Introduzione
La Sindrome di Kawasaki è una malattia tipica dei bambini nei primi anni di vita, che diventa invece estremamente rara in età adulta; rappresenta la prima causa pediatrica di patologia cardiaca acquisita, ovvero non presente dalla nascita.
La condizione esordisce in modo acuto con una infiammazione dei vasi sanguini di medio calibro (vasculite) di tutti i distretti del corpo, causando un coinvolgimento dello stato di salute generale e manifestazioni mucocutanee (che coinvolgono cioè pelle e mucose).
Si presenta sempre con
- febbre molto alta per 5 o più giorni,
- raffreddore
- e congiuntivite,
sintomi talora accompagnati dalla comparsa di un rash rossastro sulla cute, ragione per le quale molto spesso viene scambiata o con una semplice infezione stagionale o con le malattie esantematiche tipiche dell’infanzia, come il morbillo o la rosolia.
A differenza di queste, la Sindrome di Kawasaki non è tuttavia di natura infettiva e richiede una diagnosi rapida e precisa perché, pur essendo nella maggior parte dei casi autolimitante (febbre e malessere tendono a risolversi spesso senza sequele), può rappresentare un rischio per la salute del bambino in caso di insorgenza di complicanze a carico del cuore (un bambino su quattro).
La sindrome richiede trattamento ospedaliero e, tanto più è precoce, tanto più rapido sarà il recupero e ridotto il rischio di complicazioni; la cura si basa sulla somministrazione di anticorpi per via endovenosa e aspirina.
Cause
La causa della Sindrome di Kawasaki è sconosciuta, ma si pensa che possa essere provocata da un malfunzionamento del sistema immunitario; poiché la sindrome NON è trasmissibile/contagiosa, l’ipotesi prevalente è quindi che possa essere il risultato di una combinazione tra fattori esterni (un virus od altro) ed una predisposizione genetica.
Il fattore scatenante la malattia potrebbe essere l’esposizione ad un agente microbico responsabile in condizioni di normalità di una banale malattia infettiva, oppure l’incontro con un inquinante ambientale che generalmente risulta innocuo.
In questo modo si sviluppa un attacco anche contro alcune componenti strutturali dei vasi sanguigni, determinando lo sviluppo di infiammazione.
Fattori di rischio
Al di là della precisa causa della sindrome sono stati individuati alcuni fattori di rischio associati ad un aumento della probabilità di sviluppare la malattia:
- appartenenza ad un’etnia asiatica, delle isole del Pacifico o essere americani con discendenti asiatici;
- i bambini maschi sono più soggetti rispetto alle femmine;
- età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni;
- stagionalità (maggior rischio durante l’estate e l’inverno);
- aver sofferto o soffrire di dermatite atopica (eczema);
- famigliarità per sindrome di Kawasaki.
Sintomi
La sindrome di Kawasaki presenta tre diverse fasi evolutive.
La fase acuta (durata 1-2 settimane) è caratterizzata dall’esordio con febbre costantemente alta, con punte che superano i 40° e che non si abbassa con i comuni farmaci antipiretici.
Alla febbre si aggiungono sintomi tipici di un’infezione delle alte vie aeree cioè
- tosse,
- raffreddore,
- congiuntive arrossate in entrambi gli occhi,
- fastidio nell’osservare la luce (fotofobia),
- gola arrossata,
- irritabilità.
In genere entro 5 giorni dall’insorgenza della febbre compare l’ “esantema polimorfo”, cioè la presenza di macchie arrossate sulla cute del tronco, del viso e della zona del pannolino; anche le mani e i piedi sono coinvolti: le dita presentano un rigonfiamento duro e a volte doloroso sul dorso mentre può apparire un arrossamento sui palmi e sulle piante.
La mucosa della bocca appare arrossata, con vescicole e ulcere, le tonsille sono ingrossate e infiammate, le labbra sono secche, fissurate e possono sanguinare.
Meno frequentemente si possono avere
- ingrossamento dei linfonodi del collo,
- diarrea,
- vomito,
- rifiuto del cibo,
- dolore addominale,
- sordità temporanea,
- dolori articolari diffusi.
Questi sintomi possono presentarsi in momenti diversi del decorso della malattia e l’ordine di presentazione è variabile da caso a caso.
La fase subacuta (che prosegue fino alla quarta settimana) è associata a una progressiva riduzione della febbre e una regressione degli altri sintomi.
L’eritema delle mani e dei piedi va incontro a desquamazione a partire dai polpastrelli e possono comparire dei solchi trasversali caratteristici sulle unghie.
L’irritabilità e l’inappetenza del bambino possono perdurare per più tempo; è in questa fase che si possono sviluppare le complicanze cardiache ed è il momento in cui è presente il più alto rischio di morte improvvisa.
La fase di convalescenza (dalla quinta all’ottava settimana) si va infine incontro alla guarigione completa con normalizzazione anche dei segni clinici e degli indici di laboratorio; persistono solo le alterazioni alle unghie.
