Leucemia fulminante: sintomi, cause, sopravvivenza

Introduzione

Leucemia fulminante è un’espressione utilizzata per indicare quei casi di leucemia acuta che presentano un decorso clinico così rapidamente evolutivo da portare a morte il paziente in pochi giorni.

Spesso è la leucemia promielocitica a manifestarsi con il triste decorso di leucemia fulminante, una forma poco comune e che presenta particolari caratteristiche, tra le quali una grave sindrome emorragica tra i sintomi d’esordio della malattia ed una specifica anomalia genetica che ne rappresenta tanto l’evento causante quanto il bersaglio delle cure oggi disponibili.

Tra i sintomi più importanti e caratteristici della leucemia fulminante si annoverano:

  • emorragie (lividi inspiegabili, spesso in forma di piccoli punti rossi sotto la pelle, sangue dal naso, sanguinamento delle gengive, sangue nelle urine, sanguinamento mestruale eccessivo, …)
  • anemia (pallore, stanchezza eccessiva, fame d’aria, … )
  • tendenza alle infezioni
  • dolori alle ossa e articolari
  • sintomi sistemici (febbre, sudorazione notturna, perdita di appetito e perdita di peso, …)

È una patologia in cui i sintomi iniziali possono essere molto gravi, ma un tempestivo e precoce riconoscimento ha importanza critica, perché grazie ai progressi terapeutici ottenuti dalla ricerca in campo ematologico la leucemia promielocitica è diventata oggi una malattia dalla quale si può guarire.

Leucemia fulminante

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Cos’è la leucemia promielocitica

La leucemia è un tumore che origina dal midollo osseo ed interessa le cellule del sangue; il midollo osseo è la sede in cui globuli rossi, globuli bianchi e piastrine sono continuamente prodotti a partire da una cellula estremamente indifferenziata, la cellula staminale ematopoietica, attraverso diverse tappe maturative per poi essere immessi nel circolo sanguigno.

La leucemia promielocitica è una leucemia mieloide acuta

  • leucemia: tumore che colpisce le cellule staminali ematopoietiche
  • mieloide: che riguarda il midollo osseo, ed in particolare cellule ematopoietiche responsabili della produzione di tutti gli elementi del sangue ad eccezione dei linfociti (si distingue dalla linfoide)
  • acuta: a decorso rapido

particolarmente aggressiva che colpisce solitamente una fascia di età più bassa rispetto alle altre leucemie dell’adulto, presentando un picco di incidenza intorno ai 40 anni.

Nella leucemia acuta la cellula staminale ematopoietica subisce dei danni al codice genetico responsabili di alterazioni di proliferazione e differenziamento, che si traducono nella produzione di cellule anomale (blasti), che proliferano ma che non maturano e che di conseguenza non sono funzionali, ovvero sono incapaci di esercitare la funzione prevista.

I blasti si accumulano in modo abnorme nel midollo osseo, compromettendo la normale produzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, e da lì possono andare ad invadere il circolo sanguigno e persino raggiungere altri organi.

Nel caso specifico della leucemia promielocitica si osserva un accumulo di una categoria particolare di cellule immature, i promielociti, una tappa normale del differenziamento midollare: le cellule proliferano in maniera incontrollata ma non riescono a maturare oltre lo stadio di promielocita, finendo per occupare fisicamente il tessuto midollare.

Cellule del sangue

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Causa

La causa della trasformazione tumorale è, come in tutti i processi di oncogenesi (insorgenza di un tumore), un danno al DNA: si acquisiscono mutazioni con conseguente alterazione dei meccanismi di controllo della proliferazione e del differenziamento e le cellule da normali diventano neoplastiche, perdendo la capacità di venire correttamente regolate e moderate dai normali sistemi dell’organismo.

Gli organi più soggetti a trasformazione tumorale sono quelli in cui si verifica un elevato tasso di produzione/ricambio,  perché l’errore (danno al codice genetico) si sviluppa prevalentemente durante il processo di divisione cellulare; il midollo osseo è quindi particolarmente esposto al rischio di alterazioni genetiche acquisite, essendo un organo in cui le cellule sono in continua sintesi per l’intero arco della vita.

La Leucemia Acuta Promielocitica in particolare è causata da uno specifico danno genetico acquisito, la traslocazione cromosomica t(15;17) che porta alla formazione del gene ibrido PML/RARα, il quale di fatto codifica per un recettore dell’acido retinoico non funzionante.

Meno chiari sono invece i fattori di rischio responsabili dell’alterazione.

L’evento mutageno che determina la leucemia promielocitica consente la maturazione dei globuli bianchi fino ad un certo stadio (promielocita) per poi bloccarsi proprio a causa della perdita della funzione dell’acido retinoico il quale, a livello del midollo osseo, consente il normale differenziamento delle cellule.

