SLA, sclerosi laterale amiotrofica: sintomi, cause e cura

Introduzione

La Sclerosi Laterale Amiotrofica, conosciuta anche come SLA o malattia di Lou Gehrig, è una patologia che colpisce il sistema nervoso e in particolare i motoneuroni, ovvero le cellule deputate al controllo della muscolatura.

I sintomi iniziali della SLA possono includere

  • spasmi muscolari,
  • crampi,
  • rigidità o debolezza,
  • disturbi del linguaggio,
  • difficoltà a masticare o deglutire.

Con il progredire della malattia il paziente soffre di un progressivo aumento della debolezza muscolare, fino a diventare dipendente dalla dalla sedia a rotelle, mentre la sensibilità rimane integra poiché veicolata attraverso un diverso tipo di vie nervose che non vengono intaccate dalla patologia; allo stesso modo rimangono perfettamente funzionanti la motilità oculare ed il controllo cognitivo.

La malattia esordisce in genere attorno ai 60 anni (una decina di anni prima nel caso di forme ereditarie).

La diagnosi avviene molto spesso per esclusione, a seguito di una serie di indagini che studiano il sistema nervoso e che comprendono tra l’altro una elettromiografia di conferma.

Tra le principali metodiche utilizzate ricordiamo:

  • RMN (Risonanza Magnetica Nucleare), che deve risultare normale e permettendo così di escludere altre patologie legate invece a lesioni in aree cerebrali/midollari adibite al controllo dei movimenti.
  • Analisi del liquor (per escludere eventuali processi, soprattutto infettivi come una meningite, il cui risultato potrebbe essere un’alterazione del movimento stesso).
  • Analisi di laboratorio (per analizzare eventuale uso di sostanze tossiche o specifici farmaci deprimenti l’attività del sistema nervoso).

La terapia attualmente a disposizione non ha purtroppo finalità curative (nel senso che non può “risolvere” la patologia di base); l’obiettivo è invece quello di ritardare la progressione della malattia ed alleviarne ovviamente il disagio e l’eventuale sofferenza del paziente.

L’unico farmaco attualmente approvato per il trattamento della SLA è il Riluzolo, al quale si associano una serie di presidi di supporto quali ad esempio

  • fisioterapia e riabilitazione,
  • supporto ventilatorio per la respirazione,
  • nutrizione parenterale se necessaria,

La morte spesso deriva da insufficienza respiratoria, che si sviluppa mediamente entro un periodo di tempo compreso tra 2 e 10 anni dall’inizio dei sintomi; circa il 10% dei pazienti sopravvive più di 10 anni, mentre il 5 % raggiunge o supera i 20 anni dalla diagnosi.

Cause

Per poter comprendere il danno causato caratteristico della SLA è prima necessario capire come avviene la trasmissione del segnale nervoso (dalla corteccia cerebrale fino al muscolo in periferia) che consente lo svolgimento di un’azione.

Funzionamento dei motoneuroni e dei neuroni sensoriali

iStock.com/normaals

 

I nostri muscoli volontari sono responsabili dei movimenti come camminare, respirare, masticare e parlare, ma sono speciali cellule nervose (motoneuroni) che collegano cervello e midollo spinale al resto del corpo. L’impulso viene (volontariamente) generato nel nostro cervello, a livello di quello che chiamiamo “primo” motoneurone.

Da qui viaggia verso il basso, arrivando fino al midollo spinale, dove incontra il “secondo” motoneurone. Quest’ultimo, tramite il suo prolungamento, raggiunge il muscolo e gli ordina di contrarsi.

In caso di SLA la degenerazione colpisce tutti i motoneuroni, sia quelli posizionati a livello cerebrale che i secondi, a livello midollare.

La lesione dell’uno o dell’altro genera sempre, in tutti i tipi di malattie “nervoso-motorie” e non soltanto nella SLA, dei sintomi caratteristici con il risultato comune di un deficit del movimento.

Quando i motoneuroni iniziano a degenerare e muoiono, non sono più in grado di inviare messaggi ai muscoli, che gradualmente si indeboliscono, si contraggono e non possono più essere gestiti dal cervello. I sintomi di solito si iniziano a notare a livello di:

  • braccia e nelle mani,
  • gambe,
  • deglutizione.

Fattori di rischio

Si ritiene che la maggior parte dei casi sia legata alla combinazione tra fattori genetici e ambientali, questo significa che il paziente può ereditare una predisposizione genetica per la SLA, che tuttavia si manifesterà solo nel caso di esposizione a determinati fattori ambientali (ad oggi sconosciuti).

In tale popolazione sembra esserci una prevalenza maggiore per individui di sesso maschile (invecchiando la differenza tra uomini e donne scompare), con età d’esordio compresa prevalentemente tra 55 e 75 anni.

Le forme di SLA sono due:

  • SLA sporadica (la più frequente, oltre il 90% delle forme totali), per cui non si riconoscono veri e propri fattori di rischio associati;
  • SLA familiare, con ereditarietà autosomica dominante. I geni che sono stati associati all’insorgenza di tale patologia sono molti. Tra i più frequenti possiamo ricordare la mutazione a carico del gene SOD1 (superossido dismutasi, un enzima che serve proprio alla cellula nervosa per resistere allo stress ossidativo… ecco perché tende a diventare più suscettibile e degenerare facilmente).

