Tromboflebite: cause, sintomi e cura

Introduzione

Viene definita flebite l’infiammazione di una vena a livello superficiale o profondo; quando l’infiammazione è associata alla presenza di un coagulo di sangue prende il nome di tromboflebite (trombosi venosa).

Può colpire qualsiasi vena del corpo umano (come sulle braccia o sul collo) ma, generalmente, si presenta negli arti inferiori (coscia e gamba).
In base alla localizzazione delle vene colpite è possibile differenziare il fenomeno in:

  • Trombosi venosa profonda: si presenta nel circolo venoso profondo e può avere complicazioni molto gravi con la possibilità che sfoci in embolo;
  • Trombosi venosa superficiale: colpisce il circolo venoso superficiale in prossimità della cute e raramente ha complicazioni gravi.

Può presentarsi in maniera asintomatica o con gonfiore, rossore, bruciore e dolore della parte interessata. L’insorgenza riguarda maggiormente le donne e ha più probabilità di presentarsi con l’avanzare dell’età.

Il trattamento è di tipo chirurgico e farmacologico, ma nei casi di tromboflebite superficiale in genere la prognosi è eccellente, con il coagulo sanguigno che viene dissolto e l’infiammazione che si attenua spontaneamente entro poche settimane. La trombosi venosa profonda è invece una condizione più delicata, associata al possibile sviluppo di complicazioni.

Tromboflebite superficiale su una gamba

iStock.com/Suze777

Causa

La flebite, così come la tromboflebite, può essere causata da molteplici fattori:

  • Traumi, infiammazioni o infezioni
  • Vene varicose
  • Periodi di inattività prolungati (è infatti molto comune nei soggetti ospedalizzati per lungo periodo)
  • Disturbi che aumentano la probabilità di formazione di coaguli di sangue (coagulazione intravascolare disseminata, sindrome da anticorpi antifosfolipidi, iperomocisteinemia)
  • Vasodilatazione eccessiva e prolungata
  • Tumori (ad esempio il tumore del pancreas)
  • Diabete
  • Vasculiti
  • Procedure mediche (ad esempio l’iniezione di farmaci per via venosa o catetere venoso)

Fattori di rischio

Tra i fattori in grado di predisporre allo sviluppo di tromboflebite ricordiamo:

Sintomi

La tromboflebite colpite in genere una gamba e si manifesta con:

  • Dolore o bruciore
  • Rossore ed ipertermia locale
  • Gonfiore ed edema locale (accumulo di liquido)
  • In alcuni casi febbre o iperpiressia (temperatura superiore ai 40°)
  • Crampi
  • Prurito

Nel caso di tromboflebite superficiale è talvolta possibile avvertire la presenza di un cordone palpabile in corrispondenza del coagulo.

Complicazioni

Quando l’infiammazione relativa ad una tromboflebite superficiale si risolve, in alcuni pazienti potrebbe persistere la presenza di un’alterazione cromatica della pelle (che rimane più scura) della percezione del coagulo per qualche mese, pur in presenza di una ripresa completa.

La flebite non trattata può evolvere in insufficienza venosa cronica, o può verificarsi un evento acuto di trombosi venosa superficiale o profonda. A sua volta, la trombosi superficiale può in seguito trasformarsi in trombosi profonda.

La più temibile complicazione della trombosi venosa profonda è l’embolia polmonare (l’ostruzione di un’arteria del polmone per l’ingresso in circolo di un coagulo di sangue), condizione gravata da tassi di mortalità molto elevati.

Gravidanza

Le donne in gravidanza e durante il puerperio (nelle quattro settimane successive al parto) sono più suscettibili a sviluppare trombi rispetto alla popolazione generale femminile a causa di una maggiore pressione addominale che ostacola il ritorno venoso, comportando un aumentato ristagno di sangue che favorisce la formazione dei coaguli responsabili della trombosi venosa.

I fattori implicati nella gravidanza che possono aumentare il rischio di sviluppo di flebite e tromboflebite sono:

  • Ipercoagulabilità,
  • Notevole aumento di progesterone a livello ormonale,
  • Aumento del peso dell’utero a causa della presenza del feto che comporta una compressione delle strutture venose della zona uterina,
  • Diminuita elasticità delle pareti venose.

Inoltre, durante il periodo della gravidanza, le donne tendono ad affaticarsi e dunque a passare maggior tempo sedute o sdraiate, diminuendo notevolmente i momenti dedicati all’attività fisica, fattore protettivo verso le la patologia venosa.

Quando la trombosi venosa si presenta durante la gravidanza può comportare dei rischi per il feto come parti prematuri o aborti spontanei causati da trombosi delle vene placentari.

