Introduzione
Il nostro cervello, così come il resto del sistema nervoso centrale, è avvolto da un sistema di rivestimento con funzione protettiva: le meningi. Si tratta di tre membrane sovrapposte (dura madre, aracnoide e pia madre) fra le quali scorre un fluido detto liquido cefalo-rachidiano (o liquor).

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Questo apparato non solo protegge il tessuto nervoso dai traumi esterni, ma è in grado di filtrare le sostanze nocive impedendo che possano raggiungere il cervello.
La meningite, ovvero l’infiammazione delle meningi, è una patologia tristemente nota a causa della sua elevata mortalità e contagiosità.
Quando si parla di meningite, in effetti, è facile pensare ai titoli allarmanti della cronaca e alla paura generata dalla scoperta di un nuovo focolaio di infezione; ma quanto di questo timore è giustificato? E quali sono realmente i rischi di questa patologia? In questo articolo cercheremo di fornire tutte le informazioni necessarie per rispondere a queste e altre domande sulla meningite. Non rappresenta un’alternativa al parere proprio medico curante, al quale vi raccomandiamo di rivolgervi per ogni ulteriore dubbio.
Cause
Nella quasi totalità dei casi la meningite è causata da un’infezione, che può essere di tre tipi:
- Infezione virale: È la forma più frequente di meningite, ma anche la meno grave. Può essere chiamata anche meningite asettica in contrapposizione alla forma batterica. I microrganismi più spesso:
- enterovirus (che da soli sono responsabili di circa l’85% delle meningiti virali),
- herpesvirus (fra cui l’herpes simplex, lo stesso agente causale dell’herpes labiale e genitale).
- Infezione batterica: La meningite batterica è generalmente più temibile di quella virale, presentando un tasso di mortalità non indifferente. Alcuni dei batteri comunemente responsabili della malattia sono la Neisseria meningitidis (o meningococco, che come vedremo è responsabile delle forme epidemiche), lo Streptococcus pneumoniae (o pneumococco), l’Haemophilus influenzae e la Listeria monocytogenes.
- Infezione fungina: Si tratta di un’eventualità rara, generalmente limitata ai soli pazienti immunodepressi (persone il cui sistema immunitario è patologicamente indebolito, per esempio dall’AIDS). In questo caso la meningite è particolarmente pericolosa in quanto va a complicare un quadro già delicato.
Esistono anche forme in cui la meningite non è sostenuta da un’infezione: in questi rari casi tale patologia può essere conseguenza di una malattia infiammatoria sistemica (ad esempio la sarcoidosi o il lupus eritematoso sistemico) o una reazione avversa ai farmaci.
Fattori di rischio
Un fattore di rischio è una qualsiasi condizione che renda una persona più vulnerabile allo sviluppo di una malattia. Possono essere considerati fattori di rischio per la meningite infettiva:
- Immunodepressione: L’immunodepressione è una condizione che indebolisce il nostro sistema immunitario, rendendoci quindi più facilmente vittima di infezioni. Può essere dovuta ad una patologia oppure ad un trattamento medico (come nel caso del trapianto, in cui il paziente viene immunosoppresso per evitare una reazione di rigetto contro l’organo trapiantato).
- Appartenenza a specifiche fasce d’età: Sono più a rischio di sviluppare meningite i bambini al di sotto dei cinque anni e i grandi anziani, le stesse categorie nelle quali la malattia si presenta in forma più grave. È un’eccezione a questa regola la meningite da meningococco, che tende invece a colpire i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti.
- Stretto contatto con persone infette: La definizione di “stretto contatto” include le persone che condividono gli stessi ambienti del malato (ad esempio coinquilini e colleghi di lavoro), coloro che hanno dormito e/o mangiato con lui e coloro che sono stati a diretto contatto con la sua saliva (ad esempio attraverso il bacio o la condivisione di strumenti come bicchieri, posate o spazzolini da denti).
Trasmissione e contagio
Le modalità di trasmissione della meningite dipendono dal suo agente causale, ma di norma la via privilegiata è quella aerea (ovvero tramite minuscole particelle di liquido sospese nell’aria che respiriamo).
