Introduzione
Il morbillo è una malattia infettiva acuta con altissimo indice di contagiosità (97/98%).
L’agente causale è un virus che ha come unico ospite l’uomo, per cui la malattia è in teoria facilmente eradicabile in assenza di altri serbatoi di infezione; prima dell’introduzione della vaccinazione era una malattia endemica, diffusa cioè in tutto il mondo, mentre attualmente rimane tale soprattutto nei Paesi tropicali, dove non viene praticata sistematicamente la vaccinazione. Nei Paesi industrializzati il morbillo si presenta invece con piccole epidemie tra gli adulti e gli adolescenti vaccinati nella prima infanzia, qualora non sia stato praticato un richiamo successivo, anche se purtroppo la diminuzione dell’aderenza alla vaccinazione ne ha determinato una significativa recrudescenza negli ultimi anni.
La trasmissione del virus avviene per via aerea; la contagiosità è massima durante il primo periodo dell’infezione, quando cioè si manifestano sintomi simil-influenzali (periodo catarrale); il contagio avviene tramite l’ingresso diretto del virus nelle vie respiratorie, con una successiva diffusione per via ematica e l’infezione da parte del virus di alcune cellule immunitarie e della cute.
La recettività dell’essere umano, cioè la capacità di essere ricettivo e quindi infettato dal virus stesso, inizia dopo il quarto-sesto mese di vita, esaurito cioè il patrimonio anticorpale acquisito dalla madre vaccinata o che abbia superato la malattia; la fascia di età più colpita in assenza di vaccinazione è quella che va dai due ai dieci anni.
Il paziente con morbillo dev’essere isolato per cinque giorni dalla comparsa dell’esantema, per ridurre il rischio di contagio; gli individui esposti ad un maggior rischio in caso di contagio sono i bambini molto piccoli (età inferiore a 1 anno) e i soggetti immunodepressi.
È importante seguire scrupolosamente le comuni norme igieniche, in quanto il virus è in grado di sopravvivere fino a diverse ore nell’ambiente, rendendo così possibile anche un contagio indiretto, per esempio toccando superfici infette con le mani e portando poi queste alla bocca, al naso o agli occhi.
Superata l’infezione, l’immunità duratura è pressoché certa.
Il morbillo appartiene alla categoria delle malattie dette “esantematiche”, caratterizzate cioè dalla comparsa di un esantema, ossia un’eruzione cutanea acuta di colore rossastro che può avere diverse caratteristiche a seconda della malattia contratta. Nel morbillo l’esantema è prevalentemente una conseguenza del danno subito dalle cellule che rivestono i vasi sanguigni (cellule endoteliali), causato dalla replicazione virale nelle cellule infettate.
Il virus determina immunodepressione, ossia un indebolimento delle difese immunitarie che può essere causa di riattivazione di altre patologie (per esempio herpes simplex).
Sintomi
L’incubazione del morbillo, ossia il periodo che va dal contagio allo sviluppo dei sintomi, ha durata variabile, ma pari generalmente a due settimane.
I primi sintomi a comparire sono
- disturbi respiratori:
- tosse stizzosa,
- starnuti,
- secrezione nasale sierosa o siero-mucosa,
- congiuntivite con lacrimazione e fastidio alla luce (fotofobia);
- febbre lieve o moderata,
- inappetenza o anoressia (rispettivamente calo o soppressione dell’appetito)
- arrossamento del palato e della gola, con comparsa di macchiette bianche circondate da un alone rosso sulla mucosa della guancia, dette “ a spruzzo di calce” per la loro forma, tipica del morbillo; sono conosciute come segno di Koplik e sono purtroppo fugaci, comparendo e scomparendo nell’arco di 12-18 ore e talora (nel 10% dei casi) mancando del tutto: ciò nondimeno la loro scoperta ha un grande valore diagnostico, perché costituisce il segno più tipico della malattia, consentendo la diagnosi in un periodo molto precoce (periodo prodromico).
Dopo una parziale remissione della sintomatologia con caduta della febbre, inizia, con un nuovo brusco rialzo termico al quinto giorno circa, il periodo esantematico, che è caratterizzato da:
- febbre alta, che sale improvvisamente fino a 40-41 °C,
- sviluppo dell’esantema, in forma di un’eruzione cutanea di colorito rosso acceso e caratterizzata da lesioni pianeggianti (macule) e sopraelevate in un secondo momento (papule), che tendono a confluire in grosse lesioni a margini irregolari (la cute interposta rimane integra).
L’esantema tende ad esordire a livello del viso, del collo e della regione latero-cervicale alta- posteriormente all’orecchio (regione mastoidea), per poi diffondersi a tutto il corpo, compresi palmo delle mani e piedi (ha cioè un andamento cranio-caudale, che va dall’alto in basso, seguendo il percorso testa-piedi); si associa un ingrossamento dei linfonodi (linfoadenomegalia) soprattutto a livello laterocervicale, dell’angolo mandibolare e nucale ed è frequente, soprattutto nei lattanti e nei bambini piccoli, la comparsa di
- dolore addominale,
- vomito,
- alterazioni della minzione.
L’eruzione si completa solitamente in tre giorni.
Dopo circa una settimana si ha la caduta della febbre con rapida ripresa delle condizioni generali; gradualmente l’esantema inizia a scomparire (secondo lo stesso schema con cui è comparso), lasciando tuttavia una desquamazione biancastra caratteristica.