L’alterazione genetica alla base della leucemia promielocitica implica importanti considerazioni sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico, ne viene infatti sfruttata la ricerca come conferma della diagnosi della malattia, oltre ad essere predittiva di risposta favorevole alla terapia.

Sintomi

I sintomi iniziali della leucemia fulminante insorgono inaspettatamente in pazienti che precedentemente non lamentavano alcun disturbo.

Come si riconosce la leucemia fulminante?

È molto frequente l’esordio con una forma aggressiva di alterazione della coagulazione del sangue che si traduce in una sindrome emorragica particolarmente spiccata; la manifestazione clinica più evidente della leucemia promielocitica è la presenza di emorragie, spesso gravi e potenzialmente letali.

Quello della leucemia fulminante è un quadro emorragico particolarmente grave perché dovuto alla carenza di piastrine (comune a tutte le leucemie mieloidi acute) e alla liberazione da parte dei blasti leucemici di sostanze che inducono un’eccessiva degradazione della fibrina  peggiorando drasticamente il quadro complessivo (s’innesca una grave coagulopatia da consumo ed un quadro di coagulazione intravascolare disseminata).

Da un punto di vista pratico si tratta di emorragie cutanee e mucose che si manifestano come

  • porpora, ovvero chiazze emorragiche cutanee di varie dimensioni (da petecchie a larghe ecchimosi generalizzate come grossi lividi)
  • sanguinamenti gengivali (gengivorragia)
  • sangue dal naso (epistassi)
  • emorragie gastrointestinali
    • sangue vivo nelle feci e dall’intestino (rettorragie)
    • feci nere per la presenza di sangue digerito (melene)
  • emorragie polmonari
  • sanguinamenti dal tratto genitale (perdite vaginali di sangue intermestruali ed aumentate durante la mestruazione)
  • sanguinamenti dal tratto urinario (sangue nelle urine).

Particolarmente temibili e causa frequente di mortalità nei pazienti con leucemia fulminante sono le emorragie che insorgono nel tessuto del cervello, soprattutto quando si verificano prima della diagnosi; segni e sintomi dell’emorragia cerebrale sono conseguenti all’ipertensione endocranica determinata dalla raccolta di sangue, che a causa del cranio osseo non trova possibilità di sbocco e determina quindi un effetto di pressione e di infiammazione sul cervello. Si osservano:

  • mal di testa, tipicamente descritto dal paziente come “il più forte mai avuto”
  • vomito (a getto, ovvero particolarmente violento, perché di origine centrale e non originato dal sistema digerente)
  • edema (gonfiore) della papilla ottica all’esame del fondo dell’occhio
  • alterazioni della coscienza, da uno stato di profonda e grave sonnolenza fino al coma
  • deficit neurologici focali (ad esempio compromissione del linguaggio, perdita di sensibilità o deficit motori)
  • crisi epilettiche.

Tra gli altri segni e sintomi, più aspecifici e comuni ad altre forme di leucemia mieloide acuta, ci sono quelli derivanti dalla carenza dei globuli rossi (anemia), che hanno il fondamentale ruolo di trasportare l’ossigeno nel sangue:

La carenza di granulociti neutrofili (neutropenia), quei globuli bianchi che costituiscono la nostra prima linea di difesa contro le infezioni, è responsabile di febbre e di una spiccata tendenza a sviluppare complicanze infettive.

La febbre è dovuta anche alla liberazione da parte delle cellule neoplastiche di citochine responsabili di diversi sintomi sistemici come anche astenia, sudorazione notturna, dolori osteo-articolari e malessere generale, perdita di appetito e di peso.

Sopravvivenza e complicazioni

La leucemia acuta promielocitica è un’emergenza medica che può portare a morte entro pochi giorni, soprattutto a causa della grave sindrome emorragica di cui è responsabile, se non viene riconosciuta fin dall’esordio; tra le complicazioni più temibili e potenzialmente fatali si annoverano

  • Emorragie: soprattutto quelle relative al distretto cerebrale, ma anche quelle particolarmente profuse insorte in altri distretti
  • Infezioni gravi e diffuse come la sepsi.

Le complicanze legate alla terapia, grazie ai progressi più recenti, sono invece decisamente meno frequenti rispetto al passato.

Quanto si vive in caso di leucemia fulminante?

Soprattutto di fronte ai periodici casi di cronaca è molto comune porsi questa difficile e triste domanda, a cui purtroppo non è sempre offrire una risposta altrettanto netta, ma ad oggi la sopravvivenza media a 10 anni è compresa tra l’80-90% dei pazienti.

È importante sottolineare che negli anni ’70 la leucemia promielocitica era una malattia rapidamente fatale nella pressoché totalità dei casi (la morte sopraggiungeva in meno di una settimana) mentre oggi, rispetto al passato e grazie ad enormi progressi terapeutici, quella che era una delle forme di leucemia più aggressive è di fatto diventata una tra le più curabili, a patto che la diagnosi e la terapia siano tempestive.

