Trombofilia genetica ed acquisita: sintomi, screening, gravidanza e cura

Introduzione

La trombofilia, chiamata anche iper-coagulabilità o stato pro-trombotico, è un’alterazione della normale coagulazione del sangue che porta ad un aumento della possibilità di trombosi.

La trombosi è un processo fisiologico che porta alla formazione dei trombi, dei coaguli di sangue costituiti da piastrine aggregate fra di loro, globuli rossi intrappolati e fibrina, che aderiscono alle pareti interne dei vasi sanguigni o del cuore. Normalmente, questi coaguli hanno un significato positivo, in quanto portano alla guarigione di danni vascolari e sono in grado di arrestare velocemente perdite di sangue dai vasi sanguigni (ad esempio in caso di ferite). Se questo processo però è alterato, come nel caso della trombofilia, i trombi possono formarsi anche senza che si verifichi un danno e possono essere troppo numerosi o troppo grandi di dimensioni, provocando gravi e temibili patologie quali la trombosi venosa profonda (TVP) o l’embolia polmonare (EP).

Trombofilia

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Cause

Le cause di trombofilia possono essere suddivise in congenite o acquisite.

  • Con trombofilia congenita si fa riferimento a condizioni che vengono ereditate geneticamente da un genitore,
  • con trombofilia acquisita, si fa riferimento a condizioni non correlate all’ereditarietà, ma che possono dipendere da fattori ambientali o da patologie acquisite in un secondo momento durante il corso della vita.

Trombofilia congenita (genetica)

Tra le forme di trombofilia congenita, le più frequenti sono:

  • Mutazione del fattore V Leiden – negli Stati Uniti si stima che la mutazione sia presente in circa il 5% della popolazione generale. Deriva da una mutazione nel gene F5, che fornisce istruzioni per produrre una proteina chiamata fattore V della coagulazione. Questa proteina svolge un ruolo critico nella cascata della coagulazione, che consiste in una serie di processi biologici che avvengono all’interno del nostro sangue in grado allo scopo di produrre coaguli di sangue in risposta ad un danno. La cascata della coagulazione è controllata da diverse proteine, tra cui la proteina C attivata (APC). La proteina C attivata, normalmente, inattiva il fattore V della coagulazione, rallentando pertanto la cascata coagulativa e impedendo ai coaguli di diventare troppo grandi e numerosi. Nei pazienti affetti da trombofilia del fattore V di Leiden, il fattore V della coagulazione non può essere inattivato normalmente dall’APC e, di conseguenza, il processo di coagulazione rimane attivo più a lungo del solito, aumentando la possibilità di sviluppare coaguli di sangue anormali;
  • Mutazione G20210A della protrombina – mutazione del gene che codifica per la protrombina in posizione 20210 nella regione 3′ non tradotta del gene. La protrombina, chiamata anche fattore II della coagulazione, è una proteina del sangue fondamentale per la cascata coagulativa. In particolare, nella sua forma attiva (trombina o fattore IIa), è in grado di tagliare il fibrinogeno per formare la fibrina, composto che ha un ruolo centrale nella composizione del trombo. Se un soggetto è portatore della mutazione G20210A della protrombina, il suo organismo produrrà protrombina in eccesso e, per tale ragione, predisporrà alla formazione di trombi;
  • Deficit di antitrombina III – l’antitrombina III è una glicoproteina prodotta dal fegato, in grado di funzionare da inibitore naturale della coagulazione. In particolare, è in grado di inibire la funzione della trombina (fattore IIa), ma anche dei fattori della coagulazione X, XII, XI e IX. Deficit ereditari di questa proteina provocano pertanto una predisposizione nella formazione di trombi;
  • Deficit di proteina C – proteina prodotta dal fegato, la cui funzione principale è di inibire la funzione dei fattori V e VIII della coagulazione. Una sua carenza porta ad una diminuita inattivazione dei fattori V e VIII, che funzioneranno maggiormente nella cascata della coagulazione per la formazione di un trombo;
  • Deficit di proteina S – principale cofattore naturale per la proteina C. Per una sua corretta funzione difatti, la proteina C necessita della proteina S. Pertanto, deficit ereditari di proteina S portano a una riduzione della funzionalità della proteina C e quindi a trombofilia;
  • Mutazione C677T o A1298C del gene MTHFR – la metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR) è una proteina che, a differenza dei fattori della coagulazione, non è direttamente coinvolta nella cascata coagulativa del sangue, ma è importante in diverse reazioni metaboliche, tra cui la trasformazione dell’omocisteina nell’aminoacido metionina. Quando sono presenti queste mutazioni, l’attività di questa proteina nel convertire l’omocisteina in metionina è ridotta. Quindi, questo comporta un aumento dei livelli di omocisteina nel sangue (omocisteinemia) e nelle urine (omocisteinuria). Livelli plasmatici elevati di omocisteina sono considerati fattore di rischio per lo sviluppo di una trombosi. Questo tipo di mutazioni sono molto frequenti nella popolazione. Si stima che la mutazione C677T sia presente, in eterozigoti, addirittura in circa il 45% della popolazione, mentre quella degli omozigosi in circa il 10%. L’incremento dell’omocisteinemia ha comunque un impatto basso nella predisposizione alla formazione di trombi
  • Mutazione del fattore XIII – trans-glutaminasi in grado di stabilizzare il coagulo di fibrina. Alcune mutazioni di questo fattore hanno come conseguenza un’attivazione più rapida dell’enzima, spostando quindi l’equilibrio dalla parte dell’iper-coagulabilità;
  • Disfibrinogenemia familiare – gruppo di malattie ereditarie che comportano la presenza di fibrinogeno qualitativamente anomalo. Alcune disfibrongenia causano predisposizione al sanguinamento, mentre altre possono causare trombosi.

