Introduzione
Il sarcoma di Ewing è un tumore raro che interessa soprattutto il tessuto osseo, seppure occasionalmente possa riguardare anche le parti molli; il termine è infatti comprensivo di un vasto ed eterogeneo gruppo di tumori che possono svilupparsi in differenti aree corporee, ma che condividono un’origine comune e simili caratteristiche istologiche e genetiche.
Il nome fa riferimento a James Ewing, un medico patologo americano che per primo descrisse questa forma di tumore, come endotelioma primitivo dell’osso, ed incominciò ad evidenziarne le basi eziologiche.
Sopravvivenza
La prognosi varia in funzione della tempestività della diagnosi e del trattamento. Se il sarcoma di Ewing appare in zone superficiali il processo diagnostico sarà più veloce rispetto alle neoplasie insorte in zone profonde dell’organismo, in cui la massa rimarrà sconosciuta fino a quando non darà manifestazione di sé in fase avanzata.
Con gli attuali protocolli di cura la prognosi è positiva nel 70% dei bambini, purtroppo questa si riduce al 30% in caso di presenza di metastasi a distanza alla diagnosi.
Cause
Il sarcoma di Ewing rientra tra le malattie rare, tanto che nel nostro Paese presenta una incidenza inferiore a 100 nuovi casi su anno, andando a costituire circa il 15% di tutti i sarcomi primitivi delle ossa. Questo tumore si manifesta soprattutto in giovane età, con un’età media all’esordio di circa 16 anni, mentre è praticamente assente dopo i 30 anni ed anche nell’età neonatale. Colpisce inoltre con maggior prevalenza il sesso maschile rispetto a quello femminile, con un rapporto di 3:2.
Tutti i sarcomi di Ewing originano da cellule staminali indifferenziate di derivazione neuroectodermica o mesenchimale, vale a dire i primitivi tessuti dai quali origineranno il sistema nervoso e quello muscoloscheletrico.
Le cause esatte responsabili della genesi di questi tumori sono ancora sconosciute, sebbene siano state riscontrate anomalie di tipo genetico, tra cui:
- Traslocazione (11,22) che porta alla formazione di una proteina aberrante in cui è coinvolto il gene EWSR1 (sul cromosoma 22) ed il gene FLI1 (sul cromosoma 11). Questa mutazione è presente in oltre il 90% dei casi
- Traslocazione (21,22): fattore di trascrizione ERG
- Traslocazione (7,22): fattore di trascrizione ETV
- Traslocazione (17,22): fattore di trascrizione E1 AF
Tutte queste mutazioni non sono trasmesse per via ereditaria, ma insorgono occasionalmente nel corso della vita, per cui si può definire la patologia di origine genetica ma non ereditaria.
Il gene che deriva da queste traslocazioni (EWS-FLI) è riscontrabile esclusivamente nelle cellule malate ed è il primo responsabile della proliferazione maligna.
Tutti i tumori della famiglia dei sarcomi di Ewing si ritiene che abbiano la stessa origine in quanto ne condividono le anomalie cromosomiche (che risultano essere rare da riscontrare in altri tumori) e l’aspetto citologico delle cellule (poco citoplasma ed evidenti alterazioni nucleari). Nonostante ciò, si tende scolasticamente a dividere questi tumori in 4 gruppi:
- Sarcoma di Ewing osseo: rappresenta il più comune tumore di questa famiglia
- Sarcoma di Ewing dei tessuti molli: questo sarcoma si sviluppa nei tessuti molli adiacenti alle ossa
- Tumori neuroectodermici primitivi
- Tumori di Askin: si tratta sostanzialmente di tumori neuroectodermici primitivi che si sviluppano nella parete toracica
Localizzazione
Questo tumore si origina frequentemente in:
- Ossa (80% dei casi): può interessare tutte le ossa dell’organismo, ma è più frequente da riscontrare nelle ossa pelviche, toraciche, femore e tibia
- Tessuti molli profondi adiacenti alle ossa
Seppur raramente si può riscontrare anche in:
- Midollo osseo
- Polmoni
- Pancreas
- Reni
- Esofago
- Vagina
- Mammella
Sintomi
Il sarcoma di Ewing si manifesta come una tumefazione, spesso ipercromica (ovvero con una colorazione più scura), in corrispondenza del tumore stesso, che spesso è viene scambiato per un livido traumatico, soprattutto dei bambini/ragazzi che per via dei giochi sono frequentemente soggetti allo sviluppo di ematomi.
