Pancreatite acuta: sintomi, cause e cura

Introduzione

La pancreatite acuta è una patologia definita da:

  • presenza di un processo infiammatorio ad insorgenza improvvisa, a carico del pancreas e dei tessuti peripancreatici;
  • dolore addominale molto intenso, ad insorgenza altrettanto improvvisa;
  • concomitante aumento significativo degli enzimi pancreatici (amilasi e lipasi);
  • alterazioni strutturali acute del pancreas, rilevate con indagini radiologiche.

I sintomi iniziali comprendono quindi tipicamente dolore addominale, da moderato a severo che comparire improvvisamente, accompagnato da nausea e mancanza di appetito.

La pancreatite acuta, pur manifestandosi con un’intensa sintomatologia dolorosa, può avere un decorso molto variabile, presentandosi come un processo:

  • lieve, il più delle volte, che, che attraverso il semplice riposo intestinale (digiuno) e appropriati trattamenti, si autolimita,
  • moderato, con un processo flogistico molto intenso ed esteso, che può richiedere un intervento chirurgico,
  • grave (raro), che si estende a dare un coinvolgimento multiorgano, spesso fatale.

Questa patologia è molto importante per diversi aspetti:

  • si manifesta con un dolore acuto e molto grave, essendo tra le cause più frequenti di dolore addominale acuto e una delle cause più frequenti di afferenza al pronto soccorso;
  • può essere gravata da complicanze molto gravi, è necessario pertanto riconoscerla tempestivamente, al fine di instaurare il trattamento adeguato, per evitarne le conseguenze;
  • può recidivare, pertanto è opportuno conoscere le cause alla base dell’insorgenza della stessa e rimuovere i fattori di rischio, per evitarne la reinsorgenza.

La pancreatite acuta è una patologia comune, ogni anno si contano circa 10-20 casi su 100.000 abitanti; la fascia di età più colpita è quella adulta, con un picco di incidenza tra i 30 e i 50 anni.

La pancreatite acuta da calcolosi dell’albero biliare e quella alcolica costituiscono insieme l’80% di tutte le forme; la pancreatite calcolotica costituisce il 35-60% dei casi ed è più frequente nelle donne (rapporto uomini/donne è di 1:6), la forma etilica è più frequente nell’uomo (rapporto uomini/donne 3:1).

Pancreas

Il pancreas è una ghiandola (organo preposto alla secrezione di ormoni) mista, con

  • componente maggioritaria esocrina (secrezione di ormoni attraverso un dotto escretore all’esterno del corpo, o in una cavità comunicante con l’esterno come il tratto digestivo)
  • e una minoritaria componente endocrina (secrezione di ormoni riversati nel sangue).

È localizzato nella regione posteriore dell’addome (è un organo retroperitoneale), subito davanti ai corpi delle vertebre lombari L1-L2.

Infografica semplificata della pancreatite acuta

iStock.com/VectorMine

Il pancreas esocrino è responsabile della produzione di un secreto acquoso che, riversato nel duodeno (la prima porzione dell’intestino tenue) per mezzo del dotto pancreatico di Wirsung (dotto escretore principale del pancreas, che si apre nel duodeno attraverso una struttura definita papilla di Vater), è indispensabile per i processi digestivi.

Il secreto pancreatico è costituito da:

  • bicarbonato: che neutralizza il l’acido gastrico che giunge al duodeno, al fine di attivare gli enzimi pancreatici;
  • enzimi proteolitici (tripsinogeno, chimotripsinogeno, procarbossipeptidasi, proelastasi): si tratta di enzimi inattivi che, una volta giunti nell’intestino, vengono attivati e sono quindi in grado di digerire le proteine ingerite con la dieta;
  • enzimi lipolitici (lipasi, fosfolipasi): sono enzimi in grado di digerire la frazione lipidica degli alimenti;
  • amilasi: provvedono alla digestione dei carboidrati, riducendoli in zuccheri semplici.

Il pancreas endocrino è responsabile della produzione di ormoni implicati nel controllo di diverse funzioni metaboliche:

  • insulina,
  • glucagone,
  • somatostatina,
  • polipeptide pancreatico,
  • VIP (Polipeptide Vasoattivo Intestinale).