La contagiosità della meningite è, contrariamente all’opinione comune, solitamente bassa: l’unica forma di meningite capace di dare focolai epidemici è quella sostenuta dal meningococco. Qualora si sospetti un’infezione da meningococco, quindi, è prassi che venga somministrata una terapia antibiotica profilattica a tutti coloro che sono stati a contatto con il paziente in modo da limitare la diffusione dell’infezione.
Proprio per prevenire la propagazione della meningite in forma epidemica è attivo dal 1994 in Italia un sistema di sorveglianza nazionale che obbliga i medici alla segnalazione di qualsiasi caso di meningite. I dati derivanti da questa sorveglianza sono disponibili sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).
Sintomi
I tre sintomi caratteristici con cui si presenta la meningite sono:
- Cefalea: Il mal di testa è il sintomo più comune. Si localizza nella regione della fronte o dietro gli occhi e solitamente è associato a fotofobia (senso di dolore o fastidio in presenza di troppa luce).
- Rigidità nucale: Con rigidità nucale si intende la difficoltà nel piegare il collo in avanti; è un sintomo molto specifico, che talvolta può essere la chiave in grado di guidare la diagnosi.
- Febbre: La febbre è solitamente alta e continua.
Gli elementi sopra descritti, benché comuni, non sono tuttavia sempre presenti, inoltre il quadro clinico potrebbe comprendere anche
- nausea e vomito,
- alterazione dello stato di coscienza
- e convulsioni.
Una parentesi a sé stante è costituita dai neonati, nei quali la meningite può avere manifestazioni molto più sfumate e aspecifiche come
- irritabilità,
- sonnolenza,
- scarso appetito
- e pianto inconsolabile.
In questo caso, oltre alla rigidità nucale, c’è un altro segno che può indirizzare il sospetto verso la meningite: la bombatura della fontanella bregmatica (cioè la parte non ossificata sul vertice del cranio).
Diagnosi
Per porre diagnosi certa di meningite occorre dimostrare la presenza dell’infezione nelle meningi e per farlo è possibile ricorrere ad una serie di esami di laboratorio e strumentali.
È importante ricordare che, data la potenziale letalità della malattia, l’atteggiamento terapeutico più corretto in caso di sospetta meningite è quello di iniziare una terapia antibiotica ad ampio spettro prima di avere conferma della diagnosi. Il trattamento precoce, infatti, è uno dei fattori che migliora la prognosi della malattia. La terapia somministrata potrà poi essere adeguata una volta ottenuti i risultati degli esami.
Esami del sangue e emocoltura
Dagli esami ematochimici possiamo ricavare informazioni importanti sullo stato infiammatorio del paziente e sull’eventuale presenza di infezione.
La presenza di infiammazione viene valutata attraverso parametri come
- la proteina C reattiva (PCR)
- e la velocità di eritrosedimentazione (VES).
L’infezione va invece sospettata quando i globuli bianchi nel sangue (cellule chiave del sistema immunitario, il nostro sistema di difesa) sono superiori alla norma, ed è anche possibile ipotizzare una causa batterica o virale a seconda di quale sottospecie di globuli bianchi sia maggiormente rappresentata.
Infine l’emocoltura consiste nel far crescere in provetta i microrganismi presenti nel sangue in modo da poterli poi identificare: è un esame importante sia ai fini della diagnosi che della terapia, ma purtroppo impiega qualche giorno prima di dare i suoi risultati ed è gravato da un certo numero di falsi negativi (non è detto, infatti, che lo stesso microrganismo che infetta le meningi possa essere ritrovato anche nel sangue).
Puntura lombare
È l’esame più importante e consiste nel prelievo di un campione di liquido cefalorachidiano direttamente dallo spazio fra le meningi.
Il prelievo si effettua per mezzo di un ago che viene inserito fra le vertebre lombari del paziente; le meningi infatti si spingono fino a questa sede per avvolgere l’ultima parte del midollo spinale.
