Salmonella e salmonellosi: sintomi, contagio e cura

Introduzione

Il termine salmonellosi è utilizzato per indicare diverse patologie accomunate da una causa comune, un’infezione da batteri del genere Salmonella; tali malattie possono essere suddivise in:

  • infezioni localizzate al tubo digerente (che rappresenta la sede primitiva di infezione): danno luogo a enterocoliti e ne sono responsabili vari tipi di salmonella, detti salmonelle non tifoidee;
  • infezioni sistemiche (cioè che coinvolgono l’intero organismo), ad opera di salmonelle tifoidee che possono dare origine a diverse forme cliniche:

La presenza di salmonella a livello intestinale generalmente non è causa di disturbi, ma alcuni pazienti, soprattutto se fragili e/o con sistema immunitario indebolito, nell’arco di 8-72 ore possono manifestare sintomi intestinali, quali:

Nei casi più gravi si possono manifestare

Nella maggior parte dei soggetti si osserva infine una completa ripresa nell’arco di pochi giorni, senza necessità di alcun trattamento specifico.

Le salmonelle tifoidi, rare nei Paesi industrializzati, possono invece determinare

Rappresentazione grafica di una salmonella

iStock.com/urfinguss

Causa e contagio

Le salmonelle sono batteri Gram negativi, appartenenti alla famiglia delle enterobacteriaceae. Mostrano una buona resistenza nell’ambiente esterno e sopravvivono facilmente anche al congelamento in acqua.

Le salmonellosi cosiddette “minori”, o enterocoliti da salmonelle, sono infezioni acute di origine alimentare. Il loro serbatoio naturale è rappresentato dal tubo digerente di animali di allevamento e domestici (in particolare pollame, ma anche bovini, ovini, suini, rettili, cani e gatti). L’incidenza della malattia è in aumento a causa del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, dovuto al largo uso di antibiotici negli allevamenti.

I principali veicoli di contagio sono quindi gli alimenti contaminati, come:

  • carne,
  • uova crude o poco cotte e gli alimenti che ne contengono (creme, salse, …),
  • latte crudo e derivati (gelati artigianali, latte in polvere, …),
  • frutta e verdura contaminate durante il taglio.

La contaminazione può avvenire in qualunque fase di gestione del cibo, dalla produzione alla manipolazione e alla cottura degli alimenti. Il cibo preparato su superfici, come un tagliere, che sono state in precedenza in contatto con carne infetta, può venire contaminato a propria volta.

Anche il contatto con gli animali domestici, soprattutto rettili (tartarughe, iguane, lucertole), può essere fonte di contagio.

La malattia può essere infine trasmessa anche da soggetti che non presentano i sintomi; esiste la condizione, piuttosto rara, di portatore sano (transitoria o cronica), con frequente localizzazione del batterio a livello della colecisti.

L’infezione è più frequente in estate, favorita dal caldo che facilita la contaminazione dei cibi.

Le salmonelle vengono uccise dall’ebollizione, dalla pastorizzazione e dall’irradiazione dei cibi; non sono però distrutte dall’insaccatura, dalla salatura e da una cottura veloce e superficiale.

Anche i portatori umani di salmonelle possono essere fonte di contagio attraverso le feci; a questo proposito i soggetti più contagiosi si sono rivelati essere:

  • addetti dell’industria alimentare
  • gravide e le partorienti, che possono contaminare il neonato e le sale parto.

La via di trasmissione della salmonellosi è quindi oro-fecale o mediante il contatto diretto con oggetti contaminati o di animali infetti. Le salmonelle, una volta che hanno superato lo stomaco resistendo all’acidità gastrica, giungono nell’intestino tenue dove possono riprodursi a livello della mucosa intestinale e determinare piccole emorragie.

Alla luce di quanto visto l’ingestione di salmonelle è un fatto relativamente comune, ma quasi mai si verifica enterocolite; l’insorgenza di una malattia infettiva e soprattutto la comparsa dei relativi sintomi, infatti, dipende sia da fattori propri del microrganismo patogeno, sia da fattori interni dell’ospite, tra cui:

  • carica infettante, cioè il numero di batteri ingeriti,
  • virulenza, ossia l’aggressività della specie batterica (esistono sierotipi di salmonelle più o meno virulenti),
  • riduzione delle difese immunitarie, come ad esempio in soggetti
  • composizione della flora batterica intestinale,
  • pregressi interventi di rimozione dello stomaco,
  • presenza di malattie infiammatorie intestinali (come il morbo di Crohn),
  • uso di farmaci che riducono l’acidità gastrica (come gli antiacidi), in quanto i succhi gastrici grazie alla loro acidità sono in grado di distruggere questi batteri,
  • età inferiore ai 20 anni.