Cause

Fisiologicamente gli enzimi deputati alla digestione proteica secreti dal pancreas sono prodotti in forma inattiva; quando giungono nel duodeno, il primo tratto dell’intestino che si trova subito dopo lo stomaco, trovano condizioni ambientali specifiche che ne innescano l’attivazione attraverso una reazione a catena.

Questo meccanismo è importante perché, se gli enzimi fossero rilasciati direttamente in forma attiva, sarebbero in grado di digerire le proteine strutturali del pancreas (autodigestione), lesionandolo. Questo fisiologicamente non avviene perché il pancreas ha alcuni sistemi di protezione:

  • secrezione di enzimi inattivi,
  • rilascio di fattori inibitori, che ostacolano l’attivazione degli enzimi,
  • compartimentalizzazione degli enzimi: gli enzimi prodotti, prima di essere rilasciati dal pancreas, vengono depositati in organelli cellulari con PH acido, che rende difficoltosa l’attivazione enzimatica.

Nonostante questi meccanismi di difesa è possibile che, in seguito alla presenza di fattori di rischio, gli enzimi possano passare nella loro forma attiva, distruggendo le proteine pancreatiche. Si instaura pertanto un’autodigestione del pancreas. Questo meccanismo è alla base dell’instaurarsi di un danno pancreatico, che è responsabile del richiamo di liquidi (essudato) e cellule infiammatorie, scatenando l’insorgenza dell’infiammazione del pancreas ed eventualmente del tessuto grasso che circonda il pancreas (tessuto peripancreatico), causando la pancreatite acuta.

Le cause che possono scatenare l’autodigestione pancreatica sono varie, ma le più frequenti comprendono:

  • Litiasi biliare: In Italia la litiasi biliare (presenza di calcoli nella colecisti) è la causa più frequente di pancreatite, soprattutto nelle donne. Per litiasi si intende la presenza di calcoli a livello dell’albero biliare. Questi si localizzano comunemente nella colecisti e qui possono rimanervi senza dare complicanze anche per tutta la vita. Talvolta, tuttavia, questi calcoli possono migrare dalla colecisti verso il dotto cistico (il condotto che mette in comunicazione la colecisti con la via biliare principale), ostruendolo e dando origine a dolore molto intenso (colica biliare). I calcoli il più delle volte ritornano nella colecisti, disostruendo il dotto cistico, in modo che la colica si autorisolva, oppure possono:
    • essere espulsi nel coledoco (via biliare principale),
    • incastrarsi a livello della papilla di Vater (la regione comune di sbocco del coledoco e del dotto pancreatico nel duodeno),
    • talvolta, alcuni calcoli molto piccoli possono prendere la via del dotto di Wirsung e raggiungere il pancreas.

    In questi ultimi casi, possono determinare un’ostruzione della via biliare principale, ostacolando il deflusso biliare e favorendo un aumento della pressione nei vasi biliari. Considerato che la via biliare e quella pancreatica sono in comunicazione a livello della papilla di Vater, l’aumento pressorio si registra anche a livello del dotto pancreatico e dei canalicoli pancreatici di calibro minore che vi confluiscono. Questo determinerà un ristagno del secreto pancreatico, che è il meccanismo di base principale che può favorire l’attivazione degli enzimi pancreatici e quindi la flogosi del pancreas.

  • Alcool: L’alcolismo, acuto o cronico, può essere causa di pancreatite. In Italia, per frequenza, è la seconda causa, soprattutto negli uomini. Infatti l’alcool può:
    • determinare uno spasmo (contrazione rapida e intensa) dello sfintere di Oddi (lo sfintere localizzato a livello della papilla di Vater) che ostacola il deflusso biliare, favorendo l’incremento pressorio e quindi il ristagno di bile, con conseguente attivazione degli enzimi pancreatici;
    • favorire il rilascio di un secreto pancreatico più viscoso, perché ricco di proteine, il quale pertanto defluisce più lentamente, potendo ostruire i dotti pancreatici e favorire il ristagno del secreto, che favorisce l’attivazione enzimatica.
    • avere un effetto tossico diretto sulle cellule pancreatiche (soprattutto nel caso di alcolismo cronico).
  • Idiopatica (senza causa): La pancreatite idiopatica è al terzo posto in ordine di frequenza. Sebbene vengano definiti idiopatici, in molti casi è possibile individuare dei microcalcoli che favoriscono il ristagno del succo pancreatico.