Può essere presente dolore intenso e duraturo circoscritto al sito tumorale e possono riscontrarsi fratture patologiche, ovvero l’osso risulterà fortemente indebolito perdendo la propria robustezza e diventando per questo più soggetto a rottura.
Eventuali sintomi sistemici di accompagnamento sono:
- Febbre
- Malessere generalizzato
- Incremento degli infici di flogosi, come VES e PCR
Diagnosi
I tumori della famiglia dei sarcomi di Ewing sono tumori molto rari e complessi, motivo per cui è indispensabile affidarsi a centri altamente specializzati che possano offrire un approccio multidisciplinare. I professionisti medici che si occupano della diagnosi di questa patologia sono gli oncologi, coadiuvati da pediatri, ortopedici, anatomopatologi e psicologi.
Lo specialista verrà inizialmente interpellato qualora questa tumefazione sospetta non riesca ad essere ricondotta ad alcun tipo di trauma e non guarisca spontaneamente in un paio di settimane.
Il primo approccio diagnostico consiste nell’esecuzione di:
- ecografia della tumefazione: esame di primo approccio e non invasiva per valutare la composizione della tumefazione, si effettua all’inizio dell’iter diagnostico per i sarcomi di Ewing extraossei
- radiografia ossea: rappresenta l’esame di primo approccio nel caso di sarcomi di Ewing ossei, riesce ad evidenziare la sede e l’estensione della lesione ossea
Se da questi primi esami emergesse il sospetto di tumore sono richiesti immediati ed ulteriori esami di approfondimento, quali:
- TAC con mezzo di contrasto: esame di secondo livello che permette di stadiare la patologia e permette di effettuare biopsie guidate nella sede di malattia
- RMN con mezzo di contrasto: rappresenta il gold standard nella diagnostica di questo tipo di tumori, è l’esame più sensibile per valutare l’estensione della patologia all’interno dell’osso e permette di evidenziare anche piccole lesioni ossee a distanza e di valutare il coinvolgimento delle parti extraossee
- Scintigrafia ossea: esame di diagnostica per immagini che tramite la somministrazione di farmaci radiopachi permette di evidenziare lesioni tumorali scheletriche
- Diagnosi istologica su prelievo bioptico: si effettua il prelievo di piccoli frammenti di osso ed il medico anatomopatologo osserva tale tessuto al microscopio e poi utilizzando specifici marker tumorali. All’esame bioptico il sarcoma si manifesta composto da piccole lamine cellulari di forma rotondeggiante che colorate con un apposito marcatore tumorale si colorano di blu. Possono essere presenti le rosette di Homer Wright. Su tale campione si possono eseguire anche indagini genetiche esaminando il DNA delle cellule tumorali alla ricerca di anomalie specifiche per questi sarcomi.
Diagnosi differenziale
Occorre mettere il sarcoma di Ewing in diagnosi differenziale con altre condizioni che possono generare sintomi sovrapponibili a quelli del sarcoma:
- Osteomielite (infezione dell’osso)
- Danno post traumatico: le cadute accidentali e traumatismi vari sono molto frequenti nei bambini a causa di giochi ed altre attività
- Altri tumori a cellule piccole rotonde:
- Neuroblastoma
- Linfoma non-Hodgkin
- Condrosarcomi mesenchimali
- Rabdomiosarcoma alveolare od embrionale
Per la diagnosi differenziale è richiesta l’indagine genomica: il riscontro della traslocazione coinvolgente il gene EWSR1 permette di diagnosticare con certezza un sarcoma di Ewing.
Stadiazione del sarcoma
Una volta posta diagnosi di sarcoma di Ewing occorre stadiarie questo tumore, ovvero valutare quanto sia già eventualmente progredito; il sistema di stadiazione più usato è il TNM-G, che si basa su
- T: estensione del tumore
- N: diffusione ai linfonodi
- M: presenza di metastasi a distanza. Rappresenta un parametro molto importante che cambia notevolmente le chance di sopravvivenza. Si distingue una malattia:
- Localizzata: confinata al sito primario di origine del sarcoma
- Metastatica: il tumore si è diffuso in organi a distanza dal locus iniziale. Questo tumore tende a metastatizzare ai polmoni, al midollo ed alle altre ossa. Occorre sempre considerare anche la possibile presenza di micrometastasi, cioè gruppi di cellule tumorali presenti in organi a distanza ma che sono così poche da risultare impossibili da rilevare con le tecnologie oggi a nostra disposizione.
