Introduzione
La scabbia umana è una malattia infettiva della cute, altamente contagiosa, causata dall’acaro Sarcoptes scabiei variante hominis, un parassita umano obbligato, che sopravvive per poco tempo (massimo 1-2 giorni) al di fuori del suo ospite naturale, l’uomo.
I sintomi sono legati alla presenza dell’acaro, capace di insinuarsi nella pelle e causare un intenso prurito, che tipicamente peggiora durante la notte, ed un’eruzione cutanea nelle aree interessate.
La prognosi è in genere buona e le complicazioni grave sono rare, a patto di intervenire adeguatamente con una diagnosi tempestiva.
Causa
La scabbia è un’infestazione della pelle da parte dell’acaro Sarcoptes scabiei var. hominis, capace di insinuarsi nello strato superiore della pelle dove vive e depone le uova.
La malattia è diagnosticata in tutto il mondo e perché in grado di colpire chiunque, a prescindere da fattori quali sesso, età e classe sociale; si diffonde più rapidamente in condizioni di affollamento, quando sia frequente il contatto ravvicinato con il corpo e la pelle di pazienti infetti (si pensi non sono a situazioni di disagio sociale, ma anche strutture come case di cura, carceri, …).
Ciclo di vita del parassita
L’acaro femmina adulto, dopo essere stato fecondato sulla superficie cutanea, inizia a scavare dei cunicoli nello strato corneo (lo strato più superficiale della pelle) e proprio in questi “tunnel”, visibili anche ad occhio nudo, depone le sue uova (3-5 al giorno) per un periodo di tempo di circa 21 giorni, corrispondente al ciclo vitale del parassita.
Le uova si schiudono in 3-4 giorni e da queste nascono le larve, che migrano verso la superficie cutanea dove si trasformano in ninfe e poi in acari adulti nell’arco di 10 giorni.
Nella scabbia classica si osservano 5-15 parassiti adulti femmina per paziente, ma nelle forme di scabbia gravi, come in quelle che si verificano nelle persone immunodepresse, il numero di acari femmina può raggiungere diverse centinaia o addirittura milioni.
A seguito del primo contagio il periodo di incubazione, asintomatico, è di 2-3 settimane; nel caso di successive reinfezioni i sintomi comparirebbero invece più rapidamente.
Come si prende
La trasmissione avviene per contatto interumano diretto, ovvero in seguito a contatti tra cute e cute o cute e mucose prolungati, come nelle strette di mano prolungate e soprattutto nei contatti tra i partner sessuali o all’interno di un nucleo familiare, specialmente tra persone che condividono lo stesso letto.
Poiché l’acaro non è particolarmente resistente al di fuori del suo ospite umano (è infatti un parassita umano obbligato) il contagio attraverso i vestiti o la biancheria è un’eventualità molto rara.
La scabbia è diffusa in tutto il mondo e può interessare persone di tutte le etnie e classi sociali. L’infezione si può diffondere facilmente in condizioni di affollamento, laddove è comune che ci sia un contatto corporeo stretto (ad esempio in case di riposo, centri di accoglienza, prigioni).
Sintomi
Il principale sintomo della scabbia è il prurito, che insorge circa dopo 3 settimane dal contagio (tempo d’incubazione); i sintomi inizieranno invece entro 1 o 2 giorni se il paziente avesse già contratto in passato l’infezione, perché in questo caso il sistema immunitario sarebbe già pronto a reagire alla minaccia.
Il prurito, che all’inizio può essere localizzato solo agli spazi interdigitali delle mani e ai glutei, diventa in seguito diffuso e tipicamente più grave nelle ore notturne.
La lesione cutanea tipica della scabbia è il cunicolo scabbioso, ovvero una sottile lesione lineare rilevata, di colore rosso-brunastro, a decorso tortuoso, lungo qualche millimetro, che corrisponde al percorso scavato dall’acaro femmina nella cute per deporre le uova. Il cunicolo presenta ad una estremità una protuberanza, laddove si annida l’acaro femmina.

Ingrandimento del cunicolo scavato dall’acaro della scabbia; la grossa screpolatura è causata dal grattamento, mentre l’acaro ha scavato verso la parte superiore destra, dove può essere visto al termine del cunicolo.
(By Michael Geary – Own work, Public Domain, Link)
I cunicoli possono essere in numero variabile (in media 12 per soggetto nella scabbia classica) e sono prevalenti nelle regioni cutanee con bassa densità di follicoli piliferi, come spazi interdigitali di
- mani e piedi,
- polsi
- e genitali.
Oltre ai cunicoli è possibile osservare visivamente anche papule e noduli, ovvero lesioni cutanee rilevate (di dimensioni inferiori al centimetro le prime, superiori al centimetro i secondi) di forma tondeggiante o ovalare, colore rossastro, che sono dovuti ad un fenomeno di ipersensibilità agli acari e ai loro prodotti.
Papule e noduli scabbiosi interessano le ascelle, le areole mammarie, ombelico, glutei, cosce e genitali. Il volto ed il cuoio capelluto sono solitamente risparmiati.
Oltre ai cunicoli, alle papule e ai noduli, spesso il paziente presenta escoriazioni cutanee diffuse, talvolta crostose, segno del grattamento indotto dall’intenso prurito. Le lesioni escoriate possono favorire delle sovra-infezioni, specialmente batteriche.