Diagnosi

La diagnosi di flebite e di tromboflebite è clinica ed effettuata con un esame obiettivo della zona interessata per identificare anche la possibile presenza di un coagulo di sangue, ma dev’essere supportata da indagini strumentali tramite ecocolordoppler (una specifica forma di ecografia che esamina il flusso sanguigno all’interno dei vasi sanguigni) al fine di stabilirne con accuratezza gravità, estensione e profondità.

Per valutare la possibilità che il paziente sia affetto da trombosi venosa profonda è bene eseguire lo score di Wells, procedura che consiste nell’attribuire un punteggio in base ai parametri clinici e soggettivi che permette di stabilire il livello di rischio.

La diagnosi differenziale viene condotta con:

  • Cellulite (ferite aperte o ascessi cutanei)
  • Erisipela (placche lucenti, rialzate, indurite e dolorose)
  • Linfangite (strie rosse, irregolari, calde e dolorose)

Cura

Il trattamento della tromboflebite varia in base alla localizzazione e alla gravità della patologia.

Nei casi di flebite meno gravi il trattamento può prevedere:

  • Elevazione degli arti coinvolti per favorire il ritorno venoso,
  • Farmaci antibiotici se è causata da infezioni,
  • Farmaci venotonici ricavati da sostanze naturali (ad esempio diosmina, esperidina),
  • Calze esterne a compressione antitrombo che generano una pressione di almeno 20 mmHg o bendaggio elastocompressivo

Possono essere prescritti dei FANS per controllare il dolore.

Se la patologia è causata dall’introduzione del catetere venoso, questo dovrà essere rimosso.

Nei casi più gravi è invece necessario l’utilizzo di eparina a basso peso molecolare (anticoagulanti), pentasaccaride (fondaparinux) e, di recente, è stata introdotta l’opzione farmacologica dei nuovi anticoagulanti orali (ad esempio apixaban); il trattamento che prevede l’utilizzo di bendaggi compressivi e l’utilizzo di eparina a basso peso è risultato essere la migliore opzione terapeutica riducendo significativamente l’estensione della trombosi ed eventuali recidive.

Nei casi tromboflebite ricorrente in una specifica vena varicosa è possibile che si opti per la sua rimozione.

Anche se molto raramente, è possibile che la trombosi profonda richieda un intervento chirurgico, che viene tuttavia valutato solo per un numero limitatissimo di casi perché in grado di favorire la formazione di una nuova trombosi e mettere a rischio il paziente con pochi benefici. L’intervento chirurgico può essere:

  • Trombectomia, ossia la rimozione del trombo
  • Inserimento del filtro cavale che trattenga gli emboli che possono generarsi dal trombo causando l’embolia polmonare

È utile che il paziente venga seguito anche a livello fisioterapico per tenere i muscoli degli arti in allenamento sia nel caso di flebite che nel caso di trombosi venosa.

Contestualmente alle possibili terapie messe in atto, è importante che il paziente metta in atto dei comportamenti protettivi che possano evitare l’estensione e l’aggravamento della patologia:

  • Assumere molti liquidi
  • Evitare di stare eretti e fermi troppo a lungo
  • Evitare la sedentarietà
  • Evitare temperature troppo alte
  • Evitare cibi ricchi di grassi
  • Evitare fumo
  • Evitare alcolici

Prevenzione

Per poter ridurre il rischio di flebite è necessario rispettare e mantenere una vita sana dal punto di vista alimentare, per evitare l’obesità, e fisico al fine di non incorrere in inattività e favorire una circolazione sanguigna funzionale. Si consiglia quindi di:

  • Mantenersi attivi, praticando attività fisica/sportiva e cercando di camminare quanto più possibile, riducendo i periodi di inattività,
  • Praticare esercizi per tenere in movimento la muscolatura successivamente a periodi che costringono a staticità.
  • Evitare di stare eretti per periodi di tempo troppo lunghi senza camminare,
  • Indossare calze a compressione durante periodi di forzata immobilità se si è soggetti a rischio trombotico,
  • Evitare fumo e alcol
  • Evitare capi d’abbigliamento che stringano eccessivamente,
  • Evitare cibi grassi adottando una dieta sana e assumere molti liquidi,

In ambito sanitario è necessario calibrare il catetere che è necessario inserire sulla base della vena da incannulare e sostituirlo molto frequentemente, nonché la somministrazione precauzionale di eparina nei soggetti a rischio che dovranno passare lunghi periodi ospedalizzati.

 

A cura del Dr. Enrico Varriale, Medico Chirurgo

 

Fonti e bibliografia

Articoli ed approfondimenti

Link sponsorizzati

Importante

Revisione a cura del Dott. Roberto Gindro (fonti principali utilizzate per le analisi http://labtestsonline.org/ e Manual Of Laboratory And Diagnostic Tests, Ed. McGraw-Hill).

Le informazioni contenute in questo sito non devono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente; si raccomanda di chiedere il parere del proprio dottore prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.