Introduzione
La sindrome di Menière è un disturbo dell’orecchio interno caratterizzato da un aumento del volume dei fluidi contenuti negli organi deputati al controllo dell’equilibrio e alla percezione uditiva. Si manifesta con la comparsa improvvisa di episodi di:
- vertigini,
- nausea e vomito,
- perdita dell’udito,
- acufeni.
Gli attacchi di vertigini possono manifestarsi all’improvviso, oppure dopo un breve periodo di caratterizzato da disturbi dell’udito (acufene e/o udito ovattato); alcuni pazienti sviluppano singoli attacchi intervallati da lunghi periodi di quiete, mentre altri potrebbero subire molti attacchi più ravvicinati nell’arco di diversi giorni.
La condizione è associata ad un’età di insorgenza media intorno ai 45 anni, ma può comunque colpire a tutte le età; è più comune nei Paesi nordici ed anglosassoni ed è leggermente più frequente nel sesso femminile.
Interessa in genere un solo orecchio, mentre è raro che il disturbo sia bilaterale.
Cause
L’orecchio interno è la struttura in cui hanno sede
- l’organo dell’udito, rappresentato dalla coclea,
- e quello dell’equilibrio, costituito dal labirinto.
All’interno di queste strutture è contenuto un fluido, l’endolinfa, che è deve rispettare determinate caratteristiche per quanto riguarda composizione e volume.

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Nella sindrome di Menière il problema principale risiede nella presenza di un’eccessiva quantità di endolinfa (idrope endolinfatica) che si accumula all’interno di coclea e labirinto a causa di
- un’aumentata produzione
- o per un suo diminuito drenaggio.
Il risultato è una compromissione funzionale delle cellule deputate alla percezione dei suoni e al normale mantenimento dell’equilibrio, con conseguente insorgenza di
- disturbi dell’udito
- e vertigini.
Le cause esatte che portano alcune persone a sviluppare questo eccesso di fluidi nell’orecchio interno restano ancora oggi sconosciute, sono tuttavia stati individuati alcuni fattori favorenti lo sviluppo della malattia, in grado di determinare una riduzione della capacità di riassorbimento dell’endolinfa e un suo conseguente accumulo:
- infezioni,
- patologie autoimmunitarie,
- disturbi vascolari.
Le singole crisi possono invece essere scatenate da eventi che portano ad un aumento acuto della produzione dell’endolinfa:
- Ridotta assunzione di liquidi con la dieta: determina un’aumentata produzione di ormone antidiuretico che controlla, oltre alla quantità di liquidi totali presenti nell’organismo, anche la produzione di endolinfa.
- Eccessivo apporto idrico: da alcuni studi è emerso che anche questo fattore, diametralmente opposto al precedente, sembra favorire l’insorgenza della crisi.
- Stress e affaticamento.
- Traumi cranici.
- Interventi chirurgici all’orecchio.
- Condizioni climatiche: è stato dimostrato un incremento delle crisi nel periodo di passaggio dall’inverno alla primavera e in seguito a rapide mutazioni della pressione atmosferica.
Sintomi
I sintomi caratteristici della sindrome di Menière sono:
- vertigine acuta e intensa, tanto da costringere spesso a letto il paziente;
- nausea e vomito associati alle crisi vertiginose;
- acufeni: detti anche tinniti, sono dei rumori fastidiosi simili a fischi o fruscii che vengono percepiti a livello dell’orecchio;
- sordità improvvisa o ipoacusia fluttuante: diminuzioni improvvise e temporanee dell’udito sono tipiche delle prime fasi della patologia. In seguito al susseguirsi delle diverse crisi, però, possono insorgere dei danni che determinano sordità permanente;
- sensazione di ovattamento e di aumentata pressione a livello dell’orecchio;
- nistagmo spontaneo durante le crisi: si tratta di movimenti oscillatori, ritmici e involontari dei bulbi oculari causati dalla compromissione dei recettori vestibolari.
La malattia è caratterizzata dalla ricorrenza di crisi vertiginose che si manifestano in maniera imprevedibile e ad intervalli irregolari; tendono in genere a diventare più frequenti con il passare degli anni, risultando però meno intense.
La durata della singola crisi è in genere di qualche ora e, una volta superata, si ha il ritorno al normale benessere. L’ipoacusia è inizialmente fluttuante, si risolve cioè al terminare della crisi; con il sommarsi delle crisi tende invece a diventare cronica e, accanto al deficit uditivo, possono rimanere degli acufeni persistenti.
Generalmente viene interessato un singolo orecchio ma in un 10% dei casi si può avere un coinvolgimento bilaterale. Nella maggior parte dei casi l’insorgenza delle crisi cessa dopo qualche anno dall’esordio.
Complicazioni
Tra le possibili complicazioni causate dalla sindrome di Menière ricordiamo:
- ansia e depressione,
- sordità.
La sindrome di Menière comporta un peggioramento della qualità della vita del paziente, non soltanto nei momenti in cui è colpito dalla crisi vertiginosa, ma anche nei periodi intercritici, che possono essere vissuti con apprensione e ansia. A volte, chi soffre di questo disturbo, può limitare le attività e gli impegni della propria vita quotidiana per paura che una nuova crisi si manifesti nel mentre. È facile intuire come questa malattia abbia un forte impatto sulla vita delle persone e possa portare a sviluppare diversi tipi di problematiche.