Cause più rare comprendono:

  • Ipercalcemia: L’aumento della concentrazione di calcio ematico, soprattutto secondario all’iperparatiroidismo, può essere un fattore favorente.
  • Ipertrigliceridemia: L’aumento della concentrazione dei trigliceridi ematici può essere un fattore rilevante. L’ipercolesterolemia (aumento del colesterolo totale, LDL o HDL) non è invece un fattore di rischio.
  • Farmaci: Tra i farmaci che più frequentemente possono scatenare una pancreatite ci sono:
    • diuretici (soprattutto i diuretici dell’ansa, come la furosemide e tiazidici, come l’idroclorotiazide),
    • azatioprina/6-mercaptopurina,
    • didanosina,
    • tetracicline,
    • simvastatina (una statina usata per il controllo del colesterolo).
  • Pancreatite post-colangiopancreatografia retrograda per via endoscopica (CPRE): È un esame diagnostico-terapeutico che viene eseguito soprattutto in caso di coledocolitiasi (calcoli nel coledoco), per visualizzare le via biliare principale e disostruirla da eventuali calcoli incuneati. Si esegue con un tubicino flessibile introdotto nel cavo orale e sospinto fino al duodeno, per poi penetrare nella via biliare attraverso la papilla di Vater; può pertanto causare un danno, o un edema a livello di quest’ultima, provocando l’aumento pressorio nei dotti biliari e pancreatici, con successiva attivazione enzimatica.
  • Pancreatite autoimmune: Le patologie autoimmuni sono patologie caratterizzate da un’alterazione della risposta immunitaria, a causa della quale, strutture del proprio corpo sono riconosciute antigeniche (estranee), diventando il bersaglio di una vivace risposta infiammatoria, che arreca un danno strutturale a carico dell’organo colpito. Raramente il pancreas può diventare il bersaglio di autoanticorpi, che provvedono all’attivazione della risposta immunitaria e quindi al danno strutturale e funzionale del pancreas.
  • Esposizione a molecole tossiche (come pesticidi, o veleni);
  • Insufficienza renale.
  • Chetoacidosi diabetica: complicanza prettamente del diabete mellito di tipo I, soprattutto nei bambini.
  • Infettiva: L’infiammazione può essere scatenata raramente da un processo infettivo:
    • virale: l’agente eziologico più frequente è il Paramyxovirus, responsabile della parotite epidemica (orecchioni), questa, soprattutto se contratta in età adulta, può essere associata a diverse complicanze, tra le quali la pancreatite. Il secondo agente eziologico più frequente è il Citomegalovirus, soprattutto nei pazienti immunocompromessi;
    • batterico;
    • parassitario, tra gli agenti più frequenti Ascaris Lumbricoides e Clonorchis Sinensis soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
  • Ereditaria: È stato osservato che in alcune famiglie più membri sviluppano episodi ripetuti di pancreatite acuta o sviluppano pancreatite cronica. Si è pertanto ipotizzato che ci possano essere delle mutazioni a carico di geni che impediscono la produzione dei fattori inibitori l’attivazione degli enzimi pancreatici, favorendone l’attivazione a livello pancreatico. Tuttavia gli studi in questo campo sono ancora aperti.
  • Anomalie anatomiche congenite o acquisite del pancreas.
  • Tumore pancreatico.
  • Anomalia anatomiche del duodeno in sede parapapillare.
  • Fibrosi cistica.
  • Ischemia del pancreas.
  • Anomalie del coledoco.
  • Traumi addominali.
Cause frequenti Cause rare Cause molto rare
Calcolosi biliare

Alcool

idiopatica

Ipercalcemia

Ipertrigliceridemia

Farmaci

Post-CPRE

Autoimmune

Tossici

Insufficienza renale

Chetoacidosi diabetica

Infettiva

Ereditaria

Anomalie anatomiche del pancreas

Tumore pancreatico

Anomalia anatomiche del duodeno

Fibrosi cistica

Ischemia del pancreas

Anomalie del coledoco

Traumi addominali

Classificazione della gravità

Nella maggioranza dei casi la pancreatite è associata a un’infiammazione lieve, con ripercussioni sistemiche minime; più raramente può presentarsi con un’infiammazione estesa e necrotizzante con compromissione sistemica grave ed elevata mortalità.