Si tratta di un esame tanto invasivo quanto utile per la diagnosi; consente inoltre di discriminare il tipo di infezione in atto (virale, batterica o fungina), mentre la coltura del liquor potrà identificare precisamente il microrganismo responsabile della malattia.
Tecniche neuroradiologiche
Gli esami neuroradiologici consentono di ottenere direttamente immagini dell’encefalo e valutare così lo stato delle meningi.
Le tecniche principali sono due,
- la Tomografia Computerizzata (TC o TAC)
- e la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN).
Entrambe presentano vantaggi e svantaggi; in generale, la RMN sarebbe preferibile in quanto è una tecnica più precisa e non utilizza radiazioni ionizzanti, ma è un esame che dura molto e non è disponibile in tutti in centri.
Prognosi e sopravvivenza
La prognosi della meningite è diversa a seconda del tipo di infezione:
- Per quel che riguarda le infezioni virali, negli adulti la prognosi è eccellente: solitamente il quadro si risolve nell’arco di 7-10 giorni senza conseguenze permanenti. Nei neonati, invece, gli esiti sono meno favorevoli e la malattia può lasciare sequele come perdita dell’udito e deficit intellettivo.
- Le meningiti batteriche sono generalmente più gravi e sono caratterizzate da elevata mortalità, soprattutto nel caso di soggetti giovani o molto anziani. Circa un quarto dei pazienti che sopravvivono alla malattia, inoltre, presenta conseguenze permanenti fra cui perdita dell’udito, della vista, deficit intellettivi e mnemonici, deficit motori e epilessia.
Cura
Il trattamento della meningite si basa sulla somministrazione di:
- Antinfiammatori: Agiscono risolvendo lo stato infiammatorio per prevenire il danno a livello meningeo. Data la potenziale gravità della malattia, vengono spesso utilizzati farmaci steroidei con elevata potenza antinfiammatoria (ad esempio il prednisone e il desametasone).
- Terapia antibiotica empirica: Come abbiamo già visto, la meningite batterica è una malattia potenzialmente letale e la prognosi può essere influenzata favorevolmente dalla tempestiva somministrazione di una terapia antibiotica. Ecco perché il solo sospetto di meningite batterica merita la prescrizione di un antibiotico ad ampio spettro (ad esempio una cefalosporina di ultima generazione), senza attendere il risultato degli esami e quindi la conferma della diagnosi. La terapia antibiotica potrà poi essere modificata sulla base degli esiti delle colture o, eventualmente, sostituita con una terapia antivirale o antimicotica.
Profilassi
Alla luce del grave rischio di esito fatale legato alla meningite batterica, è opportuno attuare una forma di protezione attiva verso tutti i soggetti entrati in contatto con il paziente, che si attua attraverso la cosiddetta profilassi, ovvero una terapia antibiotica di copertura in prevenzione di un eventuale e solo possibile contagio.
Una volta identificato il patogeno, qualora si tratti di meningococco o H. influenzae di tipo b si procede all’identificazione dei conviventi e delle persone che abbiano avuto contatti stretti con l’ammalato nei 10 giorni precedenti la diagnosi, periodo ritenuto sufficiente in considerazione del tempo d’incubazione massimo.
Tra gli antibiotici più utili allo si ricorre a
- rifampicina ogni 12 ore per 2 giorni,
- ciprofloxacina per via orale in dose unica,
- ceftriaxone per via intramuscolare in dose unica.
Vaccino
Oltre ad evitare il contatto stretto con i malati e all’attuazione di terapia profilattica quando necessario, la misura di prevenzione più efficace è sicuramente il vaccino.
L’adozione di protocolli di vaccinazione ha già dimostrato in passato la propria efficacia nel ridurre il numero di meningiti infettive e ad oggi in Italia sono disponibili vaccini per molti dei patogeni responsabili di questa patologia, tra cui:
- meningococco (sierotipi A, B, C, Y e W135),
- pneumococco
- e l’Haemophilus influenzae di tipo B.
Per ulteriori informazioni sull’utilità e sulla possibilità della vaccinazione vi consigliamo comunque di rivolgervi al vostro medico curante.

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Bibliografia
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A cura del Dottor Daniele Busatta, medico chirurgo
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