Complicazioni
Con una diagnosi precoce ed un trattamento tempestivo la maggior parte dei bambini con malattia di Kawasaki guarisce completamente, mentre in assenza di trattamento un bambino su quattro può sviluppare gravi complicazioni; qualora la durata della febbre superi i 14 giorni il bimbo ha un maggior rischio di sviluppo di complicanze, che riguardano principalmente il coinvolgimento dei vasi sanguigni che portano approvvigionamento al cuore, ovvero le coronarie. Questi vasi possono andare incontro alla formazione di un aneurisma, ovvero ad un allargamento patologico del loro diametro, che può comportare una riduzione della capacità di contrarsi del cuore, delle alterazioni del ritmo di contrazione e infine infarto e scompenso cardiaco.
Le complicanze cardiache associate alla malattia di Kawasaki sono gravi e possono essere fatali nel 2-3% dei casi non trattati (i bambini di età inferiore ad 1 anno sono i soggetti a più alto rischio).
Altre complicanze dipendono dal coinvolgimento dei vasi periferici che possono occludersi, con il conseguente ridotto apporto di sangue ai tessuti; particolarmente sensibili a tale riduzione sono le parti distali come le mani e i piedi, che diventano fredde, pallide, cianotiche e in rari casi possono andare incontro a gangrena, con perdita delle dita.
Diagnosi
La diagnosi della sindrome di Kawasaki è difficile essenzialmente per tre ragioni:
- le caratteristiche della condizione sono comuni ad altre malattie più frequenti,
- a volte si presenta con un quadro clinico incompleto e atipico,
- non esiste purtroppo un test diagnostico univoco e specifico.
Il medico sospetta la sindrome di Kawasaki in presenza di un bambino con febbre da almeno 5 giorni e che presenti almeno altri quattro segni caratteristici della malattia.
È molto probabile che siano richiesti degli esami di laboratorio per escludere altre malattie e supportare la diagnosi di Kawasaki:
- emocromo (ci si aspetta la riduzione dei globuli rossi e l’aumento di globuli bianchi e piastrine),
- indici di infiammazione (VES e PCR risultano aumentati)
- funzionalità epatica (le transaminasi risultano spesso alterate).
Ad esso solitamente viene aggiunto anche l’esame delle urine e solo nei casi più gravi un prelievo del liquor cerebrospinale (puntura lombare) e del liquido articolare (artrocentesi).
Fondamentale infine svolgere degli approfondimenti cardiologici quali l’ecocardiogramma, un esame nel quale si osserva su uno schermo come il cuore si contrae, e l’elettrocardiogramma, che evidenzia eventuali disturbi nell’attività elettrica del cuore, per poter escludere la presenza di complicanze cardiache.
Terapia e follow up
Nonostante si tratti di una patologia che incute preoccupazione per le sue complicanze, la medicina ha a disposizione una terapia efficace, in grado di prevenire lo sviluppo delle pericolose conseguenze cardiache, che si basa sull’utilizzo in associazione di immunoglobuline (IVIG) e acido acetilsalicilico (aspirina).
Le immunoglobuline sono un gruppo di proteine naturalmente presenti nel nostro sangue che vengono prodotte da alcuni tipi di globuli bianchi; esse sono ottenute tramite trasfusioni ematiche e vanno somministrate per via endovenosa, ad alto dosaggio, in un’unica somministrazione entro i primi sette giorni della malattia.
L’acido acetilsalicilico va somministrato ad alte dosi nella fase acuta per un periodo variabile, in genere fino a 48-72 ore dalla scomparsa della febbre, e poi a basse dosi per un periodo di 6-8 settimane in pazienti senza complicanze. Va ricordato ai genitori di non somministrare l’aspirina in modo autonomo senza il parere medico, perché essa potrebbe essere responsabile di alcune gravi reazioni avverse compromettendo la salute del paziente (sindrome di Reye).
Sono importanti anche i controlli cardiologici a distanza di tempo, in genere verranno richiesti ecocardiogramma e elettrocardiogramma a 6 e 12 mesi di distanza dalla malattia, e successivamente ogni 3-5 anni. I controlli saranno più serrati per coloro che invece hanno sviluppato le complicanze.
La prognosi dipende dal coinvolgimento cardiaco, ma è generalmente ottima per coloro che non sviluppano complicanze.
A cura della Dott.ssa Consuelo Basile, medico chirurgo
Fonti e bibliografia
- Marchesi, Alessandra, et al. “Malattia di Kawasaki: linee guida italiane.” Prospettive in Pediatria n°38.152; anno 2008; pag: 266-83.
- Woon, Peng Yeong, et al. “Increased risk of atopic dermatitis in preschool children with Kawasaki disease: a population-based study in Taiwan.” Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine 2013
Articoli ed approfondimenti
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