Da un punto di vista morfologico, la pancreatite è classificata in:

  • Pancreatite edematoso-interstiziale, la più frequente, con danno strutturale minimo e sintomatologia modesta, oppure con danno strutturale esteso a coinvolgere il tessuto peripancreatico, con una sintomatologia più marcata, ma comunque con una buona prognosi;
  • Pancreatite necrotico-emorragica: è più rara ed è caratterizzata da un’infiammazione molto grave, con aree emorragiche e necrotiche. Questa forma di pancreatite può essere gravata dalla sopraggiunta di un’infezione batterica, in genere molto grave e causa di un’insufficienza multiorgano, gravata da un’alta mortalità.

I sistemi classificativi clinici recentemente in atto (criteri di Atlanta), consentono di classificare la pancreatite in:

  • lieve (75% dei casi),
  • moderata,
  • grave,

in base alla presenza di

  • complicanze locali: raccolte liquide peripancreatiche, necrosi pancreatica sterile o infetta;
  • insufficienza d’organo: definita da shock, insufficienza polmonare, renale, o sanguinamento gastroenterico.

Lieve

Moderata

Grave

Complicanze locali

+

+

Insufficienza d’organo

+ (<48 ore)

+ (>48 ore)

Sintomi

La sintomatologia è variabile, a seconda della gravità dell’infiammazione.

Nelle forme lievi i sintomi comprendono:

  • Dolore addominale: è un sintomo costante, indispensabile per porre diagnosi di pancreatite. È un dolore intenso, insopportabile, simile ad una pugnalata (il paziente spesso tende a piegarsi su sé stesso a causa del dolore) ed ingravescente, ad insorgenza repentina in epigastrio (regione centrale e superiore dell’addome, subito sotto lo sterno). Il dolore tende ad avere una tipica irradiazione a barra (che interessa tutta la regione superiore dell’addome, a fascia), oppure a cintura (che interessa tutta la regione superiore dell’addome e si estende posteriormente sulla regione lombare alta).
  • Nausea e vomito.
  • Distensione addominale: frequentemente il paziente ha una sensazione soggettiva di tensione addominale e visivamente l’addome può essere disteso e meteorico, infatti la pancreatite frequentemente determina una paralisi temporanea della muscolatura della parete intestinale, causando un’occlusione intestinale e accumulo di gas nell’intestino (ileo paralitico).
  • Ittero: la colorazione gialla della cute si presenta soprattutto nella pancreatite secondaria alla calcolosi biliare, sebbene, più raramente, possa presentarsi anche in pancreatiti di diversa origine, per compressione del coledoco, da parte del pancreas infiammato.
  • Diarrea (rara).
  • Versamento pleurico ed atelettasia polmonare: non di rado la pancreatite può essere associata a complicanze polmonari, che interessano soprattutto il polmone sinistro e si manifestano con difficoltà respiratoria e dolore.

Nelle forme moderate o gravi, ai sintomi precedenti (che saranno molto più marcati) possono associarsi:

  • febbre, può essere lieve oppure più alta (superiore a 38,5°), associata a brividi scuotenti e profusa sudorazione fredda ed essere in quest’ultimo caso espressione di una necrosi pancreatica infetta;
  • colorazione cianotica periombelicale e ai fianchi (segni di Cullen e Grey): sono segni rari, ma quando presenti indicativi di prognosi molto negativa.
  • tachicardia ed ipotensione (abbassamento della pressione del sangue).

Complicanze

La pancreatite acuta può essere associata a complicanze più o meno severe, a seconda della gravità della forma.

Le complicanze locali possono presentarsi sia nelle pancreatiti gravi che nelle pancreatiti più lievi e comprendono:

  • raccolta peripancreatica: è una raccolta di liquidi che circonda il pancreas; può risolversi spontaneamente oppure, più raramente, infettarsi;
  • pseudocisti: è una raccolta di liquido contenente enzimi pancreatici all’interno del parenchima pancreatico, la quale può:
    • ritardare la guarigione della pancreatite,
    • dare una sintomatologia dolorosa,
    • rompersi o dare emorragia,
    • essere completamente asintomatica;
  • aneurisma (dilatazione) dell’arteria splenica: la dilatazione può essere asintomatica, oppure potrà rompersi e causare emorragia;
  • ascite: accumulo di liquido nell’addome, legato soprattutto alla rottura di pseudocisti.