Si tratta in ultima analisi di infezioni piuttosto frequenti, anche se non si conosce l’esatta incidenza, dal momento che la maggioranza degli individui affetti non consulta il medico o comunque non viene sempre viene richiesto il necessario esame colturale. Si stima che, per ogni caso di salmonellosi confermato, ve ne siano circa 30 non confermati e che le salmonelle siano responsabili del 50% delle gastroenteriti.La salmonellosi non tifoidea è quindi una delle principali cause di tossinfezione alimentare nel mondo industrializzato.

La malattia può manifestarsi in piccoli focolai isolati oppure contagiare un numero maggiore di persone, soprattutto:

  • negli ospedali,
  • nei ristoranti,
  • nelle scuole materne e nelle scuole,
  • nelle case di riposo.

In genere le coprocolture (l’esame delle feci) divengono negative entro 4 settimane dall’esordio. In certi individui si continuano a isolare salmonelle nelle feci anche dopo un anno dalla malattia acuta, pur in assenza di sintomi: tali soggetti diventano quindi portatori sani.

Un’altra forma di salmonellosi, provocata dalle salmonelle di tipo tifoideo ha come solo contagio possibile quello interumano, dal momento che l’intestino dell’uomo è l’unico serbatoio. La trasmissione è quindi, anche in questo caso oro-fecale. Tale forma è rara nei Paesi industrializzati, mentre è più comune nei Paesi in via di sviluppo, in cui le condizioni igieniche e lo smaltimento delle feci sono scadenti e inappropriati.

Salmonella e uova scadute

Sebbene l’infezione da salmonella possa derivare potenzialmente da qualsiasi alimento (direttamente o indirettamente, mediante contaminazione), il timore maggiore è per tradizione associato alle uova; il pollame può in effetti fungere da serbatoio per il batterio e contaminare quindi anche il contenuto delle uova prima della formazione del guscio (mentre il guscio viene contaminato per contatto con gli escrementi dell’animale nell’area di deposizione delle uova stesse).

Spesso si ritiene un rischio consumare uova vecchie, ma anche quelle più fresche e con il guscio perfettamente integro e pulito possono essere veicolo di trasmissione.

I sintomi in caso di contagio sono descritti nel paragrafo seguente.

Per ridurre il rischio d’infezione si raccomanda di:

  • Una volta acquistate le uova conservarle in frigorifero, anche se il rivenditore le avesse conservate a temperatura ambiente
  • Nel caso di uova di dubbia provenienza consumarle esclusivamente ben cotte (sode).

Sintomi

I sintomi della salmonellosi compaiono a distanza di 12-72 ore dall’ingestione dell’alimento contaminato e possono comprendere:

  • diarrea, anche severa (le feci sono liquide e spesso accompagnate da muco),
  • presenza di sangue nelle feci,
  • dolori addominali di tipo crampiforme,
  • tenesmo (sensazione di incompleta evacuazione),
  • nausea e vomito,
  • nei casi più gravi febbre sui 38-39°C,
  • mal di testa,
  • nausea,
  • perdita dell’appetito,
  • brividi.

Nell’adulto sano la malattia si risolve da sé e non presenta particolari complicazioni, ma negli anziani, nei bambini piccoli e in tutti soggetti più fragili, oltre a questi sintomi, può insorgere disidratazione, che si manifesta con:

Le salmonelle tifoidee, presentano sintomi simili, ma nella seconda settimana possono provocare inoltre ingrandimenti del fegato e della milza, oltre a diffondersi anche al di fuori dell’addome, potendo determinare anche polmoniti e meningiti. Altri sintomi sono:

Quando rivolgersi al medico

Rivolgetevi a un medico se sono presenti:

  • febbre,
  • cefalea,
  • sangue nelle feci,
  • diarrea che persiste da più di 5 giorni,
  • vomito che persiste da più di 12 ore,
  • segni di disidratazione,
  • incapacità ad assumere liquidi in caso di vomito.