Trombofilia acquisita

Sono numerose le patologie in grado di causare uno stato di trombofilia, tra cui le più rilevanti sono:

È infine possibile individuare condizioni parafisiologiche e/o potenzialmente temporanee in grado di esercitare effetti sul rischio di sviluppare trombi, come ad esempio:

  • Gravidanza
  • Obesità
  • Uso di contraccettivi orali (pillola anticoncezionale)
  • Interventi chirurgici
  • Immobilizzazione prolungata, come allettamenti prolungati, l’utilizzo del gesso o viaggi di lunga durata
  • Fumo di sigaretta
  • Età avanzata
  • Presenza di cateteri venosi

Sintomi

Essere portatori di uno stato di trombofilia genetica, di per sé, non causa alcun sintomo.

Molte persone che hanno ereditato uno stato di iper-coagulabilità genetico dalla madre e/o dal padre, pur avendo una maggior predisposizione alla formazione di trombi, non li svilupperanno mai e potrebbero anche non sapere mai di essere portatori di mutazioni trombofiliche durante la loro vita.

Le patologie che predispongono ad uno stato di trombosi acquisita saranno invece chiaramente accompagnate dai segni e sintomi clinici caratteristica della malattia a cui si fa riferimento.

I soggetti portatori di uno stato di trombofilia sono in generale maggiormente predisposti ad andare incontro alla formazione di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare. Queste, al contrario della restante popolazione generale, possono presentarsi anche in giovane età ed essere ricorrenti durante tutto il decorso della vita. Tali soggetti sono anche maggiormente predisposti a sviluppare trombosi venose superficiali.

Alcune predisposizione trombofiliche genetiche e acquisite sono inoltre in grado di predisporre anche la formazione di trombi sul versante arterioso, esponendo il soggetto a un maggior rischio di andare incontro a infarti o ictus.

Complicazioni

Le patologie che più frequentemente si verificano in soggetti con trombofilia sono la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP). Rappresentando entrambe delle emergenze mediche, è importante riconoscerne i sintomi tempestivamente.

Trombosi venosa profonda

La trombosi venosa profonda consiste nella formazione di coaguli di sangue, o trombi, all’interno delle vene profonde. Si verifica nella maggior parte dei casi nelle vene profonde degli arti inferiori e può presentarsi clinicamente con:

  • Dolore arti inferiori, più tipicamente sordo e mal definito, più raramente acuto e severo, che peggiora camminando, con il movimento dell’arto e alla palpazione profonda;
  • Senso di pesantezza all’arto, peggiorato con la deambulazione;
  • Gonfiore all’arto interessato (edema), tanto che in molti pazienti l’arto colpito appare più gonfio rispetto al controlaterale;
  • Aumento locale di temperatura dell’arto (si avverte la pelle calda al tatto).
  • Dilatazione delle vene collaterali superficiali, che possono quindi diventare visibili e palpabili.

Embolia polmonare

L’embolia polmonare (EP) è l’ostruzione acuta (completa o parziale) di uno o più rami dell’arteria polmonare da parte di materiale estraneo proveniente da altri distretti vascolari. Questo materiale estraneo viene chiamato embolo ed è quasi sempre formato da frammenti di trombi che si staccano dalla sede in cui si sono formati, nella maggior parte dei casi vene profonde degli arti inferiori (trombosi venosa profonda – TVP).

Si manifesta con:

 

Screening

Lo stato di trombofilia viene suddiviso in congenito o acquisito.

Chiaramente, nel caso in cui la trombofilia sia acquisita, la diagnosi si basa sulla condizione e/o patologia che porta alla predisposizione alla formazione dei trombi.

