Introduzione
Lo strappo muscolare, anche conosciuto come distrazione, consiste in una lesione del muscolo determinata dalla rottura di una parte delle sue fibre. La causa solitamente non è traumatica, ma conseguenza di una sollecitazione prolungata o di un carico eccessivo su uno specifico muscolo o gruppo muscolare, come succede in un qualsiasi sforzo esplosivo, ad esempio in caso di:
- scatto improvviso a corpo libero, come nella corsa
- contrazione brusca a muscolo freddo, tipica nei culturisti
- esecuzione di un movimento particolarmente veloce, come la battuta nel baseball.
Nella gran parte dei casi gli strappi muscolari sono prevenibili rispettando lo stato di preparazione atletica del proprio fisico e soprattutto iniziando l’allenamento con un’adeguata routine di riscaldamento e stretching.
Gli strappi muscolari possono potenzialmente riguardare tutti i distretti muscolari del corpo, tuttavia colpiscono con maggiore frequenza alcune specifiche sedi:
- Arti inferiori
- Flessori della coscia
- Adduttori della coscia
- Quadricipite femorale
- Tricipite surale
- Arti superiori (tipiche dei body-builder)
- Tricipite
- Deltoide
- Muscolatura addominale (più raro)
- Muscolatura dorsale (più raro)
Classificazione
Lo strappo muscolare viene classificato in tre differenti gradi di gravità a seconda della quantità di fibre coinvolta nella lesione.
- Lesioni di primo grado: Vengono classificate come lesioni di primo grado quando riguardano un numero esiguo di fibre muscolari, inferiore al 5% del totale. Si tratta di un danno lieve che soltanto raramente determina manifestazioni cliniche eclatanti e che il più delle volte è limitato ad un semplice fastidio accentuato durante l’utilizzo del muscolo interessato. Non vi è quindi alcuna limitazione funzionale delle attività.
- Lesioni di secondo grado: Sono invece considerate di secondo grado lesioni che coinvolgono un numero di fibre maggiore al 5% e che quindi determinano una dolenzia maggiore. Il paziente in questo caso lamenta una sensazione di fitta che viene accentuata nel corso del movimento di contrazione.
- Lesioni di terzo grado: Le lesioni di terzo grado sono considerate gravissime e consistono in una lacerazione del ventre del muscolo che coinvolge almeno il 75% delle fibre e che può arrivare alla totalità di queste. Il dolore in questo caso è lancinante e insopportabile, al punto da rendere impossibile l’utilizzo al paziente. Da un punto di vista clinico lo strappo è apprezzabile come un infossamento del ventre muscolare dovuto alla sua rottura completa.
Sintomi
La sintomatologia dello strappo muscolare è strettamente dipendente dalla sua gravità e le sue manifestazioni cliniche variano di conseguenza in rapporto al numero di fibre interessate.
Il sintomo-cardine è il dolore, avvertito nella zona esatta di rottura e facilmente evocabile dall’utilizzo del gruppo muscolare coinvolto. La rottura delle fibre determina un’infiammazione dell’area circostante, con la comparsa dei suoi sintomi tipici:
- Arrossamento dovuto all’iperemia (eccessivo afflusso di sangue)
- Aumento della temperatura (il distretto colpito è caldo al tatto)
- Gonfiore dovuto alla formazione di essudato
- Perdita della funzionalità muscolare più o meno completa
Qualora la distrazione sia particolarmente grave può essere accompagnata dalla rottura delle strutture vascolari deputate all’irrorazione del muscolo: ciò può determinare lo spandimento ematico tra i fasci, che si manifesta a livello cutaneo con la formazione di ematomi più o meno evidenti.
A distanza di 24 ore dall’evento traumatico è spesso possibile apprezzare un vero e proprio livido a livello della sede coinvolta, oltre che la comparsa di una reazione di contrattura “di difesa” da parte dei muscoli circostanti al fine di bloccare i movimenti più pericolosi.
Tempi di recupero
I tempi di recupero sono strettamente dipendenti da fattori quali entità della lesione, scrupolosa osservanza di riposo/riabilitazione e fattori soggettivi, ma possono indicativamente essere così riassunti:
- Lesione di primo grado: tendono a guarire spontaneamente entro 14 giorni dal fatto acuto.
