Spondilite anchilosante: sintomi, tecniche di diagnosi e cura

Introduzione

La spondilite anchilosante è una patologia infiammatoria cronica di natura autoimmune che colpisce principalmente la colonna vertebrale a livello dorso-lombare (coinvolgendo soprattutto le articolazioni sacro-iliache), ossia la parte più bassa della schiena. Possono essere interessate meno frequentemente le articolazioni periferiche e il sistema muscolo-scheletrico in genere.

È una patologia altamente invalidante che si manifesta con sintomi quali:

  • mal di schiena lombare irradiato al gluteo e alla coscia,
  • incapacità di eseguire specifici movimenti con sensazione di “blocco”,
  • osteoporosi,
  • sviluppo di artrite (infiammazione) a livello delle articolazioni periferiche,
  • sintomi sistemici come:
    • lesioni neurologiche delle radici del midollo spinale,
    • infiammazione dell’arteria aorta,
    • patologie polmonari,
    • amiloidosi,

La spondilite anchilosante è caratterizzata da fasi di severa infiammazione, intervallate da fasi in cui il processo infiammatorio si riduce o addirittura sparisce; nella maggior parte dei pazienti interessati è possibile aspirare attraverso il trattamento ad una buona qualità di vita.

In fase terminale le articolazioni colpite vanno incontro ad “anchilosi”, ovvero una fusione delle articolazioni con blocco totale della capacità di movimento e dolore cronico particolarmente intenso.

La diagnosi viene posta sulla base dell’anamnesi e dell’esame obiettivo, nonché degli esami strumentali di imaging (radiografia e TC) ed alcune indagini genetiche.

Il trattamento è basato essenzialmente sull’esercizio fisico e sul mantenimento di una postura corretta, mentre è invece controindicato il riposo assoluto (poiché aumenta il rischio di anchilosi). Dal punto di vista farmacologico si possono somministrare per trattare il dolore farmaci antinfiammatori come i FANS o i corticosteroidi a livello locale; i farmaci anti-reumatici sono invece utili per evitare la progressione della malattia.

Cause

La spondilite anchilosante è una patologia

  • infiammatoria
  • cronica, cioè persistente,
  • ad eziologia autoimmune, caratterizzata cioè da un attacco del sistema immunitario verso il proprio stesso organismo.

Le cause specifiche che portano allo sviluppo di tale patologia sono ancora sconosciute, ma presenta un’incidenza maggiore nel sesso maschile rispetto a quello femminile, con un rapporto di 3:1.

Il picco massimo si manifesta in età adulta tra i 30 e i 50 anni; più raramente si manifesta nei giovani adolescenti e negli anziani.

Si suppone che la malattia si sviluppi in soggetti predisposti geneticamente (in presenza cioè di specifici geni nel DNA come l’HLA-B27); l’ipotesi sembra trovare conferma nella tipica aggregazione familiare della patologia. Sulla base di questa predisposizione genetica agiscono poi alcuni fattori ambientali come infezioni da Klebsiella o Mycoplasma.

Il sistema immunitario sembra reagire in maniera anomala ad alcuni antigeni di questi batteri, scatenando una risposta infiammatoria autoimmune che genera così la spondilite anchilosante.

Genesi della spondilite anchilosante

Si noti la progressiva comparsa di tessuto cicatrizionale, in grado di ridurre la capacità di movimento delle vertebre. (iStock.com/MedicalArtInc)

La spondilite è una malattia delle “entesi”, ossia le zone di inserzione ossea di legamenti, tendini e capsule articolari. La risposta autoimmune provoca l’infiltrazione di cellule infiammatorie (macrofagi, neutrofili, fibroblasti) che a lungo andare provoca la formazione di cicatrici fibrose sino all’ossificazione e blocco completo delle articolazioni coinvolte.

Classificazione

Possiamo classificare la spondilite anchilosante nelle sue diverse varianti, che si differenziano leggermente dalla forma tipica:

  • Variante femminile: le articolazioni interessate sono soprattutto quelle del rachide cervicale e del pube. Rispetto alla controparte maschile, questa forma ha un decorso clinico meno invalidante con una prognosi spesso positiva.
  • Variante giovanile: esordisce a partire dai 10 anni soprattutto nel sesso maschile. In questa variante sono coinvolte soprattutto le articolazioni periferiche degli arti inferiori. Col passare degli anni poi la patologia evolve sviluppando la sacro-ileite tipica della forma adulta.
  • Variante tardiva: tipica degli anziani a partire dai 50 anni. La sua evoluzione clinica è piuttosto lenta e la prognosi è meno grave della forma tipica.

Sintomi

La malattia colpisce tipicamente lo scheletro assiale (colonna vertebrale) e in particolare:

  • articolazioni sacro-iliache,
  • colonna lombo-sacrale,
  • il tratto cervicale.

Meno comunemente sono interessate le caviglie, mentre le principali articolazioni (ginocchia, polsi, gomiti e spalle) non vengono quasi mai coinvolte dal processo infiammatorio.

