Introduzione
TIA è l’acronimo di Transient Ischemic Attack, ovvero attacco ischemico transitorio; si tratta di un episodio di breve disfunzione neurologica, con sintomi che durano meno di 24 ore (nella maggior parte dei casi meno di 1 ora) e senza prova di un infarto negli esami strumentali di imaging.
È importante differenziarlo dall’ictus ischemico, i cui sintomi neurologici durano più di 24 ore, o persiste la prova di un infarto negli esami di imaging; in altre parole la differenza principale consiste nella temporaneità e reversibilità del danno neurologico nel TIA, che nell’ictus rimane duraturo e diventa permanente.

Durante un TIA il blocco della circolazione è provvisorio e di breve durata (iStock.com/Carolina Hrejsa, CMI)
Il TIA è dovuto ad una riduzione temporanea del flusso sanguigno a livello cerebrale, che porta ad una carenza di ossigeno in una parte del cervello con conseguente sviluppo dei sintomi tipici:
- disturbo del linguaggio e della parola (afasia),
- disturbi visivi,
- confusione mentale e cefalea,
- parestesie (formicolio) e paresi (deficit di forza muscolare) a livello di un emilato corporeo (ad esempio gamba destra, braccio destro e parte destra del volto),
- nausea e vomito con vertigini.
Generalmente questi sintomi si manifestano improvvisamente, per esempio alla mattina al risveglio, e durano per pochi minuti.
La diagnosi è basata sui sintomi e sulla loro fugacità, ma ogni episodio richiede comunque ospedalizzazione per eseguire gli accertamenti diagnostici più mirati, in maniera da impostare una terapia adeguata che riduca al minimo il rischio che si ripresenti un secondo TIA od un vero e proprio ictus.
Attacco ischemico transitorio o mini-ictus?
Pur non essendo grave quanto l’ictus ischemico, il TIA rappresenta la spia di alterazioni del flusso cerebrovascolare, che andranno necessariamente individuate e trattate, ma alcuni autori sono dell’idea che anche il nome, attacco ischemico transitorio, non descriva adeguatamente l’evento, ritenendoli invece a tutti gli effetti degli ictus minori (mini-ictus).
Anche se i veri attacchi ischemici transitori privi di reali complicazioni permanenti esistono, sono di fatto un rilievo estremamente raro e la cui diagnosi differenziale con un ictus minore rimane forse puro esercizio accademico. Entrambi gli eventi sono ad alto rischio di futura ischemia cerebrale, entrambi rispondono a trattamenti simili ed entrambi possono avere effetti simili sul paziente.
Cause
L’incidenza annuale del TIA si attesta intorno ai 2-3 casi ogni 1000 abitanti e tende a presentarsi soprattutto negli anziani con più di 60 anni, in maggioranza di sesso maschile.
I fattori di rischio sono gli stessi della malattia cardiovascolare e dell’infarto cardiaco, come ad esempio
- fumo e alcol,
- ipertensione (pressione alta),
- diabete,
- obesità,
- sedentarietà,
- livelli elevati di colesterolo (in particolare LDL).
Vale la pena sottolineare che nei pazienti affetti da pressione alta non adeguatamente controllata si stima che il rischio sia di 4 volte superiore alla popolazione sana.
Dopo un episodio di TIA il rischio di sviluppare un ictus cerebrale è molto elevato, quantificabile indicativamente al 20% ad 1 mese di distanza e del 50% a 2 settimane; questa è la ragione per cui, anche in caso di un TIA che duri soltanto pochi minuti e senza nessuna conseguenza, è sempre opportuno recarsi presso un Pronto Soccorso o rivolgersi ad un medico.
Durante un attacco ischemico transitorio il flusso sanguigno di un’arteria cerebrale si riduce temporaneamente e la conseguente carenza di ossigeno provoca la disfunzione di alcuni neuroni, ma il flusso si ripristina tornando alla normalità nel giro di qualche minuto, prima che possa essersi instaurato un danno neurologico permanente.
La causa principale dell’ostruzione di un arteria cerebrale sono i trombi e gli emboli, ovvero coaguli di sangue che si formano in situ (i trombi) o a distanza (gli emboli). A loro volta questi coaguli di sangue si formano per svariate cause tra cui:
- aterosclerosi: rappresenta da sola oltre l’80% delle cause di TIA; è una patologia complessa, caratterizzata dall’alterazione della parete delle arterie, che porta alla formazione delle tipiche placche (per il TIA quelle a rischio si formano a livello delle carotidi e delle arterie cerebrali); quest’ultime sono alla base della formazione di trombi ed emboli.