Le complicanze sistemiche si presentano soprattutto nelle pancreatiti necrotico-emorragiche gravi:

  • Coagulazione intravascolare disseminata (CID): grave complicanza della pancreatite acuta grave, caratterizzata dalla formazione di numerosi coaguli all’interno dei vasi di piccolo calibro, che irrorano diversi organi (cuore, reni, polmone, fegato, encefalo), determinando una riduzione della perfusione di sangue degli stessi e una perdita della loro funzione. La CID può determinare una disfunzione multiorgano (MODS), con prognosi molto negativa e mortalità elevata.
  • Sindrome da distress respiratorio (ARDS): patologia polmonare molto grave, con insufficienza respiratoria.
  • Insufficienza renale.
  • Shock cardiocircolatorio: si manifesta con marcata riduzione della pressione arteriosa, che può portare alla perdita di coscienza e può essere refrattaria alla terapia medica.
  • Emorragie digestive.
  • Alterazioni elettrolitiche (ipocalcemia): le variazioni elettrolitiche possono avere ripercussioni sul funzionamento di molti organi (alterazioni del ritmo cardiaco, alterazione della contrazione muscolare, alterazioni dei nervi periferici e del sistema nervoso centrale, alterazioni della motilità intestinale).
  • Ipoglicemia (calo della glicemia, ovvero della quantità di zucchero nel sangue).
  • Sepsi, la presenza di microrganismi e delle loro tossine in circolo e nei diversi organi è la causa più frequente di morte.
Pancreatite lieve Pancreatite moderata-grave Complicanze locali Complicanze sistemiche
Dolore

Nausea e vomito

Distensione addominale

Ittero

Diarrea

Versamento pleurico/atelettasia

Sintomi della pancreatite lieve (più marcati)

Febbre

Ematomi addominali

Raccolte peripancreatiche

Pseudo cisti

Aneurisma splenico

Ascite

Coagulazione intravascolare disseminata

Distress respiratorio

Insufficienza renale

Shock

Emorragia digestiva

Ipocalcemia

Ipoglicemia

Sepsi

Prognosi

La prognosi della pancreatite acuta è variabile in base alla gravità della stessa. Complessivamente, comprendendo i casi di pancreatite lieve e di pancreatite necrotico emorragica, la mortalità è del 5-17%.

  • Nei casi più frequenti la pancreatite è lieve e si autorisolve, residuando in alcuni casi una o più pseudocisti pancreatiche, che comunque sono il più delle volte asintomatiche e con una mortalità molto bassa.
  • Nel caso della pancreatite necrotizzante la prognosi è invece molto negativa, soprattutto nelle forme in cui sopraggiungono processi infettivi sulla necrosi (necrosi settica pancreatica), o l’insufficienza multiorgano, gravate da una mortalità elevatissima (sono pochi i soggetti che sopravvivono).

Tra i diversi indici che permettono di stabilire la gravità clinica i più importanti sono i criteri di Ranson:

Al momento del ricovero Dopo 48 ore
Età > 55 anni

Leucociti > 16.000/ml

Iperglicemia

LDH > 350 U/l

GOT > 250 U/l

Diminuzione dell’ematocrito > 10%

Incremento del BUN > 5 mg/dl

Calcio > 8 mg/dl

PaO2 < 60 mmHg

Deficit di liquidi > 4 litri

Albumina < 3,2 g/dl

Deficit di basi > 4mEq/l

La contemporanea corrispondenza di 3 o più criteri indica gravità

Fonte tabella: Concorso Nazionale SSM-Manuale teorico.

Diagnosi

La diagnosi della pancreatite in parte è clinica (anamnesi ed esame obiettivo), ma non può comunque prescindere da esami di laboratorio e indagini strumentali.