Prognosi e complicazioni

In genere, la malattia guarisce senza trattamento; la fase acuta della salmonellosi si risolve nel giro di 4-5 giorni, tuttavia in alcuni pazienti la febbre e l’emissione di feci ancora non del tutto formate possono persistere per 10-15 giorni. L’escrezione attraverso le feci delle salmonelle persiste per 10-15 dall’esordio della malattia.

Se le salmonelle penetrano nel circolo sanguigno, tuttavia, possono raggiungere altri organi determinando preoccupanti quadri di:

  • meningite, se raggiungono il sistema nervoso centrale,
  • endocardite, se i batteri colonizzano le valvole cardiache,
  • osteomielite, se l’infezione si propaga alle ossa e al midollo osseo,
  • artrite reattiva, che si manifesta con dolori articolari, minzione difficoltosa e bruciore agli occhi (si tratta di una malattia a decorso cronico, che può persistere anche per mesi o anni),

Gravidanza

In gravidanza le salmonelle tifoidee possono venire trasmesse al feto e causare complicazioni gravi fino all’aborto, questa è una delle ragioni per cui le donne incinte dovrebbero evitare di consumare cibo crudo o poco cotto.

Diagnosi

Il sospetto diagnostico viene posto in base ai sintomi e all’anamnesi di un’ingestione recente di cibi che potrebbero essere contaminati. La diagnosi viene in seguito confermata da una coprocoltura, un esame che consiste nella ricerca di salmonelle nelle feci.

Le salmonelle possono essere isolate anche nell’alimento sospettato come fonte di contagio, anche se di norma ciò non viene effettuato.

L’enterocolite da salmonelle deve essere differenziata da altre cause infettive e non di enterocolite (si noti che in alcuni pazienti la rettocolite ulcerosa e alcune neoplasie intestinali possono manifestarsi per la prima volta con un attacco di enterocolite da salmonelle).

Cura

La malattia può guarire anche in assenza di trattamento, cosa che in soggetti altrimenti sani avviene quasi sempre, tuttavia in caso di diarrea profusa si rendono necessarie alcune misure terapeutiche, basate essenzialmente sulla reidratazione.

Anche se questa enterocolite è di origine batterica, le misure di supporto e di controllo dei sintomi rivestono un ruolo più importante rispetto alla terapia antibiotica. Il trattamento quindi si fonda su

  • idratazione, qualora la perdita di liquidi attraverso le feci e il vomito sia eccessiva,
  • eventuale correzione del livello degli elettroliti (sodio, potassio, magnesio, …), nel caso in cui si sia instaurata una loro carenza a causa della perdita di liquidi.

Gli antibiotici, al contrario, sono in genere sconsigliati, tranne nei casi più gravi, non solo perché la malattia è in genere di natura benigna, ma soprattutto perché è stato dimostrato che

  • questi tendono a prolungare il periodo di espulsione delle salmonelle con le feci (probabilmente a causa delle modificazioni della flora intestinale indotte da tali farmaci),
  • favorire l’insorgenza e la selezione di ceppi antibiotico-resistenti.

Nell’eventualità in cui gli antibiotici fossero indispensabili, come nel caso in cui i batteri oltrepassassero l’intestino e diffondessero nel circolo sanguigno, si raccomanda di eseguire un antibiogramma al fine di trovare il farmaco più adatto ed evitare l’instaurarsi di resistenze.

In caso di febbre, è utile assumere un antipiretico come il paracetamolo.

Prevenzione

La prevenzione più efficace è quella che consiste nella decontaminazione negli animali domestici e soprattutto in quelli da allevamento. È indispensabile il controllo degli allevamenti, dei mangimi, della preparazione e della conservazione dei cibi di origine animale.

Oltre a ciò, a livello individuale, si consiglia:

  • evitare di mangiare carne e uova crude o poco cotte,
  • evitare di tenere rettili in casa, soprattutto se ci sono bambini piccoli,
  • lavarsi le mani prima di toccare gli alimenti e insegnare a fare ciò ai bambini fin da piccoli,
  • non lasciare gli alimenti deperibili fuori dal frigo per più di due ore o un’ora se fa caldo,
  • rimuovere attentamente le feci dei polli sui gusci delle uova,
  • pulire accuratamente tutti gli utensili da cucina e le superfici con cui i cibi vengono in contatto,
  • non scongelare gli alimenti a temperatura ambiente, ma in frigorifero o in acqua fredda,
  • ai portatori sani si raccomanda di non preparare cibo per altre persone.

A cura della Dottoressa Giovanna Celia, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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