Introduzione
Il nefrone è una piccola struttura che costituisce l’unità funzionale del rene e che si occupa di
- filtrare il plasma
- riassorbire le sostanze utili
- operare il processo di ultrafiltrazione, primo passaggio della formazione di urina.
In un soggetto adulto sono presenti fino a 1.5 milioni di nefroni per ciascun rene.
La sindrome nefrosica è una condizione caratterizzata da
- escrezione di una rilevante quantità di proteine attraverso l’urina (proteinuria),
- riduzione dei livelli di albumina nel sangue (disprotidemia e ipoalbuminemia),
- edema esteso dei tessuti,
- ipercolesterolemia,
- accumulo dei liquidi
- e trombofilia (ipercoagulabilità del sangue).
Il paziente che sviluppa sindrome nefrosica presenta un nefrone la cui funzione di filtro risulta indebolita, meno selettiva, permettendo così l’escrezione delle proteine nell’urina, quando normalmente vengono invece recuperate perché ancora utili o comunque per essere destinate a preziosi meccanismi di riciclo.
La condizione riguarda prevalentemente i bambini (2-5 anni d’età) e soprattutto di sesso maschile, nonostante possa presentarsi a tutte le età; rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo d’insufficienza renale.
Può svilupparsi in conseguenza ad un danno renale (primitiva) o secondaria, cioè come complicazione di una patologia non necessariamente renale.
La sintomatologia tende a presentarsi e a regredire in maniera episodica, mentre la prognosi è molto soggettiva e dipende prevalentemente dalla causa scatenante, buona se subordinata ad una patologia trattabile (ad esempio un’infezione), ma tendenzialmente nefasta quando interessi un neonato.
La diagnosi viene effettuata sulla base della sintomatologia e dei risultati delle analisi di laboratorio (sangue e urine).
Il trattamento prevede il ricorso a farmaci diuretici e la somministrazione endovena di albumina, a compensare quella persa; la cura ha come obiettivo il contenimento e il rallentamento della progressione del danno al rene, che tuttavia in alcuni pazienti è così esteso e grave da richiedere il trapianto.
Causa
Con l’eccezione di rare sindromi congenite (ovvero presenti sin dalla nascita e tipicamente di origine genetica), la sindrome nefrosica viene classificata in:
L’insorgenza della sindrome nefrosica può avere originecongenita, ossia associata alla mutazione di un gene che viene trasmesso dai genitori del soggetto affetto. In generale, la sindrome può essere definita primaria, ossia conseguente a un danno renale, oppure secondaria ad altre patologie.
- Primaria, ovvero non dipendente ad altre patologie e più comune nell’infanzia:
- Glomerulopatia a lesioni minime: ossia la forma più comune, specialmente nei bambini. I reni appaiono normali al microscopio;
- Glomerulonefrite membrano-proliferativa: caratterizzata da aspetti proliferativi alla microscopia e dall’ispessimento della membrana basale glomerulare;
- Glomerulosclerosi focale segmentaria: evidente sclerosi in parte del flocculo di una porzione di glomeruli al microscopio;
- Glomerulonefrite membranosa: ispessimento della membrana basale con deposito di immunocomplessi sulla stessa.
- Secondaria, la più comune nei soggetti adulti e subordinata alla presenza di altre patologie, non per forza appartenenti a disfunzioni renali, come ad esempio:
- Malattie metaboliche (diabete, amiloidosi)
- Neoplasie
- Virus
- Disordini immunologici (Lupus eritematoso sistemico, …)
- Malattie genetiche
- Epatite B / Epatite C
- HIV
- Malattie infettive (Sifilide, Malaria, glomerulonefriti post-infettive, …)
- Reazioni allergiche (punture di insetti e all’edera o alla quercia velenosa)
- Sarcoidosi
- Ipertensione maligna
- Tossiemia della gravidanza
La sindrome nefrosica può infine insorgere anche a causa della ripetuta assunzione di farmaci tossici per i reni, come gli antinfiammatori non steroidei (FANS), o di droghe, come l’eroina.