I sintomi tipici della spondilite anchilosante sono:

  • Dolore lombare: il mal di schiena nella parte lombare (cioè verso la zona inferiore) rappresenta il sintomo iniziale in 4 pazienti su 5; è spesso associato a rigidità a livello dei glutei e della zona posteriore della coscia. È un dolore infiammatorio che peggiora con il riposo e si presenta di notte: per alleviare il dolore il paziente è costretto ad alzarsi e camminare per alcuni minuti. Il dolore si presenta anche al risveglio e nella fasi di riposo. I periodi di peggioramento del quadro clinico si intervallano a periodi di miglioramento; con il passare del tempo il dolore tende a diminuire, ma aumentano progressivamente la rigidità articolare e la cifosi (alterazione della normale curvatura della schiena).
  • Artrite periferica: un interessamento al di fuori della colonna vertebrale è presente nel 30% dei casi; le articolazioni sono colpite in modo asimmetrico (cioè solo da un lato) e non erosivo. Tipico è l’interessamento dell’anca, dell’articolazione temporo-mandibolare e delle articolazioni condro-sternali.
  • Osteoporosi: l’indebolimento delle ossa è piuttosto frequente e precoce e favorisce la comparsa di fratture, soprattutto a livello delle vertebre lombo-sacrali.
  • Rigidità nei movimenti: il paziente a distanza di tempo dall’esordio della malattia non è più in grado di muoversi correttamente, non riesce a flettersi, a torcersi o ad estendersi. Per via della fusione ossea a livello articolare, tutti i più comuni movimenti risultano dolorosi e difficili da compiere.

Oltre a questi sintomi tipici, la spondilite anchilosante si presenta con altre manifestazioni extra-articolari spesso gravi:

  • Interessamento oculare: l’uveite (infiammazione oculare) è la manifestazione extra-articolare più frequente e si presenta con
  • Interessamento cardiovascolare: infiammazione dell’arteria aorta e della valvola aortica con conseguente insufficienza aortica. Possono presentarsi anche
  • Interessamento del sistema nervoso centrale: si riscontra talvolta una lussazione della prima vertebra cervicale, lesioni del midollo spinale (secondarie a fratture vertebrali osteoporotiche) con mielopatia, neuropatia, compressione delle radici nervose e sindrome della cauda equina.
  • Interessamento polmonare: si instaura in una fase tardiva con fibrosi polmonare bilaterale, infezioni da Aspergillus o Mycobaceterium Tubercolosis e insufficienza respiratoria cronica.
  • Amiloidosi.
  • Alterazioni genito-urinarie: soprattutto prostatite e glomerulonefrite autoimmune da IgA.
  • Malattia infiammatoria intestinale: morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa.

Diagnosi

Spesso l’esordio della spondilite anchilosante è insidioso, subdolo, caratterizzato da sintomi poco specifici, tanto che purtroppo la diagnosi viene tipicamente posta a distanza di diversi mesi dall’esordio.

Il percorso diagnostico parte da un’accurata anamnesi e da un approfondito esame obiettivo.

L’anamnesi consiste nella formulazione da parte del medico di diverse domande da rivolgere al paziente volte alla raccolta di informazioni quali:

  • momento di comparsa dei sintomi e le loro caratteristiche più tipiche, che in questo caso sono:
    • dolore notturno, che aumenta a riposo e diminuisce con il movimento,
    • e progressiva rigidità fino al blocco completo di alcuni movimenti;
  • presenza di altre patologie sottostanti,
  • eventuale assunzione di farmaci,
  • precedenti interventi chirurgici o ricoveri.

L’esame obiettivo mira al riconoscimento di tutti i sintomi e segni clinici che il paziente manifesta. Vengono riconosciute le articolazioni colpite (molto tipico è l’interessamento delle articolazioni sacro-iliache) e viene esplorata la mobilità articolare per valutarne il grado di limitazione.

Attraverso il ricorso a test genetici è possibile rilevare la presenza di HLA-B27, il quale tuttavia da solo non è un criterio diagnostico specifico in quanto presente anche in altre patologie reumatologiche.

Dal punto di vista degli esami di laboratorio si riscontra l’innalzamento degli indici infiammatori (VES, Proteina C reattiva) e delle IgA.

Per quanto riguarda gli esami strumentali ricordiamo il ruolo svolto da:

  • Radiografia della colonna vertebrale: è diagnostico il coinvolgimento simmetrico e bilaterale di entrambe le articolazioni-sacro-iliache. È possibile anche valutare la presenza di deformazioni vertebrali e osteoporosi.
  • Risonanza magnetica: utile per rilevare la sacro-ileite in fase iniziale.
  • TC: utile per rilevare le alterazioni ossee, le fratture o stenosi vertebrali.

Cura

I pazienti affetti da spondilite anchilosante non trae beneficio dal riposo, poiché oltre ad aumentare il dolore aumenta la velocità di progressione della patologia verso l’anchilosi, ovvero la fusione ossea con blocco articolare completo.

È opportuno quindi eseguire un trattamento di tipo posturale e un regolare esercizio fisico che coinvolga il corpo in toto. Il nuoto è risultato essere tra le attività più benefiche.

La terapia farmacologica è fondamentale per ridurre il dolore. I farmaci utilizzati sono i FANS, tra cui ricordiamo il ruolo rivestito dall’indometacina.

I cortisonici trovano indicazione solo quando somministrati a livello locale, iniettati all’interno delle articolazioni colpite. I cortisonici orali non sono prescritti in quanto di scarso beneficio.

I farmaci anti-reumatici sono gli unici in grado di ridurre la progressione della malattia; si fa ricorso a DMARDs come sulfalazina e metotrexato, o i farmaci biologici come gli anti-TNFα.

Di supporto sono infine utili la fisioterapia, la termoterapia e altre attività fisiche riabilitative.

In casi estremamente gravi di coinvolgimento articolare, soprattutto a livello dell’anca, può essere indicato un intervento chirurgico di chirurgia ortopedica.

Fonti e bibliografia

  • Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1 (17 Ed. McGraw Hill 2009)

A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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