o dell’ormone di rilascio della tireotropina (TRH) dall’ipotalamo.

L’ipotiroidismo primario è la forma più comune ed è generalmente correlato alla presenza di un disturbo autoimmune (che si presenta con maggior frequenza nel sesso femminile).

È infine utile conoscere la differenza tra

  • ipotiroidismo clinico, quando si presenza con sintomi visibili e talora anche gravi,
  • ipotiroidismo subclinico, quando i sintomi sono minimi o addirittura assenti (nonostante la riduzione misurabile di ormoni circolanti).

Essendo l’alterazione di base una carenza ormonale, nella maggior parte dei casi (nonostante le varie cause possibili) la terapia è quella sostitutiva, ovvero somministrare tiroxina sotto forma di farmaci.

Cause

La carenza di iodio è la causa più comune di ipotiroidismo in tutto il mondo e le regioni più colpite sono quelle dell’Africa centrale, Sudamerica e Asia settentrionale. L’Europa può essere considerato un Paese a moderata carenza di iodio (l’Italia ha raggiunto la “iodosufficienza”).

Nelle aeree dove la carenza di iodio è endemica si può riscontrare anche un aumento di “gozzi” (aumento della dimensione della tiroide) o addirittura di “cretinismo” (condizione in cui i neonati con ipotiroidismo congenito non trattato e non diagnosticato generano alterazioni irreversibili a livello nervoso): il cretinismo sembra tuttavia essersi ridotto in molte regioni da quando in cucina si utilizza, spesso senza neanche saperlo, il sale iodato.

Da un punto di vista più generale le possibili cause di ipotiroidismo sono numerose e comprendono:

  • Ipotiroidismo primitivo (alterazione della tiroide stessa)
    • Autoimmune: la presenza di autoanticorpi in circolo può silenziare le cellule tiroidee, altrimenti sane. Ne sono esempi la Tiroidite di Hashimoto (presenza di anticorpi diretti contro la tireoperossidasi e la Tireoglobulina, molecole fondamentali per il metabolismo e la sintesi degli ormoni tiroidei).
    • Iatrogeno: distruzione di porzioni di ghiandola dovute a terapie o procedure mediche, come nel caso di una distruzione successiva a trattamento con radioiodio-131 (utilizzato a volte per trattare forme di ipertiroidismo, che proprio in questo modo evolvono poi in ipotiroidismo cronico), oppure tiroidectomia subtotale o totale (rimozione chirurgica della tiroide).
    • Farmaci: molecole come amiodarone, litio e molti altri annoverano tra gli effetti indesiderati anche un possibile ipotiroidismo.
    • Ipotiroidismo congenito (dovuta per esempio all’assenza di tiroide al momento della nascita).
    • Accumulo di sostanze esogene, ad esempio
    • Forme transitorie di alterazione della tiroide:
      • tiroidite silente,
      • tiroidite post-partum,
      • tiroidite subacuta,
      • tiroidite di Riedel (quest’ultima in realtà determina una tale atrofia e fibrosi della tiroide che, sul piano clinico, può poi considerarsi un ipotiroidismo cronico),
      • scarsa aderenza al trattamento da parte del paziente.
  • Ipotiroidismo secondario: mancata stimolazione da parte dell’adenoipofisi, che a sua volta dipende ovviamente da tutte le patologie che possono alterare la normale secrezione ipofisaria di TSH, così come di altri ormoni ipofisari.
  • Ipotiroidismo terziario: mancata stimolazione a livello dell’ipotalamo.

La causa in assoluto più frequente di ipotirodismo è in ogni caso la presenza di un disturbo autoimmune (una forma di ipotiroidismo primitivo); se normalmente il sistema immunitario protegge l’organismo da minacce esterne, in caso di malattie autoimmuni per errore attacca un organo o una ghiandola del proprio stesso organismo. Nel caso dell’ipotiroidismo autoimmune (tiroidite cronica di Hashimoto) il bersaglio è rappresentato dalle cellule tiroidee, che vengono così progressivamente distrutte riducendo conseguentemente la capacità di produzione di ormone tiroideo. È più frequente nelle donne e può esordire a qualsiasi età, ma diventa più comune con gli anni.