Sintomi

Nella SLA non esiste una sintomatologia d’esordio caratteristica, poiché le varie forme sono estremamente individuali e si manifestano come una commistione di sintomi correlati a degenerazione contemporanea di entrambi i motoneuroni.

Partendo dunque dalla periferia e risalendo, la degenerazione del secondo motoneurone (quello più in basso nella via di segnalazione) provoca:

  • debolezza con flaccidità muscolare, molto spesso riguardante un arto o la porzione più distale di esso (come ad esempio la mano);
  • fascicolazioni (contrazioni ritmiche e prive di coordinazione, visibili anche a occhio nudo);
  • perdita dei riflessi;
  • atrofia e riduzione della massa muscolare.

Talvolta può essere colpita la muscolatura della regione cervico-facciale con insorgenza associata a:

  • disfagia (ovvero difficoltà nel deglutire);
  • disartria (difficoltà nell’articolazione del linguaggio);
  • alterazioni della mimica facciale (mentre viene conservata la funzionalità della muscolatura oculare).

Quando ad essere colpito è invece il neurone superiore, localizzato a livello centrale, il paziente sviluppa:

  • contrazione spastica della muscolatura (sempre e comunque con una riduzione della capacità di movimento e perdita di forza);
  • ipereccitabilità muscolare ed aumento dei riflessi (che non risultano più controllati a livello del sistema nervoso centrale);
  • paralisi generalizzata coinvolgente distretti in questo caso più ampi;
  • dispnea (sensazione di mancanza d’aria e difficoltà respiratoria) per alterazione della muscolatura della gabbia toracica;

Diagnosi

Il primo sospetto è clinico, ossia basato sull’osservazione dei sintomi.

A seconda delle modalità d’esordio possiamo ovviamente avere forme più o meno marcate (che talvolta purtroppo spingono il paziente a contattare il medico in una fase di patologia già avanzata, ritardandone la diagnosi e la possibile terapia palliativa).

L’obiettivo principale è quello di escludere tutte le altre possibili cause di alterazione dell’attività motoria.

  • La Risonanza Magnetica Nucleare solitamente è il primo approccio:
    • A livello cerebrale permette di escludere processi degenerativi, neoplastici o infiammatori che potrebbero portare ad un’alterata trasmissione o generazione del segnale nervoso (ovvero potrebbero compromettere, proprio come la SLA, il primo motoneurone).
    • La stessa, mirata invece allo studio del midollo spinale, potrebbe rilevare alterazioni a carico del secondo motoneurone dovute problematiche della colonna vertebrale (tumori, infezioni, compressioni esterne, dilatazioni cistiche, …).
  • Analisi del Liquido cefaloarachidiano, tramite puntura lombare, per evidenziare la presenza o meno di processi infettivo-infiammatori come meningiti, encefaliti, …
  • Analisi di laboratorio (su sangue o su urine) per escludere eventuali intossicazioni in grado di causare depressione dell’attività cerebrale (come nel caso di intossicazione da oppiodi, sedativi quali barbiturici o benzodiazepine, …).

Dopo aver eliminato ogni possibile altra spiegazione per la sintomatologia clinica, occorre dimostrare la propria ipotesi diagnostica attraverso un esame molto specifico quale l’elettromiografia, o EMG. Tale metodica permette di studiare l’innervazione del muscolo, andando nel nostro caso ad evidenziare proprio il contrario: la progressiva “denervazione” dei muscoli periferici.

I segni rilevabili all’EMG sono:

  • fibrillazioni (molto simili alle già descritte fascicolazioni, ma questa volta non sono visibili ad occhio nudo, bensì soltanto attraverso l’EMG);
  • fascicolazioni;
  • aumento delle dimensioni delle unità motorie (ovvero quei pochi nervi rimasti tendono a reclutare quante più fibre muscolari possibili, sperando di assicurare finché possibile una contrazione adeguata).

Terapia

Non esiste una vera terapia che possa risolvere la malattia, ma soltanto una serie di approcci che possano alleviare la sintomatologia e ritardare la progressione.

  • Riluzolo (Rilutek®), è un antagonista del glutammato (neurotrasmettitore eccitatorio in grado di mediare il segnale tra cellula nervosa e motoneurone). È ad oggi l’unico farmaco approvato specificatamente per questa malattia, in particolare per “prolungare la vita o posticipare il ricorso alla ventilazione assistita“.
  • Supporto ventilatorio, poiché la prima causa di morte per questi pazienti è solitamente l’arresto respiratorio.
  • Nutrizione ed idratazione, soprattutto in caso di disfagia.
  • Fisioterapia e approcci riabilitativi per facilitare l’esercizio muscolare e ritardare quanto possibile l’ipotrofia/atrofia muscolare.
  • Logopedia quando compare disartria.

Prevenzione

Non disponiamo ad oggi di approcci preventivi che permettano, in coloro con una naturale predisposizione per la patologia, di ridurne l’incidenza; questo è dovuto al fatto che non ci sono metodiche di screening per individuare tali soggetti in anticipo, né tanto meno controlli terapeutici per arrestare il danno.

Ciò che è in nostro potere è quindi solo diagnosticare quanto più possibile in anticipo la SLA, al manifestarsi della prima sintomatologia, cosicché la terapia permetta di ritardare per quanto possibile la progressione della patologia.

Fonti e bibliografia

 

A cura della dott.ssa Ergasti Raffaella, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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