Introduzione
La schistosomiasi, o bilharziosi, è una malattia endemica di molti paesi dell’Africa e del Medio Oriente che colpisce milioni di individui, causata da un verme parassita in grado di aggredire l’ospite quando questi si immerge in acque infestate; solo alcuni individui a distanza di alcune settimane dal contagio sviluppano la cosiddetta schistosomiasi acuta, caratterizzata da:
- febbre
- eruzione cutanea pruriginosa, rossa, a chiazze
- tosse
- diarrea
- dolori muscolari e articolari
- dolore alla pancia
- un senso generale di malessere.
Questi sintomi tendono a risolversi spontaneamente entro poche settimane, ma il parassita non viene eradicato e può diventare causa di lesioni permanenti e complicazioni sul lungo periodo (a distanza anche di anni).
La schistosomiasi in genere risponde bene ad un breve ciclo di somministrazione di praziquantel, un antiparassitario vermifugo; in alcuni casi è possibile ricorrere alla somministrazione di cortisone per alleviare i sintomi della fase acuta.
Causa
La schistosomiasi è una malattia parassitaria causata da un verme appartenente al genere Schistosoma; si stima che a livello mondiale siano colpiti fino a 230 milioni, di cui moltissimi bambini, e circa 700 milioni di individui siano a rischio di contagio.
Sono 3 le specie in grado di parassitare l’uomo:
- Schistosoma japonicum,
- S. haematobium,
- S. mansoni.
Lo schistosoma haematobium in particolare causa la schistosomiasi urogenitale (il nome è un richiamo alla caratteristica presenza di sangue nelle urine); è un cancerogeno riconosciuto, tanto da essere la seconda principale causa di cancro alla vescica nel mondo.
Possiede un ciclo di vita complesso, che coinvolge un ospite intermedio (in genere lumache d’acqua dolce) ed un ospite primario, tipicamente l’essere umano; le uova vengono escrete dall’ospite umano attraverso l’urina e, in presenza di acqua dolce, l’uovo si schiude e rilascia una forma di parassita in grado di penetrare nei tessuti molli del suo ospite intermedio, la lumaca Bulinus.
Nella lumaca si osserva la riproduzione asessuata fino al rilascio, dopo 4-6 settimane, di migliaia di parassiti in grado di penetrare nella pelle dell’uomo, dove il ciclo ricomincia.
Il contagio avviene quando la pelle viene a contatto con l’acqua dolce contaminata dai parassiti rilasciati dalle lumache, ad esempio mentre si nuota, si gioca o ci si lava.
I vermi adulti vivono all’interno delle venule urogenitali, dove si cibano principalmente di globuli rossi; possono tuttavia essere colpiti numerosi organi urogenitali, tra cui
- vescica,
- ureteri inferiori (canali che collegano i reni alla vescica),
- uretra (canale che consente l’espulsione dell’urina all’esterno),
- vescicole seminali,
- utero e cervice,
- vagina.
Ogni giorno possono essere rilasciate da 20 a 290 uova e la vita media di un verme adulto è compresa tra 3 e 7 anni; circa metà delle uova non vengono escrete all’esterno, ma si depositano invece nel sistema urogenitale, dove inducono una risposta immunitaria ed infiammatoria responsabile delle gravissime complicazioni a lungo termine.
Le altre specie hanno cicli di vita simili, ma posseggono la capacità di colpire organi diversi.
Non si verifica invece alcuna forma di contagio diretto tra uomini.
Altri ospiti
Vari animali come bovini, cani, gatti, roditori, maiali, cavalli e capre possono fungere da serbatoio per S. japonicum, mentre S. mansoni può essere isolato anche da altri primati, ma è considerato principalmente un parassita umano (e quindi non una zoonosi propriamente detta).
Sintomi
Entro pochi giorni dall’infezione potrebbe comparire un’eruzione cutanea e/o prurito, mentre a distanza di 1-2 mesi (14-84 giorni) si potrebbero sviluppare
- febbre e brividi,
- mal di testa,
- tosse,
- dolori muscolari,
anche se in realtà nella maggior parte dei casi l’infezione decorre in questa fase senza alcun disturbo (e comunque si osservano differenze significative tra le diverse specie).
Una volta che si siano sviluppati vermi adulti nell’organismo, le uova che vengono quotidianamente rilasciate possono accumularsi negli organi urogenitali (o a a livello di intestino e fegato, a seconda della specie coinvolta), dove causano reazioni infiammatorie croniche responsabili di sintomi acuti e lesioni permanenti (più raramente possono raggiungere anche il sistema nervoso centrale, dove causano convulsioni e paralisi). In questa fase sono comuni
- dolore addominale,
- diarrea,
- ingrandimento di fegato e milza,
- sangue nelle feci o nelle urine,
- disturbi della minzione
I bambini che vengono infettati ripetutamente possono sviluppare
- anemia,
- malnutrizione
- e difficoltà di apprendimento.