  • Anamnesi: è molto importante raccogliere i sintomi riferiti dal paziente (il dolore a barra o a cintura è molto suggestivo di pancreatite), l’eventuale esposizione a fattori di rischio, o pregressi episodi di pancreatite acuta, che possono far orientare la diagnosi in questo senso.
  • Visita generale: l’ispezione e la palpazione dell’addome sono importanti per evidenziare alcuni segni (come i segni di Cullen e Grey che, anche se rari, sono particolarmente indicativi) e soprattutto è utile per escludere altre patologie.
  • Esami del sangue: è possibile studiare diversi parametri:
    • Amilasi: è un enzima di prevalente origine pancreatica (ma non solo), presente a livello ematico in basse concentrazioni; un suo aumento (almeno 3 volte rispetto al valore superiore normale) è molto suggestivo di pancreatite acuta, soprattutto quando associato a segni clinici o ad altri risultati diagnostico-strumentali. L’amilasi può aumentare anche nel corso di altre patologie pancreatiche (pancreatite cronica, tumori pancreatici) o in caso di insufficienza renale, ustioni, chetoacidosi diabetica, patologie delle ghiandole salivari, gravidanza, patologie delle vie biliari e molte altre patologie e per questo un aumento isolato non è sufficiente per porre diagnosi di pancreatite.
    • Lipasi: è un enzima di origine prettamente pancreatica, pertanto un suo incremento (almeno 3 volte rispetto al limite superiore normale) è molto suggestivo (più dell’amilasi) di pancreatite acuta. Il rovescio della medaglia è che l’aumento ematico di questo enzima può richiedere alcune ore dalla comparsa dei primi sintomi, inoltre il suo rialzo isolato non è comunque sufficiente da solo per porre diagnosi di pancreatite.
    • Ematocrito: frequentemente aumentato, per la disidratazione legata all’intensa essudazione di liquidi a livello pancreatico.
    • Leucociti: frequentemente sono aumentati a causa dell’attivazione del processo infiammatorio.
    • Calcemia: frequentemente è ridotta, a causa della precipitazione di sali di calcio a livello del tessuto grasso peripancreatico.
    • Glicemia: frequentemente è aumentata, tanto che spesso può essere difficile porre diagnosi differenziale tra pancreatite e cheto acidosi diabetica.
    • Bilirubina: può essere aumentata soprattutto nelle pancreatiti litiasiche, ma anche nelle non litiasiche, in genere con valori più bassi.
    • Transaminasi: ci può essere un lieve incremento.
Esami di laboratorio alterati
Amilasi ↑↑↑
Lipasi ↑↑↑
Ematocrito
Leucociti
Calcemia
Glicemia
Bilirubina
Transaminasi
  • Radiografia dell’addome: di solito non è sufficiente da sola ad evidenziare un danno pancreatico, ma può evidenziare la presenza di calcificazioni. È comunque molto utile per escludere altre cause di addome acuto (come perforazioni od occlusioni intestinali) e per evidenziare la presenza dell’ileo meccanico e l’eventuale versamento pleurico associato.
  • Ecografia addominale: è un esame semplice, rapido e non invasivo, adatto alle situazioni d’urgenza. È molto utile per evidenziare un’eventuale infiammazione pancreatica, permette inoltre di studiare la via biliare ed identificare eventuali calcoli incuneati nelle vie biliari, come fattore eziologico della pancreatite.
  • TC addome con mezzo di contrasto: deve essere eseguita solo nei casi dubbi, in cui l’ecografia non sia riuscita a dirimere il caso, oppure dopo 48-72 ore dall’insorgenza dei sintomi, qualora questi dovessero persistere o peggiorare. È l’esame che permette di studiare nella maniera più accurata il pancreas e visualizzare le eventuali aeree necrotiche.
  • Agoaspirato delle aree necrotiche TC guidato: è un esame da eseguire solo nei casi in cui, nonostante un appropriato trattamento di una pancreatite necrotizzante, dopo 10 giorni, non si abbia miglioramento. In questo caso è molto probabile che ci sia una sovra infezione batterica e questa può essere dimostrata solo prelevando con un ago sottile, durante l’esecuzione di una TC per guidare la procedura, del materiale necrotico direttamente dalle aree pancreatiche sospette ed analizzato opportunamente.
  • Colangiopancreatografia retrograda per via endoscopica (CPRE): è un esame eseguito con un tubicino flessibile, introdotto nel cavo orale e sospinto fino al duodeno, per raggiungere la papilla di Vater e di qui penetrare nella via biliare. Trattandosi di un esame invasivo, deve essere eseguito solo nella pancreatite da litiasi biliare, con lo scopo di rimuovere il calcolo e disostruire la via. Questa manovra è necessaria per ottenere la risoluzione della pancreatite.