- G: grado di differenziazione cellulare, indice dell’aggressività del tumore
L’insieme di questi quattro parametri permette di valutare la gravità della patologia e di stabilire i migliori approcci terapici.
Follow-up
I tumori della famiglia dei sarcomi di Ewing sono molto aggressivi e tendono a recidivare e metastatizzare, per tale motivo questi pazienti devono essere sottoposti frequentemente ad indagini radiologiche e visite mediche di follow up al fine di rilevare precocemente eventuali recidive di malattia.
Gli esami più comunemente richiesti nel follow up sono:
- TC torace senza mezzo di contrasto: in quanto le riprese di malattia a distanza riguardano maggiormente i polmoni
- Controllo radiologico del segmento osseo
- Dosaggio sierico del LDH: marcatore di malattia che può aumentare sensibilmente in caso di ricaduta
- Emocromo completo con conta piastrinica: al fine di monitorare le possibili sequele ematologiche derivanti dal trattamento, come leucemia o sindrome mielodisplastica
Cura
I sarcomi di Ewing sono un gruppo di tumori molto radio e chemio-sensibili che richiedono un trattamento multidisciplinare con una combinazione di
- chemioterapia,
- chirurgia
- e radioterapia.
Il fine del trattamento è l’asportazione del tumore, preservando per quanto possibile la funzione dell’area interessata.
Il trattamento farmacologico con chemioterapici rappresenta un trattamento standard, in quanto questi tumori ne sono molto sensibili. La chemioterapia si effettua prima dell’intervento al fine di ridurre le dimensioni del sarcoma e controllarne la diffusione. Spesso si procede ad un secondo ciclo chemioterapico, successivamente all’intervento chirurgico, al fine di rimuovere tutte le cellule residue. Nei casi di patologia molto aggressiva si tende ad effettuare il trattamento con alte dosi chemioterapiche associato a trapianto autologo di midollo osseo al fine di sostituire le cellule midollari distrutte dal trattamento chemioterapico stesso. Questo trattamento ha rivoluzionato la prognosi di questi tumori tanto che in passato, quando si ricorreva esclusivamente a chirurgia e radioterapia, la mortalità complessiva era del 90%. Il protocollo maggiormente usato prevede l’uso combinato di 5 farmaci: vincristina, doxorubicina, ciclofosfamide, ifosfamide, etoposide.
Esistono nuovi farmaci (su cui ci sono ancora studi in corso) che si stanno dimostrando promettenti per aumentare la sopravvivenza in pazienti in fase avanzata di malattia : Lurbinectedina, Cabozantinib.
Il trattamento chirurgico segue il primo ciclo di terapia neoadiuvante. Oggi si tende a privilegiare un approccio conservativo, si riesce infatti nella maggior parte dei casi ad evitare l’amputazione dell’arto, seppur occorra sempre garantire la radicalità oncologica, con l’asportazione del tumore assieme a margini di tessuto sano. Nonostante ciò, in certi casi l’amputazione si rende ancora indispensabile al fine di garantire la sopravvivenza del paziente. La decisione di amputare deve essere attentamente valutata e raggiunta di comune accordo con paziente, famiglia, team medico e valutando età del paziente, localizzazione e stadio del tumore. Occorre tuttavia sottolineare che l’amputazione, seppur trattamento drastico e definitivo, non garantisce la completa eradicazione del tumore in quanto questo tipo di sarcomi può diffondersi a salto e quindi ricomparire al di là dell’area amputata.
La radioterapia può essere adoperata in sostituzione dell’approccio chirurgico nei casi in cui questo risulti impossibile, oppure in aggiunta all’intervento stesso nei casi di patologia avanzata. Di fondamentale importanza nella scelta di aggiungere il trattamento radioterapico è la presenza di margini di resezione chirurgica inadeguati.
La terapia farmacologica chemioterapica può incidere sulla fertilità del paziente motivo per il quale occorre comunicargli fin dall’inizio di questa evenienza ed effettuare azioni volte a preservarne la possibilità di procreazione:
- crioconservazione degli spermatozoi negli uomini,
- crioconservazione degli ovociti nelle donne.
A cura del dr. Mirko Fortuna, medico chirurgo