Sintomi
I segni principali legati all’insorgenza della sindrome nefrosica sono:
- Elevati livelli di proteine nelle urine e urine schiumose
- Edema (gonfiore) localizzato in gambe, caviglie, piedi
- Aumento del peso corporeo associato alla ritenzione idrica
- Affaticamento e respiro affannoso a causa dell’accumulo di liquidi nello spazio pleurico
- Inappetenza
- Aumento dei grassi nel sangue
- Maggiore suscettibilità alle infezioni
- Maggiore ritenzione di sodio da parte dei reni
- Malessere generale
- Gonfiore dell’addome (ascite)
Nei bambini si rileva anche
- ipotensione ortostatica o posturale (calo della pressione sanguigna in posizione eretta)
- Osteoporosi conseguente a perdita di calcio osseo e carenza di vitamina D
Diagnosi
La diagnosi della sindrome nefrosica si basa in prima istanza sulla diagnosi clinica, sulla base di
- sintomatologia riportata,
- indagine anamnestica (storia clinica e stato di salute generale)
- e dei possibili fattori di rischio.
Il medico specialista di riferimento è il nefrologo, che si avvale anche di indagini obiettive quali:
- Esami del sangue, utili a verificare la presenza di infezioni e la riduzione delle proteine (specialmente i livelli di albumina); è inoltre caratteristico un drammatico aumento della concentrazione dei lipidi nel sangue, fino a 10 volte maggiore rispetto ai soggetti sani.
- Esami delle urine volti all’identificazione dei livelli di creatinina e albumina (il risultato è assume maggior potere di diagnosi quando relativo alla raccolta sulle 24 ore). Ci si attende di trovare bassi livelli di sodio e alti livelli di potassio
- Esami strumentali:
La diagnosi differenziale dev’essere effettuata con l’insufficienza cardiaca, specialmente nei soggetti anziani, a causa della presenza dell’edema.
Sindrome nefrosica o sindrome nefritica?
Nel caso della sindrome nefrosica l’edema (gonfiore) si sviluppa a causa dell’imponente perdita di proteine nelle urine (superiore a 3 g nelle 24 ore), mentre nella sindrome nefritica la proteinuria è meno grave e non è tale di per sé da giustificare la comparsa di edema, che invece è ascrivibile alla grande ritenzione di acqua e sali.
Complicazioni
La sindrome nefrosica espone il paziente ad un’aumentata suscettibilità verso infezioni e infiammazioni, probabilmente come conseguenza dell’escrezione, tramite le urine, anche di anticorpi normalmente funzionali alle difese dell’organismo.
La condizione, inoltre, può provocare ipercoagulabilità e, conseguentemente, gravi trombosi nelle vene renali (ostruzione al flusso sanguigno).
Si segnala infine il rischio di sviluppare insufficienza renale a causa del progressivo danno d’organo, che rende deficitarie le funzioni di base dello stesso.
Cura
Il trattamento della sindrome nefrosica secondaria è orientato alla patologia responsabile delle disfunzioni renali, parallelamente alle eventuali complicazioni renali già in corso.
Il trattamento della sindrome nefrosica in sé consiste nella somministrazione di farmaci inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (medicinali ACE-inibitori, tipicamente usati anche per problemi di pressione alta) o un bloccante del recettore dell’angiotensina II (ARB), che aiutano la conservazione delle proteine ed evitano la loro espulsione incontrollata attraverso le vie urinarie.
Trovano inoltre applicazione:
- Diuretici per il trattamento dell’ipertensione
- Anticoagulanti per il trattamento dell’ipercoagulabilità
- Statine per il trattamento dei livelli di colesterolo nelle vie ematiche
- Corticosteroidi e immunosoppressori per i glomeruli renali
- Infusioni di albumina
- Vaccino antipneumococcico per evitare l’insorgenza di infezioni
Tutto il trattamento dovrà essere accompagnato da una dieta che assicuri il giusto quantitativo di proteine, diminuendo al contempo l’apporto di sodio, colesterolo e acidi grassi saturi (generalmente di origine animale).
In alcuni casi si osserva una remissione spontanea, nonostante ciò non sono rare recidive e complicazioni collegate alla sindrome.
Prevenzione
Per evitare l’insorgenza della sindrome nefrosica è opportuno limitare l’utilizzo di antinfiammatori non steroidei (FANS) e di altri farmaci e composti nefrotossici nei soggetti maggiormente a rischio, che possono eventualmente beneficiare di un effetto preventivo, oltre che curativo, dei farmaci inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) o di un bloccante del recettore dell’angiotensina II (ARB).
Fonti e bibliografia
A cura del Dr. Enrico Varriale, medico chirurgo