Il danno ripetuto alle cellule dell’orecchio interno conseguente alla molteplicità delle crisi può portare nel tempo all’insorgenza di sordità cronica.
Diagnosi
Lo specialista che si occupa di questa condizione è l’otorinolaringoiatra, anche se nei casi non complicati il curante è in grado di assistere efficacemente il paziente.
La diagnosi della malattia di Menière si basa sulla raccolta dei sintomi riportati dal paziente e sull’esecuzione di test strumentali come:
- Esame audiometrico: permette di identificare il tipo di deficit uditivo riportato e la sua entità. Nelle fasi iniziali la perdita dell’udito riguarda soprattutto le frequenze medio-basse mentre nelle fasi più avanzate vengono interessati anche i toni acuti.
- Elettrococleografia: studia la trasmissione degli impulsi elettrici prodotti dalla coclea e dal nervo acustico in risposta a dei suoni e permette quindi di verificare il normale funzionamento di questi sistemi.
- Prove vestibolari: si tratta di test che vengono eseguiti per analizzare i disturbi dell’equilibrio. In particolare nel caso della sindrome di Menière risultano utili le prove termiche, in cui viene instillata nell’orecchio acqua calda o fredda. In condizioni normali ciò provoca l’insorgenza di un nistagmo mentre nelle fasi avanzate di questa malattia si rivela, nella maggior parte dei casi, un deficit unilaterale.
- Risonanza magnetica o TC dell’encefalo: metodiche radiografiche possono essere eseguite per escludere la presenza di malformazioni o masse occupanti spazio.
Al fine di facilitare la diagnosi sono state stabilite delle linee guida che indicano la probabilità di avere a che fare con la sindrome di Menière:
- Malattia di Menière possibile: episodi di vertigine di durata superiore a 20 minuti senza ipoacusia documentata, oppure ipoacusia neurosensoriale con disequilibrio ma senza episodi di vera e propria vertigine. Altre cause escluse.
- Malattia di Menière probabile: un episodio di vertigine di durata superiore a 20 minuti con deficit uditivo neurosensoriale documentato da un’audiometria in almeno una occasione. Acufeni od ovattamento auricolare all’orecchio malato. Altre cause escluse.
- Malattia di Menière definita: due o più episodi di vertigine della durata superiore a 20 minuti con deficit uditivo neurosensoriale riscontrato mediante audiometria. Acufeni od ovattamento auricolare all’orecchio malato. Altre cause escluse.
- Malattia di Menière certa: la diagnosi di certezza non è applicabile sul vivente in quanto avviene soltanto in seguito all’esame autoptico che dimostri la presenza di una dilatazione dello spazio endolinfatico.
Cura e rimedi
Il trattamento si differenzia in base alle fasi della malattia; esistono infatti dei rimedi da adottare
- in corrispondenza dell’insorgenza della crisi per controllarne i sintomi
- ed altri a cui attenersi nei periodi intercritici al fine di regolarizzare i livelli di endolinfa.
Per la terapia delle crisi acute si ricorre a farmaci sintomatici, volti a
- contrastare le vertigini (ad esempio difenidramina)
- ridurre il senso di nausea (metoclopramide)
in associazione a diuretici per cercare di diminuire la quantità di endolinfa presente.
La terapia della fase intercritica, ossia tra un attacco e l’altro, punta a prevenire l’insorgenza di una nuova crisi e si avvale di
- dieta iposodica (povera di sodio),
- normalizzazione dell’apporto idrico (acqua),
- utilizzo di diuretici,
- cicli di betaistina ad alto dosaggio.
La terapia farmacologica dà in genere buoni risultati e consente di ottenere una significativa riduzione delle crisi vertiginose. Nei casi resistenti è possibile adottare un approccio chirurgico, come la decompressione chirurgica del sacco endolinfatico o la deafferentazione vestibolare. Quest’ultima opzione sembra essere la più efficace e punta ad ottenere una perdita unilaterale della funzione vestibolare mantenendo quella uditiva, in modo da evitare la futura insorgenza di vertigini. Viene eseguita mediante diverse tecniche:
- Labirintectomia chimica: viene instillato nell’orecchio medio, per via transtimpanica, un antibiotico (gentamicina). Questo farmaco ha un effetto tossico a livello dell’orecchio interno che determina una degenerazione delle cellule dei recettori vestibolari.
- Neurectomia vestibolare: nel caso in cui i precedenti trattamenti non abbiano sortito effetti può venire eseguita una sezione selettiva del nervo vestibolare che determina in un’altissima percentuale dei casi la scomparsa dei sintomi.
- Labirintectomia: asportazione completa o parziale del labirinto. È indicata solo nei rari casi in cui ci sia già un grave deficit unilaterale dell’udito in quanto comporta la perdita dello stesso.
Fonti e bibliografia
- De Vincentiis M., Gallo A., Bussi M. Manuale di otorinolaringoiatria, Piccin editore, 2008.
A cura della Dr.ssa Giulia Grotto, medico chirurgo