Diagnosi

La diagnosi deve essere effettuata in maniera corretta e tempestiva, il più precocemente possibile, così da poter instaurare subito una terapia mirata.

A seguito di anamnesi (raccolta di informazioni attraverso una serie di domande) e di esame obiettivo del paziente e dei segni/sintomi che presenta, il primo esame che viene eseguito nel sospetto di leucemia fulminante è un emocromo completo, che richiede un normale prelievo di sangue periferico. Nel caso di una leucemia acuta l’emocromo sarà infatti alterato, mostrando:

  • carenza di globuli rossi (anemia)
  • carenza di piastrine (piastrinopenia)
  • conta dei globuli bianchi aumentata o diminuita (a seconda dell’invasione o meno del torrente circolatorio da parte dei blasti leucemici)

Tra i principali esami effettuati sul prelievo di sangue venoso sono fondamentali anche quelli per indagare l’assetto coagulativo, come la determinazione di PT, aPTT e fibrinogeno.

Ovviamente un quadro anomalo all’esame emocromocitometrico può sottendere molte cause, ma se i sintomi del paziente sono sospetti eseguire un emocromo e trovarlo normale permetterebbe anzitutto di escludere una leucemia e di pensare ad altre diagnosi.

L’esame morfologico dello striscio di sangue periferico è invece dirimente, perché fornisce i primi elementi diagnostici: una goccia di sangue venoso strisciata su un vetrino e osservata al microscopio permette di riconoscere i blasti, nel caso della leucemia promielocitica cellule immature allo stadio di promielocita.

Talvolta i blasti sono completamente assenti nel sangue periferico ed è necessario riscontrare la leucemia direttamente all’interno del midollo. L’agoaspirato midollare è l’esame fondamentale per la diagnosi: si preleva il sangue midollare tramite un ago e al microscopio si evidenzia il quadro patologico caratterizzato da numerosi blasti. Oltre all’esame morfologico e immunofenotipico, sul prelievo di sangue midollare è possibile eseguire l’analisi citogenetica e genetica molecolare:

L’analisi citogenetica dimostra la presenza della traslocazione t(15;17) nei blasti leucemici. Se la citogenetica risulta negativa per tale traslocazione si ricorre alla biologia molecolare per dimostrare la presenza del gene di fusione PML/RARα.

La biopsia ossea, l’asportazione di un campione di osso per andare a visualizzare le caratteristiche del midollo osseo in esso contenuto, non si fa di routine nelle leucemie acute ma si riserva per i casi in cui all’aspirato non si ottenga materiale.

Di supporto è la diagnostica per immagini, ad esempio una TC per evidenziare un’emorragia cerebrale.

 

Come si cura la leucemia promielocitica?

La prognosi è tanto più positiva quando più rapido è l’inizio della terapia di supporto, in particolare volta a riconoscere e correggere la coagulopatia e sostenere il paziente con trasfusioni di concentrati piastrinici, emoderivati e plasma fresco congelato (che contiene i fattori della coagulazione).

È poi necessario instaurare una terapia specifica, con l’obiettivo di eliminare i blasti leucemici, di fondamentale importanza alla luce degli altissimi tassi di guarigione oggi ottenibili in questa leucemia.

Tra i farmaci chemioterapici, la leucemia acuta promielocitica ha un’estrema sensibilità alle antracicline ed in particolare alla idarubicina.

La ricerca a livello genetico-molecolare e la comprensione dei meccanismi molecolari responsabili è stata determinante per la scoperta di un modo per curare la leucemia perché è proprio la presenza dell’alterazione genetica causante la malattia a rendere il tumore altamente sensibile all’azione farmacologica dell’Acido All-Trans Retinoico (ATRA), un derivato della vitamina A con azione altamente selettiva che permette la differenziazione dei promielociti verso i successivi stadi di maturazione.

L’introduzione dell’ATRA e la sua associazione con le antracicline hanno trasformato quella che era una forma di leucemia inesorabilmente mortale nella leucemia mieloide acuta dell’adulto, dalla quale più frequentemente si può guarire.

La leucemia promielocitica è una malattia in cui i progressi terapeutici sono stati ottenuti anche grazie al lavoro svolto da gruppi di ricercatori italiani: il gruppo cooperativo italiano GIMEMA ha proposto per i pazienti non ad alto rischio uno schema di trattamento basato sull’utilizzo dell’ATRA associato al triossido di arsenico, quindi privo di chemioterapici, che rispetto all’altro schema terapeutico (ATRA e antracicline) è chiaramente meno tossico.

Questo ha diminuito la mortalità e morbidità correlata alla terapia, aumentando il tasso di guarigione da questa malattia.

 

A cura della Dr.ssa Cristina Chiappalone, medico chirurgo

 

Fonti e bibliografia

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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