I sintomi della schistosomiasi sono quindi causati dalla reazione del corpo alle uova prodotte dai vermi, non dai vermi stessi.
Schistosomiasi intestinale
La schistosomiasi intestinale può causare dolore addominale, diarrea e presenza di sangue nelle feci. L’ingrossamento del fegato è comune nei casi più avanzati ed è spesso associato ad un accumulo di liquidi nella cavità peritoneale e ad ipertensione dei vasi sanguigni addominali. Comune anche l’ingrossamento della milza.
Schistosomiasi urogenitale
Il sintomo caratteristico della schistosomiasi urogenitale è l’ematuria (presenza di sangue nelle urine), mentre se trascurata l’infezione può diventare causa di fibrosi della vescica e dell’uretere, oltre che di danno renale e cancro alla vescica.
- Nelle donne la schistosomiasi urogenitale può presentarsi con lesioni genitali, sanguinamento vaginale, dolore durante i rapporti sessuali e sviluppo di noduli nella vulva. Tra le complicazioni a lungo termine figura anche l’infertilità.
- Negli uomini possono invece venire coinvolte le vescicole seminali, la prostata e altri organi.
Complicazioni
Le passate stime dell’OMS (2016) ipotizzavano un tasso di mortalità di 0,3 per 100.000 abitanti, che può non sembrare elevato, ma che appare in tutta la sua gravità se pensiamo che la parassitosi interessa centinaia di milioni di persone nel mondo; fortunatamente grazie alle politiche sanitarie messe in campo si tratta di numeri probabilmente in diminuzione.
Le infezioni da Schistosoma possono causare lesioni del sistema nervoso centrale e più comunemente anche reazioni granulomatose e fibrosi negli organi interessati (ad esempio fegato e milza); la fibrosi è un processo che consiste nella progressiva perdita di funzionalità dell’organo per sostituzione con tessuto cicatriziale.
S. haematobium è considerato cancerogeno per la vescica e, tra le altre complicazioni segnalate in letteratura, si annoverano.
- infertilità femminile e aborto spontaneo,
- aumento dell’incidenza di malattie sessualmente trasmissibili (compreso l’HIV),
- ostruzione del tratto urinario (che potrebbe condurre a malattia renale cronica).
Gli individui con schistosomiasi sono anche più suscettibili alla Salmonella typhi e ad altre specie di Salmonella.
Diagnosi
La diagnosi richiede in genere l’analisi di campioni di feci ed urina; i parassiti adulti di S. mansoni, S. japonicum, S. mekongi e S. intercalatum risiedono nel sistema circolatorio intestinale e le uova vengono riversate nelle feci, mentre i vermi adulti appartenenti alla specie S. haematobium si trovano nel tratto urinario inferiore e le uova vengono quindi versate nelle urine.
Per aumentare la sensibilità dell’esame di feci e urine è consigliabile raccogliere tre campioni in giorni diversi, perché l’emissione non si verifica a ritmo costante.
Sul sangue è possibile ricercare la presenza di anticorpi sviluppati a seguito dell’infezione (che tuttavia non consentono la distinzione tra un’infezione risolta da un’infezione in corso).
Al fine di ottenere risultati affidabili è raccomandabile attendere 6-8 settimane dall’ultima esposizione all’acqua contaminata prima diel prelievo dei campioni.
Cura
Praziquantel è l’antiparassitario di prima scelta per la cura della schistosomiasi, che garantisce in genere l’eradicazione del parassita dall’organismo dopo soli 1-2 giorni di terapia. Poiché il farmaco è efficace soprattutto contro il parassita adulto si opta in genere per iniziare il trattamento almeno 4-6 settimane dopo l’esposizione.
Prevenzione
- Evitare bagni in acqua dolce in aree endemiche per la schistosomiasi (nuotare in acque salate o nelle piscine clorurate è invece sicuro).
- Bevi acqua sicura (sebbene la schistosomiasi non venga trasmessa ingerendo acqua contaminata, se la bocca o le labbra entrano in contatto con i parassiti questi potrebbero riuscire a penetrare nell’organismo). L’acqua bollita per almeno 1 minuto è invece sicura, mentre il solo trattamento con iodio è garanzia di sicurezza.
- La stessa avvertenza va posta per l’acqua del bagno (l’acqua accumulata in un serbatoio di stoccaggio per almeno 1-2 giorni viene invece considerata sicura).
- Asciugarsi vigorosamente dopo un’esposizione accidentale e molto breve all’acqua può ridurre il rischio di contagio.
Fonti e bibliografia
- WHO
- Schistosomiasis – Elizabeth K. Lackey; Shawn Horrall.
- CDC
Articoli ed approfondimenti
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