Oltre al quadro appena descritto esistono dei quadri atipici:
- forma lieve o abortiva: solitamente si sviluppa in situazione di parziale immunità, in lattanti che hanno ancora una quota di anticorpi materni, in soggetti che hanno ricevuto immunoglobuline (anticorpi) antimorbillo nel periodo di incubazione o che sono stati vaccinati da molti anni;
- forma emorragica: caratterizzata da piccole emorragie sottocutanee (petecchie), perdita di sangue con le urine e/o con le feci, sanguinamento nasale (epistassi). In questa situazione sono solitamente alterati gli indici della coagulazione e sono ridotte di numero le piastrine (piastrinopenia).
Diagnosi
La diagnosi è quasi impossibile nel periodo iniziale, in quanto può facilmente essere confusa con svariate affezioni virali respiratorie; è comunque sostanzialmente una diagnosi clinica, in cui valore determinante hanno sia il caratteristico andamento dell’esantema, con la sua tipica diffusione testa-piedi della durata di tre giorni, che la presenza di segni tipici come le macchie di Koplik associate alla tosse; per una diagnosi di certezza è possibile inoltre eseguire:
- la ricerca di anticorpi specifici sul sangue,
- ricerca di particelle (antigeni) virali e di particolari aggregati di cellule giganti esaminando uno striscio di secrezioni respiratorie, nelle urine e/o nel sangue.
Il morbillo va in diagnosi differenziale con altre malattie esantematiche o comunque dalla simile presentazione e sintomatologia, quali
- scarlattina,
- rosolia,
- mononucleosi,
- sesta malattia,
- sindrome di Kawasaki (vasculite),
- reazioni da farmaci (spesso di natura allergica).
Complicazioni
Il morbillo può complicarsi con forme più o meno gravi, che riguardano l’apparato respiratorio e il sistema nervoso e, in misura minore, orecchio e cavità orale.
Le principali complicanze sono rappresentate da:
- otite: rappresenta la complicanza più frequente, dovuta a sovra-infezione batterica;
- polmonite: compare solitamente in quinta giornata di malattia ed è la complicanza che più spesso ha esito fatale. Può essere causata sia dall’infezione virale stessa che da sovra-infezione batterica.
- encefaliti:
- encefalite rapida post-eruttiva: compare precocemente, durante il decorso dell’esantema;
- encefalite acuta: compare più tardivamente alla fine del periodo esantematico;
- panencefalite subacuta sclerosante: la più rara, rappresenta una forma particolarmente grave con una mortalità praticamente del 100%, che si manifesta diversi anni dopo (5-8) l’infezione primaria ed è dovuta alla persistenza negli anni del virus a livello cerebrale che va incontro a riattivazione;
- laringite stenosante.
Altre complicanze meno frequenti comprendono:
- congiuntivite con possibili ulcerazioni corneali,
- riduzione del numero di piastrine (piastrinopenia),
- epatite (infiammazione del fegato),
- appendicite (infiammazione dell’appendice),
- colite (infiammazione intestinale),
- pericardite (infiammazione del pericardio, la membrana che riveste il cuore).
I soggetti in stato di immunodepressione sono più soggetti a complicanze, soprattutto da sovra-infezione batterica.
Gravidanza
L’infezione nella donna in gravidanza non sembra essere responsabile di malformazioni fetali, ma può talora provocare aborto o parto prematuro.
Cura
Non essendoci farmaci in grado di guarire la malattia, la terapia è essenzialmente sintomatica e prevede misure di supporto, con:
- adeguata idratazione e riposo,
- farmaci sintomatici:
- sedativi della tosse,
- antipiretici (Tachipirina per la febbre),
- antinfiammatori (Ibuprofene e simili, da evitare l’Aspirina al di sotto dei 16 anni per rischio di gravi reazioni quali la sindrome di Reye),
- colliri astringenti per la congiuntivite e protezione dalla luce per la fotofobia,
- vitamina A, che sembra migliorare il quadro clinico della malattia (soprattutto in caso di carenza, rara nei Paesi occidentali).
Importante il ruolo di farmaci in grado di prevenire le complicanze, quali antibiotici soprattutto in caso di polmonite.
Prevenzione
Il vaccino, obbligatorio per legge, è disponibile in due forme:
- trivalente: morbillo, rosolia e parotite (MPR),
- tetravalente: morbillo-parotite-rosolia-varicella (MPRV).
Il calendario vaccinale italiano prevede la prima dose nel secondo anno di vita e la seconda a 6 anni; generalmente il vaccino viene somministrato dopo il 13esimo-15esimo mese di vita, perché prima potrebbe essere inefficace per la presenza di anticorpi di origine materna.
Le reazioni indesiderate sono piuttosto scarse (febbre, rash cutaneo) e compaiono nei 5-12 giorni successivi. L’unica complicanza seria è rappresentata dall’encefalite, che si osserva in 1:1.000.000 di vaccinati.
Confrontando queste frequenze con quelle dell’encefalite quale complicanza della malattia, risulta evidente l’utilità della vaccinazione.
Si può vaccinare anche in periodo di epidemia o dopo recente contagio (48 ore).
Il vaccino è invece controindicato nei seguenti casi:
- nelle donne in gravidanza,
- nei soggetti immunocompromessi e nei pazienti interessati da specifiche patologie (leucemie, tubercolosi, patologie tumorali),
- soggetti allergici alla gelatina e alla neomicina (antibiotico) non dovrebbero essere vaccinati per il rischio di gravi reazioni.
La profilassi passiva, con somministrazione di immunoglobluline entro il quinto giorno dal contagio, mira alla prevenzione o all’attenuazione della malattia; ha una durata limitata a tre-quattro settimane e va limitata a
- bambini di età inferiore a 1 anno,
- donne in gravidanza,
- soggetti immunocompromessi.
A cura della Dr.ssa Elisabetta Fabiani, medico chirurgo