L’aterosclerosi presenta molti fattori di rischio, tra cui:- fumo ed alcol,
- ipertensione arteriosa,
- diabete mellito,
- obesità,
- iperomocisteinemia,
- elevati livelli di colesterolo LDL;
- aritmie cardiache, tra cui la fibrillazione atriale;
- ipercoagulabilità del sangue,
- utilizzo di contraccettivi orali (pillola) e altri farmaci in grado di aumentare il rischio di trombosi,
- patologie sistemiche gravi sottostanti,
- gravi traumi, incidenti o interventi chirurgici.
Sintomi
Il TIA si manifesta con sintomi sovrapponibili a quelli dell’ictus, con la differenza peculiare nella loro fugacità: durano pochi secondi, minuti o più raramente qualche ora. Possono essere raggruppati e descritti dall’acronimo inglese FAST (traducibile come veloce, in italiano):
- F di face (faccia): si ha una paresi (deficit di forza muscolare) a livello di una metà della faccia. Questo implica l’incapacità del soggetto di strizzare l’occhio, corrugare la fronte o fare un sorriso. L’emilato colpito risulterà più “cadente” rispetto a quello opposto.
- A di arm (braccio): la paresi colpisce una delle due braccia, con sensazione di formicolio e debolezza muscolare, incapacità di svolgere le attività routinarie.
- S di speech (parola): il soggetto ha difficoltà nell’elaborazione del linguaggio e pronuncia parole incomprensibili. Più raramente non riesce ad emettere nessun suono con vero e proprio mutismo.
- T di time (tempo): indica la caratteristica fugacità e reversibilità dei sintomi del TIA, con quadro clinico che torna alla normalità dopo pochissimo tempo.
Altri sintomi che compaiono più raramente sono:
- nausea e vomito con vertigini,
- caduta a terra senza perdita di coscienza,
- paresi e formicolio a livello di una gamba,
- confusione e cefalea,
- perdita temporanea della vista,
- disfagia (difficoltà nella deglutizione).
In genere non è possibile individuare sintomi premonitori del TIA, che si presenta improvvisamente con la sintomatologia descritta.
Diagnosi
Alla luce della fugacità dei sintomi, il paziente arriva all’attenzione del medico con sintomatologia ormai muta (assente). Tuttavia, sulla base dell’anamnesi e del racconto del paziente, il medico può già porre il sospetto di TIA, che richiede la successiva ospedalizzazione e l’esecuzione di una visita neurologica specialistica per inquadrare al meglio la patologia e impostare la terapia più adeguata.
Per quanto riguarda gli esami strumentali è possibile ricorrere a:
- Misurazione della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e della frequenza respiratoria, la saturazione dell’ossigeno e di altri importanti parametri;
- Elettrocardiogramma (ECG): fondamentale per valutare la funzionalità cardiaca ed escludere un’eventuale aritmia come causa del TIA.
- Ecografia dei tronchi sovraortici: permette di visualizzare la presenza di placche o trombi a livello della carotide interna (che quindi avrà un lume più ristretto), che spesso sono la causa di un TIA.
- TC e risonanza magnetica: vengono eseguite qualora ci sia un elevato sospetto che i sintomi del paziente siano secondari ad un ictus o ad un’emorragia.
- Esami del sangue: con un’attenzione peculiare sui livelli di colesterolo totale ed LDL.
Cura
Lo scopo principale del trattamento indicato dopo un TIA è consiste nella prevenzione di un secondo attacco o di un ictus cerebrale; è innanzitutto fondamentale che il soggetto modifichi il proprio stile di vita, adottandone uno più salutare che preveda:
- abolizione del fumo e del consumo di alcol,
- adozione di una dieta leggera ed equilibrata, con pochi grassi privilegiando quelli vegetali, e ricca di frutta e verdura,
- una regolare pratica di attività fisica.
Dal punto di vista farmacologico si possono prescrivere:
- Antiaggreganti come l’aspirina e il clopidogrel, che rendono il sangue più fluido, evitando che possano formarsi dei trombi a livello delle placche aterosclerotiche.
- Anticoagulanti orali come il Warfarin, che agiscono inibendo la produzione dei fattori della coagulazione responsabile della formazione dei coaguli ematici. L’assunzione di questi farmaci deve essere attentamente controllata e monitorata dal centro di coagulazione territoriale (il PT deve essere compreso tra 2 e 3). Ad oggi esistono anche gli anticoagulanti di nuova generazione, i quali hanno un bassissimo rischio di effetti collaterali e non necessitano del monitoraggio continuo.
- Antiipertensivi: diuretici, calcio-antagonisti, ACE inibitori o β-bloccanti.
- Statine: per ridurre il colesterolo.
Qualora a livello della carotide sia stata repertata una riduzione del suo calibro di oltre il 70% a causa di una placca aterosclerotica, può essere presa in considerazione l’opzione chirurgica che potrà consistere in:
- endoarteriectomia carotidea,
- angioplastica,
- apposizione di uno stent.
A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo
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