Nel caso si sospetti una trombofilia congenita, dopo una accurata anamnesi familiare, può essere richiesto un pacchetto di esami, chiamato screening trombofilico, in grado di individuare la presenza delle più comuni alterazioni genetiche della coagulazione in grado di predisporre alla formazione di trombi. Lo screening trombofilico non deve essere effettuato sulla popolazione generale o in soggetti in cui la trombosi sia chiaramente riconducibile ad altra causa, in quando trattasi di esami molto costosi e che non sempre esitano in un chiaro beneficio nella sopravvivenza generale nella popolazione. Per tali ragioni, lo screening trombofilico viene richiesto unicamente quando si presentino una o più delle seguenti condizioni:

  • Comparsa dell’evento trombotico in giovane età (inferiore a 50 anni)
  • Tromboembolismo venoso idiopatico, non riconducibile ad altra causa (unprovoked)
  • Tromboembolismo venoso ricorrente
  • Trombosi venose superficiali recidivanti
  • Trombosi in sedi non usuali, come le trombosi venose cerebrali o splancniche
  • Familiari di primo grado di soggetti portatori di trombofilia congenita
  • Poli-abortività, morte endouterina fetale (MEF), pre-eclampsia, HELLP syndrome, ritardo di crescita fetale
  • Necrosi cutanea da anticoagulanti orali
  • Porpora fulminante neonatale
  • Patologia arteriosa in giovane età (inferiore a 55 anni) in particolare se non riconducibile ad altra causa

Screening in gravidanza

Nel sesso femminile, lo stato di trombofilia potrebbe provocare poli-abortività e una maggiore tendenza a formare trombi, soprattutto durante la gravidanza o durante l’assunzione di terapie estro-progestiniche come la pillola anticoncezionale.

La gravidanza rappresenta infatti di per sé una condizione nota per il rischio di ipercoagulabilità e le trombofilie ereditarie possono aumentare ulteriormente il rischio di tromboembolia venosa materna (TEV). Eventuali ulteriori fattori di rischio (obesità, età avanzata, allettamento, preeclampsia, lupus, …) possono aumentare il rischio.

Secondo le raccomandazioni sul “Rischio tromboembolico in gravidanza e puerperio” elaborate dalle società scientifiche italiane interessate alla problematica (SIGO, AOGOI, AGUI) lo screening di trombofilia non è suggerito nelle donne asintomatiche, gravide o che si
accingono ad affrontare una prima gravidanza, in assenza di una documentata storia personale o familiare di tromboembolismo venoso.

Lo screening di trombofilia è invece suggerito in caso di:

  • Donne asintomatiche, ma con
    • storia familiare di tromboembolismo venoso
    • storia familiare di trombofilia ereditaria
  • Donne sintomatiche
    • con precedenti di trombosi venosa profonda
    • con aborti ricorrenti o pregressa MEF (morte del feto in utero)
    • con pregressa pre‑eclampsia, HELLP syndrome, distacco di placenta, ritardo di crescita intrauterino.

Vale la pena sottolineare che “gli aborti precoci (entro le 10 settimane) difficilmente sono legati a trombofilia materna”.

L’eventuale screening di trombofilia, se prescritto dal ginecologo/ematologo, dev’essere possibilmente eseguito prima della gravidanza, perché durante la gestazione i test relativi a parametri del sangue possono essere di difficile interpretazione e potenzialmente fuorvianti (fanno ovviamente eccezione i test genetici).

Cura

La diagnosi di uno stato di trombofilia congenita non significa necessariamente dover iniziare un trattamento anticoagulante. Molti individui portatori di uno stato di trombofilia non svilupperanno mai durante la loro vita trombosi venose profonde ed embolie polmonari, pertanto in assenza di una storia di trombosi nella maggior parte dei casi la profilassi anticoagulante a lungo termine non è raccomandata di routine.

Se la condizione di trombofilia è secondaria a un’altra patologia, la prevenzione della trombosi deriva chiaramente dal trattamento della patologia di base e, solo in determinati casi, come ad esempio la presenza di una fibrillazione atriale cronica associata ad altri fattori di rischio, impone l’inizio di una terapia anticoagulante.

In alcune situazioni, se si è portatori di uno stato di trombofilia, può rendersi necessario un breve ciclo di profilassi anticoagulante quando sono presenti fattori di rischio circostanziali per prevenire la trombosi. Tra questi i principali sono:

  • Allettamento prolungato, ad esempio in soggetti anziani con mobilità ridotta costretti a letto per lunghi periodi;
  • Immobilizzazione, in particolare degli arti inferiori, come nei casi in cui si porta il gesso
  • Interventi chirurgici programmati
  • Lunghi viaggi, come viaggi in areo transcontinentali, che obbliga il soggetto a lunghi periodi di immobilizzazione seduto.

Se dovessero manifestarsi trombosi, questa verrebbe trattata secondo le linee guida standard con terapia anticoagulante. Generalmente, non ci sono quindi modifiche del trattamento solo perché portatori di uno stato di trombofilia.

In alcuni casi specifici, dopo l’insorgenza di una trombosi, alcune condizioni ereditarie o acquisite di trombofilia necessitano l’inizio di una terapia anticoagulante a lungo termine, talvolta anche a vita. In questo caso, i farmaci più comunemente utilizzati sono il Warfarin (Coumadin) o i nuovi anticoagulanti orali (NAO), tra cui i principali sono rivaroxaban, apixaban e dabigatran.

 

A cura del Dr. Alberto Carturan, medico chirurgo

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Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

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