La diagnosi certa di pancreatite può essere posta in presenza di almeno 2 dei seguenti criteri:

  • dolore addominale tipico,
  • amilasi e/o lipasi elevate (almeno 3 volte il valore normale massimo),
  • alterazioni pancreatiche strutturali documentate con un’indagine strumentale.

Cura

Il trattamento della pancreatite prevede:

  • Ricovero ospedaliero.
  • Digiuno: nelle forme più lievi sono sufficienti poche ore di digiuno (devono essere eliminati sia i cibi solidi che i liquidi) e a seguire una dieta leggera ipocalorica e ipolipidica. Nelle forme gravi è necessario il riposo intestinale completo, con digiuno e sostegno nutritivo con la nutrizione enterale per più giorni, a seconda della gravità della situazione.
  • Reidratazione: frequentemente nel corso della pancreatite, a causa dell’intensa infiammazione, si perdono molti liquidi, i quali andranno reintegrati con la somministrazione di soluzione fisiologica per via endovenosa, o soluzione glucosata in caso di ipoglicemia, o appropriate soluzioni per correggere eventuali alterazioni elettrolitiche.
  • Analgesici: sono necessari per ridurre la sintomatologia dolorosa. Sono indicati il paracetamolo e nei casi resistenti gli oppioidi.
  • Sondino naso gastrico: il suo impiego è molto combattuto, secondo molti medici andrebbe utilizzato con lo scopo di ridurre al minimo l’attività secernente del pancreas.
  • Antibiotici: il loro uso non è obbligatorio nelle forme lievi, invece è necessario nelle pancreatiti gravi necrotizzanti con sovra infezione batterica (tra i farmaci più indicati ci sono i carbapenemi, i chinoloni ed il metronidazolo).
  • Intervento chirurgico: è indicato solo nelle forme gravi con necrosi settiche che non rispondono, o progrediscono, dopo 10 giorni di trattamento adeguato. In questi casi si eseguirà prima l’agoaspirato, per confermare che ci sia una necrosi settica e, successivamente si esegue un intervento chirurgico per rimuovere le aree necrotiche ed infette.
  • Colecistectomia: la rimozione della colecisti è indicata nella pancreatite da litiasi biliare. Questa deve essere eseguita durante il ricovero ospedaliero nelle forme lievi, invece nelle forme necrotizzanti sarà posticipata, fino al recupero della stabilità clinica.

Prevenzione e recidive

La pancreatite acuta è una patologia che può recidivare nel tempo, soprattutto qualora non dovessero essere rimosse le cause predisponenti, pertanto a seconda dell’eziologia dovrà essere instaurato un trattamento mirato, quando possibile.

  • Per la pancreatite litiasica verrà eseguita la colecistectomia profilattica, inoltre può essere utile l’utilizzo di farmaci che rendano la bile più fluida ( per esempio l’acido ursodesossicolico).
  • Per la pancreatite alcolica sarà sufficiente abbandonare l’abitudine alcolica.
  • Per la pancreatite da ipercalcemia sarà necessario individuare la causa e trattarla (per esempio, nel caso dell’iperparatiroidismo sarà necessaria l’asportazione delle paratiroidi).
  • Per la pancreatite da ipertrigliceridemia bisognerà agire sull’alimentazione (ricca di frutta e verdura e povera di grassi), associando farmaci ipolipemizzanti orali (come i fibrati).
  • Per la pancreatite da farmaci, sarà opportuno sospendere il farmaco e sostituirlo con altri farmaci, quando possibile.
  • Per la pancreatite autoimmune si inizierà un trattamento immunosoppressivo con corticosteroidi.
  • Per la pancreatite da anomalie congenite, potrà essere programmato un intervento chirurgico correttivo, se possibile.

In tutti i casi di pancreatite acuta, indipendentemente dall’origine, è comunque consigliabile:

  • evitare l’assunzione di alcolici,
  • preferire alimenti ricchi di fibre (frutta e verdura) ed evitare gli alimenti grassi,
  • condurre una vita sana con regolare attività fisica,
  • non fumare.

A cura della dott.ssa Mariangela Caporusso, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.