Scabbia norvegese (o crostosa)
La scabbia norvegese è conseguente ad una risposta immunitaria alterata ed insufficiente dell’ospite, incapace di limitare la proliferazione del parassita; è quindi caratterizzata da un’altrettanto notevole contagiosità e le lesioni papulose e crostose sono numerosissime, fino a coinvolgere l’intera superficie cutanea (eritrodermia). In questa forma il prurito è tuttavia assente, perché interessa soggetti affetti da patologie neurologiche che comportano riduzione della sensibilità al prurito o al dolore oppure soggetti affetti da demenza.
Altre forme eccezionali di scabbia
- Scabbia del lattante: caratterizzata da papule e cunicoli specialmente ai palmi delle mani, piante dei piedi e pieghe ascellari;
- Scabbia profusa: con un numero elevato di parassiti e di conseguenza lesioni cutanee diffuse; insorge in soggetti immunodepressi, ad esempio soggetti positivi al virus dell’immunodeficienza umana (HIV);
- Scabbia bollosa: le lesioni cutanee sono vere e proprie bolle indotte da un’allergia all’acaro.
Diagnosi
La diagnosi è relativamente semplice e si basa su:
- Presenza di prurito, specialmente di notte, che risparmia il volto; il fatto che anche un familiare o convivente esibisca simultaneamente sintomi sovrapponibili è fortemente suggestivo d’infezione;
- Morfologia e distribuzione delle lesioni cutanee: la presenza dei cunicoli è caratteristica della scabbia; papule e noduli nelle sedi tipiche (spazi interdigitali, polsi, genitali) è fortemente sospetta;
- Dimostrazione dell’acaro: possibile in centri di dermatologia specializzati per le infezioni, consiste nel raccogliere del materiale cutaneo asportandolo da un cunicolo o da una lesione papulosa o nodulare con una lama da bisturi; il materiale viene raccolto su un vetrino, immerso in una goccia di soluzione di idrossido di potassio al 20% ed osservato al microscopio ottico. La presenza del parassita o delle sue uova conferma la diagnosi clinica.
A meno che non si sospettino delle sovra-infezioni, non sono in genere necessari esami di laboratorio specifici, tuttalpiù gli esami del sangue potranno evidenziare un lieve aumento degli eosinofili, la quota di globuli bianchi che ci protegge dalle infezioni parassitarie.
Cura e trattamento
Il trattamento antiparassitario è solitamente locale ed ha effetto neurotossico sugli acari, le larve, le ninfe e le uova.
Il trattamento di prima scelta consiste nell’applicazione di una crema a base dell’antiparassitario permetrina al 5%, che deve essere applicata una sola volta su tutta la superficie cutanea (escluso il volto) e lasciata in sede per 8-12 ore (conviene quindi applicarla di sera prima di andare a dormire e sciacquarla con la doccia la mattina successiva).
Lo stesso trattamento si può ripetere dopo 1 settimana.
Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza della permetrina in crema anche in gravidanza, allattamento e nei neonati.
In alternativa si possono usare
- crotamitone in crema al 10%, da applicare una volta al giorno per 3-5 giorni su tutta la superficie cutanea
- oppure il benzoato di benzile in emulsione al 25% ogni 12-24 ore.
Il trattamento per bocca mediante l’antiparassitario ivermectina (200 microgrammi/kg una volta a settimana per due settimane) non è disponibile in Italia per uso umano, tuttavia è stato utilizzato con successo, previo consenso informato scritto dei pazienti, nei soggetti HIV positivi quando i trattamenti topici non sono risultati efficaci.
Devono essere sottoposti al trattamento per la scabbia oltre ai soggetti con diagnosi certa o sospetta anche i loro conviventi.
La biancheria ed i vestiti devono essere lavati a macchina ad una temperatura di almeno 60°C.
Essendo la scabbia una malattia che si può trasmettere per via sessuale, in seguito alla diagnosi è raccomandato eseguire gli esami di screening che valutino anche le altre possibili infezioni sessualmente trasmesse.
La scabbia si considera guarita se una settimana dopo la fine del trattamento non ci sono più manifestazioni di infezione attiva (lesioni cutanee in fase attiva come i cunicoli, prurito notturno). È invece da considerare che il prurito post trattamento (“prurito post scabbioso”) può persistere per 2-4 settimane e si può trattare con creme emollienti e antistaminici per bocca.
Prevenzione
Il rischio di contrarre la scabbia può essere ridotto limitando il numero di partner sessuali e osservando le comuni norme di igiene personale:
- evitare il contatto cutaneo stretto con sconosciuti,
- non condividere la biancheria intima e gli asciugamani.
L’uso del preservativo non previene la trasmissione della scabbia, il cui contagio avviene per contatto diretto di pelle e altre mucose.
Fonti e bibliografia
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- Cainelli T, Giannetti A, Rebora A. Manuale di dermatologia medica e chirurgica. 4°
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- Salavastru CM, Chosidow O, Boffa MJ, Janier M, Tiplica GS. European guideline for the management of scabies. J Eur Acad Dermatol Venereol. 2017 Jun 22. doi:
10.1111/jdv.14351. - FitzGerald D, Grainger RJ, Reid A. Interventions for preventing the spread of infestation in close contacts of people with scabies. Cochrane Database Syst Rev. 2014;(2):CD009943. doi: 10.1002/14651858.CD009943.pub2.
A cura della Dr.ssa Giulia Ciccarese, medico chirurgo specialista in Dermatologia e Venereologia
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