- Lesioni di secondo grado: richiedono tempi all’incirca raddoppiati (arrivano ai 30 giorni in media).
- Lesioni di terzo grado,:tempi maggiori, in relazione a diverse variabili.
Cura e rimedi
Il trattamento dello strappo muscolare inizia subito dopo l’evento traumatico, evitando di proseguire l’attività che lo ha determinato o comunque terminandola il più presto possibile. Va da sé che persistere con lo stress nei confronti del muscolo interessato porta ad un aumento delle probabilità di aggravare il danno, oltre che a sottoporre il soggetto ad una sintomatologia sempre più importante.
Alcuni principi utili per facilitare il decorso degli strappi più lievi sono:
- Immobilizzare il gruppo muscolare interessato evitando i carichi il più possibile
- Utilizzare una borsa di ghiaccio o uno spray per raffreddare la zona al fine di favorire la vasocostrizione e ridurre l’edema
- Evitare ogni tipo di situazione termogenica che potrebbe riscaldare la muscolatura, come ad esempio
- Pomate
- Massaggi
- Fanghi
- Bagni caldi
- Contattare un medico specializzato qualora il danno sia considerato di gravità rilevante
Una lesione di primo grado tende a risolversi spontaneamente nell’arco di circa due settimane, durante le quali è consigliabile lo stop dell’atleta, che troverà sollievo con terapie antinfiammatorie e miorilassanti. Gli esercizi di riabilitazione dovrebbero essere concordati con il proprio Medico specialista (generalmente ortopedico o fisiatra) e non devono in nessun caso essere improvvisati.
Per quanto riguarda le lesioni di secondo grado i tempi per la risoluzione sono all’incirca raddoppiati (arrivano ai 30 giorni in media) e necessitano solitamente un processo di riabilitazione fisioterapica prima di riprendere l’attività sportiva.
Le lesioni di terzo grado, infine, sono di competenza specialistica e possono richiedere l’intervento chirurgico.
Sono attualmente in fase di studio approcci con la tecar-terapia, ma in letteratura mancano dati certi circa l’efficacia di tale tecnica nel contesto degli strappi muscolari.
Approcci alternativi
È interessante notare come in realtà le evidenze disponibili in letteratura NON supportino necessariamente l’utilizzo del ghiaccio, e più in generale del protocollo RICE (Riposo, Ghiaccio, Compressione, Elevazione), se non in un’ottica strettamente limitata al controllo del dolore. Seppure il freddo, grazie all’effetto di vasocostrizione, limiti la formazione dell’ematoma e l’afflusso di mediatori dell’infiammazione nel distretto colpito, i tempi di recupero potrebbero apparentemente allungarsi (l’infiammazione è di fatto il meccanismo di riparazione adottato dall’organismo).
In ultima analisi si consiglia quindi di rivolgersi a professionisti sanitari esperti, per una valutazione ad personam.
Prevenzione
Lo strappo muscolare è mediamente considerato un evento di gravità lieve e per cui in linea di massima non serve prestare grande attenzione. Occorre a tal proposito una precisazione: la scarsa capacità del tessuto muscolare di rigenerarsi, la formazione di un tessuto cicatriziale fibrotico ricco in collagene scarsamente elastico e la minor resistenza complessiva del muscolo dopo una distrazione sono fattori rilevanti che dovrebbero spingere l’atleta ad allenarsi con cautela, cercando di evitare infortuni di questo tipo.
Prevenire gli strappi muscolari passa per l’osservazione di alcune semplici regole:
- Iniziare l’allenamento con un’attività di riscaldamento il più possibile completa e mirata al gruppo muscolare che verrà stressato.
- Allenarsi solamente quando si è nella condizione di farlo, evitando gli sforzi nei momenti destinati al recupero.
- Evitare terreni scivolosi o in generale sfavorevoli, in quanto maggiormente legati a traumatismi.
- Utilizzare abbigliamento tecnico, soprattutto nel periodo invernale, avendo cura se possibile di utilizzare pomate pre-condizionanti per il riscaldamento.
- Completare il riscaldamento con tecniche di stretching (allungamento) al fine di migliorare elasticità e flessibilità muscolare.
- Ascoltare i segnali del proprio corpo e comprendere pienamente i propri limiti, terminando l’allenamento quando si giunge ad una condizione di sfinimento.
A cura del Dr. Marco Cantele