Sintomi

L’ipotiroidismo si manifesta generalmente con i seguenti sintomi:

  • stanchezza (astenia), debolezza, facile faticabilità nelle semplici attività della vita quotidiana,
  • pelle secca e disidratata,
  • costante sensazione di freddo,
  • fragilità e perdita dei capelli (alopecia),
  • difficoltà di concentrazione e perdita della memoria,
  • stipsi, aumento di peso nonostante una riduzione dell’appetito,
  • difficoltà respiratoria e affanno (dispnea),
  • alterazioni del ciclo mestruale, fino ad oligomenorrea ed amenorrea secondaria (scomparsa del ciclo mestruale per almeno 6 mesi consecutivi), calo della libido e disfunzione erettile nell’uomo,
  • nelle forme autoimmune (tiroidite di Hashimoto) sembra aumentato il rischio di aborto spontaneo ed infertilità,
  • formicolii (parestesie),
  • riduzione dell’udito (ipoacusia),
  • bradicardia (rallentamento della frequenza cardiaca),
  • riduzione dei riflessi tendini e sviluppo della sindrome del tunnel carpale,
  • edemi periferici (gambe gonfie e stanche).

Essendo l’ipotiroideo un paziente per definizione “rallentato”… anche la stessa insorgenza dei sintomi è di norma progressiva e lenta nel tempo, tanto da passare spesso inosservata; spesso infatti la diagnosi avviene come riscontro occasionale in analisi di routine o per l’evidenza del gozzo (rigonfiamento della ghiandola tiroidea visibile ad occhio nudo e mobile con l’atto della deglutizione), poiché la tiroide incrementa le proprio dimensioni per processi autoimmuni o per iper-stimolazione del TSH al quale purtroppo non riesce a rispondere.

Il paziente in realtà percepisce il cambiamento del suo stile di vita soltanto quando la terapia ripristina la condizione ormonale ottimale, all’interno del range di normalità.

Diagnosi

Ormoni tiroidei

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I test diagnostici procedono in ordine: il primo passo è rappresentato da semplici analisi del sangue, dove per poter parlare di ipotiroidismo dobbiamo riscontrare:

  • TSH aumentato (sta cercando di stimolare la tiroide che non risponde!),
  • fT3 ed fT4 diminuiti.

Quanto detto può variare laddove il deficit di ormoni tiroidei derivi da una mancata stimolazione a monte (ipotiroidismo secondari o terziari), dove il TSH o il TRH saranno quasi totalmente assenti.

Il secondo passo consiste poi nell’individuare la causa, procedendo per esclusione attraverso analisi di laboratorio volte alla ricerca di anticorpi specifici, oppure con metodiche di secondo livello per approfondire la patologia.

Cura

Come numerose altre patologie caratterizzate da una forma di carenza di una sostanza, anche in questo caso la terapia si basa sulla somministrazione della stesso molecola (prodotta in laboratorio) dall’esterno; nel caso dell’ipotiroidismo si somministra la tiroxina o levo-tiroxina (Eutirox® e Tirosint® quelli più conosciuti).

All’inizio del trattamento è importante che il paziente sia consapevole che il processo di adattamento è lento, tanto che i primi controlli vengono in genere programmati a distanza di due mesi circa dall’inizio (o dall’eventuale modifica) del trattamento.

Al raggiungimento dell’equilibrio, che è proprio per ciascun paziente, si raccomanda il dosaggio nel sangue del TSH almeno una volta all’anno (aumentando eventualmente la distanza ogni 2-3 anni se i controllo si mantengono validi per diversi anni).

Prevenzione

La prevenzione dell’ipotiroidismo si concentra soprattutto in quella fascia in cui la condizione può creare i danni maggiori: l’epoca perinatale. Laddove la carenza di ormoni tiroidei non venga diagnosticata può infatti rendersi responsabile di gravi deficit nello sviluppo neurologico (cretinismo).

A tal proposito è bene che ogni donna ottimizzi i proprio livelli TSH ed fT4 prima del concepimento e che in ogni caso sia suggerito un controllo di tali valori durante gli esami di screening del primo trimestre di gravidanza.

In ultima analisi si effettua un ulteriore screening neonatale su tutti i nuovi nati nelle prime ore di vita, così da intraprendere il prima possibile l’eventuale trattamento sostitutivo.

Non dimentichiamo infine come una dieta corretta, in cui il (poco!) sale usato sia sempre iodato, possa ridurre almeno in parte il rischio di andare incontro a carenze future!

Fonti e bibliografia

A cura della Dottoressa Raffaella Ergasti, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.